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natura e intelletto Nel 1913 il pittore russo di nome Kazimir Severinovič Malevič dipinge un cerchio campito

6,50 42,50 Genna is abis

6. l’esTeTica della diGa

6.2 natura e intelletto Nel 1913 il pittore russo di nome Kazimir Severinovič Malevič dipinge un cerchio campito

di nero su una tela bianca dando inizio al movimento arti- stico chiamato Suprematismo. Liberatasi così da fini pratici ed estetici, l’arte poté così lavorare assecondando una pura sensibilità plastica. Egli sosteneva che la pittura fino a quel momento non fosse stata altro che la rappresentazione este- tica della realtà e che invece il fine dell’artista doveva essere quello di ricercare un percorso che conducesse all’essenza dell’arte: all’arte fine a se stessa. Malevic è solo un esempio di quella infinita galassia di artisti che, superato il cordone sanitario che legava l’arte ad una concezione estetica forte- mente ancorata alle esperienze passate e trapassate, sfociava nel fiume in piena dell’astrattismo.

Il celebre dipinto del cerchio nero, piuttosto che il quadrato nero e relative declinazioni del medesimo autore si collega ad un’altra immagine componendo un binomio di sugge- stioni molto potente: la conchiglia del Nautilus Pompilius, un mollusco che vive nell’Oceano Pacifico ad una profon- dità di circa 500 m, ritenuto estinto già nel Paeleozoico ma

K.S. Malevic (1878, 1935) cerchio nero, 1913 quadrato nero, 1915

osservato in vita per la prima volta solamente del 18°esimo secolo. La sezione maestra della sua conchiglia è un raro esempio di coerenza con lo sviluppo della forma geometrica della spirale logaritmica.

Il quadrato o cerchio nero su campo bianco suggeriscono la raffinatezza del pensiero critico e artistico portato agli estremi della parafrasi creativa legata alle nuove sensibilità. In esso vi è la conoscenza del mondo e delle sue regole e la provocazione nel mostrare l’elementarietà della genesi del pensiero scientifico. Il tondo prima e il quadrato poi, stanno all’arte con la stessa provocazione con cui venne presentato l’Origine du Monde di Gustave Courbet quasi mezzo secolo prima.

Diversi gli stili e le sensibilità, oltre che la finalità, ma la ri- cerca dell’essenziale è del tutto rintracciabile con pari forza in entrambi. Dunque l’essenzialità è elemento stesso dell’ar- te così come le regole matematiche e geometriche che la sottendono. L’incipit del Suprematismo può essere così ri- assunto: A=πr2, ovvero l’area del cerchio è il prodotto del

quadrato del raggio della circonferenza per π (Pi greco). A=πr2 possiede una eleganza essenziale, di una fortissima

potenza visiva e concettuale, alla cui base è costruito l’inte- ro edificio matematico e fisico. Essa rappresenta il tentati- vo, ancora vano, di quantificare l’area di una circonferenza a partire dal suo raggio. Tale incompiutezza è dovuta alla natura trascendete del π : cioè un numero irrazionale, non può cioè essere scritto come quoziente di due interi, come dimostrato nel 1761 da J. H.Lambert. Inoltre, è un numero trascendente, ovvero non è un numero algebrico. Questo implica l’inesistenza di polinomi con coefficienti razionali di cui π è radice. Di conseguenza, è impossibile esprimere π usando un numero finito di interi, di frazioni e delle loro radici.

Questo risultato stabilisce l’impossibilità della quadratura

sinistra

sezione maestra della conchiglia del mollusco Nautilus; viticcio di vigna, dettaglio di Aloe

un quadrato della stessa area di un dato cerchio.

Volendo provare ad avventurarsi oltre la seconda cifra deci- male (e non oltre la 64esima) ecco come si presenta questa costante matematica:

3,14159 26535 89793 23846 26433 83279 50288 41971 69399 37510 58209 74944 592.

