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Come già affermato, il rapporto di McNay indica che l’obiettivo generale dell’esercizio, ossia lo stanziamento dei fondi, riscuote l’approvazione generale da parte degli istituti. Tuttavia, è interessante studiare la possibile esistenza di ragioni ulteriori che spieghino un atteggiamento positivo degli istituti nei confronti del RAE e di eventuali aspetti del RAE che sono considerati negativi. Una questione particolare riguarda l’eventualità di considerare l’esercizio come strumento, per contribuire allo sviluppo della qualità della ricerca all’interno degli istituti.

Fatta eccezione per il supporto generale manifestato nei confronti dell’esercizio, lo studio di McNay rivela opinioni differenti circa il RAE, espresse a livelli diversi all’interno delle università e anche in dipartimenti differenti.

A livello istituzionale, esiste un’accettazione quasi unanime dell’esercizio, visto come sistema per la distribuzione condizionale dei fondi della ricerca e ciò è considerato di notevole importanza per l’esercizio. I dati provenienti dagli 88 istituti che hanno risposto hanno mostrato che, mentre il 37,5% considerava il sistema buono e appropriato in generale, la percentuale restante esprimeva osservazioni critiche nei confronti dell’esercizio del 1992. McNay ha scoperto che l’atteggiamento degli istituti verso l’esercizio, fino ad un certo punto, dipendeva dagli introiti provenienti dalle fonti di finanziamento. La crescita di tali fonti avrebbe dovuto provocare una preoccupazione minore mentre, al contrario, la riduzione dei finanziamenti potrebbe condurre ad un approccio negativo verso l’esercizio di valutazione.

Un altro impatto importante è rappresentato dal fatto che il RAE conferisce/conferma lo status delle università e rende più visibile il profilo della ricerca. Per le università consolidate, il principale effetto positivo del RAE, oltre all’aumento dello status e del profilo della ricerca, consisteva nel sostegno a strategie chiare di ricerca, una maggiore responsabilità, migliore gestione e supporto e maggiore trasparenza nello stanziamento dei fondi. Sembra che ci sia anche sostegno per il concetto che il RAE abbia migliorato la qualità della ricerca. Tuttavia la maggior parte degli esempi forniti dagli istituti sono stati relativi ai miglioramenti apportati nella qualità della ricerca. Si è mostrato anche un atteggiamento alquanto positivo da parte dell’organico amministrativo rispetto al corpo accademico.

Tra i 153 capi dipartimento delle 15 università, analizzate nello studio di McNay’s, il 60% ha dimostrato atteggiamenti positivi nei confronti del RAE, (università “vecchie” il 50%), il 23%

atteggiamenti negativi, ma soltanto pochi ne hanno proposto l’abolizione. Le opinioni differivano a seconda delle votazioni ottenute. Il 56% dei capi dipartimento che ha ottenuto una votazione da 4 a 5, ha considerato positivo l’impatto del RAE sulla ricerca. I dipartimenti con votazioni 1, 2, o non sottoposte all’esercizio, hanno espresso l’atteggiamento più positivo nei confronti del RAE (69%), mentre meno positivi si sono dimostrati i dipartimenti con una votazione di 3 (44%).

Il corpo accademico si è dimostrato il gruppo più critico verso il RAE. L’indagine di McNay, svolta sull’organico esistente, non ha espresso alcun genere di sostegno nei confronti del RAE stesso, in particolare nelle università vecchie. Il 30% ha affermato, di comune accordo, che il RAE ha sortito un effetto positivo sulla qualità della ricerca, mente il 31% è stato fermamente contrario a tale opinione. Tuttavia, alcune opinioni critiche potrebbero essere state rivolte alla questione dei limitati finanziamenti per la ricerca, piuttosto che al RAE in quanto tale.

Il rapporto di McNay rivela punti di vista positivi e negativi circa il RAE e le proposte di cambiamento; tuttavia il rapporto non prende in esame le opinioni espresse dagli istituti e dal personale circa “l’obiettività” dell’esercizio stesso. Sono emerse, in modo indiretto, alcune opinioni su tale questione, osservando gli effetti che si sono ripetuti e le proposte di cambiamento avanzate per l’esercizio 2001.

Nel corso delle interviste presso le tre università prese a campione sono stati espressi appena alcuni punti di vista negativi sul RAE e gli istituti hanno espresso una soddisfazione generale con il collegamento tra finanziamenti e qualità. Uno degli istituti ha evidenziato che ciò potrebbe essere stato causato, in parte, dal fatto gli atenei si sono dimostrati efficienti all’interno del sistema.

Oltre all’aspetto dei finanziamenti, la reputazione guadagnata dalla classifica pubblica è stata considerata di notevole importanza poiché ha contribuito ad attrarre migliori studenti e fondi esterni di ricerca. L’atteggiamento positivo nei confronti dell’esercizio sarebbe, in generale, dovuto essere condiviso dal corpo accademico degli atenei, in quanto forniva una base migliore per la ripartizione dei fondi della ricerca.

In conformità ai risultati ottenuti dal Professor McNay, tutti gli istituti hanno considerato il RAE come un fattore importante per la gestione dell’università. A York l’impatto del RAE è stato giudicato di notevole portata sullo sviluppo dell’università e, in particolare, della gestione universitaria, sebbene non si sia dimostrato l’unico fattore. Tra gli altri fattori riscontrati, l’università ha considerato estremamente importante anche il TQA. L’UCL ha evidenziato che l’esercizio migliora la gestione strutturale della ricerca e incoraggia un preciso approccio mirato alla ricerca all’interno dell’istituto. L’Imperial ha sostenuto tale opinione affermando che il RAE offre un pretesto esterno per la gestione qualitativa all’interno dell’istituto. Tutte le università hanno adottato strategie che mirano ad ottimizzare le votazioni da loro ottenute nel RAE e l’Imperial ha calcolato anche la prestazione futura del suo istituto, paragonandola a quella delle vecchie università ai primi posti della classifica.

Mentre tutte le università hanno espresso un atteggiamento positivo nei confronti del supporto al RAE per la strutturazione della gestione universitaria, esse hanno anche concordato sul fatto che il RAE non ha apportato grossi miglioramenti alla qualità della ricerca.

In tutti gli istituti, le strutture per mantenere la qualità hanno avuto una base di natura interna. Poiché i sistemi di garanzia della qualità sono stati considerati validi anche senza la

conduzione del RAE, l’Imperial e York non avrebbero notato alcuna ragione di esistenza del RAE, se esso non fosse stato collegato alla ripartizione dei finanziamenti. L’UCL, tuttavia, ha sostenuto che il RAE avesse un obiettivo, persino in caso di assenza di collegamento con i finanziamenti, proprio in virtù del supporto offerto alle strutture di gestione interna. Gli istituti e i dipartimenti intervistati hanno considerato l’esercizio alquanto “oggettivo”, sebbene uno di loro abbia anche affermato che i risultati ottenuti potrebbero essere stati influenzati dalla strategia adottata.

Come nel rapporto di McNay e nell’indagine condotta dall’HEFCE, l’indagine campionaria non ha rivelato alcun sostegno valido ai sistemi alternativi di finanziamento. Tuttavia, un’idea espressa si basava sul fatto che il compito di distribuire i fondi può essere eseguito dai consigli di ricerca, sulla base delle applicazioni. I consigli di ricerca svolgono già un ruolo nel processo di valutazione delle applicazioni e di stanziamento del denaro per la ricerca.