Corso di Laurea magistrale
in Economia e Gestione delle Arti e
delle Attività Culturali
Tesi di Laurea
La democratizzazione
dell’arte contemporanea
Relatore
Ch. Prof. Fabrizio Panozzo
Correlatore
Ch. Prof. Roberta Dreon
Laureando
Silvia Nisco
Matricola 835731
Anno Accademico
2013/2014
INDICE INTRODUZIONE 4 CAPITOLO 1 Il mercato dell’arte 6 Il mercato primario 7 Il mercato secondario 8 Il catalogo ragionato 10 La critica d’arte 14 Domanda 17 Marketing 21 Esiste un mercato d’arte misurabile? 22 Il mercato oggi 24 La bolla speculativa 32 Le case d’asta 44 CAPITOLO 2 Affordable Contemporary Art 48 Acquistare un’opera d’arte 53 I musei d’arte 54 Le fiere d’arte 55 L’Affordable Art Fair 59 Le attività 66 Le edizioni limitate 69 Arte alternativa 70 L’arte digitale 71 La scultura 71 La fotografia 71 Artigianato 72 CAPITOLO 3 Arte e Pubblico 74
Il pubblico accidentale 78 La circolazione delle immagini 82 Arte come commodity 84 Cos’è un’opera d’arte 88 Quando inizia l’arte contemporanea 97 CONCLUSIONI 102 BIBLIOGRAFIA 104 SITOGRAFIA 108
INTRODUZIONE Il 12 novembre 2013 il mondo dell’arte ha assistito a una nuova vendita record: il trittico Three Studies of Lucian Freud di Francis Bacon è stato battuto all’asta per 142 milioni di dollari.1 La stagione aperta a Londra pochi mesi fa mantiene in trend più che positivo, considerando che l’asta serale tenutasi da Christie’s il 4 febbraio 2014 ha raggiunto i quasi i 177 milioni di sterline, dove Abstraktes Bild (1989) di Gerhard Richter è stato aggiudicato per 20 milioni di sterline e Mickey di Damien Hirst è stato battuto per più di 902 mila sterline.2
E’ ancora più sorprendente il fatto che i record personali degli artisti vengano infranti così rapidamente: Not Afraid For Love di Maurizio Cattelan – un elefante di dimensioni naturali coperto da un lenzuolo – è stato venduto dal suo gallerista per una somma compresa tra i 350 000 e i 500 000 dollari e rivenduto l’anno dopo da Christie’s per 2.75 milioni di dollari.3 Questi tipi di guadagno sarebbero
spettacolari in qualsiasi tipo di business, ma lo sono ancora di più se si considera che il collezionismo d’arte dovrebbe essere superiore alla speculazione e al profitto, appartenendo al mondo della cultura e della bellezza.
Nel mezzo di un’economia globale stagnante e alta disoccupazione, gli ultra‐ ricchi alzano la posta in gioco sui cosiddetti investimenti alternativi com’è l’arte, inducendo un importante dirigente di Christie’s a parlare di una nuova era del mercato.
Nel primo capitolo della mia tesi mi sono chiesta se siamo nel bel mezzo di una bolla speculativa. E se così fosse, quando scoppierà? E’ impossibile dirlo con certezza. Tuttavia, il fatto che i prezzi per l’arte impressionista stiano affondando mentre l’arte contemporanea è in continua ascesa, porta a credere che il compratore d’arte oggi voglia attingere a ciò che è nuovo ed emozionante e per ottenerlo sia disposto a correre qualche rischio. Certamente, gli 8.3 milioni di dollari pagati per The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone
1 www.christies.com
2 M. GAMBILLARA, Dopo il boom con gli italiani, Chritie’s chiude la contmporary week londinese.
Occhi puntati su Jeff Koons, Gerhard Richter, Domenico Gnoli: e su un nuovo Bacon da record…, www.artstribune.com, 13 febbraio 2014 [ultima consult. 24 maggio 2014]
Living (1991) di Damien Hirst4 – uno squalo conservato in formadeilde, sospeso
in un serbatoio gigante – è sconcertante. Se però si guarda quell’oggetto come icona dell’arte degli anni novanta, può sembrare una cifra appropriata per il possesso di un trofeo culturale e storico.
L’arte contemporanea è caratterizzata da un paradosso: da un lato, a causa di questi prezzi esorbitanti, è percepita come un bene d’élite, ma dall’altro è diventata oggetto d’interesse di un pubblico sempre più vasto.
L’esplosione dell’arte contemporanea – dalla sua realizzazione al suo gradimento – è sicuramente stata aiutata dal diffondersi di Biennali, Triennali e fiere d’arte. Anche lo sviluppo delle nuove tecnologie e dei nuovi modi di comunicare ha avuto forti riscontri nel contesto artistico: gli oggetti di arte tecnologica hanno velocemente invaso musei e gallerie, che hanno visto un aumento di opere high‐ tech di ogni genere, dalla fotografia digitale alle installazioni video, dai computer all’arte “new media”.
In un momento storico in cui il mercato dell’arte contemporanea, quindi, sembra meno accessibile che mai, una sua parte risponde proponendo soluzioni che possano far avvicinare il grande pubblico. Nel secondo capitolo del mio elaborato ho, infatti, investigato cosa s'intende per Affordable Art e approfondito il caso dell'Affordable Art Fair. La fiera, nata in Inghilterra e diffusasi in tutto il mondo, vuole rimuovere il pregiudizio di arte elitaria, basandosi su concetti di accessibilità, educazione e incoraggiamento all’acquisto.
Si può considerare arte tutto ciò che viene venduto in un contesto artistico? Perché si è creato un divario così grande tra le opere d’arte contemporanee e il pubblico? Nel terzo capitolo mi sono chiesta cosa si possa considerare un’opera d’arte e che relazioni possono intercorrere tra questa e i suoi fruitori. L’arte ha una natura elitaria che non le permette di essere compresa e – quindi – posseduta da chiunque o è il sistema del mondo dell’arte che vuole farcela apparire come tale?
4 Ivi, p.7
CAPITOLO 1
IL MERCATO DELL’ARTE
Il valore commerciale dell’arte è basato sull’intenzione collettiva; non esiste nessun valore intrinseco o oggettivo. Sono la decisione e l’accordo degli uomini a creare e sostenere il valore commerciale delle opere d’arte.
La ragione per cui molte persone rimangono stupite quando una particolare opera d’arte viene venduta a un’altissima somma di denaro è perché loro non credono che l’arte svolga una funzione particolare: non è utile e sembra non essere collegata a nessuna attività essenziale. Anche Platone considerava il valore dell’arte dubbio in quanto l’arte era mimesis, un’imitazione della realtà.
[…] la pittura e l’arte mimetica in genere ottengono i loro effetti ben lungi dalla verità e hanno invece uno stretto legame con ciò che in noi è lontano dalla ragione e non si prefigge nessuno scopo sano e veritiero.5
Se una persona avesse 25 milioni di dollari e la possibilità di scegliere se comprarci una casa con sei stanze da letto o un dipinto di Rothko, molto probabilmente sceglierebbe la prima opzione: si conoscono i criteri per pagare un’immobile in base alle dimensione e alla sua posizione, ma pochi possiedono gli strumenti per giudicare un’opera d’arte.
