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La commercializzazione dei beni immateriali poggia sia su variabili di natura strategica che su aspetti relativi all’innovazione sottostante gli assets. La letteratura (Kim and Vonortas, 2006; Gans et al., 2008; Webster and Jensen, 2009;) ha analizzato distintamente la correlazione esistente tra la commercializzazione dei beni immateriali e i fenomeni innovativi ovvero le variabili organizzative e strategiche, quali la dimensione d’impresa, la dotazione di risorse interne, la capacità e l’esperienza di intraprendere iniziative di compravendita di assets immateriali. Viceversa, un bene immateriale può essere commercializzato a seconda del valore strategico che assume

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per l’organizzazione e delle motivazioni che hanno spinto l’inventore alla richiesta di registrazione dell’asset presso i sistemi internazionali o locali per la protezione della proprietà intellettuale. Infatti, un’innovazione può essere anche implementata all’interno dei processi aziendali mediante la diffusione tacita e non codificata del know-how. Questa procedura è alternativa alla registrazione di un brevetto o di un marchio, i quali per definizione strutturano l’innovazione secondo codici prestabiliti e universali, rendendo intellegibile i fondamenti innovativi. La decisione di registrare un’innovazione e di ottenere il diritto esclusivo su quest’ultima diviene quindi una decisione strategica. Pertanto la presente analisi empirica si prefigge di completare il quadro speculativo analizzando congiuntamente le variabili innovative e strategiche che possono motivare la commercializzazione dei beni immateriali.

Generalità dell’innovazione sottostante il bene immateriale

La generalità dell’innovazione è una delle prime dimensioni essenziali che deve essere considerata per stimare la probabilità che un bene immateriale possa essere ceduto presso terzi. Con generalità dell’innovazione si intende la capacità di un asset intangibile di contribuire allo stato dell’arte del campo tecnico in cui l’innovazione troverà la sua applicazione nel modo più completo possibile (Hall et al., 2001). In particolare, nel caso dei brevetti la generalità dell’innovazione viene attestata dai contributi (claims) che gli inventori richiamano come riferibili al bene immateriale sulle invenzioni esistenti. Infatti, maggiori sono le possibilità di espansione della conoscenza e innovazione in diversi campi di applicazione tecnico scientifico, maggiori sono le capacità del brevetto stesso di contribuire al progresso tecnologico in modo generalizzato e omnicomprensivo. Date queste caratteristiche dell’innovazione incorporata nel bene immateriale, è possibile dedurre che a parità di condizioni un brevetto con molteplici possibilità di contribuire in diversi campi scientifici avrà maggiori possibilità di essere ceduto su un mercato, in quanto è verosimile che possa trovare una sua applicabilità in numerosi contesti. Viceversa, un brevetto con un campo di applicazione molto focalizzato e di cui l’inventore prospetti un contributo di nicchia avrà minori possibilità di essere acquisito, in quanto, data la sua specificità, solo un numero ristretto di potenziali acquirenti possono reputare interessante l’inserimento di

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tale innovazione nel rispettivo patrimonio conoscitivo e organizzativo. Si può pertanto definire la prima ipotesi.

Ipotesi 1

A parità di condizioni, un brevetto con un campo di applicabilità ampio riscuote una maggiore probabilità di commercializzazione.

