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2 INTERVENTO INNOVATIVO? IL PARERE DELLA DOTTRINA E LA PRASSI DELLA GIURISPRUDENZA

A questo punto è ragionevole domandarsi se l’ultimo intervento legislativo che ha ridefinito la disciplina cautelare vada considerato o meno innovativo per quanto riguarda l’inserimento del requisito dell’«autonoma valutazione» all’interno della motivazione dell’ordinanza.

Si può affermare con certezza che i contenuti essenziali dell’autonoma valutazione, richiesta in relazione a ciascuno dei

90 Cfr. L. LANZA, La motivazione della sentenza penale: decidere, scrivere,

argomentare, in Incontro di studio sul tema “La motivazione della sentenza penale”,

Roma, 14-16 settembre 2009, pag. 37: «A nulla rileva il numero o la lunghezza delle proposizioni destinate a rendere comprensibile il dictum giudiziario – tanto più, oggi, con l’uso di sistemi informatici –, quanto, invece, il loro contenuto e [la loro] forza comunicativa, la loro chiarezza e validità gnoseologica argomentativa, la quale, necessariamente, deriva non dalla quantità della ‘scrittura’ ma dalla condivisibile e persuasiva logicità delle connessioni e implicazioni, nonché dall’agevole comprensibilità delle inferenze valutative in concreto applicate.»

86 parametri indicati delle lett. c) e c-bis) del comma 2 dell’art. 292 c.p.p., erano già stati chiaramente delineati dalla giurisprudenza di legittimità prima della novella.91 L’espressione «autonoma

valutazione», oltre a comparire nelle pronunce giudiziali oramai da più di un ventennio, deve essere, in generale, considerata come un requisito indispensabile e sottointeso nell’opera del giudice, che consiste nel giustificare i provvedimenti giurisdizionali emanati a seguito, appunto, di un’opera valutativa che sia indipendente e imparziale.

All’interrogativo si può, quindi, rispondere affermando che la novella non introduce un principio nuovo nell’ordinamento, non porta ad un risultato inedito quanto, piuttosto, esprime una presa di posizione a supporto di un indirizzo giurisprudenziale che, sul tema, risultava minoritario. In tal senso era stato detto, ad esempio, che far leva sull’autoevidenza dell’impianto probatorio o richiamare clausole di stile per arrivare con ciò a concludere la sicura esistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare, è un insoddisfacente esercizio della funzione giudiziale poiché occorre che essa, invece, si compia in «una valutazione critica e argomentata delle fonti indiziare singolarmente assunte e complessivamente considerate».92

E questa stessa osservazione vale anche per quel che riguarda l’utilizzo della motivazione per relationem: considerato l’abuso della tecnica informatica del ‘copia-incolla’ per la redazione di atti giudiziali, l’«autonoma valutazione» diviene un requisito

91 R. DEL COCCO, La motivazione, cit., pag. 81.

87 normativo che, richiamando all’ordine, impone e riassume in due sole parole quel che più pronunce giurisdizionali hanno analogamente asserito in termini più estesi, sentenziando che: «non si può considerare sufficiente il mero richiamo all’altro provvedimento, essendo necessario che il giudice qualifichi, agli effetti del quadro di gravità indiziaria e della sussistenza delle esigenze cautelari, gli elementi già indicati in precedenza, così dimostrando non una supina, apodittica ed immotivata adesione al precedente provvedimento, ma una sia pur sintetica e sommaria valutazione dei contenuti di questo».93 Nihil sub sole novi, dunque;

quel che il legislatore positivizza sono, di nuovo, le riflessioni garantiste della dottrina e della giurisprudenza minoritarie. In quest’ottica possono essere inserite anche le novità riguardanti il giudizio di riesame, fra le quali si individua l’annullamento quale diretta conseguenza della violazione della struttura legale di motivazione (articolo 292 del Codice di rito), tale novità, ancora una volta, altro non è che il recepimento dell’indirizzo interpretativo giurisprudenziale minoritario. La pretesa che il Tribunale della Libertà debba dichiarare nullo, con possibilità di rilevare il vizio ex officio, il provvedimento carente di «autonoma valutazione» o mancante di uno dei requisiti imperativamente richiesti dalla legge non è, infatti, un’originalità estranea al sistema. Legislativamente, si è reso cogente ciò che l’esegesi normativa della giurisprudenza più garantista andava da anni affermando: «l’annullamento dell’ordinanza da parte del

