assicurare un’interazione armoniosa e un voler vivere insieme di persone e gruppi con identità culturali molteplici, variate e dinamiche. Le politiche per l’inclusione e la partecipazione di tutti i cittadini sono garanzie di coesione sociale, della vitalità della società civile e della pace. Definito in questo modo, il pluralismo culturale dà espressione politica alla realtà della diversità culturale. Indissociabile da un quadro democratico, il pluralismo culturale favorisce lo scambio culturale e lo sviluppo delle capacità creative che sostengono la vita pubblica.117
Le direttive internazionali vedono la cultura come oggetto di democratizzazione, stabilendo un collegamento tra libertà di cultura, promozione culturale e democrazia stessa, con l’obiettivo di ampliare le scelte degli individui, incoraggiare la partecipazione attiva delle persone al fine di rispettare le culture differenti e, quindi, promuovere la libertà di scegliere la propria identità.
Il rapporto tra il culturale e gli ambiti politici (cioè la strumentalizzazione della cultura in nome della politica) non è nulla di nuovo. Eppure, secondo Yúdice, i
116 I. EMMELHAINZ, Art and the Cultural Turn: Farewell to Committed, Autonomous Art?,
pubblicato in eflux journal, 14 febbraio 2013
progetti culturali dell'UNESCO, la società civile globalizzata, i governi, le ONG, il mercato, i manager culturali e quelli che lavorano nelle industrie culturali e creative, hanno portato a una trasformazione senza precedenti nella nostra comprensione della cultura. Questa trasformazione porta in primo piano una contraddizione tra la banalizzazione dei prodotti culturali per servire il mercato di massa, che è visto come qualcosa di negativo, e il processo di democratizzazione culturale, che è visto come qualcosa di positivo.
Contemporary art has become a social phenomenon, a tool for communication. There is no point in comparing it to what we used to know, because it is dependant on the effects of globalization which we are only beginning to discover and whose impact are still struggling to assess.118 Nel marzo 2007, la Dubai Art Fair, organizzò il suo primo Global Art Forum dove il termine “arte globale” era utilizzato alla stregua di “arte contemporanea”. L’arte globale non è più un sinonimo di arte moderna, ma è per sua definizione contemporanea, non solo in senso cronologico ma anche simbolico e ideologico. L’arte su scala globale non implica una qualità estetica intrinseca che potrebbe essere identificata come tale, né un concetto generale di ciò che deve essere considerato arte.
Arte Globale e mondo dell’arte sono stati spesso utilizzati come sinonimi. Il mondo dell’arte è un’idea complementare a quella di modernismo, già sviluppata nel libro di Andrè Malraux, che parla di un’arte universale che supera le pareti dei musei, dove “allows large layers of society to access the latest art in a more democratic, less intimidating and more anonymous manner?”119
L’idea di mondo dell’arte è tenuto insieme da un concetto di arte che si basa sull’universalismo del modernismo che al giorno d’oggi sembra un po’ strano, poiché è coperta da una nozione di arte occidentale, con una produzione
118 E. NAVARRA, In the Arab World…Now, Parigi, Galerie Enrico Navarra, 2008, p. 15 119 cfr. A.MALRAUX, Museum without walls, Secker & Warburg, Londra, 1967
multiforme, e spesso etnica, dove il termine arte è applicato in maniera arbitraria. E’ sempre stato un paradigma dell’estetica modernista il considerare arte ogni forma o ogni lavoro creato dall’umanità. Il mondo dell’arte – una sorta di appropriazione estetica di oggetti come pura forma o come prova di creatività individuale su scala universale – è meglio descritto nel libro di André Malraux dove il suo museo immaginario è, di fatto, un museo nella mente che incarna il mondo dell’arte. COS’E’ UN’OPERA D’ARTE Come ha notato l’estetologo George Dickie, a partire dagli anni Cinquanta sono stati molti i filosofi che si sono chiesti come si potesse definire il concetto di arte. In un importante articolo pubblicato nel Journal of Aesthetics and Art Criticism nel 1956, Morris Weitz dichiarò che i prezzi elevati, l’avventuroso carattere dell’arte e i continui cambiamenti rendono impossibile un’univoca definizione delle caratteristiche di un’opera d’arte.120Alla base della sua affermazione si
