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da tutela a valorizzazione

Si è fin qui tentato di dare una definizione, per quanto sommaria, del patrimonio teatrale e si è cercato di elencare al meglio tutte le tipologie di beni racchiusi da questa definizione, di mapparli nel panorama italiano della conservazione e di collocarli all’interno della loro legislazione specifica; è ben più complesso, invece, cercare di percorrere una trattazione precisa di quella che è l’esposizione museale del suddetto patrimonio e indagare i criteri per mezzo dei quali sono stati allestiti musei e mostre dello spettacolo sul territorio italiano. La memoria dello spettacolo e del teatro, come dichiarato dalle convenzioni UNESCO sul patrimonio intangibile e come confermato dall’attuale normativa italiana87

, è rientrata a pieno diritto tra i beni culturali fondamentali e per questo dev’essere tutelata, conservata e valorizzata in tutte le sue forme, ma come fare a darne testimonianza, come agire per fissare la sua transitorietà nelle sale di un museo? Si tratta di una domanda fondamentalmente ancora aperta, soprattutto viste le peculiarità della materia in questione: l’esposizione e l’esibizione del bene teatrale in Italia va indagata oggi quasi ex novo, per tentativi, in un approccio che non è dei più semplici e sul quale manca quasi totalmente una precisa riflessione critica supportata da bibliografia88.

Archivi e biblioteche teatrali sono diffusi, come si è visto, lungo tutto il territorio italiano, eppure non sempre bastano a dare risalto al patrimonio che custodiscono, si tratta infatti di contenitori per la tutela e la conservazione dei beni legati al mondo delle performing arts che non sono quasi mai in grado di ospitare spazi adeguati ad esporre questi oggetti, consentendone la giusta fruizione da parte del pubblico, solo pochissime delle istituzioni italiane mappate possono infatti essere considerate veri e propri spazi espositivi, ancor meno sono i musei. Per poter creare nuovi stimoli per la conoscenza del patrimonio dello spettacolo negli ultimi anni si sono aperte nuove vie, sia nell’ambito della catalogazione del materiale, che in quello della sua fruizione espositiva89

e si sono

87

Cfr. D.Lgs. 24 marzo 2006, n.156; D.Lgs 24 marzo 2006, n. 157; D.Lgs. 26 marzo 2008, n. 62; D.Lgs. 26 marzo 2008, n.63.

88

Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo. Musei e Mostre delle

Performing Arts, UniversItalia, Roma, 2013, premessa.

89

Maria Ida Biggi, Le mille e una scena. Musei e mostre dello spazio scenico, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. pp. 15-16.

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andati creando ponti di collegamento sempre più saldi tra gli archivi e le sale espositive, quando non si tratti addirittura dell’apertura di veri e propri musei90.

Dall’inizio del Novecento in Italia si è molto discusso riguardo le possibilità espositive del patrimonio culturale popolare, aprendo a più riprese interessanti discussioni in campo demologico e folklorico91, poco si è invece discusso riguardo l’esposizione museale del patrimonio dello spettacolo. Resta da chiedersi se sia possibile procedere alla musealizzazione del teatro seguendo i normali principi espositivi utilizzati per i museo demoentoatropologici ed etnografici e se anche l’arte scenica così come le tradizioni popolari, possa essere ricostruita e restituita al pubblico attraverso l’esposizione museale. Le testimonianze racchiuse nelle categorie fin qui descritte, dei beni teatrali, così come di quelli musicali, differiscono vistosamente dal vero atto di esecuzione e rappresentazione drammatica, come possono quindi, essere testimoni della performance e parlarne al visitatore? Per rispondere a questa domanda si deve sottolineare, una volta di più, l’importanza fondante per le arti sceniche, della loro transitorietà92. Tutto nell’arte performativa è basato sulla peculiarità dell’effimero, dell’estemporaneo e dell’irripetibile, principi imprescindibili che danno di volta in volta un valore unico allo spettacolo: ciò che avviene sul palcoscenico in un determinato istante è irripetibile ed inafferrabile. L’effimero, per ovvie ragioni non perdura e non si espone ma le testimonianze conservate nel corso della storia non possono che divenire materia di studio e musealizzazione teatrale fondamentale per testimoniare quanto di più intangibile sia accaduto nell’arte scenica a partire dai secoli più remoti fino alla più vicina attualità della messa in scena93

. Il desiderio conservativo, quello della raccolta e della collezione, è esistito fin dai tempi più remoti, come testimoniano le moltissime figure storiche di collezionisti privati e grandi appassionati d’arte, lo stesso è avvenuto fin dall’Umanesimo per quanto riguarda le testimonianze e i documenti dello

90

Tra gli esempi chiave italiani va citato il neonato MeMus, Museo del Teatro San Carlo di Napoli, legato a doppio filo al ricchissimo archivio del teatro, http://memus.squarespace.com/

91

Discussioni avviate a inizio Novecento da Lamberto Loria e Francesco Baldasseroni e riprese nei decenni successvi da Paolo Toschi. Cfr. Paolo Toschi, Saggi sull’arte popolare, Edizioni italiane, Roma, 1944; Alberto Maria Cirese, Oggetti, segni, musei. Sulle tradizioni contadine, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1977, p. 47.

