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Atti auto ed eteroaggressivi del paziente e contenuto degli obblighi del medico

3. LA POSIZIONE DELLO PSICHIATRA TRA ISTANZE

3.1. G LI OBBLIGHI GIURIDICI GRAVANTI SUL MEDICO PSICHIATRA

3.1.3. Atti auto ed eteroaggressivi del paziente e contenuto degli obblighi del medico

A differenza della giurisprudenza, parte della dottrina130 – seppur con argomentazioni diverse sotto alcuni profili – distingue il contenuto degli obblighi gravanti sul terapeuta proponendo soluzioni differenti a seconda che sussista un rischio di condotte autoaggressive o eteroaggressive. In questo senso, mentre si propende tendenzialmente per l’ammissibilità di obblighi d’impedimento dei gesti autolesivi del paziente, si escludono compiti volti al contenimento di quelli eteroaggressivi. Questa impostazione concettuale è argomentata sulla

129 MARRA G. - PEZZETTO S., La responsabilità dello psichiatra nella

giurisprudenza successiva alla legge n. 180 del 1978, p. 1436. Gli Autori

precisano: “Si è soliti affermare che il folle non agit sed agitur, e non pare proprio che il più delle volte il suo gesto omicida sia frutto di una libera scelta del malato di mente (nella cronaca risultano numerosi i casi in cui lo schizofrenico ha agito sospinto dalle c.d. in termini medici, ‘allucinazioni uditive imperative’, a cui non può resistere).”

130 BRICOLA F., La responsabilità penale dell’operatore di salute mentale:

profili penalistici generali, cit., pp. 137 ss.; FIANDACA G., Problemi e limiti

della responsabilità professionale dello psichiatra, cit., c. 110; INSOLERA G.,

Brevi considerazioni sulla responsabilità penale omissiva dello psichiatra,

cit., p. 776; GARGANI A., La congenita indeterminatezza degli obblighi di

protezione: due casi “esemplari” di responsabilità ex art. 40 comma 2 c.p.,

cit., p. 1401; ANZILOTTI S., La posizione di garanzia del medico. Uno studio giuridico, bioetico e deontologico, cit., pp. 216 ss.

base del convincente rilievo che la tutela della salute del malato incapace di autodeterminarsi debba a fortiori implicare la tutela della sua vita ed incolumità fisica131.

Alla luce di quanto si è detto finora, le argomentazioni a supporto dell’inclusione, tra gli obblighi dello psichiatra, di quelli volti a proteggere l’incolumità fisica del paziente, sono sicuramente condivisibili. Di conseguenza si può ritenere che “l’omissione di cautele idonee a prevenire un danno prevedibile ex ante e in concreto (in base alla riconoscibilità e specificità della situazione di pericolo) alla vita o all’integrità fisica del paziente o l’applicazione di misure incongrue o insufficienti (sotto il profilo della prevenzione: culpa in

vigilando o in eligendo), potrà – in caso di suicidio del paziente e di

accertamento del relativo nesso causale – fondare la responsabilità colposa (rispettivamente omissiva impropria o commissiva) dello psichiatra”132.

Non convincono invece le argomentazioni volte ad escludere aprioristicamente dai doveri dello psichiatra anche il contenimento delle condotte eteroaggressive. Si è argomentato in proposito: “La posizione di protezione, ricollegandosi all’obbligo terapeutico, non appare in grado di giustificare un intervento psichiatrico volto alla prevenzione e neutralizzazione dei comportamenti irregolari del paziente, ma sembra giustificare semmai un’assistenza che all’interno della terapia cerchi di contenere quelle angosce psichiche che possono essere anticamera di agiti aggressivi o violenti da parte del paziente” e che la responsabilità del medico non possa chiamata in causa in relazione al comportamento illecito del paziente in sé dal momento che “l’atto etero-lesivo viene senz’altro in rilievo nella prospettiva di cura

131 Contra in giurisprudenza la posizione minoritaria di Trib. Brindisi, 5 ottobre 1989, Rui ed altri, in Foro it., II, 1990, 273, in cui si esclude la sussistenza di una posizione di garanzia anche rispetto a comportamenti autolesivi del paziente.