L’arte, tuttavia, precede il denaro. Più di 32 mila anni fa, gli uomini preistorici dipinsero caverne con sofisticate immagini, utilizzando tecniche e colori che sono assai lontani dalla nostra concezione di preistorico. Fin da tempi immemori abbiamo coperto di immagini caverne, rifugi, castelli, con l’intenzione di indicare “questi siamo noi”. Sono passati millenni e anche queste immagini, siano esse trasportabili o meno, hanno acquisito un valore commerciale.
Esistono due differenti tipi di mercato correlati tra loro e che talvolta si sovrappongono: il mercato primario che offre nuove opere e il mercato
secondario, per opere che sono già state acquistate una prima volta e che ora cercano un nuovo compratore. IL MERCATO PRIMARIO Il mercato primario prevede il pagamento diretto all’artista per le sue capacità, il suo tempo e per il costo necessario per portare l’opera sul mercato. Michelangelo quando dipingeva la Cappella Sistina, Claude Monet quando dipingeva le sue ninfee, Jackson Pollock quando realizzava i suoi dripping: tutti loro hanno sperato di poter vendere le proprie opere.
I commercianti d’arte sono persone affascinanti, il cui ego è spesso più grande di quello degli artisti che promuovono. Ci vuole coraggio per aprire un “negozio” dove vendere cose di cui nessuno ha bisogno. Il prezzo di alcune opere può sembrare eccessivo ma se è quello che si desidera, basta fare un’offerta.
Il mercato primario ha un ruolo importante nel creare il mercato di alcuni artisti perché determina, ad esempio, quanto possa essere ampia la sua diffusione geografica e in quale collezione andrà a ritrovarsi una tal opera. Il gallerista cerca di gestire il suo portfolio di artisti considerando i suoi costi (spese generali, inaugurazioni, cataloghi, pubblicità) e cercando di trarne il maggior guadagno. Se non riesce a ottenere il prezzo dell’artista desiderato, è buona norma prendere in considerazione gli altri artisti esposti, così da creare un legame di fiducia con il commerciante supportando l’intero programma di lavoro.
Ci sono artisti così ricercati per i quali il riuscire a possederli non è più una questione di denaro, ma di essere riusciti a instaurare un rapporto di fiducia con il gallerista che li rappresenta. Per questi artisti si creano delle liste d’attesa lunghissime e alcuni aspiranti compratori, per quanto noncuranti del denaro, potrebbero non possederli mai: può non piacere l’idea di trovarsi in coda per un dipinto che probabilmente non si riuscirà mai ad avere, ma è in questo modo che si costruisce il mercato per un artista.
Invece, quando l’opera dello stesso artista viene battuta all’asta, è il denaro la chiave del possesso.
Ciò che nel mercato primario fa di un dipinto un’opera più o meno costosa è solitamente la grandezza. Il pubblico può non avere le conoscenze per comprendere quale opera sia migliore di un’altra, l’artista può ritenere un’opera piccola più preziosa di una di maggiori dimensioni, ma la grandezza ha generalmente la meglio e le opere di piccolo formato sono solitamente le meno costose. Più grande è l’opera maggiore è il prezzo, a eccezione delle opere e delle sculture troppo grandi per un’installazione domestica che richiedono uno spazio solitamente esclusivo delle istituzioni: opere sono solitamente meno costose perché di difficile collocazione.
In base al medium utilizzato dall’artista, possono esserci dei costi di produzione. Nel 1895 Auguste Rodin dovette pagare Le Blanc Barbedienne Foundry di Parigi per realizzare i suoi Borghesi di Calais in bronzo.6 Oggi Richard Serra deve pagare
la Pickhan Unformtechnik a Siegen, in Germania, per pagare le sue Torqued Ellipses. Eclatante il caso di For the Love of God, che con i suoi 8601 diamanti ha raggiunto i 15 milioni di sterline di costi di produzione.7 Questi costi sono sostenuti del primo compratore dell’opera; a parte questo tipo particolare di spese, il costo dell’artista per i materiali utilizzati per la pittura e il disegno, comunque non insignificanti, non sono considerati quando si calcola il prezzo di un’opera. Molti artisti contemporanei, grazie anche alla riproducibilità delle proprie opere, ne realizzano più edizioni. Se le copie sono cinque o dieci, il prezzo del mercato primario sarà minore rispetto a un’edizione unica di un’opera delle stesse dimensioni, realizzata dallo stesso artista con lo stesso materiale.
IL MERCATO SECONDARIO
Nel caso in cui l’opera non venga acquistata direttamente dall’artista o da un gallerista, sia essa un dipinto di un maestro olandese, un paesaggio inglese del
6 M.FINDLEY, The Value of Art: Money, Power, Beauty, Prestel Publishing, Aprile 2012 7 MORTON T., For the Love of God, Frieze n.109, settembre 2007
diciannovesimo secolo o un dipinto impressionista, si tratta di una transazione del mercato secondario.
Quando un artista guadagna lo status di artista affermato, il mercato secondario diventa inevitabile; ma qual è il valore commerciale di un’opera nel mercato secondario quando questa viene rivenduta dal primo proprietario?
Nel momento in cui l’opera è nelle mani del collezionista, il suo valore commerciale è largamente determinato dal principio di sopperire a una domanda, tuttavia è spesso controllato anche dal gallerista che ha venduto l’opera. Di norma, quando si effettua una vendita sul mercato primario, viene chiesto all’acquirente la possibilità di conoscere prima di altri quando l’opera vorrà essere venduta, così da avere la possibilità di ricomprarla. In questo modo, i galleristi possono partecipare alla determinazione dei prezzi anche nel mercato secondario per quanto riguarda gli artisti che rappresentano.
Ci sono commercianti, privati o gallerie, che non rappresentano direttamente un dato artista ma che lo promuovono acquistando e vendendo le sue opere, contribuendo così a consolidarne il mercato.
Come nel mercato primario la relativa quantità ‐ sia questa reale o ipotizzata ‐ è la base del mercato d’arte. Il venditore raramente dirà che lo studio di tale artista è pieno di opere simili e che il collezionista avrà tutto il tempo per decidere se comprarla o meno; è molto più facile sentirsi dire che l’artista realizza le opere molto lentamente, che l’ultima opera è stata acquistata da un collezionista importante o addirittura da un museo. Il costo di un’opera si può spesso riguadagnare, ma una volta persa l’occasione di aggiudicarsi l’opera che piace quando questa è disponibile, probabilmente non si avrà più. A tal proposito, il famoso gallerista William Acquavella è solito dire ai sui clienti: «You can remake your money, but you can’t remake the painting».8
Che sia vera o immaginata, la rarità è il ne plus ultra dell’opera quando viene venduta. Non solo ne giustifica in parte il prezzo, ma suggerisce anche l’appartenenza all’esclusivo circolo che la possiede. Quando si prende in considerazione l’acquisto di un’opera di un artista vivente, si dà per scontato che
l’artista non realizzerà un’altra opera uguale: in realtà, sono numerosi gli artisti che rivisitano i tempi della loro giovinezza, per nostalgia o povertà. Quello che è certo, è che non ci sarà mai un’opera d’arte uguale contestualizzata nello stesso periodo. La rarità deve essere esaminata attentamente perché l’artista spesso affronta lo stesso tema con medium differenti e, a ogni modo, la produzione totale dipende da artista ad artista. Claude Monet – cha ha vissuto fino a ottantasei anni, producendo quasi duemila dipinti, come se avesse dipinto ogni giorno della sua vita – è considerato un artista molto prolifico. Van Gogh morì a 37 anni lasciando 864 dipinti; Jackson Pollock morì a 44 anni dipingendo solo 382 opere. Senza dubbio, lo strumento più utile per determinare quante opera un artista abbia realizzato per ciascun tema è stilare una lista, il cosiddetto catalogo ragionato o catalogo critico. IL CATALOGO RAGIONATO Fino all’avvento della fotografia, nella prima metà del XIX secolo, è stato difficile documentare e registrare accuratamente il corpo delle opere di un dato artista. Gli studiosi di allora dovevano far affidamento sui documenti, sulle liste stilate dagli artisti stessi, sui conti, lettere, commissioni pubbliche.