93 Cass., Sez. VI, 14 luglio 2005, n. 27856; Cass., Sez. II, 18 settembre 2012, n. 36409.

88 Tribunale del Riesame deve applicarsi non soltanto in ipotesi marginali, ma in ogni caso in cui quest’ultima si è limitata a una sterile rassegna di fonti di prova, a proposito delle quali manca totalmente qualsiasi riferimento contenutistico e di enucleazione degli elementi reputati indizianti».94

Le nuove disposizioni non determinano alcuna svolta ordinamentale, ma semplicemente assicurano tutela e garanzie di maggior ampiezza per l’imputato, rafforzando le conclusioni del diritto vivente sul tema e prevedendo l’indispensabilità dell’«autonoma valutazione» giudiziale.

Quel che si vuol evitare è che vi sia una violazione del diritto di difesa del destinatario della misura cautelare; la Carta costituzionale ammette, infatti, il sacrificio di un diritto fondamentale, quale il diritto alla difesa, a patto che vi sia un bilanciamento, in questo proposito, solamente l’atto motivato a fronte di un’«autonoma valutazione» del giudice è l’unico contro- interesse considerato (già a livello legislativo) capace di limitare la libertà personale di un uomo (articolo 13 Costituzione).

In tale direzione, la novella legislativa ha precisato che l’ordinanza cautelare carente di uno dei suoi requisiti portanti (art. 292 c.p.p.), tra cui l’autonoma valutazione, deve essere annullata poiché affetta da un vizio così grave da determinarne la nullità insanabile. E il difetto è insanabile proprio perché arreca, al diritto di difesa, una lesione che compromette la facoltà stessa di adire un giudice terzo e imparziale, dinanzi al quale poter esperire effettivamente

94 Cass., Sez. VI, 24 maggio 2012, n. 25631. Similmente: Cass., Sez. II, 4 dicembre 2013, n. 12537; Cass., Sez. VI, 4 marzo 2014, n. 12032.

89 il contraddittorio con l’accusa, utile a verificare la tenuta degli elementi probatori con quanto prescritto dalla legge.

Rilevato tutto ciò, si può allora sostenere che l’intervento legislativo, in punto di autonomia valutativa ed esigenze motivazionali, si presta a una lettura complessiva che si compie nella pretesa che siano «formulati giudizi cautelari non standardizzati, ma quanto più possibile modellati sul caso concreto, sia sotto il profilo della scelta circa l’adozione della cautela, che quanto all’individuazione della misura (o delle misure) da applicare».95

L’obbligo di autonoma valutazione, «sacrosanto e già insito nel sistema, ma che evidentemente è stato necessario disciplinare espressamente, sulla scorta dei frequenti interventi della Corte di Cassazione sul tema delle motivazioni apparenti»,96 è

un’enfatizzazione, comunque positiva,97 di una struttura

motivazionale che era già adeguata e dettagliata, ma che è stata ulteriormente arricchita al fine di ricordare, una volta di più, «la necessità che la restrizione della libertà personale ante iudicium consegua soltanto a un effettivo, non apodittico e approfondito vaglio degli elementi di prova disponibili, così che risulti accertata, in concreto, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura».98

95 P. BORELLI, Una prima lettura delle novità della legge 47 del 2015 in tema di misure

cautelari personali, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, pag. 33.

96 P. BORELLI, Una prima lettura, cit., pag. 33. 97 E. N. LA ROCCA, Le nuove disposizioni, cit., pag. 2.

98 C. TONINELLI, L’“autonoma valutazione” nella motivazione delle ordinanze de

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§ 2.1 ADEGUAMENTO DELLA LEGGE 47/2015 AL PREESISTENTE ORIENTAMENTO GIURISPUDENZIALE: IL PARERE DELLA SUPREMA CORTE NELLA SENTENZA 40978 DEL 2015

A riprova del fatto che le modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015 n. 47, agli artt. 292 e 309 c.p.p., in tema di motivazione cautelare, non abbiano il carattere di assoluta novità si può richiamare il contenuto della sentenza n. 40978 del 15 settembre 2015 della sezione VI della Corte di cassazione penale.

La suprema Corte si trova a decidere un ricorso presentato dal p.m. contro una sentenza del Tribunale del riesame di Napoli che annullava un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del medesimo tribunale, su sua richiesta.

