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Art 42, co 1, lett d del d.lgs 25 luglio 1998.

Nel documento La finanza islamica e l'economia halal (pagine 129-132)

L’is lam pl urale.

9. Art 42, co 1, lett d del d.lgs 25 luglio 1998.

Intercettare i bisogni i servizi per stranieri e migranti 103

Proviamo a capire perché in ambito sanitario sia necessa- ria la figura di un mediatore, anziché di un semplice inter- prete. All’inizio dei processi migratori, il migrante malato era un “portatore” di malattie tipiche del pae se di origine, spesso di tipo infettivo. Tale condizione definita sindrome

di Salgari, richiedeva ai medici una formazione specialisti-

ca sulla medicina tropicale. Al giorno d’oggi invece il mi- grante, determinato a perseguire l’obiettivo della ricerca di un lavoro, e di un guadagno, si premura alla partenza di essere in buone condizioni fisiche per sostenere il pro- getto migratorio. Ne consegue che i migranti sono per lo più in buona salute (c.d. effetto migrante sano) o affetti dalle malattie cronico-degenerative caratteristiche della società moderna. Il medico dei migranti, che opera ad esempio nei centri Isi, è quindi un medico generico, esperto nelle malattie per così dire occidentali, senza necessariamente una formazione specifica. L’utente straniero, invece, è la parte debole del binomio, poiché in qualità di migrante porta con sé due disagi: da un lato, la malattia e tutto ciò che comporta, dall’altro l’appartenenza a una cultura diver- sa che gli causa difficoltà di tipo comunicativo e culturale. Relazionandosi con il medico, o gli altri operatori sanitari, serba l’aspettativa di poter guarire fisicamente, per poter essere velocemente in condizione di lavorare, ma potrebbe non comprendere o accettare la diagnosi di una malattia cronica, come l’ipertensione o il diabete, potrebbe non vo- ler esporre il proprio corpo per una visita, potrebbe non voler rievocare i vissuti drammatici del viaggio migratorio (violenze, torture, ecc.) o potrebbe ricondurre le cause della malattia ad argomentazioni non prettamente scientifiche quali il malocchio o altre ragioni esoteriche. Di fronte a questi atteggiamenti, peraltro non necessariamente esplici- ti, il medico può essere ostacolato nel percorso diagnostico/ terapeutico, l’infermiere o il fisioterapista, possono avere difficoltà ad eseguire trattamenti che richiedano il contat- to corporeo, può esserci un diniego all’assunzione di una terapia o di un alimento per ragioni religiose. Gli esempi possibili sono quindi molteplici. Entra quindi in gioco la figura del mediatore culturale, il terzo, non a caso, rispetto ai primi due, che oltre a favorire la comunicazione tra i due soggetti, aiuta entrambi a comprendersi vicendevolmente. Conoscendo il contesto antropologico e culturale del mi-

L’islam plurale. Percorsi multidisciplinari tra migrazioni, diversità e dialogo culturale 104

grante può intravedere alcune delle ragioni di eventuali difficoltà, aiutandolo a capire le motivazioni di alcune ri- chieste del sanitario e della sostanziale differenza tra la me- dicina occidentale, rispetto a quella del pae se d’origine. Può creare le condizioni affinché il migrante riesca a spiegare o raccontare alcuni vissuti, che possono essere determinanti nell’individuazione di un problema di salute, facilitando la comprensione di paure o aspettative. In pratica aiuta i due soggetti a relazionarsi, a comprendersi vicendevolmente, a curare e a lasciarsi curare.

Inoltre il mediatore offre una consulenza all’utenza stra- niera in merito al disbrigo di pratiche burocratiche, facili- tandola nell’accesso e all’uso corretto dei servizi sanitari, con l’obiettivo di attivare dei processi di empowerment del migrante.

In un ambito socio sanitario può aiutare gli operatori sociali a comprendere, non solo dal punto di vista lingui- stico, le peculiarità culturali, ad esempio rispetto ai modelli educativi, o a peculiarità religiose. Nel contempo può aiuta- re i cittadini stranieri a comprendere i ruoli ricoperti dalle figure professionali operanti nell’ambito sociale.

In ultimo, grazie al continuo confronto, stimola i servizi a migliorare la qualità dell’assistenza, adeguando le presta- zioni offerte ai reali bisogni di salute delle persone.

Attualmente la figura del mediatore culturale non ha un riconoscimento uniforme a livello nazionale. Soltanto alcune Regioni, spesso utilizzando definizioni diverse, indi- viduano espressamente il ruolo professionale del mediatore culturale, definendone formazione, competenze e modalità. Altre Regioni, invece, identificano la presenza di tali ope- ratori, senza precisarne il profilo, nell’ambito di specifiche azioni di integrazione o ambiti di intervento. In regione Piemonte, per esempio, la formazione viene svolta con un corso regionale gratuito di 600 ore: 360 ore di formazione frontale di psicologia e pedagogia interculturale, approccio metodologico, diritti e legislazione italiana, servizi presenti sul territorio che si occupano di immigrazione e 240 ore di stage.

Intercettare i bisogni i servizi per stranieri e migranti 105 7.3. Buone pratiche

7.3.1. Le cure dello spirito

Il progetto, attivato inizialmente all’ospedale Molinette, dell’azienda Città della salute e della scienza di Torino, non è rivolto soltanto agli stranieri, ma parte dalla considera- zione che il sensibile aumento del numero dei pazienti ri- coverati aderenti a religioni non cattoliche e la necessità di garantire indistintamente a tutti gli utenti la libertà di culto e di interfacciarsi con un rappresentante della propria fede, soprattutto in momenti difficili quali il ricovero ospedalie- ro, la sofferenza ed il lutto. Tali necessità hanno creato le condizioni per lo sviluppo di un progetto volto a mettere a disposizione del paziente/utente di fede non cattolica i canali di comunicazione necessari per attivare i referenti della propria religione. Nel contempo, viste le indicazioni del d.m. 23 aprile 2007 “Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione”, con la realizzazione del progetto, si prevede di «favorire il dialogo interreligioso e interculturale per far crescere il rispetto della dignità umana, e contribui- re al superamento di pregiudizi e intolleranza».

Sono obiettivi del progetto la creazione di un team di referenti delle maggiori fedi religiose a disposizione dell’u- tenza (supporto spirituale) e degli operatori (attività di me- diazione su usanze, abitudini e prescrizioni religiose); la costruzione dei presupposti per l’integrazione religiosa nei contesti ospedalieri.

Dato che i destinatari del servizio sono tutti gli utenti, non solo quelli stranieri, e considerata l’impossibilità di in- cludere tutte le religioni presenti sul territorio, per garan- tire imparzialità nella scelta, con una ricerca bibliografica sono state censite le appartenenze religiose della popola-

zione italiana10.

Contattate le associazioni e/o le federazioni maggiormen- te rappresentative sono stati richiesti i nominativi dei mini- stri di culto locali con i quali è stato ratificato un protocollo di intesa. Tutti nominativi ed i recapiti dei rappresentanti

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