possono rintracciare ragioni teoriche riguardanti l’impossibilità di definire un concetto chiuso di arte, riconducibili esplicitamente al filosofo austriaco Wittgenstein. Nelle Ricerche Filosofiche cui Weitz si appella, la strategia argomentativa di Wittgenstein è di minare il bisogno percepito per i concetti di essere delimitati da rigorosi criteri. Portando l’esempio del termine gioco, il filosofo da notare come vi siano giochi in cui si deve vincere o perdere e altri che non lo prevedono, giochi in cui è fondamentale il divertimento e altri in cui lo è la logica: pur trovandosi tutti inclusi nell’insieme gioco, presentano caratteristiche molto diverse tra loro. Gioco è quindi un concetto aperto, nel senso che ogni attività può essere definita un gioco nel momento in cui si trovano sufficienti caratteristiche comuni ad altre cose riconosciute come giochi. Poiché gioco è un costrutto umano, rimane sempre aperta la possibilità di un cambiamento. Seguendo questa logica Weitz ritiene sia impossibile dare un concetto chiuso di
120 M. WEITZ, The Role of Theory in Aesthetics, in Journal of Aesthetic and Art Criticism, vol.15 n.1,
arte, perché riguardando le definizioni passate di arte, ciascuna ha lasciato da parte caratteri per altre fondamentali. Quest’ampio e profondo disaccordo tra le varie teorie dell’arte costituisce la prova che non esiste un insieme di criteri che possano definire univocamente cosa sia l’arte, ma piuttosto un complesso insieme di criteri che coinvolgono valori estetici diversi e talvolta concorrenti. Due anni dopo, W. E. Kennick affermò che l’estetica tradizionale si fonda su un errore, ossia cercare di definire l’arte, che deriva dal non riuscire ad apprezzare la logica complessa di concetti quali arte, bellezza, esperienza estetica. Il voler ricercare un comune denominatore in tutte le opere d’arte deve essere abbandonato così come va abbandonato il tentativo di cercare dei criteri di valutazione critica e di valutazione della natura dell’arte.121
Secondo il filosofo, dal momento in cui l’arte non ha una funzione precisa, non può venire circoscritta in una definizione.
Dello stesso parere è il filosofo polacco Wladyslaw Tatarkiewicz. Nel 1975 scrisse che il nostro secolo è giunto alla conclusione che non si possa formulare una definizione esauriente del termine arte, ma che anzi, questa sia addirittura impossibile.122
Dopo aver perso la speranza di individuare qualsiasi attributo essenziale che riesca a definire l’arte, teorie estetiche più contemporanee hanno abbracciato una visione proceduralista per quanto riguarda la sua natura: invece di concentrarsi su una presunta essenza o natura propria dell’arte, si sono rivolti a definizioni impostate sulle procedure che rendono possibile stabilire cosa sia un’opera d’arte e che cosa non lo sia; vi fu un passaggio da un discorso di estetica fondata unicamente sui principi visivi, compresi quelli di somiglianza ed espressione, a teoria che si fondavano sui contesti storici e l’interpretazione di tali contesti.
Secondo Arthur Danto non è la percezione visiva il criterio che ci consente di discernere gli oggetti artistici; in Trasfiguration of a Commonplace123 scrive che
121 W. E. KENNICK, Does traditional aesthitics rest on a mistake?, in Mind, vol.67, n.267, luglio
1958, p.334
122 W. TATARKIEWICZ, History of Six Ideas, Melburne International Philosophy Series, vol.5,
Spinger Netherlands, 1980, p.33
qualsiasi oggetto può essere considerato arte, se viene interpretato come tale. E’ l’interpretazione la chiave dell’essere oggetto d’arte, poiché l’arte in sé non esiste, ma esiste l’arte come sistema condiviso di riferimenti teorici e storici. Prendendo i Brillo Boxes di Andy Warhol come suo caso di studio, Danto si chiese: cosa separa un’opera d’arte da una che non lo è, un readymade da un prodotto industriale? Per determinare la differenza tra questi oggetti e la realtà, disse che i primi hanno bisogno di essere oggetto di un’interpretazione artistica e questo è possibile solo in una “atmosfera costituita da teorie artistiche e dalla storia dei dipinti antichi e recenti”.
