I CRITERI DI INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO.
1. Aspetti generali.
L’interpretazione del contratto240, quale attività finalizzata ad accertare il significato giuridicamente rilevante delle clausole contrattuali e,
quindi, del contenuto del contratto241, è al contempo presupposto (in tal
modo differenziandosi) e concretizzazione (dall’interpretazione discendendo, poi, l’individuazione del regime giuridico applicabile al contratto, comprensivo, quindi, delle norme dispositive idonee ad
_____________________________________________________________________
240 In materia si vedano, tra gli altri, M. CAPODANNO, “L’interpretazione del
contratto”, Padova, 2006; F. SANGERMANO, “L’interpretazione del contratto: Profili dottrinali e giurisprudenziali”, 2007; L. BIGLIAZZI GERI, “L’interpretazione del contratto”, Milano, 2013, 61 ss.; M. BESSONE, “La disciplina generale del contratto”, Torino, 2013, 175 ss.; M. C. DIENER, op. cit., 2010, 493 ss.; F. CAROCCIA, “L'interpretazione del contratto. Il modello dei principi Unidroit per i contratti commerciali internazionali e confronto con le esperienze nazionali”, 2006.
241 Il contenuto del contratto è l’insieme delle pattuizioni che determinano diritti ed
obblighi delle parti, prestazioni e modalità per la loro esecuzione. Può parlarsi anche di regolamento contrattuale come <<sistemazione degli interessi delle parti>>, quale insieme di regole pattuite dalle parti per disciplinare i propri interessi ex art. 1322 c.c. Il risultato di insieme è il “programma” contrattuale, in senso giuridico, ma anche economico cui il primo è strumentale. Il contenuto dell’accordo esteriorizza e oggettivizza le volontà delle parti determinandone la sintesi. Al riguardo, si rinvia a R. ALESSI, La disciplina generale del contratto, Torino, 2015.
124
integrare la fattispecie negoziale laddove non derogate espressamente) dell’attività integrativa del contratto.
Attraverso l’interpretazione del contratto, il giudice accerta il reale
portato delle pattuizioni volute dalle parti242 sulla scorta e al contempo
precisando l'intento pratico perseguito dalle stesse. 243
L’attività interpretativa si compone di una serie complessa di indagini e valutazioni che il giudice di merito effettua, nel rispetto, in via principale e primaria, delle disposizioni del codice civile aventi ad oggetto specificamente tale “materia”.
L’attività interpretativa del giudice, evidentemente di natura discrezionale, è strumentale ed è connessa in modo biunivoco, alla qualificazione del contratto, alla quale, parimenti, il giudice procede d’ufficio, e anche a prescindere dalla valutazione effettuata formalmente dalle parti, attraverso, di regola, il ragionamento sussuntivo della fattispecie nello schema legale corrispondente.
_____________________________________________________________________
242 Si consideri, d’altronde, che l’attività interpretativa del giudice si svolge per mezzo
del processo e degli elementi di prova ai sensi dell’art. 115 c.p.c., di talchè, in concreto, le evidenze probatorie potrebbero far emergere una ricostruzione dei fatti e, quindi, della volontà contrattuale diversa da quella reale.
243 Quel che presiede all’organizzazione nella quale propriamente consiste il sistema, è
da sempre l’interpretazione, che rispetto al sistema opera secondo un dispositivo discorsivo: l’interpretazione produce organizzazione, la quale istituisce un determinismo che rende necessaria nuova interpretazione che produce a sua volta nuova organizzazione, ecc. In questo senso, la complessità del sistema non comporta un conflitto con l’attività interpretativa ma rende solo necessario un adeguamento degli strumenti concettuali da porre a fondamento dell’attività interpretativa perché possa essere adeguata alla complessità e innovatività contemporanea, procedendo, alla c.d. ricerca della giusta soluzione del caso, mediante la riorganizzazione del tessuto normativo. Così, M. BARCELLONA, Un’altra complessità, l’orizzonte europeo e i problemi della causa, in juscivile, 2016, 5, 360.
125
In questo modo, quindi, il giudice determina, altresì, la normativa rispondente al tipo contrattuale utilizzato dalle parti, venendo indirettamente e in via eventuale ad integrare il contratto, se necessario, ai sensi dell’art. 1374 c.c.
Come detto, in linea di principio, l’interpretazione non si confonde con
l’integrazione del contratto244, ma ne costituisce un elemento
presupposto. 245
Con riguardo all’integrazione contrattuale, si suole distinguere tra integrazione c.d. suppletiva246, finalizzata a determinare il contenuto del contratto in caso di lacune nel regolamento contrattuale, e l’integrazione c.d. cogente o sostitutiva247, che si sovrappone e sostituisce alla volontà pattizia nella misura in cui essa si ponga in tutto o in parte in contrasto con la legge, o i valori e principi di ordine pubblico o costituzionali.
