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2 L’ASSETTO DELLA MOTIVAZIONE CAUTELARE ASSUNTO CON LA RIFORMA DEL

Una importante riforma in tema cautelare, in un’ottica di garanzia dell'imputato, avvenne con la l. n. 332 del 1995. La legge, modificando l’art. 292, ha rafforzato l'obbligo di motivazione, che, come sappiamo, era già sancito dallo stesso art. 292 c.p.p.. Viene richiesta al giudice, all'interno dell'ordinanza de libertate, una descrizione più precisa degli elementi di fatto da cui va desunta la reale sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare disposta. In particolare, nel dar ragione del fumus commissi delicti, cioè dei «gravi indizi di colpevolezza» richiesti dall'art. 273 comma 1 c.p.p. e nell'esporre le specifiche esigenze cautelari rilevate nel caso concreto, al fine di evidenziare l'attualità e l'effettività del periculum libertatis, non si può assolutamente prescindere dalle deduzioni della difesa in modo da poter, poi, puntualmente esplicare i motivi per i quali non sono stati ritenuti rilevanti gli eventuali indizi a favore dell’imputato, emergenti dagli atti di indagine pubblica e/o di investigazione difensiva; inoltre, nel caso di applicazione della custodia cautelare in carcere, occorre anche indicare le concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'art. 274 c.p.p. non potrebbero essere soddisfatte con altra misura meno afflittiva (art 292, comma 2, lett. c-bis), c.p.p.). Da ultimo, va evidenziato come l'inosservanza dell'obbligo di motivazione sia sanzionata con un'inedita figura di

53 nullità, rilevabile ex officio, e, tuttavia, sanabile in sede di riesame, o di appello.49

§ 2.1 LA MODIFICA DELLA LETTERA C) DEL COMMA 2, ART. 292 C.P.P.: L’ESPOSIZIONE DELLE SPECIFICHE ESIGENZE CAUTELARI

Il requisito motivazionale del provvedimento de libertate, con le modifiche apportate dalla legge 332/1995, diviene un obbligo particolarmente stringente. In particolare, a seguito dell’intervento modificativo dell’art. 9 della legge alla lettera c) del comma 2 dell’art 292 c.p.p., l’ordinanza cautelare deve contenere “l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato”; in altre parole, per soddisfare l’obbligo di motivazione non è sufficiente indicare i presupposti e le esigenze che giustificano l’applicazione della misura, ma, è necessario, precisare gli elementi di fatto su cui i presupposti e le esigenze si fondano, e precisare i motivi per cui il giudice li considera rilevanti. L’espressione “motivi per i quali essi assumono rilevanza”, che sostituisce la precedente dicitura “motivi della loro rilevanza”, richiede, da parte del giudice, l’evidenziazione delle ragioni per le

54 quali gli elementi di prova indicati rivestono un’efficacia probatoria idonea a supportare l’elevata probabilità di colpevolezza dell’indagato ed a giustificare i pericula libertatis, tutto ciò presuppone un’esposizione non limitata alla rilevanza degli elementi di prova ma anche un apprezzamento degli elementi di fatto, spiegando perché assumono rilevanza nel caso concreto.50

Con riferimento particolare al fumus commissi delicti si è rilevato che gli elementi che sorreggono la valutazione di gravità indiziaria devono consentire, per la loro univocità, certezza ed evidenza probatoria, di far ritenere probabile, allo stato degli atti, la colpevolezza del prevenuto.51

Inoltre è stato precisato che gli elementi di fatto da cui gli indizi sono desunti, quale che sia la natura, devono risultare legati da un chiaro ed univoco nesso logico, se non storico, con lo specifico reato per il quale si procede e con l’autore dello stesso, nel senso che essi devono rivelarsi idonei a dimostrare non solo la probabile natura della condotta criminosa ipotizzata, ma anche la sua riferibilità ad una o più persone determinate.52

Un altro aspetto da considerare, sempre riguardo al comma 2, lett. c) dell’art. 292, è che, venendo richiesta solamente l’enunciazione degli elementi di prova, la giurisprudenza aveva reputato

50 Cfr. R. DEL COCO, la motivazione del provvedimento applicativo, in Il

rinnovamento delle misure cautelari: analisi della legge n. 47 del 16 aprile 2015, T.