92

Maria Ida Biggi, Le mille e una scena. Musei e mostre dello spazio scenico, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 16.

93

AA.VV., Atti del IX congresso internazionale delle biblioteche e musei delle arti dello spettacolo…cit. , pp. 5-6.

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spettacolo94, conservati anch’essi nel corso dei secoli con l’intento d’essere d’aiuto alla memoria ma anche e soprattutto di godere della bellezza delle loro forme estetiche95. Proprio questo gusto per il bello e per la memoria hanno permesso di far giungere fino a noi tutti i documenti teatrali che possediamo, e che, conservati di secolo in secolo, ci permettono di ripercorre lo storico mutamento per tappe dello sviluppo critico ed estetico dell’arte teatrale96.

«Lo spettacolo ha bisogno della propria memoria storica come ogni arte, perché soltanto conoscendo la propria storia si può avanzare, creare un’opera nuova e diversa e rifiutare quanto non si approva. Chi non conosce il proprio passato molto difficilmente potrà progredire.»97

Questo concetto formalmente chiaro ed efficace, funziona per ogni tipologia d’arte conservata ed esposta ma si fa complesso da attuare per la fugace arte del teatro; ogni singolo pezzo appartenente alle collezioni teatrali non riesce infatti a ricomporre in se la rappresentazione scenica ricordata, la sua totalità resta infatti irrimediabilmente snaturata da questo smembramento ed ogni reperto non fa che riportarne in luce una singola parte ormai totalmente sganciata dalla relazione d’insieme che ne determinava l’uso e la ragione artistica98

. Esporre quest’arte effimera, per quanto appena delineato, sembrerebbe dunque impossibile e deleterio per l’opera d’arte stessa se non fosse per la continua mutazione che anche l’esposizione museale ha accolto a cavallo tra vecchio e nuovo millennio99

. Il museo non è più da considerarsi soltanto come baluardo della tutela conservativa artistica o scientifica ma come istituzione mutevole ed in grado di trasformarsi in un luogo esperienziale per un pubblico che si fa via via più ampio; un luogo sempre più legato all’aggregazione sociale ed identitaria e alla crescita civile della società100.

L’istituzione museo sta, in questi anni, rimeditando le sue funzioni ed aggiornando la propria immagine, non limitandosi più a mostrare soltanto quanto contenuto nelle sue collezioni storiche ma

94

Ferruccio Marotti, Il Teatro italiano dall’Umanesimo al Settecento, in AA.VV., Atti del IX congresso

internazionale delle biblioteche e musei delle arti dello spettacolo…cit. , pp. 123-127.

95

Maria Ida Biggi, Le mille e una scena. Musei e mostre dello spazio scenico, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. pp. 14-15.

96 Ibidem. 97 Ivi, p. 17. 98 Ibidem. 99

Cfr. M.V. Marini Clarelli, Il museo nel mondo contemporaneo. La teoria e la prassi, Crocci, Roma, 2011. 100

AA.VV., Progettare il museo. Atti della V Conferenza Regionale dei Musei del Veneto, Padova, 24-25

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portando ad una sorta di narrazione del materiale posseduto101, inserendolo in un’ottica della comunicazione e dell’interattività. Ideare un museo o una mostra dedicati all’arte scenica non sarebbe possibile nei canoni classici della musealizzazione ma lo diviene oggi in un museo mutato secondo logiche moderne. L’esposizione museale avviene in genere in presenza di un determinato oggetto, esso dev’essere autentico e dare rappresentazione di quanto si vuole narrare102

; nelle esposizioni di teatro si dovrà invece imparare a variare la propria percezione riguardo l’autenticità dell’oggetto esposto, perché l’arte spettacolare non è riassumibile e riconducibile ad un oggetto tangibile nonostante ne abbia molti da mostrare103. La logica espositiva dovrà dunque evolvere, trovando un rimando alternativo attraverso il quale mediare ai significati dell’esposizione. Le esposizioni delle arti dello spettacolo ed i musei teatrali esistono e divengono plausibili nel momento in cui si abbandonano i criteri di museografia tradizionale ricorrendo ad una logica alternativa che permetta al visitatore di rivivere l’evento spettacolare nel suo insieme104

. Vista la mancanza di studi critici specifici riguardo l’allestimento delle performing arts, a venire in aiuto sono gli innumerevoli studi storici sulle esposizioni del folklore, le norme di allestimento e i criteri di ordinamento dei musei etnografici oltre, ovviamente alle nuove linee guida espositive per il patrimonio immateriale.