Avveniva che il Giudice per le indagini preliminari avesse applicato la misura cautelare recependo integralmente la richiesta avanzata dal pubblico ministero; il Tribunale della libertà, nel decidere sulle richieste di riesame interposte dalla difesa di due indagati, aveva annullato l’ordinanza impugnata, applicando le disposizioni contenute agli artt. 292 e 309 c.p.p., come modificati dall’art. 8 commi 1 e 2 e dall’art. 11, comma 3, della legge 16 aprile 2015, in quanto (il gip) si limitava a ripetere pedissequamente il contenuto della richiesta del pubblico ministero (addirittura utilizzando la stessa suddivisione in paragrafi, le stesse identiche parole, senza alcuna aggiunta, ragionamento od osservazione ulteriore).

91 Avverso il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame il pubblico ministero proponeva ricorso per Cassazione, per violazione di legge, sostenendo che l’ordinanza confezionata dal gip fosse stata emessa in conformità alla nuova disciplina: la parte ricostruttiva dell’iter motivazionale, compiuta dal gip, sarebbe stata, secondo il p.m., propria ed autonoma.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso, condividendo la decisione del Tribunale del riesame, basandosi però su un percorso motivazionale differente da quello fatto proprio sia dal Tribunale della libertà che dal pubblico ministero.

La suprema Corte non ritiene corretta la premessa sulla cui base la questione è stata affrontata: la misura cautelare è stata emessa prima della entrata in vigore della legge 47/2015, quindi in vigenza del vecchio quadro normativo; mentre l’udienza del Tribunale del riesame è successiva all’entrata in vigore della novella. La Corte dichiara che le nuove disposizioni, a prescindere dal fatto che il riesame si sia svolto dopo l’entrata in vigore delle modifiche agli artt. 292 e 309 c.p.p., non avrebbero potuto trovare applicazione, poiché in materia processuale vige il principio del tempus regit actum, da cui consegue l’applicabilità della legge del tempo di emissione dell’atto (in assenza di eventuali deroghe che, però, la normativa in questione non contempla).

Il motivo per cui la Corte non inficia la risoluzione del Tribunale del riesame è la dimostrazione che la novella non possiede un carattere di innovazione: le nuove disposizioni, sebbene impropriamente evocate nel caso in esame, “hanno un contenuto meramente interpretativo e ricognitivo di giurisprudenza

92 preesistente, per cui si limitano a rendere cogenti regole già applicate prima della L. 47 e che il collegio condivide”.99

In definitiva, secondo la Cassazione la prescrizione di specifici contenuti dell’ordinanza cautelare, in particolare l’obbligo di autonoma valutazione, contenuto ora nell’art. 292, comma 2, lett. c) e c-bis) c.p.p. e la correlata limitazione dei poteri rescindenti del Tribunale della libertà, con obbligo di annullamento nel caso la motivazione del provvedimento manchi o difetti di autonoma valutazione, come statuisce il nuovo comma 9 dell’art. 309 c.p.p., non configura una novità: a fronte di plurime interpretazioni del vecchio testo normativo, la nuova legge ha reso obbligata quella interpretazione secondo cui il Tribunale del riesame, nonostante gli ampi poteri di supplenza ed integrazione delle carenze motivazionali dell’ordinanza genetica, non può mai completare quelle ordinanze di custodia che non dimostrino l’effettivo esercizio, ad opera del giudice, di un’attività di autonoma valutazione, essendosi costui appiattito in toto sul contenuto della richiesta del pubblico ministero, senza pertanto alcuna rielaborazione critica della stessa. La novella normativizza, dunque, l’indirizzo giurisprudenziale in virtù del quale l’acritica adesione del giudice alla domanda cautelare del requirente comporta la caducazione della misura, di fatto applicata in assenza di un reale esercizio della funzione giurisdizionale; la Cassazione aderisce, nel caso in esame, a questo indirizzo giurisprudenziale,

93 con conseguente rigetto del ricorso proveniente dal pubblico ministero.

La pronuncia in esame è certamente di rilievo, costituendo uno dei primi interventi sulla portata della novella legislativa: pur ritenendo le modifiche apportate dalla legge, non applicabili al caso affrontato (sulla scorta del principio del tempus regit actum), nondimeno la Cassazione fornisce chiare indicazioni su come leggere la riforma, autorevolmente definita quale interpretazione corretta ed autentica della precedente normativa, che rende il criterio dell’autonoma valutazione ad opera del giudice l’unica esegesi conforme agli artt. 292 e 309 c.p.p.100

CAPITOLO IV.

I RINNOVATI CONFINI DEL CONTROLLO SULLA