BENE (a cura di), Torino, 2015

., pagg. 64 e ss.

51 G. CIANI, sub art. 292, in op. cit., pag. 167.

52 In questi termini, Cass., Sez. I, 9 giugno 1993, Marrazzo, in CED Cass., n. 194645.

55 legittime le ordinanze cautelari che omettono, nelle loro motivazioni, l’indicazione delle fonti da cui gli elementi di prova vengono dedotti. Ciò avveniva nonostante il fatto che la norma in discussione, a differenza di quanto previsto dall’art. 262 c.p.p. 1930, non prevedeva alcuna deroga o limitazione all’obbligo di enunciare gli elementi da cui sono desunti i gravi indizi di colpevolezza, al fine di tutelare il segreto delle indagini.

Ciò riguarda anche il fronte delle esigenze cautelari, in cui la motivazione deve presentare un analogo rigore descrittivo, venendo richiesta la precisa esposizione degli elementi di fatto da cui le stesse sono desunte. Però spesso, nella prassi, non sono mancati tentativi volti a valorizzare elementi del tutto irrilevanti. Va considerata anche l’ulteriore modifica apportata dalla riforma del 1995 al comma 2, lettera c) che impone al giudice di tenere in considerazione anche il tempo trascorso dalla commissione del reato. Viene così introdotto un nuovo parametro da valutare rispettivamente alla sussistenza sia delle esigenze cautelari, rispetto alle quali il tempo assume un valore prognostico, sia rispettivamente ai gravi indizi, in relazione ai quali il criterio in esame può assumere rilievo nell’ottica di valutazione di attendibilità delle fonti.

C’è chi ha considerato superflua tale novità normativa e la giurisprudenza è, peraltro, sostanzialmente concorde nel ritenere che l’eventuale omissione di uno specifico riferimento al tempo trascorso non comporti una nullità dell’ordinanza, trattandosi di

56 un parametro suscettibile di assumere significato solo ai fini della individuazione e valutazione di altri presupposti cautelari.53

§ 2.2 L’AGGIUNTA DELLA LETTERA C-BIS) NEL COMMA 2 DELL’ART. 292 C.P.P.: LA VALUTAZIONE DEGLI ELEMENTI FORNITI DALLA DIFESA E LA GIUSTIFICAZIONE DELLA MISURA SCELTA

Sempre in tema di motivazione dell’ordinanza cautelare e sempre dall’articolo 9 della legge 332/1995 sono state introdotte due disposizioni ex novo, contenute nell’aggiunta lettera c-bis) del comma 2 dell’art. 292; la novità consiste nel prevedere due nuovi obblighi motivazionali: “l’esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa” e “l’esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all’art. 274 non possono essere soddisfatte con altre misure”.

Il primo dei due obblighi motivazionali merita un discorso più ampio e complesso, dal momento che ha ad oggetto gli “elementi forniti dalla difesa”, oggetto parzialmente coincidente con la modifica aggiuntiva dell’art. 291 c.p.p., operata dalla stessa legge 332/1995: in questo caso risultano esclusi gli elementi a favore dell’imputato eventualmente raccolti dal pubblico ministero e trasmessi al giudice insieme alla richiesta della misura. Si può rilevare che, con un intento quasi ossessivo di prevedere