_____________________________________________________________________
244 Sula quale si rinvia a S. RODOTA’, Le fonti di integrazione del contratto, Roma,
2004; G. GABRIELLI, Norme imperative e integrazione del contratto, Milano, 1994; C. SCOGNAMIGLIO, L’integrazione, in I contratti in generale, Torino, 1999, 1019 e ss..; A. CATAUDELLA, Sul contenuto del contratto, Milano, 1967, 148 ss..; F. ZICCARDI, L’integrazione del contratto, 1969, 108 ss.
245 Peraltro, come si dirà, con riferimento ai criteri di interpretazione c.d. oggettiva,
l’integrazione (per l’alienità della disciplina integrativa) e interpretazione c.d. oggettiva (perché comunque il criterio va al di là e al di fuori della volontà delle parti), si avvicinano. L’integrazione, in termini generali, presuppone una lacuna nel regolamento, l’interpretazione oggettiva si spiega con una particolare oscurità o necessità ermeneutica del contratto. D’altronde, l’integrazione, così come anche l’interpretazione oggettiva, possono porsi anche in termini correttivi a tutela tanto di interessi generali (come nel caso dell’operatività del principio di conservazione degli atti) quanto particolari (delle parti del contratto cioè).
246 S. PAGLIANTINI, G. D’AMICO, “Nullità per abuso e integrazione del contratto”,
Torino, 2013, 216 ss..; F. CARINGELLA, G. DE MARZO, “Manuale di diritto civile”, “Il contratto”, 2008, p. 649; F. CIACCAFAVA, “Contratti” , Milano, 2012, 61; F. BOCCHINI, E. QUADRI, Diritto privato, Torino, 2016, 951 ss.
247 A. COSTAGLIOLA, L. NACCIARONE, “Compendio di diritto civile”, 2014, 485 e ss..;
126
Ai sensi dell’art. 1374 c.c. <<il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità>>. 248
Si tratta di un intervento eteronomo coerente con la logica del contratto, con gli equilibri e le scelte risultanti dall’accordo delle parti, sempre come interpretato dal giudice.
Per contro, laddove il contenuto contrattuale si ponga in contrasto con norme imperative, può verificarsi la nullità totale o parziale del contratto, in quest’ultimo caso con l’eventuale operatività dell’art. 1339
_____________________________________________________________________
248 Con riguardo all’equità, quest’ultima viene indicata dalla norma come subordinata
alla legge, potendo intervenire, in via integrativa solo laddove questa manchi. In questo senso, quindi, l’equità non può operare contra legem. D’altronde, al di fuori dei casi in cui l’equità è espressamente richiamata da puntuali norme di legge (ad es., dall’art. 1384 c.c. in materia di riduzione della penale manifestamente eccessiva) è discusso se può essere consentito un intervento correttivo, con modifica del contenuto o degli effetti del contratto. Allo stato attuale, quando non è espressamente richiamata dalla legge, l’equità può svolgersi solo in via sussidiaria e suppletiva rispetto all’’autonomia privata al fine di colmare le lacune del contratto. La legge, inoltre, non indica il contenuto dell’equità ma si limita a stabilire che il giudice, quando è chiamato a giudicare, secondo equità, un contratto a titolo gratuito deve adottare una soluzione meno gravosa per l’obbligato mentre se il contratto è a titolo oneroso deve adottare una soluzione che realizza il contemperamento degli interessi e comunque in ogni caso deve agire tenendo conto dei valori generali previsti dall’ordinamento. L’equità integrativa del contratto ricorre quando la legge consente al giudice di sopperire ad una incompleta determinazione del contenuto contrattuale, esprimendo stime, fissando prezzi ed assegnando valori alle prestazioni delle parti. Sull’equità quale fonte di integrazione del contratto si rinvia in particolare a F. GAZZONI, “Equità ed autonomia privata”, 1970, 11 ss.; F. GALGANO, “Dialogo sull’equità fra il filosofo del diritto ed il giurista positivo”, 401 ss..; G. TUCCI, “L’equità nel codice civile e l’arbitrato di equità”, 1998, 471 ss.
Come si è detto nel capitolo che precede, peraltro, il principale strumento integrativo del contratto, in ragione dell’evoluzione applicativa della relativa clausola generale, è il principio di buona fede di cui all’art. 1375 c.c. idoneo ad integrare, limitare e corregge il contenuto normativo del contratto. Tra gli autori che considerano la buona fede come fonte di integrazione del contratto si richiamano G. FALCO, “La buona fede e l’abuso del diritto”, 2010, 177 ss..; F. CARINGELLA, G. DE MARZO, op. cit., 2008, 655 ss.; M. CAPODANNO, op. cit., Padova, 2006, 242 ss.; C. TURCO, “Diritto civile”, Torino, 2014, 644.
127
c.c., che prevede la sostituzione legale delle clausole vietate con quelle imposte dalla legge,249 impedendo, così, che la nullità di singole clausole determini l’invalidità dell’intero negozio.
Nel primo caso, a fronte di una norma imperativa di natura proibitiva l’effetto che si produce è meramente demolitorio, nel secondo caso la funzione è conformativa, perché il contratto viene modificato negli effetti, o espungendo in tutto o in parte un determinato contenuto, oppure sostituendo ad esso un altro di contenuto alternativo.