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Gottlieb si è anche occupato degli aspetti tecnici della sottotitolazione, affermando che questa è soggetta a restrizioni sia di natura formale che quantitativa, ovverosia a restrizioni che riguardano la disposizione dei sottotitoli sullo schermo, lo spazio che possono occupare sullo schermo, la lunghezza delle battute, il tempo di esposizione sullo schermo. Per quanto riguarda la disposizione, i sottotitoli occupano generalmente la parte inferiore dello schermo. Questa disposizione è dettata dalla necessità di non coprire eccessivamente l’immagine filmica e i particolari più significativi, che in genere si trovano nella parte centrale dello schermo e devono apparire distintamente.

Ogni riga può occupare in media due terzi dello schermo per estensione e ammettere un massimo di quaranta caratteri a seconda del tipo di carattere utilizzato. Nel caso in cui il sottotitolo sia costituito da due righe, queste sono disposte l’una sopra l’altra. Se hanno lunghezza diversa

51 Diaz Cintas J., La Traducciòn Audiovisual: el Subtutidulado, Ediciones Almar, Salamanca, 2001, p. 29. Cit. in

Perego, La Traduzione Audiovisiva, Carocci, 2005, p. 49, Traduzione di Perego E.

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conviene53 che quella superiore sia più corta in modo da limitare al minimo la contaminazione dell’immagine e da agevolare il processo di lettura.

Anche il tempo di esposizione sullo schermo è limitato e variabile, ma è sempre compreso tra un minimo di un secondo e mezzo e un massimo di sei - sette secondi per i sottotitoli più lunghi. Si tratta di norme standard europee che in circostanze particolari possono essere adattate. Infatti la permanenza del sottotitolo sullo schermo ha un carattere fortemente contingente, non è prevedibile ed è legata alla durata delle scene, alla velocità dei dialoghi e alla loro intensità.54

Inoltre, benché non esista una lunghezza standard per i sottotitoli, è preferibile che questa non sia inferiore ai quattro o cinque caratteri, poiché sottotitoli eccessivamente corti tenderebbero a essere riletti, spezzando così il ritmo di lettura degli spettatori e interferendo così con la loro concentrazione.

La presenza del sottotitolo modifica e rende attivo lo stato di vigilanza dello spettatore e lo sottopone all’esercizio mentale attivo della lettura, assente quando si guarda un film nella propria lingua madre. Di qui la necessità di ridurre il testo originale con una perdita minima di informazione. Tale esigenza, rende la sottotitolazione un modo di traduzione necessariamente selettivo ma non per questo inefficace.

Il sottotitolaggio serve al nostro scopo in maniera perfetta in quanto preserva la possibilità di ascoltare i dialoghi in lingua originale. Ciò detto, bisogna comunque tenere in considerazione le limitazioni che i mezzi audiovisivi pongono alla pratica del sottotitolaggio:

 lo spazio;

 il tempo;

 la velocità di lettura del pubblico ricevente.

Ciò permette di dire che il trasferimento di un dialogo in forma scritta non è una mera e diretta trascrizione tradotta di una sequenza lessicale.55

Per quanto riguarda il primo punto, si può dire che in generale un sottotitolo non debba essere più lungo di due righe e un massimo di quaranta caratteri. Questi vincoli pratici devono però essere adattati al contesto in cui si opera e alla comparazione linguistica tra lingua emittente e lingua ricevente come nel nostro caso, ossia quello di due lingue come il cinese e l’italiano, molto diverse in termini di lunghezza delle parole.

La restrizione temporale, invece, deriva dal bisogno di sincronizzazione e dalla velocità di lettura del pubblico. Quest’ultima varia non solo a seconda della quantità e della complessità

53 Perego E., ibid., p. 54.

54 Gottlieb H., “Subtitling: People Translating People”, in Dollerup C. e Lindegaard A. (a cura di), op. cit., 1992, p. 274

in Perego E., op. cit., 2005, p. 54.

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122 dell’informazione da veicolare, ma anche in relazione alla quantità e alla complessità dell’informazione linguistica in un dato momento, nonché dalla tipologia del prodotto audiovisivo, che è appunto una combinazione di traccia video e audio. La trasposizione dei dialoghi in sottotitoli scritti dev’essere realizzata rispettando le relazioni tra tutti questi componenti. Oltre che al rispetto delle proporzioni spaziali tra immagine e sottotitolo dev’esserci anche una precisa sincronizzazione.

