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l’armonia spontanea della virgola di calcestruzzo La diga di sbarramento a doppia curvatura diventa la prota-

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6. l’esTeTica della diGa

6.4 l’armonia spontanea della virgola di calcestruzzo La diga di sbarramento a doppia curvatura diventa la prota-

gonista dell’evoluzione di questa riflessione. E’ stata scelta, tra decine di geometrie, quale sintesi del rapporto intrinseco tra ingegneria, intesa come capacità creativa nell’applicare la norma, e la natura. In essa vi è un rimando alle forme ancestrali dei ventri materni scolpiti nelle pietre nuragiche o nivoliane, al guscio di una conchiglia, al gonfiarsi di una vela al vento, alla porzione di terracotta di un otre di vino; contenitori e rifugi di elementi vitali.

L’ing. Aldo Maffei, nell’atto di disegnare il profilo della diga a doppio arco di Gusana (1959-63), compie un lavoro a ritro- so di matrice culturale arcaica: senza nulla aggiungere in ter- mini di creatività, plasma la materia solida (il calcestruzzo) avendo come riferimento la sua omologa liquida (l’acqua). In questo gesto l’impronta creativa è già evidente ed esplicita e sarebbe ridondante persino pensare di poter aggiungere un di più. Tutto è definito, occorre solo applicare le leggi de- dotte dalla natura e il risultato non potrà che essere ad essa affine. Il pensiero che sottende la progettazione di questa infrastruttura non è – impossibile che lo sia – seriale, mecca- nico o industriale, ma semmai puntuale, unico e soggettivo. Grazie ad una attenta lettura delle condizioni a contorno, la natura indica il luogo idoneo per la costruzione e impone la tipologia da adottare in funzione delle caratteristiche geo- fisiche del sito; ogni opera sarà così diversa poiché differenti saranno i dati iniziali. La semplice deduzione successiva è che ogni diga è un evento unico e statisticamente irripeti- bile, ma non lo sono di certo le regole che la sottendono, ampliamente sperimentate, accettate e condivise; d’altronde la regola dell’accrescimento secondo la spirale logaritmica è anch’essa ampiamente diffusa e condivisa nel modo natura- le, sia che coinvolga un evento meteorologico piuttosto che botanico.

Rosario Assunto, nel testo”il paesaggio e l’estetica”, pone una questione nodale: l’inconciliabilità tra industria e pae- saggio individuando nella serialità materica, formale e in- tellettuale degli oggetti della produzione umana il divario incolmabile con i prodotti viventi ed eterogenei, e quindi unici, della natura.

E ancora: “quando diciamo paesaggio intendiamo un am- biente vivente, nel quale non v’è nulla che non sia vivente: per vivente intendendo l’essere molteplice e vario, non seria- lizzabile, come non serializzabili sono i prodotti della natu- ra, tutti i prodotti della natura” (Rosario Assunto, il paesaggio

e l’estetica, Giannini editore – pag 104).

Certamente una diga non possiede i caratteri per calarsi mi- meticamente nel suo ambiente: sono eccessive le dimensioni (fino e oltre i 100 metri di altezza per svariate centinaia di metri di larghezza), è artificiale la materia (benché il calce- struzzo venga confezionato con gli inerti cavati in loco) ed infine è chiaramente artefatta la forma, benché derivata da leggi cosmogoniche.

Eppure non può non suscitare meraviglia e interesse; essa si incunea nella valle instaurando con il paesaggio un rappor- to paritetico dimensionale ed evocativo. Come una lama di un coltello affonda nella roccia portandone in evidenza la forma, astraendola geometricamente dal contesto (natural- mente spontaneo e casuale) per poi condensarsi nella ma- teria grigia e liscia del calcestruzzo. A monte del coltello la superficie dell’acqua seziona l’orografia del bacino idrogra- fico con un taglio, questa volta orizzontale, che ne rivela il profilo con un’unica e precisa curva di livello o, come visto prima, una superficie equipotenziale che divide il paesaggio in un sopra (luogo delle visioni esperibili) e un sotto (il luo- go sommerso del ricordo).

Certamente l’istallazione di una diga non è un gesto gentile e indolore. Il paesaggio ne risulta sconvolto già nel corso delle lavorazioni preliminari sulle fondazioni che prevedono lo scorticamento a roccia viva in corrispondenza delle reni della costruzione, i sondaggi per l’iniezione dello schermo di impermeabilizzazione e le gallerie per gli scarichi di fondo; gli inerti del calcestruzzo vengono prelevati in loco o in cave immediatamente limitrofe, spesso con l’utilizzo di tecniche di coltivazione che poco si sposano con la tranquilla mo- notonia dei luoghi. Ciò che risalta, nelle immagini d’archi- vio che documentano l’avanzata del cantiere di qualunque invaso artificiale, è proprio lo sconvolgimento dello stato dei luoghi; segnati da percorsi camionabili, terrazzamenti,

dimensioni paragonabili alla diga stessa) e quant’altra mo- difica fosse funzionale al solo cantiere. Tali immagini sono tanto forti quanto è ancora più evidente la differenza con lo stato attuale dei luoghi in cui la natura riprende possesso di tutti gli artifici del terreno non più funzionali ad una gestio- ne ordinaria dell’invaso riuscendo a fornire un’immagine di grande armonia; come una vitale e lenta avanzata, la natura si riappropria delle slabbrature saldando il grande muro alle pareti dei pendii rendendo così il passaggio tra i due elemen- ti netto e preciso. Il ruolo di grande cesoia del muro ne esce così rafforzato in quanto interamente intelligibile alla vista. Il carattere di immediata espericità della infrastruttura è forse uno degli elementi più forti alla base della analisi este- tica della stessa; sono i fattori ambientali, unici nel loro ge- nere, e le ovvie implicazioni fisiche che richiedono un muro verticale incuneato dentro una valle, a rendere immedia- tamente leggibile l’intera infrastruttura. Certo, di una diga vediamo solo l’intero involucro esterno, quello a valle, ma questo basta a definirne la funzione, a descriverne didasca- licamente la tipologia. Qualsiasi sia la quota alla quale viene vissuta l’esperienza di contatto visivo con essa, la diga rivela sempre la sua forma grazie al gioco delle ombre portate sul- le sue pareti o, più semplicemente, la linea del coronamento resa netta dal contrasto con il cielo. Nel presente caso di studio, la diga di Gusana si impone alla vista con la raffina- ta eleganza della sua curvatura asimmetrica (evento raro in quanto i progettisti tendono sempre a organizzare i centri di curvatura su un unico asse) ponendosi quale evento unico e riconoscibile, ma al contempo, rispettoso nelle proporzioni con i monti che la sottendono.

7 la diGa come landmarK

7.1 l’indifferenza della infrastruttura. L’evoluzione recen-

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