The moment something is considered an art work. it becomes subject to an interpretation. It owes its existence as an art work to this, and when its claim to art is defeated, it loses its interpretation and becomes a mere thing. The interpretation is in some measure a function of the artistic context of the work: it means something different depending upon its arthistorical location, its antecedents and the like. And as an art work, finally, it acquires a structure which an object photographically similar to it is simply disqualified from sustaining if it is a real thing. Art exists in an atmosphere of interpretation and an art work is thus a vehicle of interpretation.124 Il mondo dell’arte di Danto è un mondo quasi sublime, che si trova molto al di sopra del rozzo funzionamento della terra. “The artworld”, scrive Danto facendo una puntuale allusione a Sant’Agostino, “stands to real world in something like the relationship in which the City of God stands to the Earthly City.”125 L’opera d’arte non risponde più ai canoni di bellezza estetica ‐ legati ai sensi ‐, ma alla bellezza artistica, che si coglie con il pensiero critico. Le opere di Duchamp e della Pop Art hanno segnato la fine della storia dell’arte, perché l’opera non è più distinguibile dall’oggetto comune: l’introduzione di
124 Idem, Artworks and real things, in Theoria, vol.39, aprile 1973, pp.11‐12
125Idem, The Artworld, in The Journal of Philosophy, vol.61, n.19, American Philosophical
oggetti ordinari e quasi banali nei contesti artistici ha significato la possibilità, per gli uomini, di trasfigurare la propria realtà senza ricorrere a qualcosa di estraneo.
Nel decimo anniversario della pubblicazione di Artforum International, nel 1972, Lawrence Alloway chiamò il mondo dell’arte network o sistema e parlò della sua notevole espansione. Il suo articolo non fece alcuna allusione a Danto ma
condivideva con il testo precedente un atteggiamento rivolto
all’interiorizzazione di un linguaggio dell’arte. Non solo il gruppo di artisti è aumentato, ma l’arte è distribuita a un pubblico più vasto attraverso tecniche di marketing e l’uso dei mass media. Il termine mondo dell’arte comprende sia opere originali che riproduzioni; critica e saggi storici e informativi; gallerie, musei e collezioni private. Si tratta di un insieme di persone, oggetti, risorse, messaggi e idee.126
Con il termine network Alloway voleva equiparare il mondo dell’arte a un’organizzazione legata alla circolazione d’informazioni, che chiamava “ambiente di negoziato”.
It is not art because that exists prior to distribution and without the technology of information. The output is the distribution of art, both literally and in mediated form as text and reproduction. The individual reasons for distribution vary: with dealers it can be assumed to be the profit motive and with teachers it can be assumed to be motive to educate, with the profit motive at one remove. Art galleries, museums, universities, publishers are all parts of the knowledge industry, producing signifiers whose signifieds are works of art, artists, styles, periods.127 126 L. ALLOWAY, Network: the Art World Described as a System, in Artforum, vol.11, n.1, settembre 1972, p.29 127 Ibidem
Alloway scrive nell’epoca pre‐web e tratta il tema caratterizzando il mondo dell’arte come sistema chiuso. Ma cosa succede quando è il mondo stesso a essere progressivamente estetizzato come fosse uno spettacolo globale?
Un articolo del 2006 su cnn.com, Globalization, Technology Changing the Art World128 , spiega la questione più chiaramente.