Al tempo degli impressionisti l’uso della fotocamera era diffuso e divenne una prassi, per gli artisti, fotografare i propri lavori anche se in bianco e nero. Questa pratica ha senza dubbio potenziato e migliorato l’utilizzo dei cataloghi ragionati, che divennero degli strumenti essenziali per conoscere il corpo delle opere di ciascun artista. La pubblicazione di un catalogo ragionato ha un forte effetto sul valore del lavoro di un artista, perché definisce i potenziali sostituti di una determinata opera e getta le basi per delle ipotesi ragionate a proposito della disponibilità di ciascun lavoro. Un dipinto che appartiene alla National Gallery di Londra, ad esempio, si può considerare off limits, mentre quello che appartiene al Signor Rossi di Parma può essere più facile da acquistare.
E’ teoricamente indispensabile per un museo, biblioteche e chiunque abbia investito in opere di un dato artista, non possedere il suo catalogo ragionato.
Nel suo studio The Factory, Andy Warhol produsse moltissime opere che parevano identiche, perché realizzate in serie. Quando morì nel 1987 l’artista fu molto celebrato e i suoi dipinti con i soggetti più conosciuti – le scatolette Campbell, Marylin Monroe – raggiunsero dei prezzi alti ma non esorbitanti. I primi due volumi del suo The Andy Warhol catalogue raisonne9, furono
pubblicati da Phaidon nel 2002 e nel 2004, ma coprivano solo otto anni della carriera dell’artista, del 1961 al 1969; nel 2010 lo stesso editore ha pubblicato il terzo volume, che raccoglie le opere realizzate tra il 1970 e il 1974. Quasi subito dopo tali pubblicazioni i prezzi crebbero, in parte perché risultò evidente che le opere, seppur raffiguranti le stesse immagini, differivano per colori e dimensioni rendendo ciascuna opera unica; inoltre, l’effettivo numero di ciascuna serie, come Flowers, Dollars, era minore di quello che molti credevano.
Lo storico dell’arte ed editore Christiam Zervos10, inizò a lavorare al catalogo
ragionato di Pablo Picasso nel 1932, con la collaborazione dell’artista e, quando morì nel 1970 aveva concluso 22 volumi. L’artista morì nel 1973 e nei successivi cinque anni furono pubblicati almeno altri 11 volumi dai successori di Zervos. Risulta evidente che il catalogo stesso abbia un costo: tutti i volumi di Zervos si possono acquistare da Sotheby’s per 20 mila dollari.11
Non tutti gli artisti sono stati così fortunati: August Renoir morì nel 1919 e il suo primo catalogo ragionato fu pubblicato ben 52 anni più tardi.12 Questo catalogo
contiene solo i suoi dipinti che rappresentavano figure – quindi nessun paesaggio o nature morte – dipinti tra il 1860 e il 1890; a oggi, non sono stati pubblicati nuovi cataloghi. Modigliani ha ben cinque cataloghi ragionati, ma solo uno di questi è considerato attendibile: alcune volte, autori poco scrupolosi possono, infatti, includere opere di dubbia autenticità rendendo così poco attendibile l’intero volume.13 9 www.warholfoundation.org 10 Enciclopedia Treccani on line, s.v Zervos Christian 11 www.sothebys.com 12 F. DAULTE, Auguste Renois: Catalogue raisonné de l’oeuvre peint, Lausanne, Durand‐Ruel, 1971 13 F. DENTICI, Modigliani il vero e il falso, www.larepubblica.it, 30 novembre 1991 [ultima consult. 23 maggio 2014]
Nella carriera di ciascun artista, c’è solitamente un periodo che viene considerato migliore del resto; come la reputazione degli artisti stessi, questa opinione può ovviamente cambiare nel corso del tempo.
Per i compratori americani dei dipinti francesi della metà del XX secolo, la nascita dell’impressionismo era considerato il periodo migliore e le opere realizzate tra il 1872‐1974 raggiunsero i prezzi più alti. Queste opere avevano solitamente una composizione casuale, raffiguravano soggetti rurali ed erano realizzati con pennellate piccole e precise.
Ora, quasi 50 anni dopo, le opere di Monet e Pissarro più ricercate sono quelle dell’ultimo periodo, quelle realizzate con pennellate larghe e forti colori. Basti pensare a Le Boulevard Montmartre, opera di Pissarro realizzata nel 1897, venduta nel febbraio 2014 da Sotheby’s per 32 milioni di dollari.14 Le opere più
costose di Monet sono le sue tele dipinte nel famoso giardino di Giverny. Tra il 1904 e il 1908 Monet creò la sua serie più costosa, composta da 79 tele: di queste, grazie alla consultazione del suo catalogo ragionato si sa che tre sono scomparse, 27 sono possedute da musei che molto probabilmente non li venderanno anni e quindi sono solo 49 le opere che ipoteticamente di potrebbero acquistare.15
Oggi, il 1982 è considerato il periodo migliore di Jean Michel Basquiat: nel maggio 2013 la usa opera Dustheads è stata venduta da Christie’s superando i 48 milioni di dollari16, cinque mesi la stessa casa d’asta ha venduto un’altra sua
opera per più di 29 milioni. Forse, tra cinquant’anni l’opinione sarà cambiata, ma tutte le sue opere rimarranno nel suo catalogo ragionato.
In ciascuna generazione, i grandi artisti sono cinque, massimo dieci. Se si ripensano i nomi dei grandi impressionisti, si ricordano Manet, Monet, Degas, Renoir, Sisley e Pissarro. Lo stesso vale per gli artisti surrealisti, della pop art, dei giorni nostri. Scorrendo gli ultimi vent’anni, si possono menzionare una decina di
14 www.sothebys.com 15 M.FINDLEY, op. cit.
16 M. GAMBILLARA, Tutti i record in asta del 2013, www.artstribune.com, 30 dicembre 2013
artisti che rimarranno nella storia dell’arte, di cui si vedranno i prezzi salire sempre più, con fluttuazione durante il lungo periodo, com’è normale sia. Molti altri scompariranno o vedranno un crollo del prezzo delle loro opere. Questo è il mercato dell’arte perché, alla fine della storia, non sono così tanti gli artisti geniali. […] at the end of the day, and everybody should be aware of it, there are not so many geniuses around and not so many great artist around.17 Il consulente d’arte Philippe Segalot ritiene che, se si volessero nominare i dieci maggiori artisti degli anni Ottanta e Novanta, sarebbe il turno di Jeff Koons, Jean‐ Micheal Basquiat, Cindy Sherman, Richard Prince, Felix Gonzales Torres, Charles Ray, Mike Kelley, Martin Kippenberger, David Hammons e il fotografo Andreas Gursky. Dovrebbero apparire nella lista anche Damien Hirst e Maurizio Cattelan.Takashi Murakami e Luc Tuymans potrebbero aprire la lista della generazione successiva.18
Tempo fa era diverso, ci volano anni, decadi e in alcuni casi una vita intera, per determinare quali fossero i maggiori artisti di una generazione. Con tutti gli attori che partecipano al mondo dell’arte è più facile e rapido determinare quali sono gli artisti che lasceranno il loro segno nella storia dell’arte e del mercato. Se si tornasse indietro di vent’anni, si capirebbe come il lavoro di Jeff Koons – se l’artista avesse smesso di lavorare – ha segnato il suo tempo e non ci sarebbero stati dubbi sul fatto che sarebbe entrato a far parte della storia dell’arte. Allo stesso modo, aprendo un catalogo di Damien Hirst, ci si rende conto di quanto sia un artista creativo, estremo fin dagli esordi della sua carriera.
