Alla base del concetto di tutela del patrimonio ve n’è un altro imprescindibile, quello di conoscenza. Ciò che non è spiegato non può essere compreso e ciò che non è compreso difficilmente verrà giudicato meritevole di tutela. Alla base del buon funzionamento di un museo dello spettacolo vi è, dunque, la programmazione di un percorso di comunicazione ed educazione all’immateriale, esso dovrà rivolgersi a tutte le variabili di pubblico ed essere in grado di rende comprensibile il patrimonio posseduto ed esposto dal museo372. Com’è noto a tutti, le tre missioni del museo sono la conservazione, il restauro e l’esposizione e proprio dell’ultima di queste rientra a far parte anche la missione educativa e di comunicazione che l’istituzione deve assumere373
. L’esposizione non può che essere trasmessa, se vuole avere ragione d’esiste e, affinché questo avvenga, bisogna che la comunicazione tra pubblico e opere sia chiara ed esauriente, supportata da esperienze formative e d’interazione374
.
«La trasmissione culturale esige, per essere veramente tale, che uno ne possa fare realmente esperienza, implica quindi una partecipazione comunicativa coinvolgente che non si deve fermare a un contenuto informativo, sia esso divulgativo o all’estremo opposto dottrinale, ma che sia in grado di sviluppare un’azione comune, un’interazione, un legame, uno scambio.»375
La comunicazione è resa possibile, nei musei, in primo luogo dalla gestione e l’organizzazione degli spazi, essi risultano un fattore importantissimo al fine dell’interazione e del dialogo tra le opere e i visitatori: i manufatti esposti sono infatti, generalmente, provenienti da contesti diversi e portatori di storie differenti che, ricollocati in un nuovo contesto, cambiano i loro punti di riferimento. La percezione dei visitatori dovrà essere intermediata obbligatoriamente con dei segni extra-testuali appositamente pensati per accompagnare le opere: le scelte di collocazione, la giustapposizione di più oggetti simili tra loro (per storia o tipologia), il posizionamento di cartellini e pannelli esplicativi e quant’altro possa risultare utile a stabilire relazioni di senso comprensibili da tutti376
.
372
Cfr. Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, Laterza, Roma-Bari, 2010. 373
Maria Giuseppina Di Monte, Museo in azione: Idee, riflessioni, proposte, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012, p. 85.
374
Ivi, p. 83. 375
AA. VV., Education through art. I musei di arte contemporanea e i servizi educativi tra storia e progetto, a cura di Cecila De Carli, Milano, Edizioni Mazzotta, 2003, p. 9.
376
Maria Giuseppina Di Monte, Museo in azione: Idee, riflessioni, proposte, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2012, pp. 86-87.
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Proprio pensando allo spazio come primo mezzo di comunicazione tra il museo e il pubblico, un fattore accomuna i quattro musei teatrali indagati: la mancanza di una costruzione ex novo dedicata a un qualsivoglia museo dello spettacolo. I quattro musei indagati da vicino, così come tutte le altre istituzioni prese in esame nel corso dell’ampio censimento, sono frutto della collocazione dele loro collezioni, all’interno di edifici precedentemente adibiti ad altra funzione: dimore storiche cittadine, zone dei teatri riservate al pubblico, ville e parti di complessi monumentali, ecc.
Lo studio della ricontestualizzazione del patrimonio dello spettacolo italiano all’interno delle sale museali diviene quindi di primaria importanza per la tematica dell’esposizione dell’effimero e la sua relazione comunicativa col pubblico. Come si è fin qui detto, l’allestimento dell’effimero gioca un ruolo fondamentale nella comunicazione dei contenuti del patrimonio quand’esso è in grado di riallestirne sia la parte materiale che quella immateriale e questo poche volte è realmente visibile all’interno dei piccoli musei italiani. Sarà quindi estremamente difficile per un visitatore, che non sia uno specialista di quest’ambito, riuscire a rievocare autonomamente, a partire da un oggetto/documento, la sua implicazione storica e sociale all’interno del panorama delle arti sceniche.