La tradizionale definizione di “arte alta” – riferita a pittura, scultura, musica classica e opera – porta con se una connotazione di elitarismo. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando gli Stati Uniti si affermarono nel mondo dell’arte, la concezione di elitario ha cominciato a mutare. Le opere di artisti quali Andy Warhol e Roy Lichtenstein, che utilizzavano immagini prese dalla vita quotidiana e le reinterpretavano, iniziarono a sfumare il confine tra arte alta e arte bassa. Più recentemente, l’utilizzo di internet e l’ascesa dei media tecnologici hanno rimosso anche quella piccola differenza rimasta. Nel 1969 Geroge Dickie, nell’articolo Defining Art129 e, in una forma rivisitata, nel 1974130, propose la sua teoria istutizionale. A work of art in the classificatory sense is (1) an artifact (2) a set of the aspects of which has had conferred upon it the status of candidate for appreciation by some person or persons acting on behalf of a certain social institution (the artworld).131
Quella di Dickie è considerata una definizione formale, confutando l’affermazione di Weitz sull’impossibilità di definire l’arte. Iniziando con il dire che l’opera d’arte è un artefatto, di per sé un concetto molto ampio, continuò con una formulazione alquanto vacua, nonostante i suoi successivi tentativi di chiarire e meglio definire il significato. 128 M. TANNEERUN, Globalization, technology changing the art world, www.ccn.com, 27 novembre 2006 [ultima consult. 20 maggio 2014] 129 G. DICKIE, Defining Art, in American Philosophical Quarterly, vol.6, n.3, luglio 1969, p.254 130 Idem, Art and Aesthetic, Cornell University Press, 1974 131 Ivi, p.431
Nel 1984, scrisse che a work of art is an artifact of a kind created to be presented to an artworld public.132 In questo caso, Dickie abbandona l’idea che lo status
d’arte sia conferito da qualcosa di esterno e rafforza la propria teoria definendo altri concetti: An artist is a person who participates with understanding in the making of a work of art. A public is a set of persons the members of which are prepared in some degree to understand an object which is presented to them. The artworld is the totality of all artworld systems. An artworld system is a framework for the presentation of a work of art by an artist to an artworld public.133
Un artefatto diventa opera d’arte se gli artisti, i critici, i direttori di museo, i giornalisti, gli storici dell’arte, i filosofi dell’arte lo ritengono tale; l’arte, in altre parole, è ciò che il mondo dell’arte decide essa sia. Non si può accusare questo mondo dell’arte di essere elitario, poiché Dickie puntualizza che every person who see himself […] as a member of the art world is a member.134 Questa
definizione è stata molto criticata, soprattutto per la sua circolarità: un’opera d’arte è definita dal mondo dell’arte, ma come questo si può identificare questo se non si conosce cosa sia l’arte?
Nel suo Introduction to Aesthetics, Dickie riporta l’esempio della Fontana di Duchamp come emblema esplicativo della sua teoria: un artefatto esposto come lo sono i dipinti e le sculture diventa, per il mondo dell’arte, un’opera d’arte. Nei decenni successivi alla sua prima formulazione, molti filosofi seguirono la teoria istituzionale mantenendo la struttura circolare: tutti asseriscono che, qualsiasi cosa diventa arte se l’artista o un esperto del mondo dell’arte la dichiara tale.
Altri, invece, la rifiutano completamente o in parte. E’ questo il caso di Marcia Eaton, che nel suo Art and Nonart, ha evidenziato grandi carenze nella definizione di Dickie, offrendo una propria versione di ciò che è l’arte:
132 G. DICKIE, The Art Circle, Chicago Spectrum, 1984
133 Idem, Introduction to Aesthetics, Oxford University Press, 1997 134 Idem, Art and Aesthetic, Cornell University Press, 1974, p.34
[Something] is a work of art if and only if … [it] is an artifact and.. [it] is discussed in such a way that information concerning the history of [its] production…directs the viewer’s attention to properties which are worth attending to.135
Bisogna notare che la nozione which are worth attending to, presuppone un riconoscimento di ciò che è importante, ricordando in maniera implicita le parole di Dickie.