Pensando a tre opere degli anni Novanta che sicuramente si ricorderanno, molto facilmente la scelta ricadrà su La Nona Ora di Maurizio Cattelan (1999), The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Hirst (1991) e il Balloon Dog di Koons (1994‐1999).
17 A. LINDEMANN, Collecting Contemporary Art, Tashen, 2013, p.146 18 Ivi, p.143
Uno dei migliori artisti dei giorni nostri, secondo il consulente d’arte Philippe Segalot, è stato Mike Kelley.19 Alcune volte è difficile comprendere le sue opere e
il suo messaggio, ma è un artista completo e spesso, quando si guarda una sua esposizione, non si realizza subito cosa si sia visto ma lo si fa solo anni più tardi. L’opera più conosciuta è Arenas, costituita da peluches di animali, di cui ne esistono una dozzina di esemplari. Oggi, Arenas ha una stima compresa tra i 600‐ 800 mila dollari. Queste opere erano state esposte al Metro Pictures di New York nel 1990 e allora valevano meno di 20 mila dollari. LA CRITICA D’ARTE
Nell’immaginario popolare, il critico d’arte sembra una figura imponente, in grado di fare e disfare la carriera degli artisti a loro piacimento, ma uno sguardo al sistema dell’arte contemporanea odierno rivela che questa nozione è ormai superata.
Baudelaire non ha un legame diretto con il mercato, ma rimane il paradigma del grande critico non in termini di recensioni sui giornali, ma il termini di ferme posizioni intellettuali su larga scala, dalle arti visive alla poesia.
Cent’anni prima, nel 1759, Diderot cominciò a scrivere i suoi Salons, consegnati in forma epistolare in occasione delle esposizioni parigine alla Corrispondence litteraire dell’amico Friedrich Grimm. Erano solo quindi gli abbonati alla rivista e quando lessero i Salons, vennero a conoscenza di opere che probabilmente non avrebbero mai visto ma che volendo avrebbero potuto acquistare. La circolazione dei Salons era limitata, tra gli altri, a Caterina la Grande e altri principi e aristocratici tedeschi; gli intellettuali illuminati del circolo dell’Encyclopedie potevano comunque averne accesso.20 Era una sorta di Art
News del settecento. Certo è che la maggior parte della popolazione non sapeva leggere e quella che lo sapeva fare raramente era interessata a leggere di dipinti e sculture. 19 Ivi, p.144 20 Ivi, p.26
Baudelaire godeva di un pubblico più vasto: pubblicava sui quotidiani e feuilletons, scriveva che la critica d’arte doveva essere appassionata, polemica e poiltica.
La critica deve essere parziale, appassionata, politica, vale a dire condotta da un punto di vista esclusivo, ma tale da aprire il più ampio degli orizzonti.21
Baudelaire era sostenitore del romanticismo di contro al neoclassicismo. Il suo esempio d’artista era Eugene Delacroix e più tardi fu associato al realismo di Gustave Courbet.
Il suo saggio d’arte più famoso, Il Pittore della Vita Moderna, fu scritto per l’illustratore Constantin Guys: il saggio parla della necessità di abbandonare la maniera dei dipinti accademici dei Salon. Non più Veneri nude e idealizzate, insulse crocifissioni, morti storiche; al contrario, l’eroismo della vita moderna sarebbe stato rappresentato dalle vie di Parigi, le fabbriche, i piaceri, ciò che stava accadendo nella vita contemporanea, così come spesso accade nell’arte a noi contemporanea.
Baudelaire non segna l’inizio della critica d’arte, ma rappresenta l’inizio del nostro senso di critica d’arte. La critica esiste fin dall’antichità: Plinio il Vecchio, nella sua storia sull’arte greca, scrisse che deinde cessavit ars, riferendosi a tutta la scultura greca dopo la morte di Lisippo.
La critica d’arte, così come la conosciamo noi, è qualcosa che coincide con la modernità e con l’avvento della fotografia. La fotografia, al pari del convenzionale ruolo dei dipinti, si può interpretare come una rappresentazione inutile di una realtà che già esiste; i dipinti dovevano avere qualcosa in più per sopravvivere e così nacque l’avanguardia: non più un’arte descrittiva ma un’arte che per rimanere vitale doveva reinventare nuove forme e la critica d’arte nacque per sostenerla.
Clement Greenberg fu il maggior sostenitore di Jackson Pollock. Vide l’artista all’esposizione Art of this Century alla galleria di Peggy Guggenheim e immediatamente, in un paragrafo della recensione dell’esibizione, mise Pollock al centro dell’attenzione. Seguì l’artista durante il suo percorso fino alla svolta raggiunta con i suoi dripping, pura pittura – come Number One al MoMA o Autumn Rhytm al Metropolitan.
Quando si pensa ai dipinti di Pollock, quelli sono i Pollock, degli archetipi. Greenberg non ha scoperto l’artista ex novo, a farlo è stata probabilmente Peggy o, più precisamente, il suo assistente Howard Putzel; ma in termini di pubblicazione e successo critico, il merito è senza dubbio di Greenberg.
Il critico è stato influente per molti artisti: scrisse con entusiasmo di Willem de Kooning quando questo tornò a esporre, di Hans Hofman, Barnett Newman, Clyfford Still. Fu sostenitore della Scuola di New York, dove tutto era astrazione e non vi era alcun codice di figurazione.
Inizialmente, non vi era un mercato per questa arte ed era difficile anche tornarne un pubblico. Quando si riusciva a trovare una galleria disposta a esporre i dipinti, i visitatori interessati alle opere erano molto pochi.
Greenberg riuscì, però, a stringere legami con i musei più importanti e con i grandi collezionisti come i Rockfellers: questi compravano cosa il critico suggeriva loro fosse giusto comprare.
Visitano i musei americani, si possono ammirare artisti come Kenneth Noland, Morris Louis, Anthony Caros, Helen Frankenthaler, che Greenberg aveva sostenuto. I grandi collezionisti compravano ciò che Greenberg diceva loro perché possedeva un’autorità che nessun altro è mai riuscito a conquistare.
David Sylvester è stato il critico più eminente d’Inghilterra della seconda metà del ventesimo secolo, e morì nel 2001. E’ stato vicino a Francis Bacon per molto tempo, cercando e trovando nuove opportunità per esibire e presentare Bacon come un artista che sarebbe rimasto vivo per sempre, come Picasso.