57 analiticamente ogni prescrizione, anche se implicita (come in questo caso), in una norma più generale, si rischia di sortire l’effetto opposto a quello desiderato: dalla lettera c-bis) l’interprete potrebbe, infatti, essere portato a desumere che non ci sia un obbligo motivazionale riguardante la rilevanza probatoria degli elementi a favore prodotti dal pubblico ministero. Sennonché, in punto di motivazione, il legislatore ha pensato di aggiungere un’ulteriore disposizione, il comma 2-ter, che fa riferimento alla necessità che nell’ordinanza risulti la valutazione “degli elementi a favore dell’imputato, di cui all’art. 358, nonché all’art. 38 disp. att.”. Stando alla lettera di questa norma, il giudice avrebbe l’obbligo di motivare, oltre sugli elementi su cui si basa la richiesta, come è ovvio che sia, anche sugli elementi a favore presentati dal pubblico ministero, mentre non sarebbe tenuto a dar conto delle eventuali memorie difensive che rimangono fuori dall’art. 38 disp. att. Come si vede il legislatore ha affastellato con disarmante corrività obblighi specifici di motivazione ad oggetto parzialmente diverso. Anzi, li ha sottoposti a differenti trattamenti sanzionatori, poiché non è prevista la rilevabilità di ufficio per la nullità conseguente all’inosservanza della disposizione di cui al comma 2-ter, cosa che è invece prevista per i casi omologhi disciplinati dal comma 2. L’intento del legislatore era quello di obbligare il giudice a valutare tutto il materiale probatorio che il pubblico ministero è tenuto a trasmettergli con la richiesta della misura cautelare a norma dell’art. 291 c.p.p., rendendo palesi i criteri ed i risultati a cui è pervenuto. Questo obiettivo poteva essere adeguatamente raggiunto seguendo il modello offerto dall’art 546 comma 1 lettera

58 e) c.p.p. per la sentenza, aggiungendo una precisazione nello stesso senso alla lettera c) dello stesso articolo.

Comunque conviene ricostruire il dettato normativo in questo modo: leggendo cioè la lettera c-bis) del comma 2 e il comma 2-ter come maldestri tentativi di introdurre una specificazione dell’obbligo di motivazione previsto dalla norma-madre contenuta nella lettera c), per imporre espressamente al giudice, nell’assolverlo, di dar conto del significato probatorio attribuito agli elementi a favore dell’imputato. Mentre conviene evitare di assegnare significato tecnico alle differenze lessicali e contenutistiche riscontrabili nelle due nuove disposizioni, se si vogliono scongiurare gli effetti di disorientamento applicativo.54

Dunque, al di là delle critiche, la dottrina sembra concordare che, affinché ne risulti un’interpretazione plausibile, le due suddette nuove disposizioni devono essere lette congiuntamente e alla luce degli intendimenti legislativi, più che prestando attenzione al tenore del dettato normativo. Nello specifico, vanno interpretate come se vi fosse scritto l’obbligo del giudice di tenere conto di tutta la documentazione trasmessagli con la richiesta o presentatagli ai fini della decisione dai difensori ai fini della decisione, incluse le memorie, le deduzioni e gli atti allegati.

Inoltre è utile aggiungere che in giurisprudenza si è sottolineato che il comma 2 lettera c-bis) non imponga al giudice, in sede di applicazione della misura, l’indicazione di qualsiasi elemento che

54 Cfr. G. GIOSTRA, commento all’art.9, in AA. VV., Modifiche al codice di procedura

penale. Nuovi diritti della difesa e riforma della custodia cautelare, Padova, 1995,

59 sia ritenuto favorevole dal difensore. L’obbligo di motivazione non può risolversi in una valutazione del tutto sommaria e generica ma richiede che il giudizio di rilevanza in ordine agli elementi a discarico fornito dalla difesa sia analitico e fondato su un vaglio puntuale degli stessi. Si è altresì precisato che nella nozione di elemento favorevole all’imputato rientrano soltanto gli elementi di natura oggettiva e di fatto aventi rilievo concludente, mentre ne restano escluse le mere posizioni difensive negatorie, le prospettazioni di tesi alternative e gli assunti chiaramente assertori e defatigatori, che restano assorbite nel complessivo apprezzamento operato dal giudice.55

Per quanto riguarda la lettura della seconda parte della lettera c- bis), che introduce il secondo obbligo motivazionale, ovvero l’esposizione delle concrete esigenze di cui all’art. 274 c.p.p., si può affermare che la novità introdotta sembra essere inutile e controproducente: inutile perché l’obbligo di motivazione in questione è infatti già richiesto dalla norma contenuta nell’art. 275 comma 3 c.p.p., controproducente perché rischia di accreditare l’idea che il giudice non sia tenuto a dar conto del modo in cui sono stati applicati gli altri criteri di scelta della misura cautelare previsti dall’art. 275 c.p.p.56

55 Cfr. CONSO- GREVI, sub art. 292, in commentario breve al codice di procedura

penale, Padova, 2005, pagg. 916-917.

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CAPITOLO III.

DALLA MOTIVAZIONE PER RELATIONEM ALLA LEGGE