Complementarietà dell’innovazione sottostante il bene immateriale

Un’ulteriore dimensione che si può utilizzare per inferire sulla possibilità di commercializzazione di un bene immateriale è la complementarietà di quest’ultimo con il substrato innovativo esistente. Infatti, un brevetto si inserisce in una rete di conoscenze e innovazione a cui fa riferimento mediante le citazioni (citations). A differenza dei claims, che sono delle proposizioni espresse dagli innovatori sulle possibilità del brevetto di contribuire nell’espansione di determinati campi e settori, le citazioni sono riferimenti a brevetti esistenti o innovazioni registrate sotto una forma di tutela legale. In pratica, mediante le citazioni a innovazioni esistenti si definisce la base speculativa sui cui si fonda l’innovazione. Le citazioni possono fare riferimento a brevetti registrati in un determinato filone di ricerca ed essere focalizzate ovvero possono spaziare e mettere in luce una fecondazione di conoscenze intersettoriali. Inoltre, si possono distinguere due ordini di citazioni: quelle fatte a brevetti esistenti precedentemente la registrazione (backward citations) e quelli che il brevetto riceve successivamente da altre innovazioni (forward citations). Un numero elevato di citazioni backward potrebbero indicare che il brevetto si posiziona in un orizzonte scientifico consolidato, dove già sono state registrate numerose innovazioni; quindi il brevetto in questione riporta un miglioramento incrementale rispetto allo stato dell’arte. Viceversa, un numero ristretto di citazioni backward potrebbe essere indicativo di un campo ancora in evoluzione che richiede che vengano apportati contributi non solo incrementali ma anche di natura esplorativa. Considerando questi aspetti in una prospettiva di commercializzazione dell’innovazione, si può ipotizzare che un soggetto che registra un brevetto in un campo scientifico ancora in evoluzione preferisca non commercializzare mediante la vendita o una licenza, in quanto è ancora incerto

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l’orizzonte scientifico e di applicabilità pratica della stessa innovazione (Ahuja et al., 2005). Gli acquirenti, infatti, potrebbero non essere in grado di intravvedere i potenziali ambiti di sfruttamento dell’asset intangibile e di riflesso potrebbero essere meno propensi all’acquisto. Dato questo ragionamento, è possibile formulare la seguente ipotesi.

Ipotesi 2

A parità di condizioni, un brevetto con un numero limitato di citazioni backward avrà possibilità inferiori di essere commercializzato.

Tuttavia è possibile anche ipotizzare una situazione antitetica. Infatti un brevetto con un numero elevato di citazioni ad altre innovazioni si contestualizza in un panorama scientifico consolidato dove ormai prevale esclusivamente la fase di sfruttamento commerciale dello stesso (Reitzig, 2004; Reitzig e Puranam, 2009). In concomitanza, si potrebbe osservare che il brevetto in questione ricade in una situazione di declino della frontiera tecnologica e di obsolescenza dell’innovazione sottostante. In questo contesto di diffusa applicabilità dell’innovazione, i rendimenti determinati dall’utilizzo esclusivo del bene immateriale sono decrescenti a fronte di margini di guadagno limitati nello sfruttamento commerciale dell’assets, in quanto è verosimile che molteplici competitors stiano applicando l’innovazione nei rispettivi processi aziendali. Di riflesso, un bene immateriale che si contestualizza in un contesto scientifico consolidato potrebbe essere considerato obsoleto e non trovare interesse da parte da nessun acquirente. Si può quindi formulare la seguente ipotesi.

Ipotesi 3

A parità di condizioni, un brevetto con un numero elevato di citazioni backward avrà possibilità inferiori di commercializzazione.

Un brevetto che riceve ex post un numero consistente di riferimenti da innovazioni registrate successivamente si distingue per l’influenza che l’innovazione ha avuto nel campo di riferimento. Da un punto di vista commerciale tuttavia un asset così

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rilevante è possibile che possa essere considerato come strategico (Ahuja et al, 2005) e pertanto non alienabile. Pertanto un brevetto con numerose citazioni effettuate da altre innovazioni incrementali non sarà oggetto di transazione, mentre facilmente potrebbe essere un pilastro fondante della conoscenza dell’organizzazione per intraprendere strategie di sviluppo tecnologico sia tacite che codificate su cui possono radicarsi per esempio futuri brevetti. Ne deriva la formulazione della seguente ipotesi.

Ipotesi 4

A parità di condizioni, un brevetto con un numero elevato di citazioni forward avrà possibilità inferiori di commercializzazione.