Non si sa se sia stato lui a creare il mercato di Bacon, ma sicuramente quando si conobbero Bacon non era conosciuto e Sylvester non aveva nulla. Quando Bacon non aveva ancora raggiunto la notorietà con Three Studies for Figures at the Base
of a Crucifixion (1944), il critico girava l’Inghilterra cercando di vendere le sue opere per cinquanta sterline.
Sylvester era amico di de Kooning e fu il primo esplicito sostenitore europeo dell’espressionismo astratto americano, scrivendo su riviste diffuse come The Sunday Times, quando solo pochi in Inghilterra prendevano il movimento in seria considerazione.
Per secoli la critica ha funzionato come la bozza della storia dell’arte, difendendo l’innovativo e l’incompiuto. Eppure oggi non abbiamo Clement Greeneberg che stabilisca la legge del Modernismo o David Sylvester che faccia conoscere a tutto il mondo artisti del calibro di Francis Bacon e Lucian Freud. Oggi la funzione dei critici è più informativa, meno analitica e imperante nel loro giudizio: non a caso la critica delle arti oggi tende ad essere un trampolino di lancio verso un’occupazione più stabile e remunerativa, come il mondo accademico (Daniel Birnbaum della Städelschule di Francoforte) o il mercato dell’arte (Christian Viveros‐Faune della galleria Roebling a New York).22
DOMANDA
Una vita sana e confortante può essere vissuta senza il possesso privato di un’opera d’arte, pertanto la domanda è volontaria e determinata dal desiderio e dalla volontà ‐ non innata ma appresa ‐ di enfatizzare l’arte che si riscontra in alcune culture più che in altre.
Tale differenze sono puntualizzate dal controverso artista Ai Weiwei, considerato un esperto del suo patrimonio culturale:
One must remember that China, since ancient times, has held the value of art to be equal to that of philosophy – which is no small fact, given our relationship with Taoism and Confucianism. Art has a strong, multivalent
22 M. SPIEGLER, Do Art Critics Still Matter?, www.theartnewspaper.com, aprile 2005 [ultima
tradition whether we’re speaking in terms of the imperial court or of the noneeducated housewife. And this is very different from art’s role in the West.23
Così come la tradizione orientale è differente da quella occidentale, così la tradizione europea è differente da quella americana: le istituzioni come la Chiesa o le grandi personalità del passato hanno permesso all’Europa di avere una tradizione artistica millenaria. Oggi, in molti Paesi europei, i vecchi palazzi e i castelli sono diventati spazi aperti dove si possono ammirare le opere che i mecenati avevano commissionato o che avevano acquistato nel corso delle loro vite. La più giovane America non ha questo tipo di tradizione e il collezionismo d’arte rappresenta una recente pratica intrapresa da una minoranza della popolazione.
Gli americani credono di superare tutte le altre nazioni nella spesa in arte, per il semplice fatto che ci sono molto molte più persone facoltose che in ogni altra parte del mondo.24 Nella seconda metà del ventesimo secolo, c’è stata una grande
– seppur lenta – crescita del numero di collezionisti americani che sono aumentati durante il boom economico e si sono mantenuti costanti quando il mercato ha rallentato.
Quando l’imprenditore edile Alfred Taubman comprò Sotheby’s nel 1983, molti compratori d’arte cedettero che le tattiche di marketing avrebbero invaso e prevalso nel mercato d’arte. Infatti, con il potere del dollaro in ascesa, Taubman convinse molti investitori a comprare arte. Dall’inizio del millennio la cerchia dei collezionisti americani è aumentata ulteriormente grazie alla glamorizzazione del collezionare arte, il sempre più sofisticato marketing delle case d’aste e delle gallerie e grazie al trattamento favorevole dell’investimento d’arte da parte della stampa finanziaria. Il preveggente Roy Lichtenstein guardava con sguardo ostile il ruolo che l’arte aveva assunto nell’epoca a lui contemporanea quando, nel 1962
23 A.WEIWEI, in Ai Weiwei, Art and Its Market: A Roundtable Discussion, in Artforum 46, n.8
(Aprile 2008), p.295
24 secondo la lista dei 200 maggiori collezionisti mondiali pubblicato da ART news nel settembre
2013, il 50.5% di loro sono americani, fonte: www.artnews.com, 7 settembre 2013 [ultima consult. 23 maggio 2014]
‐ quando ancora viveva a Highland Park nel New Jersey ‐ dipinse Masterpiece. A quei tempi, il clamore per le sue opere era appena udibile, ma i decenni successivi hanno portato il suo nome e il suo messaggio molto lontano dal suo appartamento.
Nell’ultimo decennio nuovi Paesi sono entrati a far parte del circolo dei grandi collezionisti: la Russia e la Cina, due Paesi con tradizioni culturali solide sono oggi più vicine all’approccio capitalistico spingendo per il possesso privato delle opere d’arte.
I nuovi uomini d’affari cinesi stanno sviluppando un interesse per l’arte occidentale moderna e contemporanea che si può riscontare nelle molteplici aperture delle gallerie d’arte europee e americane a Beijing e Shangai dal 2005. Tuttavia, anche gli artisti cinesi stanno avendo successo e le aste di Hong Kong hanno segnato record per gli artisti contemporanei cinesi: nell’asta serale di ottobre 2013 Sotheby’s ha venduto The Last Supper di Zeng Fanzhi per più di 23 milioni di dollari.25
Gli sceicchi del Quatar e di Abu Dhabi hanno annunciato i loro piani per aprire nuovi musei che ospiteranno opere di artisti asiatici ed europei. Uno tra tutti, la nova sede Guggenheim ad Abu Dhabi che sarà la più grande del mondo, disegnata dell’architetto internazionale Frank Gehry. Il museo ospiterà opere d’arte provenienti da tutto il mondo e svolgerà attività educative che avranno un particolare focus sull’arte contemporanea medio orientale.26
Che sia molto famoso o quasi sconosciuto, l’artista nazionale è supportato dalla classe benestante del suo Paese. In molti casi, i criteri per valutare un’opera combinano materia, storia e l’eventuale rapporto dello stile dell’opera con la tradizione locale.
L’artista tedesco Walter Spies (1895‐1942), quasi sconosciuto nella sua Germania natia, è diventato il Gauguin di Bali e dei ricchi indonesiani che pagano
25 www.sothebys.com
milioni di dollari per poter possedere i suoi malinconici paesaggi che raffigurano la loro terra quando era ancora rigogliosa di vegetazione.27
In base all’economia dei singoli Paesi, possono essere pagate cifre molto alte per tutelare e promuovere gli artisti locali o quegli artisti che fanno di un dato territorio oggetto dei loro studi.
In un certo senso, tutti i mercati dell’arte sono nati in questo modo. Le nazioni con un ricco e forte patrimonio culturale hanno spesso elevato i loro artisti a livello internazionale, così da permettere loro di diventare famosi ed entrare a far parte di quella nicchia di artisti con fama mondiale. Ovviamente, la qualità, genuinità e originalità delle opere è fondamentale: basti pensare agli impressionisti francesi, espressionisti tedeschi e americani, per nominare solo alcuni movimenti, che hanno raggiunto fama internazionale e il cui lavoro attira tutt’oggi un audience mondiale ed è oggetto di desiderio dei più grandi musei e collezionisti privati.
