Il divario tra artista e pubblico che è venuto a crearsi con l’arte contemporanea è probamente dovuto al fatto che il pubblico è solitamente spinto verso l’innovazione, ma non verso l’innovazione artistica, pretendendo che l’arte sia sempre la stessa. Sarebbe anacronistico pretendere che un artista contemporaneo dipinga come Tiziano o scolpisca come Bernini, poiché il compito dell’artista è cogliere gli aspetti caratteristici della propria epoca.
A causa di questo divario l’arte contemporanea sembra appartenere ai soli artisti ma, nonostante questo, il suo pubblico è in continua crescita. Visitare un museo o ammirare un’esposizione non è solamente conseguenza di una spontanea curiosità o una scelta dovuta a un’esigenza soggettiva, ma negli ultimi anni pare una motivazione sociale: non frequentare musei e gallerie d’arte porterebbe a un’esclusione dalla categoria sociale alla quale si vorrebbe appartenere.
E’ anche vero che molti artisti sembrano avere poco interesse nel farsi capire dal pubblico generico, nel momento in cui i loro referenti principali sono gli addetti ai lavori, come galleristi, curatori e direttori di musei. Questi specialisti sono gli stessi che suggeriscono agli uomini comuni cosa può essere considerata arte, quali sono gli artisti più meritevoli e cosa può essere detto riguardo la produzione artistica.
Alan Bowness99, in The Conditions of Success. How the Modern Artist Rise to Fame,
spiega in maniera molto chiara il divario esistente tra l’artista e il mondo attraverso la teoria della recognition. Lo storico dell’arte immagina il percorso di legittimazione di un artista come costituito da quattro cerchi concentrici: il primo e più vicino all’artista, il peer recognition, comprende l’artista e i suoi pari; subito dopo si trova il critical recognition, al quale partecipano i critici e gli specialisti del mondo dell’arte; il terzo cerchio, patronage by dealers and
99 A. BOWNESS, The Condition of Success. How the Modern Artist Rise to Fame, Thames & Hudson,
collectors, comprende i collezionisti; infine, il cerchio più ampio e allo stesso tempo più lontano dagli artisti è costituito dal pubblico. Il modello di Bowness si basa quindi sulle dimensioni di spazio, di tempo e di competenza degli specialisti: si possono così comprendere i lunghi ritardi nel riconoscimento di un artista da parte del grande pubblico e la rapida approvazione da parte dei critici. L’allontanamento tra il grande pubblico e l’arte contemporanea non è, dunque, solamente riconducibile a una scarsa sensibilità, ma alla lontananza spazio‐ temporale del pubblico rispetto gli oggetti d’arte.
Gli addetti ai lavori dovrebbero operare una selezione oculata degli artisti che meriterebbero di essere conosciuto dalle nuove generazioni; accanto ad argomentazioni di carattere politico, sociale ed economico, anche le argomentazione etiche andrebbero prese in considerazione.
Recentemente la sociologa Nathalie Heinich100, analizzando il problema, è giunta
alla conclusione che la frattura tra l’innovazione artistica ed il pubblico è pressoché insanabile: il punto di non ritorno si può individuare nel passaggio dal paradigma moderno, fondato sull’interesse per il valore artistico dell’opera ed il paradigma contemporaneo, secondo il quale l’opera d’arte è solo il pretesto per innescare una rete di connessioni e discorsi sull’arte. Al giorno d’oggi, sono molteplici le definizioni che indicano ciò che sono o dovrebbero essere le arti plastiche, pertanto i dibattiti non interessano più questioni di valutazione estetica o di gusto, ma questioni cognitive di classificazione e di integrazione/esclusione.
La sociologa francese ritiene, infatti, che l’arte contemporanea sia un genere artistico e non vada considerato un momento determinato nell’evoluzione artistica, corrispondente a una periodizzazione. In un momento in cui non esistono più definizioni univoche di ciò che sono o dovrebbero essere le arti plastiche, i dibattiti devono interrogarsi su ciò che può essere definito arte e ciò che non lo è, lasciando in secondo piano le questioni prettamente estetiche. Non ci si può più muovere secondo un sistema di normative continue che permette di stabilire i gradi di qualità estetica, ma si deve applicare un sistema classificatorio 100 N. HEINICH, Per porre fine al dibattito sull’arte contemporanea, Aracne Editore, Roma, 2010
discontinuo che procede per gradi di appartenenza ed esclusione. Il grande pubblico, sprovvisto degli strumenti per muoversi in quest’ambiente, spesso esclude una proposta artistica non tanto perché non piaccia, ma perché non la considera arte. Non esistono più gradi di giudizio estetico differenti, ma è la concezione stessa di ciò che l’arte dovrebbe essere a risultare eterogenea.
Non sempre l’ammirazione è un parametro che permette di comprendere il valore che il pubblico attribuisce alle opere: la Heinich ritiene utili anche lo spregio e il disgusto. Nel momento in cui l’arte si preoccupa più dei contenuti che della forma, il pubblico si divide tra una minoranza di intenditori e una maggioranza di profani, ma così come il rifiuto assume la stessa importanza dell’ammirazione, i profani hanno lo stesso peso degli intenditori.