Efficacia della protezione legale sull’uso esclusivo dei beni immateriali

La commercializzazione dei beni immateriali, e in particolare dei brevetti, poggia sull’assunto fondante che tali assets godano di una tutela legale per lo sfruttamento esclusivo dell’innovazione codificata. L’efficacia della protezione legale permette infatti di garantire al possessore del bene di ottenere in via esclusiva le rendite da innovazione connesse con lo sfruttamento del brevetto all’interno del contesto organizzativo e aziendale. Infatti, se il bene non fosse soggetto a tutela legale, i competitors potrebbero appropriarsi della conoscenza radicata e codificata nell’asset e implementarla nei rispettivi processi di sfruttamento tecnologico nel proprio business. Un indicatore che spesso la letteratura (Teece, 1986; Teece, 1998) ha menzionato per monitorare l’efficacia della protezione legale sui brevetti è la possibilità di ricorrere presso una corte di giustizia per interrompere l’abuso nello sfruttamento da parti di terzi dell’innovazione. Di fatti, un deterrente allo sfruttamento illegale dei brevetti è proprio l’efficacia delle corti preposte alla tutela della proprietà intellettuale nell’instaurare un processo contro chi ha violato l’esclusività del diritto sull’asset, nell’interrompere pro tempore lo sfruttamento e di somministrare un’adeguata pena. Da un punto di vista della commercializzazione dei beni immateriali, se un brevetto è già stato oggetto di controversia giudiziale è più probabile che questo possa essere poi venduto o ceduto mediante un contratto di licenza: il potenziale acquirente infatti ha la garanzia che il sistema che protegge l’utilizzo esclusivo dell’innovazione è efficace e pertanto chi

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dovesse abusivamente accedere ad essa potrà essere fermato e perseguito. Si può quindi ipotizzare quanto segue.

Ipotesi 5

A parità di condizioni, un brevetto che è stato oggetto di opposizione presso una corte preposta alla tutela della proprietà intellettuale avrà maggiori possibilità di commercializzazione.

Valore competitivo del bene immateriale

La possibilità di immettere il brevetto su un mercato per la conoscenza e di renderlo oggetto di transazioni economiche tuttavia non è solo funzione dell’innovazione e della conoscenza in esso radicata. Infatti, il brevetto nel momento in cui viene inserito in processi aziendali e organizzativi per lo sfruttamento dell’innovazione nel mercato di riferimento assume un valore strategico ed economico, che può motivare o meno un’eventuale cessione presso terzi dietro il pagamento di royalties e tasse di licenza. Un brevetto il cui sfruttamento commerciale permette dei tassi di rendimento attuali o prospettici elevati si può caratterizzare come strategico e pertanto l’eventuale cessione deve essere oggetto di un’attenta valutazione che contemperi due istanze. Da una parte infatti bisogna considerare i potenziali introiti dovuti al pagamento delle fees e royalties delle licenze e quindi il valore economico del brevetto; dall’altra parte, si devono calcolare i potenziali guadagni dovuti al soddisfacimento della domanda mediante lo sfruttamento del brevetto nei processi di business. Arora e Fosfuri (2003) hanno formalmente dimostrato che ad aumento del tasso di differenziazione tra i competitors, un’impresa può trovare meno conveniente cedere il brevetto sul mercato, in quanto i ritorni finanziari derivanti dalle royalties sono generalmente inferiori ai profitti ottenibili dallo sfruttamento operativo dell’asset. La formalizzazione proposta da Arora e Fosfuri (2003) dimostra inoltre come un brevetto che racchiuda entrambe le caratteristiche di rilevanza strategica e finanziaria non sia necessariamente offerto in licenza, ma che questo dipenda da una serie di fattori competitivi e di funzionalità dei mercati per le tecnologie che rendono incerta una valutazione a priori sull’effettiva commercializzazione degli assets in questione. Un

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brevetto di valore pertanto puo’ ambivalentemente influenzare in senso positivo o negativo la cessione dell’asset100

. Pertanto, il ragionamento appena esposto ci porta a formulare due la seguente coppia di ipotesi.