Se è vero che la disponibilità economica è un requisito base per collezionare arte, la domanda di un’opera o di un artista è determinata da diversi fattori: il background culturale, l’educazione, la precoce esposizione a un determinato tipo d’arte spesso definiscono cosa il collezionista vorrà comprare. Esistono poi collezionisti che comprano ciò che credono li faccia entrare in una particolare scena sociale; idealmente, il collezionista dovrebbe essere guidato solo dal proprio gusto, ma sempre più spesso agisce in base e ciò che ha letto o sentito. In ciascun periodo il gusto corrente è determinato da un mix di investitori, collezionisti, critici e curatori museali che costituiscono il cosiddetto mondo dell’arte. Alcuni di loro si conoscono personalmente e comunicano tra loro, altri si scambiano opinioni attraverso i libri, giornali d’arte, blogs. Fra il 1940 e il 1960 potenti critici come Clement Greenberg e Harold Rosenberg ebbero un pubblico vasto e gli artisti che supportavano ebbero molto successo. Negli anni Settanta si diffusero le cosiddette esibizioni blockbuster nei musei, in seguito al grande successo de I Tesori di Tutankhamun, esposizione che rimase al 27 M.FINDLEY, op. cit.
British Museum per nove mesi, raggiungendo la cifra record di quasi due milioni di visitatori28 e che successivamente venne portata in tutto il mondo fino al 1979.
Seguendo questo successo, molti musei iniziarono a organizzare mostre a tema contenenti nel titolo i nomi di arti famosi al grande pubblico: Gauguin, Van Gogh, Picasso. Tali esposizioni venivano pubblicizzate da grandi striscioni, cataloghi, gadget; potevano essere visitate da un pubblico adulto e da bambini.
Negli ultimi anni, sono stati i collezionisti stessi a influenzare i gusti, spesso coinvolti in azioni di micromanaging, costruendo il proprio museo privato e curando le proprie esibizioni. Basti pensare a Francois Pinault, che nel 2005 acquistò Palazzo Grassi di Venezia, dove continua a presentare la sua collezione organizzando differenti esposizioni. MARKETING
Le singole opere o il corpo di opere di un determinato artistico possono aumentare di prezzo in conseguenza a un mercato capace, che vede la collaborazione di gallerie, case d’asta, fiere d’arte.
Un secolo fa i galleristi erano onorati negozianti; oggi, sono dei celebri impresari. Le case d’aste, per quasi tutto il ventesimo secolo, hanno agito come fossero i grossisti del settore. La maggior parte degli investitori di allora facevano affidamento sul proprio intuito per individuare le opere sottovalutate che avrebbero potuto recare loro dei benefici una volta identificate, catalogate, ripulite, incorniciate e presentate a nuovi investitori. Ora sono le case d’asta a creare e distruggere la reputazione degli artisti che promuovono. Le case d’asta Christie’s e Stoheby’s non conducono solo aste per collezionisti: hanno una sezione educativa, vendono beni immobili, possiedono gallerie d’arte. Tutti i loro prodotti sono etichettati, siano questi un dipinto cubista di Picasso, una casa sulla spiaggia a Malibù o una laurea.
Le gallerie d’arte, dal canto loro, diventano sempre più sofisticate una volta che si fanno spazio nel mercato: i più prestigiosi galleristi americani fanno parte della
Art Dealers Association of America, associazione che organizza eventi pubblici, incluse fiere e discussioni.
Non sempre sono i galleristi a dettare il gusto e, alcune volte, anche gli artisti e le loro opere sembrano pedine di un gioco diretto dai collezionisti. Quando Ronald Lauder pagò 135 milioni di dollari per il ritratto di Adele BlochBauer di Klimt29,
la sua transazione comparve sui giornali di tutto il mondo e sicuramente i collezionisti interessati all’arte austriaca e tedesca ne presero nota.
I nuovi collezionisti, per simulare i collezionisti più famosi, tendono a eguagliare il prezzo con la qualità e aumentano la domanda per quei lavori dell’artista che sono apparsi sulle copertine dei giornali. La qualità delle opere d’arte contemporanea può essere molto alta, ma la così vasta quantità fa sì che spesso i nuovi collezionisti fatichino a definire cosa sia buono e cosa non lo sia, perché riuscire a dare un valore all’arte è spesso frutto dell’esperienza. ESISTE UN MERCATO D’ARTE MISURABILE? I soli dati dettagliati che registrano gli investimenti d’arte forniti al pubblico sono quelli emessi dalle case d’asta. In una ricerca del 2006 sul mercato globale, Clare McAndrew stimò che il fatturato totale delle vendite d’arte aveva raggiunto i 52 miliardi, di cui il 48% era stato speso in aste.30 Ben 27 miliardi sono i soldi spesi
in transazioni individuali, di cui rimangono sconosciuti i dettagli, quali il nome dell’artista, il tipo di opera e il prezzo pagato. Come si possono misurare e conseguentemente predire le attività di un mercato il cui 52% è sostanzialmente invisibile?
Mentre i galleristi e le case d’asta competono spesso tra di loro per avere l’opportunità di vendere una certa opera d’arte, nessuno regola le opere che da collezioni private tornano sul mercato. Un prezzo record raggiunto all’asta da
29 C.VOGEL, Lauder Pays $135 Million, a Record, for a Klimt Portrait, in The New York Times, 19
giugno 2006
30 C.McANDREW, The International Art Market, 20072009: Trends in the Art Trade during Global
un’opera di Lucian Freud, può persuadere i collezionisti che hanno un’opera di tale artista a rimetterla sul mercato per ricavarne un guadagno immediato; altri collezionisti potranno invece sentirsi fieri di aver comprato un’opera di Freud quando ancora potevano permettersela.
Nel 1921, a Fontainebleau, Picasso realizzò cinque ritratti di una donna molti simili tra loro, probabilmente ispirandosi alla sua decima moglie Olga.31 Ciascuno
di questi pastelli su carta, che misurano circa 60x50cm, hanno una predominanza del colore blu. Nell’aprile 1989 Christie’s si aggiudicò i primi due ritratti raffiguranti Olga. La qualità, la provenienza e la condizione erano le stesse, ma vennero offerte all’asta per ragioni differenti. Il primo fu aggiudicato per quasi sei milioni di dollari. Il secondo venne messo all’asta sette mesi più tardi, a novembre: venne pubblicizzato molto più del primo perché apparteneva alla facoltosa collezione del regista Billy Wilder. A sorpresa, pur se il mercato dell’arte era in ascesa, Head of Woman di Wilder venne venduta per un milione di dollari in meno. Cinque anni più tardi, nel 1994, il nuovo acquirente rimise il ritratto sul mercato questa volta da Christie’s a Londra e l’opera raggiunse poco più di tre milioni di dollari. La differenza delle due vendite del dipinto di Wilder si può facilmente capire perché, nel 1991, il mercato collassò precipitosamente. Nel 1994, però, stava iniziando a dare segni di ripresa; tuttavia, tornando sul mercato cinque anni dopo il primo acquisto, il Picasso non appariva nuovo sul mercato così come apparve dopo i decenni di collezione privata a casa Wilder. Infatti, considerando la situazione di questa seconda vendita, il ritratto raggiunse una cifra dignitosa, nel momento in cui la stima era di 2,8 milioni di dollari. Ma come spiegare il relativo fallimento della vendita del novembre 1989? L’opera era stata stimata tra i 5 e i 7 milioni di dollari, sulla base dell’asta dell’aprile precedente e perché proveniva da una collezione famosa che era stata largamente pubblicizzata. L’ipotesi di Michael Findley32 è che, nell’aprile 1989,
solo due persone gareggiarono per aggiudicarsi Head of Woman. Scommisero tra di loro e una vinse. Quando il Picasso di Wilder si affacciò sul mercato, era solo
31 M.FINDLEY, op. cit.
uno il compratore interessato; non avendo avversari, poté aggiudicarsi il dipinto al prezzo più basso.
