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Le misure ad effetto equivalente ed il mutuo riconoscimento nei confini della proporzionalità.

EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE ALIMENTARE E COMPETENZE DELL’UNIONE EUROPEA IN MATERIA D

2. Verso l’armonizzazione delle disciplina nell’ottica della prevenzione.

2.2. La libera circolazione delle merci ed i principi a garanzia della sicurezza alimentare.

2.2.1. Le misure ad effetto equivalente ed il mutuo riconoscimento nei confini della proporzionalità.

A delineare il concetto di misura ed affetto equivalente è la celebre formula Dassonville91

contenuta in una sentenza emessa proprio in materia di diritto alimentare. A tal proposito si considerano misure ad effetto equivalente gli ostacoli alla libera circolazione derivanti dalla mancata armonizzazione delle legislazioni e dall’assoggettamento a discipline nazionali che dettano requisiti specifici (su denominazione, forma, dimensione, peso, composizione, etichettatura), per le merci provenienti da Paesi terzi. Tali discipline provocano esclusivamente effetti restrittivi alla libera circolazione92

perché, lo scopo informativo per tal via

90

Cfr. RICIGLIANO M., L’elimination des barrières techiniques et la mise en ouvre

de la reconnaissance mutuelle, in Rev. Marché Com., 10, 1990. Pag. 80 ss.

91

Corte di Giustizia, sentenza dell’11 Luglio 1974, C-8/74, Dassonville (misure di effetto equivalente); ha posto il divieto agli Stati membri della CE di introdurre dazi doganali e misure di effetto equivalente negli scambi. Essendo la nozione di misura equivalente una restrizione quantitativa piuttosto vaga, la Corte, nella sentenza di D. ha deciso di assimilare ad essa «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». In particolare, ha stabilito che imporre ai prodotti degli altri Stati membri le norme tecniche del Paese di importazione, senza una valida giustificazione, equivale a stabilire una misura equivalente, in quanto si penalizzano i prodotti importati. La mancanza di armonizzazione comunitaria non può giustificare questo atteggiamento, che equivale a ostacolare la libera circolazione delle merci, basata, in tema di mercato interno, sul principio del mutuo riconoscimento, da parte degli Stati membri, delle rispettive normative. Disponibile in: http://www.treccani.it/enciclopedia/sentenza-di- dassonville_(Dizionario_di_Economia_e_Finanza)/.

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perseguito, può essere raggiunto con mezzi che creino meno ostacoli agli scambi.

Con riguardo alle esportazioni, inoltre, sono vietati i provvedimenti nazionali restrittivi. Sono tali quelli che, per esempio, subordinando l’esportazione stessa all’ottenimento di una licenza o di un certificato di conformità. Questa previsione costituisce un’ingiustificata differenza di trattamento del commercio interno rispetto a quello estero, meramente finalizzata a determinare un vantaggio particolare alla produzione nazionale a discapito di altri Paesi.93

Successivamente alla sentenza Dassonville, la Corte di Giustizia ha affinato la giurisprudenza in materia di libera circolazione delle merci fino a formulare, nel caso Cassis de Dijion,94

il principio del

93 Cfr. Corte di Giustizia, sentenza dell’8 Novembre 1979 C- 15/79, Groenveld. 94

Corte di Giustizia, sentenza del 20 Febbraio 1979, C-120/1978, Reze-Zental o Cassis De Dijion, (misure di effetto equivalente e mutuo riconoscimento); la pronuncia mirava ad accertare la legittimità della legislazione tedesca, che vietava in Germania l’importazione dei liquori con gradazione alcoolica inferiore a 32°: nel caso di specie, il liquore Cassis de Dijon. La giustificazione addotta dal governo tedesco era paradossale, in quanto si pretendeva di tutelare la salute pubblica contenendo la proliferazione di bevande a bassa gradazione alcoolica, che avrebbe favorito l’assuefazione a bevande di più alto tenore alcoolico, nonché

la lealtà del commercio.