Stephen Davies, osserva che la formulazione originale di Dickie potrebbe essere considerata assurda dai più, vista la sua circolarità. In Definition of Art non offre una nuova teoria, ma una nuova prospettiva, arrivando alla conclusione che un’opera d’arte è qualcosa che detiene uno status particolare; questo viene conferito da un membro del mondo dell’arte, che ha l’autorità di conferire lo status in questione in virtù del suo occupare un ruolo preciso all’interno del circuito artistico.136
Il mondo dell’arte di Davies è un’istituzione informale costituita da differenti figure, pubblico, curatori, critici e artisti; solo di quest’ultima categoria il filosofo dà una definizione: l’artista è una persona che ha acquisito l’autorità di conferire a un oggetto lo status di arte. Per autorità non si intende il diritto di obbedienza altrui, bensì il diritto di impiegare le convenzioni con cui si può conferire tale status, diritto che si ottiene nel momento in cui si appartiene al mondo dell’arte137. Howard Becker corregge la teoria di Dickie moltiplicando i mondi dell’arte. Art worlds consist of all the people whose activities are necessary to the production of the characteristic works which that world, and perhaps others as well, define as art.138 135 M. EATON, Art and Nonart, Fairleigh Dickinson University Press, 1983 136 S. DAVIES, Definition of Art, Cornell University Press, 1991, p.218 137 Ivi, p.87 138 H. BECKER, The art worlds, University of California Press, 1982, p.34
Il sociologo non considera l’arte un’attività straordinaria; è vero che gli artisti sono in possesso di una conoscenza particolare, ma ciò avviene in qualsiasi attività specialistica. Prima che l'opera possa venire proposta al pubblico, l'idea dell'artista deve essere trasformata in qualcosa di tangibile e per fare ciò, c'è bisogno di una serie di attività e di professionisti che partecipino alla sua realizzazione. Opere d'arte come la musica, hanno bisogno di esecutori per poter essere apprezzate; gli sceneggiatori hanno bisogno degli attori; i bronzisti hanno bisogno degli operai: il pubblico apprezza l'opera quando questa è stato oggetto di un più o meno complesso processo. Vi sono poi i critici e gli estetologi, che hanno il compito di giustificare perché un determinato lavoro possa essere definito un'opera d'arte. I primi, formulano le loro considerazione basandosi sui sistemi creati dai secondi: gli estetologi cercano di rintracciare le caratteristiche che permettono di dare giudizi circa gli oggetti da considerare arte e formulano criteri nuovi ogni qualvolta si propongono nuovi stili. A monte di questo sistema, vi è il presupposto dell'esistenza di una struttura sociale che garantisca la stabilità di questi molteplici mondi dell'arte. Si può giungere alla conclusione che l'opera d'arte non è il prodotto del solo artista, ma della sua collaborazione con altri professionisti. E' vero che all'interno di questa catena di cooperazione, l'artista abbia un ruolo fondamentale in quanto ideatore dell'opera ma non si può più parlare del genio rinascimentale. Gli artisti contemporanei, che appongono la propria firma su oggetti di produzione industriale, affermano comunque di essere loro i creatori: in questi casi il rapporto tra attività centrali e di supporto per la realizzazione dell'opera vengono modificati. C'è dunque una quantità minima di attività che l'artista deve svolgere, perché possa essere definito come tale? Le figure che appartengono al mondo dell'arte sono molteplici, ma devono pur sempre essere accomunate da un insieme di accordi, definita da Becker convenzione artistica. Quando il pubblico apprende le norme che caratterizzano tale convenzione, attraverso l'esperienza e l'interazione con chi queste norme già le conosce, si parla di educazione del pubblico. Nuove convenzioni e nuovi criteri artistici vengono formulati per dare la possibilità alle opere più recenti di venir distribuite, considerando che l'influenza dei sistemi estetici sul mercato è assai forte.
problemi sollevati dalle opere d'arte contemporanea, come quelle sopra citate, che non presentano tracce dell'intervento dell'artista nella loro realizzazione e che, quindi, sconvolgono il senso comune. Secondo Becker, Danto si concentrato su ciò che, nella relazione tra l'oggetto artistico e il mondo dell'arte, ha permesso a tale oggetto di venire considerato arte. Dickie, dal canto suo, si è più