Di solito le opere d’arte vendute pubblicamente che riescono a guadagnare i titoli dei giornali, sono opere vendute perché il proprietario è deceduto: non sono solo la natura e la tempistica della fornitura ad essere inconoscibile e totalmente imprevedibile, ma lo è anche la domanda. IL MERCATO OGGI Il 12 novembre 2013 il trittico di Francis Bacon Three Studies of Lucian Freud è stato venduto all’asta da Christie’s per 142 milioni di dollari, il prezzo più alto nella storia delle aste d’arte.33
Quando il banditore Juri Pylkkanen ha martellato il prezzo, il mondo dell’arte ha visto un nuovo record d’asta, scacciando dal trono L’Urlo di Edward Munch, venduto l’anno precedente da Sotheby’s per 120 milioni di dollari.
L’asta stessa ha segnato un nuovo record, incassando 691,6 milioni di dollari, riuscendo ad aggiudicare anche le opere lasciate invendute nell’asta serale per maggio precedente, recuperando così 495 milioni di dollari. Il Ballon Dog di Jeff Koons e Coca Cola di Andy Wahrol sono stati venduti a quasi 60 milioni ciascuna, mentre No 11 di Mark Rothko ha quasi raggiunto i 50 milioni.34 Uno dei fattori ad aver contribuito al raggiungimento di questi prezzi esorbitanti è stato, innanzitutto, l’andamento del mercato dell’arte nell’ultimo decennio. Rispetto a sei anni fa, il mercato d’arte è diventato globale: l’arte contemporanea è Portogallo, è Belgio, è tutta l’Europa, è Corea, è Cina, è Giappone. Se si togliesse New York dal mercato dell’arte, rimarrebbe tutto il resto del mondo a sostenerlo. Questo ha premesso a collezionisti di diversa origine, provenienti da Paesi diversi, a competere per la stessa opera. Non sono più i soli newyorkesi dell’alta
33 al netto dell’inflazione, il dipinto non supera Au Mulin de la Galette di Renoir del 1876, venduto
nel 1990 per 154 milioni di dollari.
società a frequentare con entusiasmo il mondo dell’arte. Per i nuovi collezionisti parteciparvi è una passione, per altri è un vero e proprio stile di vita, con un calendario pieno di feste internazionali, fiere, biennali, inaugurazioni di fondazioni e gallerie.
E’ più del solito appuntamento, questo tipo di collezionisti amano riunirsi in luoghi dove i cataloghi delle esposizioni sono considerati alla stregua di oggetti di moda. Alcuni puristi d’arte non riescono a comprendere come questo sia possibile, ma dimenticano che gli artisti oggetto di tale ammirazione sono gli stessi artisti che anni addietro loro stessi hanno ammirato e che oggi sono diventati delle sorti di istituzioni. Si può rimpiangere il fatto che Paul McCarthy sia diventato un must, realizzando opere su commissione, ma d’altro canto questo ha permesso di far luce sul suo lavoro e sul suo contributo come artista.
Se le gallerie non soccombessero alla debolezza di adattare le proprie scelte artistiche a questo fenomeno di marketing, sarebbe terribile: le gallerie scelgono gli artisti che sono più facilmente vendibili e che diventeranno gli artisti che la storia non dimenticherà.
Il mercato dell’arte continua a crescere e sono molteplici le ragioni per cui lo fa.35
In primo luogo, l’arte è un bene tangibile ed è qualcosa con cui si può vivere. Secondo, sono sempre più le persone educate all’arte, attraverso giornali specializzati e attività didattiche. Per collezionare le opere, prima di tutto, bisogna comprendere cosa si sta osservando.
Terzo, in seguito all’11 settembre c’è stata una solidarietà emozionale con l’arte contemporanea e la cultura in generale partita dall’America e diffusasi in tutta Europa.
Quarto, è finito il periodo di collezionare tutti i tipi di oggetti storici e passati. Non si può vivere guardando costantemente al passato, circondati dalla nostalgia e da opere che sono già state santificate dalla critica e dalla storia. Il mondo è composto dal passato, dal presente e dal futuro: il passato è già in nostro
possesso, non è rischioso; il presente e il futuro richiedono un atto di fiducia, di audacia e dello spirito di avventura. Ne consegue che il futuro del collezionismo sarà prettamente contemporaneo, perché tutto il resto è passato. Infine, è cambiato l’approccio stesso all’arte, che oggi è più semplice e diretto e per molti collezionare arte è diventato un hobby. Cinque anni fa vi era un ristretto gruppo di collezionisti, curatori, professionisti museali. Oggi l’arte è diventata popolare come lo è la musica, il teatro e il cinema. Sono tutti informati e interessati, la maggior parte delle persone sono a conoscenza di cosa sta accadendo nel mondo dell’arte, visitando musei, gallerie e fiere, non avendone più timore e riverenza.
Il bacino di utenza si è ampliato. Non si tratta solo di denaro e business, ma di persone interessate che hanno la possibilità di apprendere nozioni sempre nuove grazie a riviste specializzate e programmi televisivi. In questo modo, l’artista non si trova più isolato nel suo mondo, contemplando in solitaria le sue idee geniali. L’artista oggi è tornato tra le persone, l’arte è tornata a essere per il pubblico. Gran parte delle persone che hanno i mezzi per farlo, oggi preferiscono investire in arte piuttosto che in altri beni. Solo dieci anni fa, il mercato dell’arte era assai più limitato: poche erano le persone ricche che, di base, collezionavano la maggior parte delle opere d’arte disponibili. L’ambiente dei collezionisti odierni è completamento diverso, perché ci sono molte persone che già pensano al dipinto quando comprano l’appartamento.
Grazie a internet, persone di tutto il mondo possono vedere un’esibizione e comprare l’opera dall’immagine che appare sullo schermo del loro computer. Le vendite di opere d’arte contemporanea sono aumentate, perché è aumentato il numero di collezionisti. Nel mercato contemporaneo si può comprare un’opera di un giovane artista emergente per 2000 dollari o per due milioni. Anni fa, quando una persona si arricchiva, comprava un Renoir per dimostrare a tutti dov’era arrivata. Oggi c’è una carenza di opere del periodo impressionista perché molti dei grandi lavori sono di proprietà dei musei, delle istituzioni o di collezionisti privati che molto difficilmente li venderanno. Pertanto, la domanda
per acquistare un giovane Damien Hirst è molto più alta che non per comprare un mediocre Renoir all’asta.
Parte della crescita del mercato contemporaneo è affidata al processo di acquisizione di un’opera. La generazione di collezionisti più giovani che entrano nel mondo dell’arte sono spinti dal desiderio di collezionare, ma devono ancora realizzare quali siano le barriere: non hanno ancora sviluppato le relazioni che daranno loro l’accesso a un grande lavoro.
Ci sono molteplici modi per convincere il gallerista a concederti l’opera: promettere che sarà donata a un museo, far leva sulla propria collezione cui tale opera dovrebbe assolutamente far parte. E’ insito nella personalità dei nuovi collezionisti voler competere e riuscire a guadagnarsi ciò che desiderano. E’ gratificante mostrare ai propri vicini che si possiede un Hirst perché a) si è riusciti a farselo vendere b) si ha un capitale tale da poterselo permettere. Si ha l’impressione che in questo modo le persone capiscano quanto si vale.