Il pensiero umano ha dedotto il cerchio e lo ha fatto os- servando la natura con approccio empiristico; il passaggio successivo è la idealizzazione del cerchio, giacché in natura tale forma non si presenta mai nella sua perfezione. Dunque l’uomo astrae l’esperienza idealizzandola tramite un proces- so creativo in una forma compiuta e perfetta. Il passaggio ulteriore è l’appropriazione di questa in termini matematici al fine di riprodurne il fenomeno o utilizzarlo come elemen- to finito di un a astrazione più complessa; mette cioè a siste- ma i dati sperimentali divenuti concetti al fine di utilizzarli in un ulteriore processo creativo. Il cerchio esiste in natura in molteplici forme, la colonna dorica invece no. Eppure ad essa, alle sue forme e ai molteplici stratagemmi che l’uomo ha inventato per renderla più armoniosa, si è giunti per sem- plice deduzione o raffinazioni per stadi successivi a partire dalla materia (non solo materica) astratta dal quadro delle esperienze dell’universo conoscitivo.

La colonna dorica è dunque discendente diretta della co- stante 3,14159…ect; ma essa non si risolve col solo compito di sorreggere qualcosa sia che sia una trabeazione in mar- mo o la statua dell’ammiraglio Nelson a Londra. Ad essa la mente umana ha un ulteriore compito: rappresentare qual- cosa di importante. Forse una codifica di una severa norma proporzionale, forse una reminiscenza ancestrale del suo equivalente ligneo, forse il ruolo di contatto con una Di- vinità assunta a ruolo di perfezione. Ecco che, in forza di un suo valore semantico di narrazione simbolica, la colonna diventa un gesto, oltreché ingegneristico, anche artistico. A questo riguardo occorre chiedersi quale sia il valore artistico

di un oggetto replicato, sempre uguale a se stesso migliaia di volte e inghisato in regole rigide. Il rimando ci porta lontano e imporrebbe di analizzare il rapporto tra cultura ingegne- ristica e cultura architettonica supponendo che, tra le due discipline, ci sia una rigida compartimentazione.

Occorre, su questo nodo, richiamare l’opera del mollusco sopracitato: il Nautilus. Apparentemente privo di qualsiasi capacità cognitiva, scientifica o artistica, l’evoluzione vitale di questo animale acquatico produce un manufatto alla cui perfezione è difficile non assegnare una qualche forma di volontà. Eppure è la natura che per misteriose leggi edifica

una forma primitiva e affascinante. Ancora una volta l’uo- mo, in questo caso René Descartes nel 1638, osserva, docu- menta e astrae il fenomeno traducendolo in formula: r=aebθ

(dove r e θ sono coordinate polari). La Spira Mirabilis, come la definisce J.Bernoulli, è rintracciabile nella disposizione delle foglie di alcune piante, nelle forme delle galassie, nelle evoluzioni dei cicloni atmosferici. È una spirale logaritmi- ca la spirale aurea che possiede un fattore di accrescimento b pari a φ, la sezione aurea ovvero, nelle arti figurative, il rapporto tra due lunghezze diseguali delle quali il maggiore

in formule appare così: (a+b) : a = a : b = b : (a-b) dove tale rapporto vale approssimativamente 1.618 e si ricava dalla se- guente formula: φ=(1+√5)/2.

Esiste un filo che ricollega queste osservazioni e contribui- sce a delineare un primo postulato: la natura offre all’uomo gli elementi della sua conoscenza in forma di dati sperimen- tali. L’uomo li elabora ricavandone leggi più generali, queste leggi a loro volta ricadono su tutti gli aspetti del vivere cre- ativo, intendendo per creatività la capacità cognitiva della mente di creare e inventare attraverso un processo forte- mente razionale.

Quando Malevič segna un confine tra il figurativo e l’astrat- to lo fa disegnando un cerchio (la forma primordiale per eccellenza) di colore nero (l’assenza di colore) su un campo quadrato bianco (la tela bianca è l’insieme di tutti i colori e, al tempo stesso, confine del cerchio). Quando i greci hanno inteso celebrare l’Atena Poliàs in forma di architettura, lo hanno fatto utilizzando le regole geometriche della sezione aurea ritenuta, allora, la più degna e divina tra le proporzio- ni.

In tutte queste azioni vi è una assoluta padronanza delle norme matematiche unita alla consapevolezza circa il loro uso: nel Partenone nulla è lasciato al caso, così come nel cerchio nero suprematista; in queste manifestazione dell’in- telletto non vi è spazio per le manifestazioni spontanee della natura, giacché esse, nelle loro molteplici implicazioni, sono state assunte a leggi rielaborandone i significanti.

6.3 l’armonia delle forme. L’uomo codifica le forme mu-

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