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Alla fine della colonizzazione quindi l’arte indiana, dal punto di vista delle avanguardie, sembrava addormentato. Forse il lento risveglio che l’ha portata ad un’esplosione sul mercato è dovuto alle contraddizioni e agli scontri interni che si sono susseguiti dagli anni 40 fino ad oggi. Ugualmente però, l'approccio europeo è stato ambiguo: da una parte collezionisti che hanno deciso di non considerare l’India e dall'altra alcuni appassionati che hanno abbracciato con slancio l'arte di questa nazione.

Dopo diversi anni di forte isolamento comunque, gli indiani hanno superato ciò che gli impediva di attraversare il mare – tradizione, religione, semplice chiusura e paura – e hanno cominciato a viaggiare confrontandosi con il resto del mondo. Si sono aperti verso la globalizzazione e i loro mercati sono fioriti.

Di riflesso anche l’arte si è aperta alle influenze occidentali: come abbiamo visto quasi tutti gli artisti contemporanei hanno viaggiato in Europa per poi tornare in patria arricchiti, ma non assoggettati.

Figura 2.28 Valay Shende – Untitled, 2010; tecnica mista. Fonte

www.valayshende.com

67 L'età media degli artisti oggi sulla scena internazionale è di 30-40 anni a conferma di un'arte giovane, ma ugualmente ricca di cultura e tradizioni forti. Il passato infatti ritorna nelle opere degli artisti contemporanei, sempre attenti a guardare all’innovazione occidentale e alla tradizione orientale contemporaneamente. Tecniche europee con significati e chiavi di lettura indiane, vengono amalgamati per ottenere un risultato unico.

Ciò non significa dover forzare un accostamento tra gli artisti indiani e gli artisti occidentali di oggi o del passato, perché sarebbe errato. La loro identità è unica, e dobbiamo sfuggire al paragone facile.

Anche nelle avanguardie contemporanee infatti permane la volontà e la ricerca di un legame costante con la storia passata, una caratteristica propria dell'indole indiana mantenuta viva anche dagli artisti che scelgono la fotografia come mezzo espressivo. Osservando le inclinazioni di questi diciotto artisti, si può parlare quindi di: un filone artistico orientato verso l'arte astratta e la geometria; una corrente più incline all'arte fotografica, scultorea e alla pittura figurativa; una terza rappresentanza di artisti che guarda verso i nuovi media, le grandi installazioni e le performance.

Una caratteristica comune è però sicuramente il fatto di caricare le opere, rendendole ricche di significati, di colori e di rimandi: un’opera di arte indiana non è mai fine a se stessa, anche quando l’artista cerca di discostarsi da temi politici, religiosi o sociali. L’artista è immerso nella sua realtà, e ne parla.

Gli artisti presentati sono alcuni esempi di artisti provenienti da un mondo fino ad ora tenuto nascosto ma che comincia a dimostrare il suo potenziale. Sono gli artisti che finora sono riusciti a valicare i confini nazionali e ad entrare nelle riviste, nelle mostre e nelle aste occidentali.

L'arte contemporanea indiana sta infatti cominciando ad imporsi sul mercato e a suscitare l'interesse di molti collezionisti moltiplicando le apparizioni di artisti indiani a Fiere e manifestazioni di arte contemporanea, soprattutto nell'ultimo decennio.

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Per questo motivo, dopo aver presentato gli artisti, vengono nel prossimo capitolo riportati gli altri protagonisti che si muovono intorno all’arte indiana moderna e contemporanea: i musei pubblici, le fondazioni private, le collezioni aziendali, le gallerie d’arte, le case d’aste e le fiere del settore.

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Capitolo III - Il collezionismo dell’arte indiana: dal pubblico al

privato

La storia dello sviluppo museale indiano deve essere suddivisa in cinque fasi ben distinte: la fase iniziale, dal 1757 al 1858, l’età Vittoriana, dal 1958 al 1901, l’era Curzor, dal 1091 al 1928, il periodo pre-indipendenza, dal 1928 al 1947 e infine il periodo post- indipendenza che dal 1947 arriva fino al 1987.130

Esclusivamente a ridosso dell’indipendenza si può però riconoscere un inizio di coscienza museale. Nel 1944 nasce il Museum Association of India (MAI), una società che cerca di essere il tramite tra le istituzioni e il paese in modo da promuovere l’interesse museale131. Solo nel 1947 però si osserva una vera svolta nel panorama

indiano. Nello stesso anno dell’indipendenza prende forma l’idea di fondare il National Museum of India nella città di Delhi, inaugurato poi l’anno successivo. La NGMA nasce per un personale desiderio del Primo ministro Nehru, che vede nel nuovo museo una possibilità di propaganda dello spirito nazionalistico indiano.132 La scarsità di fondi messi

a disposizione, uniti alla volontà di esporre solo opere che non appartengono ai nuovi media di derivazione occidentale e alla crescita del mercato dell’arte contemporanea indiana, ha fatto si che il controllo della situazione artistica passi nelle mani dei privati già durante gli anni novanta.

Per questo motivo il mercato ha dovuto assumere alcuni compiti solitamente attribuiti ai musei, tanto che si è così affermata una nuova categoria di musei che potessero esporre le collezioni private.133

È evidente come le mancanze delle istituzioni pubbliche abbiano lasciato un vuoto che il privato è stato pronto a colmare in maniera mirata ed efficace e, grazie all’interazione di privati e gallerie, si è potuto salvaguardare il futuro dell’arte moderna e contemporanea indiana. 130 Banerjee, 1990:3 131 museumsai.com consultato il 7/09/2016 132 www.nationalmuseumindia.gov.in consultato il 7/09/2016 133 Petterson, 2017:3

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Come è possibile leggere anche nelle parole di Amir Jeffer, nell’intervista riportata nell’ultimo capitolo di questa tesi, sono le stesse istituzioni governative a non promuovere i propri artisti sia a livello nazionale che a livello internazionale. La mancanza di mostre a loro dedicate e la partecipazione ad importanti manifestazioni internazionali, come la Biennale di Venezia, è un problema sottolineano da tutti gli esperti di arte indiana moderna e contemporanea. Proprio questa situazione ha favorito un crollo del mercato nel 2009. La ripresa è quindi stata possibile grazie ai privati, gallerie e fondazioni, che hanno continuato a credere e ad investire nel mercato di arte indiana moderna e contemporanea.

Di seguito vengono quindi illustrati non solo i principali musei indiani, ma anche le fondazioni, le collezioni aziendali, le gallerie, le case d’aste, le fiere e le manifestazioni artistiche volute fortemente dai privati.