Ipotesi 6

A parità di condizioni, un brevetto ad alto valore economico e strategico non avrà maggiori possibilità di essere oggetto di commercializzazione.

Ipotesi 7

A parità di condizioni, un brevetto ad alto valore economico e strategico non avrà minori possibilità di essere oggetto di commercializzazione.

Per capire meglio l’importanza di tali concetti è possibile pensare di analizzare separatamente la rilevanza economica e strategica.

La cessione di un brevetto mediante vendita o licenza può comportare un flusso finanziario positivo, dovuto alle rendite da licenza. In un contesto di alta intensità competitiva, un soggetto economico che detiene un brevetto può considerare di offrire in licenza uno o più brevetti a seconda della capacità di appropriarsi delle rendite finanziarie derivanti. Infatti, in un contesto altamente competitivo, i rendimenti operativi ottenibili dallo sfruttamento del bene nei processi operativi possono considerarsi minimi e decrescenti nel tempo. Viceversa, le rendite finanziarie da licenza potrebbero garantire un ritorno finanziario pro tempore più durevole dei profitti operativi. Il valore economico di un brevetto deriva quindi dalla possibilità di determinare flussi finanziari positivi in capo al licenziatario, dato un contesto tendente alla competizione quasi perfetta (Arora and Fosfuri, 2003; Fosfuri, 2006). Questo trade- off dipende inoltre non solo dal livello dalla competizione sul mercato, ma anche una

100 “We showed that increase in the efficiency in licensing contracts increase the propensity to license.

Although licensing profits increase, the increase in product market competition may reduce overall profits of the innovator. This implies that stronger patents may be a mixed blessing for firms in technology- intensive industries. Although stronger patents raise barriers against imitation by rivals, they may ultimately result in increased product market competition by facilitating licensing.” (Arora and Fosfuri, 2003: 290).

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serie di fattori collaterali, quali la reputazione del licenziatario e la sua capacità di negoziazione con i soggetti potenzialmente interessati ad applicare l’innovazione nei rispettivi processi aziendali e organizzativi (Kim and Vonortas, 2006). L’insieme di questa serie composita di fattori determinano il valore economico di un brevetto. Pertanto deriva la seguente ipotesi.

Ipotesi 8

A parità di condizioni, un brevetto ad alto valore economico avrà maggiori possibilità di essere oggetto di commercializzazione.

Se tuttavia la cessione del bene può modificare la dotazione delle risorse, può essere messa in crisi la complessa interazione degli asset VRIO che sono alla base del vantaggio competitivo. Pertanto, la cessione di un asset considerato come strategico può comportare la depauperazione tout court delle risorse strategiche e pro tempore dei sovra rendimenti competitivi. Questo aspetto è particolarmente rilevante se il brevetto è funzionale allo sfruttamento operativo dell’innovazione per il soddisfacimento dei bisogni della rispettiva domanda, ovvero se il bene immateriale è cruciale per costruire una sorta di cluster di conoscenza interna ed evitare che i competitors mettano in atto azioni predatorie per erodere lo spazio competitivo (Gans e Stern, 2003; Ceccagnoli, 2009). Pertanto, un brevetto ad alto valore strategico riassume quindi i requisiti VRIO che rendono una sua alienazione presso terzi improbabile all’interno di una strategia di commercializzazione dei beni immateriali. Si può quindi formulare la seguente ipotesi.

Ipotesi 9

A parità di condizioni, un brevetto ad alto valore strategico avrà minori possibilità di essere oggetto di commercializzazione.

La serie di ipotesi sopra formulate ci porta dunque a testare come la commercializzazione dei beni immateriali derivi da alcuni fenomeni radicati nei processi innovativi che hanno dato origine all’innovazione e da alcune variabili

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competitive e strategiche contestuali. Si propone di verificare l’insieme di assunzioni sul database PatVal-EU - abbreviato nel seguito con PatVal (Giuri et al., 2007).