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La fase della “metabolizzazione” della riforma Basaglia da parte delle Corti: il frequente ricorso alle fattispecie dolose

2.4. L E LINEE EVOLUTIVE DELLA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ PENALE DELLO PSICHIATRA

2.4.2. La fase della “metabolizzazione” della riforma Basaglia da parte delle Corti: il frequente ricorso alle fattispecie dolose

Innanzi tutto occorre premettere come l’ambito della responsabilità professionale medica (cui ovviamente non si sottrare la responsabilità dello psichiatra), sia dominato dalla responsabilità colposa, che si radica nella produzione di un danno per imprudenza, imperizia, negligenza, ovvero per inosservanza di regolamenti, ordini e discipline (art. 43 c.p.). La responsabilità del medico, infatti, trae la sua origine da un’errata applicazione delle regole di tecnica medico-chirurgica nell’ambito delle attività di diagnosi e cura, da cui derivi una lesione dell’integrità psicofisica del paziente o la sua morte.

In sede penale si registrano essenzialmente due filoni giurisprudenziali in materia di responsabilità professionale dell’operatore psichiatrico. Il primo riguarda l’ipotesi in cui allo psichiatra sia contestata la responsabilità per aver agevolato o non aver

90 FIANDACA G., Responsabilità penale dell’operatore di salute mentale: i

impedito il suicidio del paziente; il secondo concerne invece l’omesso impedimento o l’agevolazione della commissione di atti eteroaggressivi da parte del malato.

Le fattispecie che più frequentemente sono state invocate ai fini dell’incriminazione del medico psichiatra sono: omissione di soccorso (art. 593 c.p.); abbandono di persone incapaci (art. 591 c.p.); omissione o rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 c.p.); lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e omicidio colposo (art. 589 c.p.).

Nonostante – come si è detto – la responsabilità medica sia regno della responsabilità colposa, soprattutto nei periodi immediatamente successivi alla riforma Basaglia (durante la fase della metabolizzazione a livello dottrinale e giurisprudenziale del nuovo assetto legislativo) non sono mancate pronunce in cui sia stata chiamata in discussione una responsabilità di carattere doloso per le fattispecie di omissione di soccorso e abbandono di persone incapaci.

L’omissione di soccorso 91 non presuppone ovviamente l’insaturazione di alcun rapporto terapeutico medico-paziente ed è stata talora invocata in associazione o in alternativa alla fattispecie di cui all’art. 328 c.p., nell’ipotesi di omissione o rifiuto di un ricovero ospedaliero. Si è rilevato in dottrina come, le pur rare ipotesi in cui possa astrattamente ipotizzarsi l’integrazione di questa fattispecie, ricadano – contrariamente rispetto a quanto possa ipotizzarsi a prima lettura dell’articolo – nell’ambito dall’art. 593, comma 2, e non del

91 Art. 593 c.p. Omissione di soccorso. 1. Chiunque, trovando abbandonato

o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro. 2. Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'autorità. 3. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

primo comma dello stesso92. Il primo comma, infatti, sanziona una tipologia unica di condotta (quella di qualsiasi cittadino che ometta di dare immediato avviso all’Autorità nei casi menzionati dall’articolo, tra cui quello in cui la persona bisognosa di soccorso appaia essere un malato di mente) e non impone al cittadino (medico o meno che sia) alcun comportamento specifico. Il secondo capoverso impone, invece, di fornire alla persona in pericolo “l’assistenza occorrente”: la giurisprudenza consolidata ritiene necessario commisurare quest’ultima alla capacità tecnica detenuta o presunta del soccorritore (o del mancato tale), con la conseguenza che possa ritenersi doveroso un intervento qualificato da parte del medico psichiatra eventualmente imbattutosi nella persona bisognosa di assistenza 93.

Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci94 (tra le quali certamente possono rientrare gli infermi di mente) può configurarsi, a differenza della fattispecie appena considerata, solo in seguito all’instaurazione di una relazione terapeutica95. Tale reato può ipoteticamente essere integrato dalla dolosa interruzione dell’assistenza necessaria al proprio paziente da parte dello psichiatra o dall’omissione delle cautele necessarie ad evitare lo stato di

92 Cfr. MANACORDA A., Lineamenti per una riflessione sulla responsabilità

penale dell’operatore di salute mentale, cit., pp. 30 ss.

93 MANACORDA A., ivi.

94 Art. 591 c.p. Abbandono di persone minori o incapaci. 1 Chiunque

abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. 2 Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro. 3 La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte. 4 Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.

95 In senso critico rispetto al ricorso a questa fattispecie nell’ipotesi in cui non si sia instaurato alcun rapporto terapeutico: INSOLERA G., Brevi

considerazioni sulla responsabilità penale omissiva dello psichiatra, cit., p.

779 in riferimento a Trib. Perugia, 20 ottobre 1986, MANUALI ed altri, in Foro it., 2, 1988, pp. 107 ss.

abbandono, con la consapevolezza e l’accettazione del pericolo che possa derivarne96 (il coefficiente psichico si connoterebbe in tal caso in termini di dolo eventuale). Il ricorso a questa fattispecie, pur nei limitati casi in cui possa configurarsi, consente in sostanza un’anticipazione della tutela del malato psichiatrico rispetto alle ipotesi colpose, giacché sanziona la condotta di abbandono ancor prima (e a prescindere) dal verificarsi di un evento lesivo. Al medesimo risultato si perviene ricorrendo alla fattispecie di omissione o rifiuto di atti d’ufficio97 . La sua configurabilità deriva dalla natura pubblica del servizio d’igiene mentale, discendente dalla sua originaria connotazione quale servizio psichiatrico della provincia, confermata dall’inquadramento nell’ambito dei servizi psichiatrici delle USL (in seguito trasformate in ASL). In capo ai sanitari operanti nelle strutture del servizio pubblico sussiste, infatti, la titolarità di obblighi d’intervento finalizzati alla tutela della salute individuale e collettiva. Le ipotesi in cui è stata più frequentemente invocata la fattispecie di cui all’art. 328 c.p. sono quelle concernenti il rifiuto opposto dal sanitario al ricovero coattivo richiesto dal paziente stesso o (come capita con maggiore frequenza) dai suoi familiari. Il reato in questione non può ovviamente essere integrato laddove il medico eserciti privatamente la propria professione.

L’impostazione giurisprudenziale tendente ad indagare la posizione dell’operatore di salute mentale in termini di responsabilità dolosa è

96 Cfr. MARRA G. - PEZZETTO S., La responsabilità dello psichiatra nella

giurisprudenza successiva alla legge n. 180 del 1978, cit., 1436.

97 Art. 328 c.p. Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione. 1 Il pubblico ufficiale o

l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. 2 Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

stata ben presto abbandonata in favore della teorizzazione di una responsabilità di carattere colposo: questa transizione si è intrecciata con la suddetta adozione di un atteggiamento più rigido da parte delle Corti nei confronti della categoria medica de qua. È, infatti, abbastanza difficile riscontrare nella pratica terapeutica un atteggiamento che sia correttamente qualificabile in termini di dolo e l’impiego della “scorciatoia concettuale” del dolo eventuale genera non di rado perplessità in virtù del suo labile confine con la nozione di colpa cosciente98. Il ricorso alle fattispecie di lesioni colpose e di omicidio colposo, pur non consentendo l’anticipazione della soglia della tutela implicata dai reati dolosi menzionati, può invece condurre con maggiore facilità (dal punto di vista probatorio) ad un esito di condanna.

2.4.3. La responsabilità colposa del terapeuta e la clausola

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