In questo paragrafo, il processo fermentativo sarà analizzato unicamente sotto un profilo tecnico, mentre, non sarà trattato il chimismo della fermentazione alcolica i cui effetti, sulla composizione chimica del vino sono stati già descritti nel paragrafo 1.2.
L’inizio e l’andamento del processo fermentativo sono funzione di molteplici fattori che possono essere sintetizzati in:
composizione dei mosti; ceppo di lievito impiegato;
modalità di gestione del processo.
L’enologo ha la possibilità di intervenire, in maniera più o meno incisiva su questi aspetti.
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Nel corso della elaborazione del mosto, a causa dell’anaerobiosi dovuta alla fermentazione e all’aumento del grado alcolico, prendono il sopravvento lieviti che appartengono, nella quasi totalità dei casi, alla specie Saccharomyces cerevisiae. Tuttavia, nei primi stadi della fermentazione possono talvolta risultare numerosi i lieviti dei generi Kloeckerae Hanseniaspora, caratterizzati da modesta capacità fermentativa (Castino, 1994) e sensibilità all’anidride solforosa. Tali lieviti sono generalmente sono considerati dannosi nella vinificazione a causa dei prodotti del loro metabolismo che influiscono sfavorevolmente sui caratteri chimici ed organolettici dei vini. Infatti, è stata accertata la sintesi di acetato di etile da parte di Kloeckera apiculata, Hansaniaspora
uva rum (Romano et al., 1992) e da parte dei lieviti del genere Pichia (Plata et al.,
2003).
Da qui la necessità, nella razionale fermentazione dei mosti, di inibire lo sviluppo dei lieviti apiculati. Questo scopo si raggiunge con l’impiego della SO2 integrata
all’aggiunta di lieviti selezionati, in funzione, oltre che del potere fermentativo, della capacità di conferire profumi netti e di grande finezza. Contemporaneamente, ai lieviti inoculati bisogna garantire un adeguato apporto di azoto ed ossigeno. L’aggiunta di sali d’ammonio (nella misura massima, stabilita dall’UE, di 30 g/hL di solfato d’ammonio) deve essere fatta in maniera razionale perché un eccesso di ammonio, nel mosto, può compromettere il successo delle successive fasi della vinificazione.
Vini con un eccesso di azoto residuo corrono maggiori rischi di instabilità microbiologica oltre ad essere interessati da una maggiore produzione di etilcarbammato, cancerogeno presente nel vino (Hernández-Orte et al., 2005).
La presenza di azoto nel mosto influisce sulla cinetica di fermentazione, sulla sintesi di etanolo, glicerolo (Albers et al., 1996), urea e composti aromatici.
L’areazione del mosto, prima della fermentazione è una pratica usuale nel processo di vinificazione. L’ossigeno influenza l’andamento della fermentazione, favorisce la crescita delle cellule di lievito e la loro attività fermentativa (Larue et al., 1980; Mauricio et al., 1997; Mauricio et al., 1998). L’areazione del mosto deve essere eseguita nella prima metà del processo fermentativo, per migliorare la stabilità del colore senza comportare difetti gustativi di tipo ossidativo. A questo stadio, il potere riducente dei lieviti protegge, infatti, gli aromi dall’ossidazione. Inoltre, l’apporto di ossigeno (da 2 a 4 mg/L) in questa fase, che coincide con quella di crescita esponenziale dei lieviti, permette la sintesi degli steroli, costituenti essenziali della membrana cellulare e fattore di sopravvivenza dei lieviti in fase stazionaria. Inoltre, l’areazione sarà tanto più
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indispensabile per la buona riuscita del processo fermentativo se la torbidità del mosto è debole ed il tenore in zucchero elevato (Ribéreau-Gayon et al., 2004).
Oltre alle necessità nutrizionali, i lieviti sono molto sensibili alla temperatura. Quella ottimale per lo sviluppo e la moltiplicazione è compresa, di norma, fra 20 e 25 °C. Al di sotto di 12 °C, la fermentazione di un mosto stenta ad avviarsi, intorno a 35 °C molte specie cessano la loro attività e soccombono. Temperature superiori a 20 °C determinano una diminuzione della quantità di esteri sintetizzati dai lieviti e aumentano la sintesi di alcoli superiori (Pallotta et al., 1977). È ampiamente riportato in bibliografia che i vini bianchi ottenuti per fermentazione a bassa temperatura (fra 15-20 °C) sono contraddistinti da qualità sensoriali decisamente migliori rispetto a quelli ottenuti dallo stesso mosto a temperature elevate (Castino, 1994). Gli aspetti più interessanti delle vinificazioni a basse temperature si possono così riassumere:
grado alcolico leggermente più elevato, quale conseguenza di una minor evaporazione e trascinamento della CO2, che si svolge con più lentezza e a
temperatura più bassa;
minore acidità volatile e minori tenori in acetaldeide ed acidi chetonici; incremento delle sostanze volatili.
Per le fermentazioni condotte a 15 °C, invece che a 25 °C, è stato osservato un nettissimo aumento di: acetati di isobutile, isoamile, esile, feniletilene, butirrato, caprilato, carponato di etile, acidi isovalerianico e capronico, γ-butirrolattone e 2- feniletanolo. Salvo qualche eccezione, quasi tutti i composti volatili aventi una certa influenza sul carattere fruttato dei vini subiscono un incremento (Castino, 1994). A bassa temperatura diminuiscono, invece, gli alcoli superiori, in modo particolare, l’isobutanolo e gli alcoli isoamilici (Castino, 1994). Questo fatto trova giustificazione nell’ipotesi che, a parità di azoto assimilabile, una temperatura più elevata ha come conseguenza una più numerosa popolazione di lieviti e, quindi, gran parte dell’azoto disponibile è utilizzato per la formazione di nuove cellule.
La durata del processo fermentativo di un vino bianco dipende da numerosi parametri: estrazione del mosto;
tenori in zucchero ed in azoto assimilabile; torbidità;
ceppo di lievito; aerazione; temperatura.
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e non dovrebbe durare per più di dieci giorni, salvo un tenore in zuccheri particolarmente elevato (Ribéreau-Gayon et al., 2004). Per controllarne l’andamento, è necessaria la determinazione quotidiana della densità del liquido. Quand’essa cade in prossimità di 0,994-0,993, bisogna assicurarsi, mediante il dosaggio degli zuccheri, che la fermentazione sia terminata (meno di 2 g/L di zuccheri riduttori). A questo punto si può procedere alla “svinatura”, ovvero alla separazione del vino dal materiale feccioso che si è depositato sul fondo. Nel vino sfecciato si completa la trasformazione in alcol degli zuccheri residui. Questa operazione, soprattutto nel caso dei vini bianchi, è eseguita al riparo dall’aria per evitare fenomeni di ossidazione particolarmente dannosi.