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58 assoggettabili alle disposizioni del presente codice qualora siano rappresentate da testimonianze

materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'articolo 1079.

Si torna però a parlare di “testimonianze materiali”, paradossalmente un ennesimo passo indietro rispetto alla precedente Legge n. 167 del 2007 con la quale l’Italia ratificava la Convenzione di Parigi80. Quella dell’articolo 7-bis è un’aggiunta di non semplice comprensione, espressa con un linguaggio criptico e difficilmente accessibile, per rimandare ad una normativa internazionale invece ormai consolidata, fondamentale non soltanto in vista della tutela ma anche per il concetto di esposizione e muselizzazione di questo stesso patrimonio immateriale.

La Convenzione Unesco del 2003 ha aperto le porte a discussioni proficue all’interno dell’International Council of Museums, tanto che già nel corso del XX Assemblea Generale dell’ICOM, di Seul, del 2004, avviene un primo mutamento fondamentale all’interno della normativa museale internazionale: il patrimonio culturale cambia la sua definizione.

Patrimonio culturale (Cultural heritage)

Ogni bene culturale materiale e immateriale che si ritiene abbia un valore estetico, storico, scientifico o spirituale.

L’International Council of Museums nel 2004, l’anno immediatamente successivo alla Convenzione UNESCO, ha infatti eletto a tema centrale della sua conferenza il rapporto tra Museo e patrimonio immateriale. Già nel 2000 il Comitato Internazionale per la Museologia aveva discusso il tema “Museologia Tangibile e Patrimonio Intangibile”81

anticipando di due anni la prima Lista ufficiale UNESCO dei capolavori immateriali. A cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio è stato un

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«Con la Legge n. 167 del 27 settembre 2007 (in G.U. n. 238 del 12 ottobre 2007), entrata in vigore a partire dal 13 ottobre 2007, l’Italia ha ratificato la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, firmata a Parigi il 3 novembre 2003 dai paesi aderenti alla Conferenza generale UNESCO, dandole esecuzione.» Enzo Varricchio, Il patrimonio immateriale nella legislazione italiana, Nuova Museologia, N. 19, Novembre 2008, p. 18.

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«Con l’art. 7-bis il legislatore italiano ha inteso chiarire il portato delle due Convenzioni firmate a Parigi nel 2003 e nel 2005, sancendo che l’attività immateriale per cui si chiede il riconoscimento del valore culturale deve comunque possedere i seguenti requisiti: - Concretizzazione in un supporto materiale che possa essere oggetto di misure idonee a proteggerla e valorizzarla, sì da renderne effettiva la tutelabilità (requisito formale); - Valenza di testimonianza di civiltà dal punto di vista artistico, storico, archeologico o etnoatropologico secondo le prescrizioni dell’art.10 dello stesso Codice (requisito sostanziale).» Ivi, p. 20. 81

Cfr. AA. VV. Museology and the intangible heritage, Munich and Brno, 26 Nov.- 5 Dec. 2000, IFOCOM Study Series, ISS 32, , Museum Pädagogisches Zentrum, München, 2001.

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costante susseguirsi di conferenze, convegni e scritti per giungere ad un accordo internazionale universalmente riconosciuto sulla salvaguardia e l’esposizione del patrimonio effimero, con il fine ultimo di creare condizioni che siano in grado, finalmente, di parafrasare l’intangibile in un gergo teorico e salvaguardalo ed esporlo mediante una struttura pratica.

L’espressione “Patrimonio immateriale e musei” adottata nel 2004, crea un compromesso tra tre termini per niente scontati: l’immaterialità (termine preferibile a quello di intangibilità a causa di un’ambiguità linguistica francese)82

, il patrimonio culturale (storicamente percepito come concetto materiale)83 e il museo. Come porre il museo in relazione con questa nuova visione del patrimonio? Da un lato esso deve continuare a svolgere le sue funzioni primarie di conservazione ed esposizione, cosa che può avvenire soltanto in maniera meramente materiale tramite l’uso di oggetti, dall’altro deve innalzare il suo lavoro ad un livello intellettuale più alto esponendo idee e concetti84. L’idea classica del monumento deve dunque rinnovarsi ed allargare definitivamente la sua prospettiva ad un più ampio spettro di manifestazioni del patrimonio culturale. Il museo deve quindi evolvere e rimodellare il suo concetto espositivo rivolgendosi a tutti quei fenomeni (chiaramente nei termini in cui essi abbiano una precisa valenza storico culturale artistica) che non si materializzano esclusivamente in quanto oggetti.