L’immensa collezione di strumenti musicali appartenente al Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl di Trieste, ad esempio, è esposta lungo le sale del museo, all’interno di vetrinette spesso esageratamente sovraffollate, seguendo un percorso elegante e raffinato ma privo di qualsivoglia interazione comunicativa, se si escludono le basiche didascalie sui cartellini: nessun suono, nessun video dimostrativo, il totale silenzio accoglie il visitatore. Le celebri figurine di ceramica, esposte in gran numero al Museo Teatrale del Burcardo di Roma, a loro volta, occupano lo spazio un tempo riempito dai libri, nelle scaffalature dell’ex biblioteca, ai loro piedi sono esposti i cartellini indicanti i nomi dei singoli personaggi, nessun’informazione aggiuntiva che cerchi di allacciare un qualche rapporto con lo sguardo del visitatore più o meno curioso. In entrambi i musei, gli spazi già di per sé ridotti risultano sovraffollati di oggetti, impedendo una buona fruizione e accrescendo, spesse volte, la disattenzione del pubblico, in particolar modo nei visitatori più giovani377. Si tratta di spazi, quindi, che non dialogano efficacemente con i manufatti, rendendo impossibile la prima forma di comunicazione tra il museo e il pubblico.
A sopperire le mancanze spaziali del museo triestino, sono le audio guide fornite al pubblico, in grado di ripercorrere la storia degli oggetti esposti, seguendo due diverse tipologie di visita, una più approfondita e una più breve, cosa che non è invece fornita negli altri musei dello spettacolo
377
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interrogati che prevedono soltanto visite guidate su prenotazione. Le visite guidate, fornite spesso da professionisti esterni al personale del museo (come per il caso del Museo della Scala di Milano), sono una delle modalità maggiormente diffuse per la comunicazione e lo svolgimento di attività educative nelle sale dei musei dello spettacolo378.
Le risorse umane, composte da personale esterno ed interno sono i principali attori di scambio comunicativo tra i museo censiti e i loro visitatori, questo riflette il mutamento storico ormai sedimentato del concetto di “museo per tutti”379. Se negli anni Ottanta i musei erano ancora considerati dal pubblico come «templi della cultura e luoghi di culto»380 che il visitatore era tenuto a percorrere in silenzio, dagli anni Novanta in poi tutto è mutato nella concezione di questi spazi, votati, come si è detto, sempre più alla spettacolarizzazione e all’esperienziale. Una nuova fase che ha colpito particolarmente queste tipologie espositive, richiedendo la creazione di nuove professionalità nell’ambito dell’accoglienza, della comunicazione, della formazione e degli altri servizi aggiuntivi richiesti dal pubblico381.
I musei indagati hanno iniziato, con i primi anni Duemila, a riformulare il loro dialogo con i diversi pubblici, adeguano i propri spazi e creano dinamiche di comunicazione culturale nuove ed inserendo al loro interno figure professionali prima sconosciute nell’ambito museale: addetti stampa, grafici, editor, designer, mediatori culturali etc382.
Il Museo del Teatro alla Scala, nella sua ristrutturazione del 2004, ha ampliato gli spazi dedicati ai servizi, riservando una parte de piano superiore alle mostre temporanee. Questa scelta, fermamente voluta da Pier Luigi Pizzi, ha indubbiamente limitato le possibilità spaziali dell’esposizione fissa, che ha quindi subito dei tagli relativi al materiale esposto, ma ha giovato all’impostazione generale del museo che è così in grado di ospitare mostre temporanee di grande richiamo, le quali inoltre garantiscono una costante rotazione del materiale esposto e permettono quindi una fruizione
378
In base alle interviste effettuate nel corso della ricerca è emerso che tutti i musei censiti forniscono un servizio di visite guidate gestito da personale interno o esterno al museo in base alle differenti conformazioni dell’istituzione.