La Corte, nel 1979, affermò che qualsiasi bene legalmente prodotto e venduto in uno Stato membro deve, in linea di massima, essere ammesso sul mercato di ogni altro Stato membro. Gli unici ostacoli al libero scambio, perciò, sono giustificabili solo sulla base di esigenze imperative tassativamente previste (efficacia dei controlli fiscali, protezione della salute pubblica, lealtà delle transazioni commerciali e difesa dei consumatori) e per motivi di interesse generale. Dall’analisi delle pronunce della Corte successive alla Cassis de Dijon, sono

enucleabili i seguenti principi:

— gli Stati, in mancanza di una regolamentazione comune o di un’armonizzazione, restano liberi di regolare, sul proprio territorio, tutto quanto riguarda la commercializzazione, il consumo, l’etichettatura e la designazione dei prodotti; — tale libertà non deve concretarsi, però, in misure suscettibili di frapporre

ostacoli al commercio comunitario;

— una regolamentazione nazionale in materia costituisce un intralcio agli scambi comunitari quando non sia giustificata da esigenze imperative. Disponibile in: http://www.simone.it/newdiz/newdiz.php?action=view&dizionario=11&id=207.

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mutuo riconoscimento (art. 43 TFUE).95 Il principio in questione prevede che sia imposto agli Stati l’obbligo di ammettere nel proprio territorio le merci provenienti dagli altri Stati membri, qualora legalmente prodotte e commerciate nel rispettivo territorio nell’osservanza delle norme tecniche in esso vigenti, in quanto, l’applicazione a tali merci della disciplina del Paese importatore ostacolerebbe gli scambi ed integrerebbe gli estremi di misura ad effetto equivalente.96

In ossequio al principio di proporzionalità, e ad eccezione del principio di abolizione di qualsiasi ostacolo alla libera circolazione delle merci, non sono vietate, anzi, sono legittime, le restrizioni quantitative all’importazione e all’esportazione, e le misure di effetto equivalente, giustificate da motivi di ordine pubblico; di sicurezza; di tutela della salute e della vita di persone, animali e vegetali; di protezione del patrimonio artistico, storico, archeologico; o di tutela della proprietà industriale e commerciale.97

La Corte di Giustizia ha riconosciuto anche la lealtà

95 A tal proposito occorre ricordare le Sentenza della Corte di Giustizia che hanno

dato conferma all’applicazione del principio di mutuo riconoscimento:

- Sentenza del 20 Febbraio 1975, C-12/74, Sekt, Weinbrand,

Praedikatssekt, (nomi dei prodotti alimentari);

- Sentenza del 12 Ottobre 1978, C.13/78, Eggers, (illegittimità dell riservaai prodotti nazionali di denominazioni);

- Sentenza del 7 Febbraio1984, C-237/82, Iongeneel Kaas, (formaggio olandese);

- Sentenza del 12 Marzo 1987, C.178/84, Commissione c./Rep. Fed.

Germania, (birra tedesca);

- Sentenza del 14 Luglio 1988, C-90/86, Zoni (pasta di grano duro); - Sentenza del 14 Luglio 1988, C.298/87, Smanor, (jogurt francese);

96

“si considerano in libera pratica in uno Stato membro i prodotti provenienti da Paesi terzi per i quali siano state adempiute in tale Stato le formalità di importazione e riscossi i dazi doganali e le tasse di effetto equivalente esigibili e che non abbiano beneficiato di un ristorno totale o parziale di tali dazi e tasse” Cfr. ROSSOLINI R., Libera circolazione degli alimenti tutela della salute nel diritto

comunitario, Cedam, PADOVA, 2004, Pag. 19ss.

97

Cfr. MENGOZZI P., Istituzioni di diritto comunitario e dell'Unione europea, Cedam, PADOVA, 2006, Pag. 335.

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dei negozi commerciali; la difesa dei consumatori; e la tutela dell’ambiente come giustificazione a misure che ostacolano la libera circolazione delle merci, qualora applicate indistintamente a prodotti nazionali o importati e sempre che non siano arbitrariamente stabilite. Al fine della vigenza di dette prescrizioni restrittive, le autorità interne dovranno dimostrare che la misura adottata è necessaria al conseguimento degli obiettivi di tutela previsti, i quali non devono profilarsi come raggiungibile per mezzo di misure meno restrittive e non devono essere oggetto di materia sottoposta a disciplina armonizzata a livello europeo.

Solo in mancanza di norme comunitarie armonizzate il singolo

Stato ha la competenza di definire “proprie” regole tecniche, salvo consentire l’immissione nel proprio mercato di prodotti legalmente commercializzati o fabbricati in altri Stati membri che non si presentino come pregiudizievoli per gli interessi protetti della popolazione.