EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE ALIMENTARE E COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA IN MATERIA D
5. Il diverso approccio seguito in relazione all’ambito di riferimento.
5.1. Aspetti economici ed approccio liberalizzante.
L’intervento della Cote di Giustizia, come prima anticipato, si modera in relazione al fine da raggiungere. Si è notato al riguardo, come, le sentenze emesse in relazione ad aspetti economico-
commerciali, relativi alle misure volte, ad esempio, ad evitare che i
consumatori vengano tratti in inganno, o volte a garantire la lealtà dei negozi commerciali (nelle quali non viene presa in considerazione la salute dei consumatori), pervengano a decisioni
liberalizzanti. Esse esaltano il principio di libera circolazione delle
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merci, stabilendo che, eventuali restrizioni con oggetto la denominazione dei prodotti in relazione alla loro composizione e caratteristiche;152 la provenienza geografica; l’l’etichettatura; la presentazione; la pubblicità; il confezionamento e l’imballaggio, siano esorbitanti ai fini della tutela dei consumatori (e pertanto illegittime) perché la tutela degli stessi può essere garantita per altre vie, ad esempio:
- Mediante l’obbligo di indicare la composizione dei prodotti venduti in etichetta,153 la quale di per sé soddisfa le esigenze informative dei soggetti acquirenti(salvo casi specifici in cui è riconosciuta la legittimità di misure restrittive al commercio per garantire una tutela adeguata di particolari interessi dei consumatori;154 o salvo il riconoscimento di
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Ad esempio sono illegittime le misure nazionali sulla gradazione alcolica minima dei vini, la composizione dei preparati a base di carne, il livello di acidità della birra, la quantità di materia secca nel pane, l’impiego di succedanei nel latte. Al pari sono illegittime la misure nazionali che riservano la denominazione “aceto” al solo aceto di vino, la denominazione “pasta” ai soli prodotti fabbricati con grado duro, la denominazione “formaggio” ai soli prodotti contenenti un tenore minimo di materie grasse, la denominazione “birra” ai soli prodotti fabbricati secondo specifiche norme nazionali, la denominazione “Edam” ai soli formaggio con tenore minimo di grassi pari al 40%, la denominazione “salumi” ai prodotti caratterizzati da un particolare rapporto tra acqua e sostanze organiche, la denominazione “cioccolato” ai soli prodotti che contengano sostanze grasse vegetali quali il burro di cacao. Cfr. CAPELLI F, SILANO V, KLAUS B., op. cit., Pag. 28.
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Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 1988, C- 216/84, Commissione c. Francia,
cit, massima. “per evitare l’importazione e la vendita di succedanei di un prodotto
alimentare, uno Stato membro non può addurre le esigenze della tutela dei consumatori, richiamando il rischio di confusione a proposito della natura e delle proprietà del succedaneo ed alla possibilità che questo soppianti, a danno della libertà di scelta del consumatore, il prodotto concorrente. L’informazione del consumatore può essere garantita mediante un sistema di denominazione ed etichettatura adeguato e le esigenze di tutela del consumatore non possono far si che un prodotto sia sottratto alla concorrenza mediante il prezzo, derivante dall’eliminazione degli ostacoli per il commercio intracomunitario”.
154 Cfr. Corte di Giustizia, sentenza dell’8 Novembre 1979, C-15/79, Groenveld, cit.
relativa al divieto contenuto in una legge olandese di impiegare carne equina nella fabbricazione di insaccati destinati alla vendita nei Paesi Bassi e all’esportazione in cui non si profila ipotesi di discriminazione ai danni dei prodotti degli stati membri perché il prodotto nazionale “insaccato di carne” subiva lo
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caratteristiche specifiche ad un determinato prodotto cui riservare, in virtù di ciò, una denominazione precisa155 sul presupposto che non comporti restrizione dissimulata, arbitraria o discriminatoria del libero commercio);
- Stabilendo l’illiceità dell’indicazione di provenienza geografica per prodotti provenienti da Paesi diversi da quelli in cui si svolge il processo produttivo. L’uso delle indicazioni di provenienza è previsto solo qualora il prodotto possegga talune caratteristiche particolari perché proveniente da una specificata zona geografica (pertanto rientrante nell’egida nella tutela delle proprietà industriali e commerciali). A tal proposito, anzi, la stessa Unione Europea è intervenuta a tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche con il Regolamento 2081/92/CEE,156 nel quale si stabilisce che tali denominazioni devono apparire necessarie, non solo a fini di tutela dei produttori da casi di concorrenza sleale, ma anche per difendere i consumatori dall’inganno derivante da indicazioni fallaci;157
- Determinando l’illegittimità di norme nazionali suppletive158 rispetto alle norme specifiche dettate a livello stesso trattamento (divieto di impiego di carne equina) indipendentemente dal mercato (nazionale o europeo) nel qual veniva commercializzato.
155 Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 14 Luglio 1988, C-298/87, Smanor (Yogurt
francese) e sentenza della Corte di Giustizia del 14 Luglio 1988, C-90/86, Zoni
(Pasta di grano duro).
156 Abrogato dal Regolamento 510/2006/CE. 157
Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 20 Febbraio 1975, C-12/74, Commissione c.
Germania e del 12 Ottobre 1978 C- 13/78, Eggers, ha giudicato incompatibile con
il principio di libera circolazione una norma tedesca che riservava la denominazione “Eskt” a prodotti originari della Germania o provenienti da Stati esteri ove il tedesco fosse lingua ufficiale subordinando l’uso per un prodotto nazionale di una denominazione di qualità a condizione che una o più fasi del processo produttivo precedenti la fase di preparazione del prodotto finito avessero avuto luogo nel territorio nazionale.
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Divieto di imporre condizioni linguistiche aggiuntive a quelle previste dalla normativa europea ponendo divieti agli Stati circa l’uso esclusivo di una lingua
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europeo per l’etichettatura e la pubblicità dei prodotti alimentari. In questo caso si fa specifico riguardo all’utilizzo di segnalazioni pubblicitarie concernenti riferimenti al dimagrimento; all’impiego di raccomandazioni; di certificati; di citazioni; di pareri medici; o di dichiarazioni di approvazione di enti o istituti sanitari. Le norme suppletive sono considerate “non armonizzate” esono ammesse nei limiti del rispetto del principio di proporzionalità. Pertanto, devono essere giustificate dalla veridicità dei dati forniti e dalla necessità di tutelare interessi superiori di chi consuma. L’importanza di questo tipo di indicazioni sta nel fatto che, se fondate, forniscono al consumatore un’informazione che può indurlo a consumare od acquistare un prodotto, ovvero, dissuaderlo dal farlo159 in quanto atte a condizionare le sue scelte.
- In fine, in riferimento agli imballaggi, l’imposizione di limiti alla commercializzazione di determinati contenitori è ammessa solo in quanto venga disposto l’utilizzo di materiale riciclabile o biodegradabili e non per motivazioni inerenti la forma, il volume, il colore. Queste ultime indicazioni sono considerate sproporzionate rispetto ai fini di tutela degli interessi dei consumatori.160
determinata per l’etichettatura dei prodotti, o vietando l’impiego di un’altra lingua facilmente comprensibile ai consumatori. Cfr. CAPELLI F., SILANO V, KLAUS B., op. cit., Pag 31.
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Cfr. CAPELLI F., SILANO V, KLAUS B., op. cit., inserto 4, Pag. 385.
160
Cfr. Corte di Giustizia, sentenza del 10 Novembre 1982, C- 261/81, Rau c. De
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