379
Andrea Casadei, I nuovi professionisti dell’accoglienza, in AA.VV., Il museo dalla parte del visitatore
Atti della IV Conferenza regionale dei musei del Veneto: Treviso, 21-22 settembre 2000, a cura di Luca
Baldin, Canova, Treviso, 2001, pp. 164-165. 380
Ivi, p. 163. 381
AA. VV., Carta nazionale delle professionalità museali, Conferenza nazionale dei musei, Mialno, 24
ottobre, 1995, a cura di Alberto Garlandini, Mialno, ICOM, 2006.
382
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potenzialmente totale del patrimonio conservato383. Oltre agli spazi dedicati alle mostre, il museo si è fornito di un’ampia caffetteria, uno spazio in più conquistato in favore del pubblico, nel quale è a disposizione anche un pianoforte che permette di usare lo spazio come luogo d’intrattenimento.384
Lo stesso avviene anche per il museo Schmidl di Trieste che, affianco alla zona adibita a spazio espositivo temporaneo, del piano terra, ospita gli ambienti dedicati al pubblico: zona ristorazione, sala convegni, pianoforte e schermi per incontri d’intrattenimento.
Intrattenimento ed esperienza sono termini che rientrano a pieno diritto nell’ambito della comunicazione e della didattica dei musei, un evoluzione che ha avuto inizio a partire dall’allestimento delle prime grandi mostre temporanee degli anni Novanta. Dopo questi avvenimenti, oltre alla semplice promozione si è iniziato a pensare al museo e alle sue esposizioni come una sorta di brand nel quale far rientrare la pubblicazione di materiali didattici specifici, cataloghi, stampe, souvenir e un sempre più fitto esempio di merchandising a tema, vedendo sorgere la necessità di aprire dei bookshop specializzati all’interno dei musei stessi385. Quest’evoluzione è evidente, ai fini della ricerca, in un rilevante numero di spazi espositivi censiti soprattutto se si focalizza l’attenzione sulle Fondazioni lirico sinfoniche, che ormai da oltre un decennio seguono una precisa linea di marketing aziendale: il Teatro la Fenice, il Teatro San Carlo e il Teatro alla Scala ad esempio, soffermandosi soltanto sugli esempi indagati, hanno sviluppato ormai da anni un loro preciso brand e prevedono un discreto numero di articoli in vendita presso le loro sedi.
Questa drastica svolta nelle missioni museali a cavallo tra gli anni Novanta e il Duemila ha fatto spesso passare l’istituzione museo dall’essere luogo deputato alla conservazione, ad essere visto come un’istituzione «disneyficata»386 e resa troppo spesso ambito di mero sfruttamento commerciale, grazie all’imponente afflusso della massa di turisti in costante aumento387. Questi cambiamenti hanno visto, negli ultimi decenni, l’inevitabile imporsi di nuovi standard scientifici per garantire la sicurezza dei materiali esposti e del pubblico stesso di visitatori oltre ad aver apportato una revisione scontata nell’ambito della comunicazione e dell’educazione388
.che si sono avvicinate
383
Pier Luigi Pizzi, Il Museo Teatrale alla Scala…cit., p. 112. 384
Ibidem.
385
Ibidem. 386
Cfr. Alan E. Bryman. The Disneyization of Society, SAGE Publications, London, 2004. 387
Andrea Casadei, I nuovi professionisti dell’accoglienza…cit., pp. 166-167. 388
Cfr. Decreto Ministeriale del 10 maggio 2001, Atto di indirizzo sui criteri tecnico- scientifici e sugli
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sempre di più a quelle offerte negli ambiti dell’intrattenimento. Tutte queste mutazioni ed evoluzioni ormai storicamente acquisite, sono ben assimilate nelle norme definite dal Decreto Ministeriale del 10 maggio 2001: