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ascesa e declino dell’ingegneria strutturale italia na Le grandi opere di ingegneria civile e gli impieghi ar-

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4. le Grandi sTruTTure in calcesTruzzo nella sToria dell’inGeGneria moderna

4.1. ascesa e declino dell’ingegneria strutturale italia na Le grandi opere di ingegneria civile e gli impieghi ar-

diti e pioneristici del calcestruzzo armato sono parte di un capitolo per molti versi incerto e contradditorio della più generale storia dell’architettura e delle costruzioni non solo italiane. Ad oggi, per quanto autorevoli e audacemente inter- pretativi, gli studi che si sono posti l’obiettivo di far luce su questo filone sono tuttavia per molti versi ancora interroga- tivi e fondativi; si tratta di un complesso di scritti e ricerche che, esteso su diversi fronti, sta cercando di strutturare una disciplina propria ed originale, che risponde solo in modo marginale ai canoni della più consolidata storia dell’architet- tura “convenzionale”, e forse proprio per questo di maggior difficoltà ma anche di grande stimolo.

Nel panorama italiano, grazie al rilievo di alcune figure “monumentali” dell’ingegneria strutturale – Morandi, Ner- vi, Musmeci per citare quelli che godono di meritata fama anche extradisciplinare, ma molte di più sono quelle che si potrebbero riportare alla memoria – si è cominciato ormai da più di un decennio ad indagare il lento affermarsi delle costruzioni in calcestruzzo armato nella penisola, a partire dalle prime sperimentazioni legate ai brevetti Hennebique, a cavallo tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900, passan- do per le sperimentazioni nel periodo dell’autarchia durante il regime fascista, per arrivare infine all’elaborazione del cal- cestruzzo precompresso, alla sperimentazione delle struttu- re a guscio ed al ferro cemento delle opere di Nervi. Tale excursus procede per alti e bassi, fino a trovare il proprio ca- pitolo conclusivo nella stagione dell’ingegneria italiana che può, orientativamente, farsi coincidere con la ricostruzione

S. Poretti, “Un tempo felice dell’ingegneria italiana. Le grandi opere strutturali dalla ri- costruzione al miracolo economico”, «Casa-

bella», 739-740, dic.2005- gen. 2006; T. Iori, “L'ingegneria italiana del dopoguer- ra: appunti per una storia”, in G. Mochi (a

cura di), “Teoria e saperi del costruire: sape- ri, strumenti, modelli”, Edizioni Moderna,

bologna, 2005; S. Poretti, L’ingegneria e la “scomparsa delle lucciole”, in A. Buccaro,

G. Fabbricatore, L.M. Papa (a cura di), Storia dell’ingegneria, Atti del 1° conve- gno nazionale, Cuzzolin, Napoli 2006. T. Iori e S. Poretti, “Ingegneria italiana”, (a

cura di), numero monografico di ''Ras- segna di Architettura e urbanistica'', Kappa,

Roma, 2007, n° 121-122.

degli oltre 2600 ponti distrutti durante la guerra e con la co- struzione dell’Autostrada del Sole.

Tale processo evolutivo procede in accordo con la tradizio- nalità tipica del cantiere edile italiano; nell’Italia appena usci- ta dalla Seconda Guerra Mondiale si pianifica la ripresa eco- nomica grazie ad un imponente programma di costruzione di edilizia residenziale pubblica nel quale l’artigianalità della costruzione, e quindi il conseguente impiego di manovalan- za scarsamente specializzata, era il principale presupposto di riuscita; ciò nonostante, il Piano Casa (o Piano Fanfani dal nome del suo promotore, sviluppato in due settenni dal 1949 al 1963) fu un momento di grande sviluppo in termini di metri cubi realizzati ma anche di approfondimento teori- co e pratico sul tema della casa e divenne l’occasione per in- sinuare alcuni rilevanti esempi di sperimentazione costrut- tiva e tipologica.

Successivamente, accanto alla necessità che il Paese si ri- prendesse con maggior urgenza dalle ferite della Guerra, comincia un altro filone di grandi cantieri, legato allo svi- luppo delle infrastrutture e quindi in teoria intrinsecamente tecnologizzato e avanzato ma in realtà vedremo che por- ta ancora con se ampie tracce del cantiere tradizionale, che prese le mosse dalla costruzione dell’Autostrada del Sole e dei suoi oltre 800 tra ponti, viadotti e altre opere d’arte (la cerimonia di posa della prima pietra data al maggio del 1956 e l’inaugurazione al 1964).

Gli ingegneri italiani, bloccati sul piano operativo dallo stal- lo realizzativo legato agli anni della Guerra, e prima ancora dell’autarchia che disincentivò fortemente l’impiego di ma- teriali metallici e quindi del calcestruzzo armato, avevano tuttavia sviluppato quasi clandestinamente le ricerche teori- che e le piccole sperimentazioni in attesa del momento pro- pizio per testarle concretamente.

Fu così che appena la situazione economica si fece favore- vole gli ingegneri italiani furono pronti a ripresentarsi alla

R. Capomolla, R. Vittorini (a cura di), L’architettura INA Casa (1949-1963). Aspetti e problemi di conservazione e recupero, Gangemi, Roma 2003

in senso orario:

ribalta della costruzione di grandi strutture con un bagaglio di innovazioni che permisero di sperimentare le prime ap- plicazioni del calcestruzzo armato precompresso, debitrici al lungo lavoro di analisi teorica e sviluppo di brevetti che fa capo a Gustavo Colonnetti ed alle esperienze innovative che ne fece Riccardo Morandi, di mettere a punto la par- ticolare alchimia di elementi prefabbricati e getti in opera che costituisce il presupposto delle strutture geodetiche per grandi coperture di Pierluigi Nervi , ma anche di avviare il fronte della modellazione strutturale quale via empirica al superamento delle difficoltà di calcolo matematico per le strutture iperstatiche di grande complessità, grazie all’attivi- tà di Arturo Danusso e dei sui laboratori di prove su modelli di vari materiali al Politecnico di Milano.

Le principali linee di ricerca passarono quindi per il per- fezionamento e il progressivo miglioramento dei parametri proporzionali dei ponti in calcestruzzo armato con funzio- namento ad arco, ma anche con l’innovativa introduzione del meccanismo delle coazioni impresse e della precompres- sione, che riportando il calcestruzzo in condizioni di sola compressione estendevano di molto il campo di applicazio- ne del materiale per come era stato concepito fino ad allo- ra; fu inoltre ampliato il range di funzionamento del calce- struzzo armato ai comportamenti plastici e non riducendolo al solo campo di deformazioni elastiche proporzionalmente definite, facilmente calcolabili ma non esaustive delle sue ben maggiori potenzialità.

Contestualmente all’evoluzione del sistema di calcolo e di- mensionamento, procede anche la graduale modernizzazio- ne del cantiere della grande struttura, inserendo sulla matri- ce inizialmente ancora mega-artigianale i nuovi processi di produzione industriale con la prefabbricazione a piè d’opera di intere porzioni di campata o la loro realizzazione in situ con procedimenti che standardizzano profili e dimensioni, casseforme traslanti e rampanti, accelerando quindi l’esecu-

zione dei getti in calcestruzzo e integrando anche porzioni di strutture in acciaio per trovare la miglior collaborazione tra i due diversi materiali.

L’”età dell’oro” dell’ingegneria strutturale italiana ha una brusca battuta d’arresto all’inizio degli anni settanta, quando si rileva un appiattimento dell’invenzione formale e struttu-

T. Iori, Il boom dell'ingegneria italiana: il ruo- lo di Gustavo Colonnetti e Arturo Danusso, in

S. D'Agostino (a cura di), Storia dell’inge- gneria, Atti del 2° convegno nazionale, Cuz-

zolin, Napoli, 2008.

M. Marandola, Riccardo Morandi ingegne- re 1902-1989: le sperimentazioni e le opere in cemento armato precompresso degli anni cinquanta, tesi del Dottorato di ricer-

ca in Ingegneria Edile - Architettura e Costruzione, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, 2006.

T. Iori, S. Poretti (a cura di), Pier Luigi Nervi. Architettura come Sfida. Roma. Inge- gno e costruzione. Guida alla mostra, Elec-

ta, Milano 2010.

a destra:

rale, con la riduzione dei modelli a pochi e reiterati schemi statici, l’assenza di innovazioni di rilievo sul piano dei bre- vetti d’invenzione e la scomparsa della figura professionale dell’ingegnere strutturista quale si era fino ad allora incon- trata, e cioè quel particolare mix di competenza matematica, sensibilità statica e conoscenza empirica del comportamen- to sotto sforzo, ma anche di caratteristiche umane e perso- nali quali l’arditezza, la tenacia e la fiducia nel progresso non solo strettamente disciplinare.

Sulle ragioni che hanno determinato questo arresto si inizia a fare le prime ipotesi: l’introduzione del calcolo matriciale e del calcolatore elettronico, la messa a punto di normative che riconducono i calcoli al rispetto rigido di coefficienti e prescrizioni, la sempre maggior multidisciplinarietà del pro- getto di grandi strutture e forse altre cause ancora da espli- citare.

4.2. Per una storia della costruzione di dighe. Se la na-

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