2 Tipologia testuale e “spettatore modello”

Il testo preso in considerazione per l’analisi seguente altro non è che la trasposizione scritta dei dialoghi tra i personaggi della serie che sono andati a costituire il nostro prototesto.

Se dovessimo classificare il prodotto televisivo, sicuramente sarebbe inseribile nel genere della fiction, della finzione, che è parte fondamentale della cultura umana, ed è l'abilità di creare opere di immaginazione e, che nel contesto televisivo, è definita come “invenzione narrativa, costruzione di un universo verosimile costituito da ambienti, personaggi e azioni dinamizzati in un racconto”.56

In particolare, possiamo meglio identificarlo come serial, infatti la storia è divisa in più segmenti posti in successione cronologica e poi nel sottogenere del drama, genere “drammatico” caratterizzato da personaggi non stereotipati, ma psicologicamente analizzabili, e da situazioni fortemente realistiche e dove degli elementi o personaggi comici sono inseriti per alleggerire la vicenda. La narrazione ha una sua chiusura, quindi non può classificarsi soap opera. È però inseribile nel sottogenere prettamente asiatico del trendy drama,57 o idol drama (ouxiangju 偶像剧), nato in Giappone alla fine degli anni ottanta e incentrato sui problemi che i giovani giapponesi si trovavano ad affrontare in quel periodo. Secondo alcuni, la bolla economica giapponese del 1986 ha influenzato la scelta dei temi dei drama del tempo così che un’ampia fascia di pubblico potesse immedesimarsi nel problemi sociali descritti. Dopo poco però, altri Paesi asiatici hanno adattato il format, e col passare del tempo e il miglioramento della situazione economica i toni drammatici della vicenda si sono affievoliti e sono diventati meno seri. Inoltre, i protagonisti e le situazioni ritratte nei trendy drama attraggono di più il pubblico più giovane economicamente più attivo. La scelta degli attori stessi è spesso dettata da questo genere di pubblico, infatti, molto spesso gli attori dei trendy drama sono volti noti della scena pop asiatica (vedi Du Chun che interpreta Sun Yiwei).

56 Grasso A. e Scaglioni M., Che cos’è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società: i generi, l’industria, il

pubblico, Milano, Garzanti, 2003, p. 132.

57 Drama Wiki, Glossary of terms, http://wiki.d-addicts.com/DramaWiki:Glossary_of_terms, 15 dicembre 2010,

123 Nel nostro caso particolare, questa classificazione è dettata dall’ambientazione (la moderna e appunto, trendy, Pechino) e per il fatto che i personaggi sono giovani brillanti e di successo. Potendo essere classificato nel genere della fiction, ossia finzione narrativa, il prototesto può essere considerato un testo narrativo: infatti, anche se i nomi e le situazioni sono romanzate, l’ambientazione e le vicende sono del tutto verosimili. Questa verosimiglianza serve allo scopo del prodotto, che è quello di intrattenere, di ingraziarsi quanto più pubblico possibile. L’ambientazione è infatti la città di Pechino, presa nel suo aspetto più moderno e brillante.

Da qui possiamo immaginare come il prodotto (e il prototesto che ne deriva) sia rivolto a un pubblico quanto più generalista possibile, potenzialmente a tutti gli spettatori cinesi di telenovele. Si mira infatti a comprendere una porzione più grande possibile di spettatori e la fiction in qualche modo ci riesce, in quanto, grazie alla commistione di personaggi e ambientazioni, ha catturato l’attenzione di tre generazioni di spettatori. Il merito di questo successo è anche attribuibile ai dialoghi arguti e ironici, espressione massima della colloquialità del parlato cinese. Il prototesto non presenta infatti alcuna caratteristica del wenyan e non ha quindi nessuna pretesa letteraria. Abbiamo potuto stabilire che lo stile rispecchia totalmente il parlato contemporaneo cinese anche grazie agli innumerevoli modi di dire e alle locuzioni spiccatamente colloquiali che ricorrono nel testo. Non sono presenti varianti dialettali significative, c’è solamente una tendenza alla retroflessione riscontrabile qua e là tipica del parlato pechinese. Anche a livello lessicale e sintattico il testo si rifà, a tutta la gamma di termini e strutture della lingua e dell’espressività orale. È quindi imprescindibile dalla propria cultura emittente, ed è assolutamente vincolato alla realtà in cui viene espresso, ossia dall’ambientazione, dall’intonazione data dai personaggi e alla loro gestualità. Inoltre è strutturato, nella quasi totalità dei casi, in dialoghi tra due personaggi.