132 GARGANI A., La congenita indeterminatezza degli obblighi di protezione:

della persona, ma quale manifestazione della malattia per cui il paziente ha chiesto di essere aiutato” con la conseguenza che “l’omissione del medico per inosservanza dei doveri di cura può essere fonte di responsabilità unicamente in relazione alle conseguenze negative che ha prodotto sulla salute e sul benessere psico-fisico del paziente.”133 Assodato che determinati comportamenti aggressivi possono costituire l’estrinsecazione sintomatica della patologia mentale 134 , non si comprende come si possa ritenere che un’inosservanza dei doveri di cura che si traduca, per esempio, in un incremento o nel mancato contenimento dell’aggressività del paziente, non abbia una conseguenza negativa sulla salute e sul benessere psicofisico del paziente. Fermo restando la necessità di accertare la sussistenza di un effettivo nesso causale tra la condotta colposa del terapeuta e il verificarsi dell’evento lesivo (e chiaramente degli altri elementi costitutivi del reato), non si vede perché debba escludersi la responsabilità (anche di carattere penale) del medico in relazione a quell’evento. S’ipotizzi, per esempio, che il terapeuta abbia effettuato una prescrizione farmacologica in palese violazione delle leges artis o che l’abbia interrotta ex abrupto determinando un incremento dell’aggressività. Non sembra che la circostanza che il paziente abbia direzionato la vis aggressiva nei propri confronti (commettendo atti autolesivi o suicidandosi) oppure verso terzi (commettendo lesioni o omicidi) cambi i termini della questione della responsabilità penale del professionista.

133 Così: DODARO G., Posizione di garanzia degli operatori dei servizi

psichiatrici per la prevenzione di comportamenti auto o etero-aggressivi del paziente. Gli orientamenti della giurisprudenza penale (1978-2010), cit., p.

57.

134 Si rileva in dottrina come sussistano casi di omicidio o di altri delitti violenti determinati da cause psicopatologiche suscettibili di essere accertate nella situazione concreta: GATTI U.-TRAVERSO G.B., Malattia mentale e

omicidio. Realtà e pregiudizi sulla pericolosità del malato di mente, in Rass. it. crim., 1979, 10, pp. 77 ss.

A queste considerazioni si aggiunge la perplessità –manifestata peraltro dalla stessa dottrina135 che teorizza il diverso atteggiarsi della responsabilità del medico nelle ipotesi di atti auto ed eteroaggressivi – riguardo alla possibilità di delimitare nettamente il confine (sia a livello fenomenico che diagnostico) tra auto ed eteroaggressività. Si è, infatti, rilevato nella letteratura psichiatrica come una simile distinzione finisca per essere artificiosa e priva di riscontri clinici e nosografici “in quanto l’auto e l’etero-aggressività possono essere le due manifestazioni della stessa realtà psicologica.”136

In conclusione si può ritenere che lo psichiatra sia gravato da una posizione di garanzia del tipo di protezione e che questa, nell’ambito del percorso terapeutico, non solo giustifichi, ma anche imponga il ricorso a mezzi di contenimento dell’aggressività del paziente (sia nei propri confronti sia in quelli di terzi), purché il comportamento lesivo si atteggi come manifestazione della patologia psichica per la quale il paziente sia in cura (volontaria o obbligatoria)137 .

135 FIANDACA G., Problemi e limiti della responsabilità professionale dello

psichiatra, cit., c. 110.

136 REALDON A., Malati di mente e ricovero coatto, in Riv. it. med. leg., 2, 1980, p. 916.

137 In riferimento agli atti eteroaggressivi: ARIATTI R.-VERSARI M.- VOLTERRA V., Responsabilità professionale dello psichiatra operante nel servizio sanitario nazionale, in Psichiatria forense, criminologia ed etica psichiatrica, VOLTERRA V. (a cura di), Milano, 2010, p. 578.

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