La salvaguardia del patrimonio dell’umanità all’interno dell’istituzione museale deve avvenire tramite l’affermazione della diversità culturale in quanto ricchezza, espressa nel mondo mediante le etnie, i colori, le razze, i generi, le classi sociali, la fede religiosa e le identità regionali. Tutto rientra all’interno del patrimonio in una maniera difficilmente definibile ma che, proprio grazie alle sue infinite variabili, è sintomo di quella ricchezza culturale materiale o immateriale che sia. Compresa l’importanza e la tipologia di soggetti da tutelare, il museo deve passare allo sviluppo di progetti correlati a questo movimento di tutela; vanno quindi sviluppati strumenti e metodi di lavoro efficaci per il singolo soggetto trattato, affinché si creino delle metodologie specifiche riguardo questo “nuovo” patrimonio. I progetti dovranno inizialmente essere focalizzati sull’inventariazione e catalogazione globale dei beni (come si è visto nei tentativi di mappatura del patrimonio teatrale

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Cfr. André Desvallées, Provocative Paper: La Museologie et les categories de patrimoine immateriel.

Questions de terminologie, à propos de Intangible heritage // patrimoine immaterial et patrimoine intangible, in AA. VV., Museology and Intagible Heritage II, IFOCOM Study Series, ISS 33 Supplement,

Museum Pädagogisches Zentrum, München, 2004. 83

André Gob, Keeping trace – Immaterial heritage, living heritage, object museology: a paradoxical

relationship, in AA. VV., Museology and Intagible Heritage II… cit., p. 45.

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italiano), richiedendo una partecipazione attiva del pubblico in relazione ai soggetti museali. Gli sforzi principali dell’istituzione dovranno infatti essere proprio quelli di una totale integrazione tra la conservazione di questo patrimonio e la sua permanenza effettiva nella vita quotidiana della comunità locale, in modo da non snaturare o fossilizzare il bene. I programmi per il pubblico e i visitatori saranno la principale fonte di relazione tra il museo dell’immateriale e i produttori del suddetto fenomeno; questa relazione dovrà essere mantenuta viva nel rispetto delle regole e dei protocolli, permettendone la fruizione migliore possibile nei limiti della tutela. Proprio la comunità locale dovrà infatti percepire l’importanza di quanto tutelato all’interno del museo e farsene carico spiritualmente85.

Il museo, in quanto istituzione, dovrà impegnarsi ad usare tutte le risorse in suo possesso per avvicinarsi al pubblico: si tratti di stampe, audiovisivi, effetti sonori, video o ogni altra tecnologia che possa aiutare alla comprensione. L’edificio stesso dovrà rivelarsi in grado di integrare oggetti tangibili e beni intangibili, incoraggiando l’esperienza di visita. La lingua ed il linguaggio usati saranno poi fondamentali nella promozione e partecipazione del pubblico: un museo dell’immateriale dev’essere prima di tutto in grado di fornire ogni supporto possibile per la comprensione e l’interpretazione di quanto esposto incoraggiando lo scambio culturale.

Naturali, a questo punto, sorgono delle domande:

 Come si conservano i fenomeni teatrali e dello spettacolo?

 Come li si espone?

 Come si può evitare di rendere statico o fossilizzato un patrimonio di sua natura vivo e in azione?86

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AA. VV., Shangai Charter: Museums, Intangible Heritage and Globalisation, a cura di Jacques Perot, Amareswar Galla e Zhang Wenbin, «Nuova Museologia», n.7, Novembre 2002, pp. 39-40.

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