La scelta è caduta su questa opera per due motivi: innanzitutto la voglia di applicare la formazione accademica del traduttore a un campo finora non approfondito e di personale interesse, in secondo luogo per la curiosità suscitata dalla pratica di affittare una ragazza.

La produzione cinese di serial è immensa e difficilmente viene esportata o tradotta, è soprattutto a uso e consumo locale. Le possibilità di scelte è enorme; ma si è scelto di insistere su questa serie in seguito a ricerche personali sul tema.

È interessante come nella Cina “moderna” e assolutamente proiettata verso il futuro, questa generazione di ragazzi “rampanti” abbia delle problematiche collaterali che in qualche modo derivano dalla loro nuova ricchezza e dalla nuova ricchezza della Cina stessa. La serie è quindi anche un’interessante analisi del cambiamento delle problematiche delle generazioni al cambiare della realtà economica del Paese in cui si vive.

124 Già si è accennato al fatto che la serie tv in questione sia imprescindibilmente legata alla cultura emittente in cui ha origine. Per altro, il genere è molto popolare in Asia orientale e la produzione è immensa, con decine e decine di serie prodotte ogni anno.

Non si può dire altrettanto della cultura ricevente, quella italiana, che subisce da sempre una dominazione culturale “in quanto cultura periferica del polisistema culturale, ed è ovvio che al suo interno la traduzione occupi una posizione centrale: è di qui che passano i testi che importiamo dalle culture via via dominanti: quella statunitense in primis”.58 Il pubblico italiano è quindi fortemente abituato a canoni importati da altre culture e raramente ha la possibilità di assistere a prodotti televisivi di lunga serialità prodotti e trasmessi all’interno del paese. Essendo la cultura ricevente dominata da pratiche televisive molto diverse rispetto a quelle della cultura emittente, ed essendo il prodotto televisivo in questione strettamente legato a quest’ultima si dovrà ipotizzare un potenziale pubblico di certo molto ristretto rispetto a quello ipotizzato come fruitore del prodotto originale.

Ciò detto si rende inutile e costosa la pratica del doppiaggio, anche se l’Italia è un paese dove questa pratica viene privilegiata,59 dato che il prodotto in questione non è affatto di largo consumo nel Paese ricevente, bensì è d’interesse solo per una porzione ristretta e specializzata di pubblico. Si è quindi ipotizzato che i destinatari del metatesto fossero persone con una certa conoscenza della cultura cinese, persone interessate alla cultura e ai fenomeni sociali della Cina contemporanea o particolarmente interessate al genere della serie televisiva orientale. Nello specifico possiamo restringere il campo a studenti di lingua cinese, appassionati, blogger e antropologi con un particolare interesse per la Cina. Il metatesto servirà, innanzitutto come strumento “didattico”: i sottotitoli sono uno strumento di studio per chi si accinge a imparare una lingua straniera, permettendo di mantenere l’audio originale e aggiungendo la traduzione nella propria lingua, facilitando così la comprensione. Inoltre il sottotitolaggio consentirà anche di rendere godibile e fruibile il prodotto per chi non ha una base linguistica cinese in modo anche da preservarne la funzione d’intrattenimento col quale è stato concepito.

3 Macrostrategia

Quando ci si appresta a tradurre è necessario scegliere un metodo generale per gestire la traduzione. Per ovvie ragioni è impossibile stabilire un’identità esatta tra testo di partenza e testo d’arrivo. Ciò significa che arte del processo traduttivo è anche quella saper scendere a compromessi.

58 Palma A. e Guerini A., Entrevista com Bruno Osimo, Universidade Federal de Santa Caterina, Florianópolis, 2008, p.

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125 Spesso le macrostrategie si dividono in dicotomie, ad esempio semantica contrapposta a comunicativa60 o minorizzante ad addomesticante.61

In generale Schjoldager62 identifica due macrostrategie orientative: una source-oriented, ossia che si focalizza sul massimo mantenimento della forma e del contenuto del testo di partenza, e una target-oriented, ossia che pone il focus sugli effetti che ha la traduzione nella lingua ricevente.

La scelta della macrostrategia si ripercuote poi sull’enfasi data a certi elementi del testo piuttosto che ad altri, scegliendo poi cosa lasciare, cosa sacrificare, cosa omettere, ossia sulla dominante del testo. Questa viene definita come “la componente sulla quale si focalizza l’opera d’arte: governa, determina e trasforma le varie componenti. È la dominante a garantire l’integrità della struttura.63 La strategia di traduzione è una somma di decisioni che dipendono da una molteplicità di fattori ed è raramente pura.