La Heinich101 ritiene vi siano attualmente tre modi per concepire l’arte e per
spiegarli si rifà al concetto di paradigma utilizzato da Thomas Kuhn in merito alla storia delle scienze: il paradigma si può intendere come uno schema fondante che definisce l’opinione comune, un criterio descrittivo applicabile a posteriori. La prima categoria è costituita dall’arte classica, basata sulla rappresentazione veritiera nel rispetto delle regole accademiche. L’arte moderna fa parte della seconda categoria e, se da un lato condivide con l’arte classica l’utilizzo di materiali e tecniche tradizionali, dall’altro si discosta in termini di soggetto, in quanto sposta l’attenzione sull’interiorità dell’artista. L’introspezione che l’artista esprime nell’opera è poi soggetta all’interpretazione del pubblico, che non è in grado di distinguere ciò che l’artista voleva esprimere e ciò che lo spettatore riesce a comprendere. Nell’arte moderna rimane tuttavia il legame con la corporeità dell’artista e l’opera realizzata, legame che si evince dai materiali utilizzati.
L’arte contemporanea si fonda, invece, sulla trasgressione sistematica di tutti i criteri artistici a partire dal valore artistico che non risiede più nell’oggetto artistico, ma nella rete di mediazioni che stanno tra l’artista e lo spettatore. Le istituzioni svolgono un ruolo fondamentale nel chiarire la situazione indefinita che si è creata tra arte e opera d’arte attribuendo il valore alle opere e ci costruiscono intorno eventi mediatici. Per dirlo con le parole di Guy Debord, il
mondo dell’arte è all’apice della sua spettacolarizzazione e ciò coincide con la sua implosione. La volontà di lasciarsi alle spalle il rigorismo accademico, porta l’arte contemporanea a una situazione di incertezza che traspare attraverso l’utilizzo dei pastiche, dei collage, del detournement. L’artista contemporaneo è soggetto all’illusione di libertà perché nel cercare di modificare le regole del gioco dell’arte, deve sottostare alla necessità di unicità e originalità che lo introduce a un nuovo accademismo.
L’arte contemporanea si sforza di sfocare costantemente la distinzione tra il mondo ordinario e il mondo dell’arte e lo fa trasformando tutto in arte, come ha fatto Rauschenberg appropriandosi del reale nelle proprie opere; ritenendo che chiunque possa essere un artista, disorientando in tal modo il pubblico; svuotando le opere del loro contenuto tradizionale, basti pensare all’arte minimalista o alla pittura monocroma; trasgredendo nel vero senso della parola, come fece Bazile nel 1989 che aprì la scatoletta della Merda d’Artista di Manzoni o al budino di Michel Journiac realizzato con il suo stesso sangue e dato in pasto al pubblico.
Cosa c’è in gioco, in definitiva, quando si esamina il rapporto tra l’arte contemporanea e il suo pubblico?
Secondo la sociologa Bourgeon Renault102 il consumo di prodotti culturali
coinvolge la soggettività più di quanto non accada per gli altri prodotti: il valore delle opere d’arte risiede nelle reazioni che queste suscitano nello spettatore. Il clima di rottura che caratterizza l’arte contemporanea mostra che il consumo culturale deve essere inteso come un’esperienza sociale, come una ricerca di situazioni in cui sia possibile una condivisione di esperienze. L’evento artistico culturale si può considerare una sorta di totem delle istituzioni culturali. L’antropologo francese Emile Durkheim ritiene che i totem siano connessi più al luogo che alle persone e che in quel luogo avviene il riconoscimento degli attori, attraverso la specializzazione e la differenziazione. Esattamente come gli uomini, la società consacra le cose, e soprattutto le idee.103 102 B.RENAULT, La valutazione del comportamento del consumatore nel campo del marketing delle arti e della cultura, in International Journal of Arts Management, vol.3, num.1, settembre 2002
Anche le istituzioni devono specializzarsi e differenziarsi per poter crescere, ma così facendo rischiano di perdere il senso di clan che avevano conquistato: gli stakeholder hanno il compito di organizzare gli eventi affinché tale principio non vada perduto. In tal modo, il pubblico considera artistico solo ciò che avviene in un contesto artistico; non vi è più arte a priori, ma è arte solo ciò che detiene i valori dettati da istituzioni predefinite.
Secondo il sociologo Howard Becker104 le opere d’arte vanno concepite come il
prodotto delle attività di cooperazione di più attori che stipulano convenzioni per determinare cosa può considerarsi parte del mondo dell’arte. E’ solo attraverso la comunicazione, però, che riescono a convincere gli esterni che il lavoro da loro prodotto è arte: il significato dell’evento, supera l’oggetto dell’esibizione per diventare un fenomeno di costruzione sociale.
Ciò che conta di più è l’idea, che diventa arte quando gli addetti ai lavori lo decidono e lo comunicano al pubblico; non esistono più canoni di bellezza o di armonia da rispettare, ma tutto può diventare arte a patto che venga riconosciuto tale. Com’è avvenuto per le avanguardie, l’arte contemporanea suscita un caos percettivo che fa perdere di vista l’oggetto, spogliato delle sue connotazioni funzionali ed inserito in un processo immaginario ed emblematico.
IL PUBBLICO ACCIDENTALE
Nell’agosto 2012, nel bel mezzo delle polemiche per una mostra populista al MOCA di Los Angeles, il direttore del museo Jeffrey Deitch descrisse un nuovo pubblico:
They’re not the people who make a living as artists, art critics or professional art collectors … These are people who hear about a great
103 E. DURKHEIM, Le forme elementari della vita religiosa, Meltemi Editore, Roma, 2005, p.207 104 H. BECKER, Art as Collective Action, in American Sociological Review, Vol.39, No. 6, dicembre