«I musei sono soggetti attivi nella costruzione della conoscenza: attraverso le collezioni essi sviluppano narrazioni culturali che producono un certo modo di vedere il passato e quindi il presente»105

Il centro di tutto diviene la narrazione culturale alimentata da linguaggi diversi: partendo dalla lingua scritta e orale si passa all’immagine fissa o in movimento tanto che l’oggetto si attesta per l’appunto quasi in posizione di secondo piano. Non è più il manufatto ad essere oggetto di specifico interesse nel museo dell’immateriale o dello spettacolo, ma la narrazione espressa, la quale dovrà essere in grado di suscitare interesse e curiosità nei visitatori portandoli ad emozionarsi e

101

Maria Ida Biggi, Le mille e una scena. Musei e mostre dello spazio scenico, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 15.

102 Ibidem. 103 Ivi, p. 17. 104 Ibidem. 105

Eilen Hooper-Greenhill, Museums and education: Purpose , Pedagogy, Performance, London-New York, 2007, p.2.

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sorprendersi106. Questa narrazione culturale va però mediata tramite il linguaggio proprio dei musei e non soltanto attraverso il linguaggio di quanto si vuole esporre.

«Il museo è altra cose della vita; è perciò assurdo volervela introdurre in modo immediato. Per aderire alla vita il museo non può copiarla, perché così riesce a darci solo quel che le figure di cera ci danno rispetto ai personaggi che pretendono di presentarci: mostruose contraffazioni, tanto più repulsive quanto maggiore è la pretesa di aderire all’originale […] Per aderire alla vita il museo deve trasporla nel proprio linguaggio e nella propria dimensione, creando un’altra vita che ha le proprie leggi forse omologhe a quelle della vita reale, ma comunque diverse da essa.»107

Escludere l’una o l’altra forma espressiva sarebbe letale per l’operazione di esposizione stessa108, in quanto la straordinarietà della documentazione non deve mai dimenticarsi il confronto materiale con le condizioni minime ed indispensabili necessarie al museo per esistere109. La narrazione dovrà quindi essere mediata dagli oggetti fisici e tangibili, stabilendo in linea generale e poi, caso per caso, la compresenza del linguaggio effimero dello spettacolo con quello materiale e tangibile dello spazio espositivo. Il museo, anche nel caso delle collezioni dello spettacolo, dovrà impegnarsi a svolgere le sue funzioni essenziali, come la sottrazione dal deperimento o alla dispersione e il prelevamento degli oggetti dai loro luoghi d’origine, al fine di ricollocarli, dopo averli identificati, schedati e catalogati per preservarne la storia e la provenienza110. Ogni oggetto legato alla storia dello spettacolo, ricollocato ed isolato dal suo contesto non è più un semplice oggetto in se ma diviene documento della sua stessa storia111. Un oggetto di scena qualunque, come una specchiera, un telefono o un semplice orologio, non sarà più quell’oggetto in sé, non solo perché muterà luogo e collocazione ma perché vedrà mutata la sua funzione e la sua relazione con chi lo osserva112. Crolla, attraverso questi passaggi di funzione, la pretesa, assurda, che le funzioni d’origine siano mantenute anche all’interno dell’esposizione, ma si raggiunge la finalità ultima di ogni museo: la memoria, l’attestazione più alta del ricordo. Il museo dello spettacolo, così come ogni altro museo legato alle tradizioni e alla ritualità, non vedrà al suo interno esposto alcun oggetto ma tanti documenti, diversi tra loro per modalità e funzione ma legati dalla volontà di documentare una storia generale, le

106

Daniela Perco, Musei etnografici e diversità culturale, in AA. VV., Oltre il silenzio delle cose.

Professionisti in dialogo per la comunicazione educativa dei musei, Atti della XV Giornata Regionale di studio sulla Didattica Museale, Regione Veneto, Venezia 2012, p. 124.

107

Alberto Maria Cirese, Oggetti, segni, musei… cit. p. 43. 108

Ivi, pp. 9-10. 109

Ibidem. 110

«Nessun museo può mai esistere senza prelevamenti o isolamenti di oggetti» Ivi, p. 11. 111

Ibidem. 112

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memorie di una singola personalità o uno spettacolo nello specifico. Si rende così sempre più evidente la netta distinzione tra i musei dell’effimero e quei musei che espongono, invece, opere nate con la funzione primaria di esposizione e mostra come quadri, sculture o fotografie, i quali, all’interno dello spazio espositivo, non si discostano di molto dalla loro funzione d’origine. Queste distinzioni sono tenute conto nella nuova museologia che si fa sempre più dettagliata e ormai sconfina al di là dei tradizionali limiti imposti dalle arti plastiche113.