Nel sottotitolaggio il pubblico sa che palesemente che il testo che sta leggendo è una traduzione del lavoro di qualcun altro. In ogni caso entrambe le due macrostrategie possono avere dei pro e dei contro: infatti se si è troppo attenti al testo di partenza, si rischierebbe di trasmettere nozioni stranianti e non appartenenti alla cultura ricevente. D’altra parte, se si sceglie di essere troppo orientati alla lingua ricevente, il pubblico potrebbe individuare una discrepanza tra il sottotitolo proposto e il dialogo originale.64

Nel nostro caso specifico il lavoro è stato “parzialmente pratico” poiché, anche se non è compito del traduttore, la traduzione proposta è stata poi effettivamente piazzata su schermo tramite software apposito ma non è stato diffuso, bensì è stato un esperimento effettuato dalla traduttrice per constatare per interesse personale se la potenziale traduzione poi effettivamente “funzionasse” e rispettasse i limiti intrinseci alla natura del sottotitolo in maniera sufficientemente ragionevole.

De Linde e Kay65 ci suggeriscono che in generale un sottotitolo deve essere composto di due righe e da un massimo di quaranta caratteri, mentre invece Ivarrson e Carroll66 suggeriscono che il tempo massimo di apparizione un sottotitolo sia da considerarsi attorno ai cinque secondi. Partendo da questi presupposti si è cercato di mantener loro fede per quando possibile, senza però interferire con il naturale fluire del discorso. Essendo il prodotto già sottotitolato in lingua originale, si è immaginato ti sostituire i sottotitoli in italiano a quelli originali.

Inoltre, si è tentato per le frasi più lunghe di accorpare anche tre o quattro brevissimi sottotitoli cinesi, in modo da non frammentare il discorso. In linea di massima i sottotitoli più brevi

60 Newmark P., A Textbook of Translation, London, Prentice Hall, 1988, pp. 40-41.

61 Venuti L., Gli scandali della traduzione. Per un’etica della differenza, Rimini, Guaraldi, 2005, pp. 12- 18. 62

Schjoldager A., Understanding Translation, Authors and Academica, Aarhus, 2008, pp. 74- 88.

63 Jakobson R., The Dominant, 1935, p. 1, in The Poetry of Grammar and the Grammar of Poetry, L’Aia, Mouton, 1981. 64 Eriksen M. H., Translating the use of slang, Aarhus School of Business, Aarhus University, 2010 , p. 28.

65 De Linde Z. e Kay N., op. cit., 1999 , p. 6. 66

126 durano un secondo circa, mentre i più lunghi possono arrivare fino a cinque. Si è cercato da un lato di non interrompere il naturale fluire dei dialoghi, ma al tempo stesso di non alterare le strutture grammaticali italiane, cercando ad esempio di non separare soggetto e verbo o articolo e nome determinato.

Una preziosa fonte per quanto riguarda le strategie traduttive da adottare ci viene fornita da Gottlieb67 e dalle sue dieci strategie per il sottotitolaggio:

1. Espansione. Usata quando l’originale necessita di una spiegazione dettata dalla mancanza di un elemento nella cultura ricevente.

2. Parafrasi. A cui ricorrere nei casi in cui nella lingua ricevente non si possa ricostruire la fraseologia nell’ordine originale.

3. Trasferimento. In cui si traduce il testo di partenza completamente.

4. Imitazione. A cui si fa ricorso per elementi come nomi personali o di luoghi.

5. Trascrizione. Usata nei casi in cui anche nell’originale è presente un termine non standard nella lingua emittente

6. Dislocazione, di cui ci si serve per cambiare degli elementi nel metatesto al fine preservare l’intento comunicativo del prototesto soprattutto in riferimento a canzoni o giochi di parole

7. Condensazione, ossia l’esigenza di accorciare il testo nella maniera meno invasiva possibile.

8. Decimazione, ossia una forma estrema di condensazione dove parti anche potenzialmente importanti di testo vengono omesse per motivi di tempo

9. Cancellazione, ossia l’eliminazione totale di parti di testo.

10. Rinuncia, a cui si ricorre quando non si trova nessuna soluzione traduttiva efficace e qualche aspetto della comunicazione va perso.

67 Gottlieb H., “Subtitling - A New University Discipline”, in Dollerup C e Lindegaard A., op. cit., 1992, p. 166, in

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4 Microstrategia

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