Vi sono collezionisti sinceramente mossi dall’amore per l’arte e che non sono per nulla interessati all’aspetto finanziario del possedere un’opera; altri, sono principalmente interessati al valore.
Esistono trend artistici e trend economici. Per avere un mercato dell’arte sano e vivace ci vuole qualcosa da entrambi i lati.
Dal punto di vista artistico, l’arte contemporanea è tornata ad essere oggetto di collezionismo. C’è stato un lungo periodo, dai primi anni ottanta agli ultimi novanta, quando l’arte più innovativa e influente era costituita da installazioni, perfomance, video art, non facili da collezionare. Il ritorno all’arte figurativa e alla scultura torna a coinvolgere la cultura popolare. Ci sono molte opere eccellenti e facilmente accessibili che, se analizzate nel profondo, risultano essere particolarmente soddisfacenti dal punto di vista intellettuale. E’ affascinante vedere come i gusti siano in continua evoluzione; sono sempre cambiati, in tutte le aree del mercato, ma oggigiorno si assiste a un’accelerazione, in particolare nel mercato dell’arte contemporanea. Basta guardare ad artisti che attivi da molti anni, come Richard Prince, il cui mercato è aumentato
sostanzialmente negli ultimi due anni.36 E’ probabilmente solo l’inizio dell’ascesa
del suo mercato, anche grazie alla qualità dei suoi lavori più recenti. Infatti, opere recenti forti, possono migliorare l’intero mercato di un artista; al contrario, se le ultime opere di un artista sono deboli e di scarsa qualità, queste possono influenzare l’andamento del mercato anche per quanto concerne le opere iniziali, considerate migliori. La sua fotografia Shiluette Cowboy, nel maggio 2013, è stata aggiudicata per 1,2 milioni di dollari da Christie’s, diventando uno di fotografi più quotati dell’anno, insieme a Andreas Gursky e Cindy Sherman.
In termini economici, vi sono stati degli alti e bassi, ma questo è un periodo molto prosperoso. Quello che è successo al mercato con la crisi del 2000 ha dato a moltissime persone la sicurezza che l’arte fosse un oggetto sicuro su cui investire il proprio denaro, che non sarebbe crollata come gli altri beni.
Il gallerista americano Jeffrey Deitch37, a quei tempi, credeva che molte azioni
fossero in una bolla speculativa ma che il mercato dell’arte, assai solido, ne fosse escluso. A suo parere, solo gli artisti contemporanei più popolari potrebbero farne parte. Bisogna considerare che la maggior parte degli artisti della scuola newyorkese della pop art hanno visto guadagni consistenti grazie ai collezionisti e non per merito di speculatori.
E’ la speculazione, infatti, che rende il mercato dell’arte pericoloso. Alla fine degli anni Ottanta, speculatori e uomini di finanza improvvisati, si facevano prestare denaro da investitori per comprare opere alle aste, ridando loro l’intero guadagno. Questo ha posto le basi per il futuro collasso, perché la maggior parte delle opere non andava sui muri dei collezionisti, ma in magazzini. Il mercato è solido quando le opere vengono esposte.
L’arte è dunque diventata un prodotto alternativo su cui investire, un bene da inserire nel proprio portfolio. Le aste e le fiere d’arte che si svolgono durante tutto l’anno in tutto il mondo, permettono un costante monitoraggio di ciò che si possiede e la possibilità di rivalutarlo.
36 E. KINSELLA, Art Market Analysis: Richard Prince vs. Christopher Wool at Auction,
www.artnews.com, 12 maggio 2014 [ultima consult. 23 maggio 2014] 37 A.LINDEMANN, op.cit., p.51
Non ci si reca in un istituto finanziario quando si investe in arte, ma i numeri che si possono raggiungere facendo il giusto investimento non sono differenti. Si può comprare un’opera per 60mila dollari e rivenderlo per 600milla due anni più tardi e tutti vorrebbero essere in grado di farlo. E’ probabilmente per questo che il mercato dell’arte sta crescendo, alimentato dall’idea di facili e rapidi guadagni. In termini di produzione d’arte, molti anni fa ci si era scostati dai dipinti ma in questi ultimi anni si sta tornando a questa forma espressiva. I materiali sono, però, diventati più sofisticati con prezzi di produzione altissimi dapprima a carico di artisti e galleristi, poi dei collezionisti.
Il cambiamento nel mercato dell’arte trae le sue origini all’inizio degli anni Novanta, quando gli artisti che solitamente lavorano con media a basso costo, iniziarono ad aumentare i costi di produzione, fino ad allora esclusi dall’equazione del prezzo.
Artisti come Jeff Koons, Matthew Barney e Damien Hirst sono stati sufficientemente creativi, intelligenti e seducenti da convincere i propri galleristi a sostenerli. Se Jeffrey Deitch non avesse corso il rischio, lo avrebbero fatto Ileana Sonnebend o Larry Gagoisian. Oggi, tutti gli artisti realizzano opere con un alto costo di produzione e questa è una ragione per cui le opere sono così costose. Non si tratta più di dipinti su tela, dove le spese sono ridotte all’acquisto della tela, dei colori, del telaio.
Hirst e Barney sono stati i veri precursori di questa nuova concezione d’arte, creando un nuovo linguaggio, un piano ideale di espressione e di forme da lasciare alla generazione successiva: sono artisti così importanti il cui mercato si può ritendere relativamente al sicuro.
Dalle vendite totali di circa 850 milioni di dollari nel 2002, il settore contemporaneo è salito alle stelle contando quasi 6 milioni di dollari nel 2012, come dimostrano i dati Artnet.38
Se il mercato dell’arte è generalmente correlato con la salute dell’economia, si deve ammettere che la crisi finanziaria del 2008 lo ha rallentato solo per un biennio. Tra il 2007 e il 2008, infatti, i ricavi dell’arte contemporanea hanno
registrato un incremento del 50% pur rimanendo costante il numero di opere vendute; la crisi ha portato a un crollo dei prezzi pari al 48% tra il 2009 e il 2010, per poi riprendersi immediatamente.39 L’ascesa vertiginosa dei prezzi dell’arte contemporanea va a scapito del mercato moderno e impressionista, seppure L’Urlo di Munch sia stata l’opera più venduta del 2012. Il mercato contemporaneo non offre la stessa sicurezza del mercato del passato, perché soggetto alle variazioni delle quotazioni e ai cambiamenti di moda: basti pensare alle opere di Damien Hirst, uno degli artisti viventi più quotati, che tra il luglio 2009 e il giugno 2010 ha subito un crollo delle vendite rispetto al biennio precedente di quasi l’8%.40
Tra il 2005 e il 2008 l’arte contemporanea ha subito un’impennata dei prezzi in seguito alla globalizzazione della domanda: i mercati emergenti come Cina, Russia, India e America Latina, fino ad allora poco partecipi, hanno incrementato la domanda molto rapidamente. Nel primo trimestre del 2013 la casa d’aste Christie’s ha ricevuto offerte provenienti da 128 Paesi, contando il 10% di nuovi
39 Il mercato dell’arte contemporanea, Rapporto annuale ArtPrice 2013, p.7 40 Ibidem