L’oggetto/documento teatrale, esposto all’interno del museo, diviene nucleo centrale dalla narrazione culturale proposta al visitatore e, come in un film, gli oggetti/documenti si succedono seguendo un montaggio premeditato e studiato nel dettaglio dal curatore che ha optato per un determinato ordinamento ed un preciso allestimento delle opere esposte114. La narrazione della storia proposta dal curatore sarà per forza montata seguendo criteri che si servono, dunque, di materiali e oggetti alternativi rispetto a quanto si vuole mostrare, questi sono generalmente fotografie, video e frammenti audio, tutti pretesti tangibili per rimandare ad un significato altro115. Il curatore che si avvicini alla materia dello spettacolo teatrale e che si decida a farne un’esposizione temporale o un museo stabile, si vedrà proiettato in un progetto che non si discosta molto da quello che svolge ogni regista alle prese con una nuova messa in scena. Il teatro è l’arte viva per eccellenza, il museo per lungo tempo è stato considerato cosa morta116, un binomio, come si è visto, apparentemente imperfetto, una sfida avvincente. Per mostrare lo spettacolo, il curatore dovrà essere in grado di far rivivere, di fronte agli occhi dei visitatori, qualcosa che è andato irrimediabilmente perduto e non perdura che in alcuni (spesso pochissimi) oggetti117. Far percepire vive le testimonianze del passato è complesso e richiede maestria, il compito di quest’operazione non può esaurirsi nel raggruppamento degli oggetti per categorie più o meno omogenee (bozzetti con bozzetti, costumi con costumi, strumenti musicali con strumenti musicali) ma vi è la necessità che si operino scelte precise riguardo la trasposizione storica del materiale, la sua comprensione da parte del visitatore e la chiarezza più assoluta nell’intelligibilità più o meno profonda che ogni

113

Ivi, p.13. 114

Maria Ida Biggi, Le mille e una scena. Musei e mostre dello spazio scenico, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 16.

115

Ibidem. 116

Alberto Maria Cirese, Oggetti, segni, musei… cit. p. 37. 117

Donatella Gavrilovich, In mostra “Anime di stoffa”. Musei e mostre del costume, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. pp. 150-151.

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singolo documento porta con se118. Lo scopo della mostra o del museo dello spettacolo non dovrà essere di tipo naturalistico119, non dovrà cioè, ricostruire lo spettacolo ma evocarne lo spirito120, attraverso l’uso di elementi che si relazionino tra di loro in maniera eterogenea e dialogica in base al materiale disponibile e con linee chiare e comprensibili senza che vi siano inutili sovraffollamenti121. Il visitatore dovrà essere trasportato nella realtà onirica dello spettacolo, per riviverlo come esperienza sensoriale attraverso tutto ciò che componeva nel momento della messa in scena originale: suoni, parole, musiche, visioni, effetti luminotecnici, scansioni ritmiche e cambi di scena122. Sarà fondamentale, nell’esposizione teatrale, dare giusta collocazione agli oggetti/documenti tanto quanto lo sarà ridare espressione alle dimensioni più astratte: energia, ritmo, presenza, azione, mito, fenomeno sociale123; tutte queste sono parole che danno solo una vaga idea di quanti dati impalpabili compongano la totalità dello spettacolo, una totalità che il curatore museale che affronti questo tema, non potrà tralasciare. Esporre l’effimero significa dare nuova vita a materiali, oggetti, documenti, che lasciati nelle loro scatole e nei loro cassetti non troverebbero alcuna forza espressiva e finirebbero per non documentare più nulla. Creare una mostra dello spettacolo o allestire un museo dedicato all’arte dello spettacolo equivale ad un passaggio fondamentale dal principio di conservazione e tutela a quello di valorizzazione del patrimonio culturale, affinché esso sia fruibile dai visitatori e torni a farsi arte viva tra i vivi124.

118

Alberto Maria Cirese, Oggetti, segni, musei… cit. p. 43. 119

Ivi, p. 76. 120

Donatella Gavrilovich, In mostra “Anime di stoffa”. Musei e mostre del costume, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 152.

121

Alberto Maria Cirese, Oggetti, segni, musei… cit. p. 82. 122

Donatella Gavrilovich, In mostra “Anime di stoffa”. Musei e mostre del costume, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 152.

123

Paola Bertolone, In assenza. Musei e mostre del performer, in Paola Bertolone, Maria Ida Biggi, Donatella Gavrilovich, Mostrare lo Spettacolo...cit. p. 152.

124

AA.VV., Atti del IX congresso internazionale delle biblioteche e musei delle arti dello spettacolo…cit. , pp. 7-8.

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