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I rilievi della dottrina: la creazione giurisprudenziale di un modello d’imputazione fondato sull’omessa minimizzazione del

U., Il trattamento del malato di mente e la legge 180/78: aspett

3.3. L E DIFFICOLTÀ PROBATORIE NELL ’ ACCERTAMENTO DEL NESSO DI CAUSALITÀ

3.3.2. I rilievi della dottrina: la creazione giurisprudenziale di un modello d’imputazione fondato sull’omessa minimizzazione del

rischio

La giurisprudenza in materia di responsabilità penale dello psichiatra è stata oggetto di aspre critiche da parte della dottrina, la quale ha contestato alle Corti di aver provocato una flessibilizzazione degli istituti classici del diritto penale, in particolare in riferimento al nesso di causalità, creando un modello di imputazione fondato sull’omessa minimizzazione del rischio, e di aver sviluppato delle GIUSTI G., La responsabilità civile e penale dello psichiatra, in FERRACUTI

(a cura di), Trattato di criminologia, medicina criminologia e psichiatria

forense, vol. XIV, Milano,1989, pp. 57 ss.

214 JOURDAN S., La responsabilità dello psichiatra per le azioni violente

compiute dal paziente: prevedibilità dell’evento e possibilità di evitarlo, cit.,

conclusioni in contrasto con il principio “dell’al di là di ogni ragionevole dubbio”215.

La circostanza che la condotta dello psichiatra s’innesti in un quadro preesistente già connotato da un elevato fattore di rischio (che l’operato del medico non riesce a neutralizzare e contenere efficacemente) ha determinato nella dottrina l’impressione che “il comportamento del medico, lungi dall’esplicare una efficacia eziologica esclusiva, si pone quale concausa dell’evento morte (unitamente alla patologia di cui il paziente è affetto), sicché, di frequente, la rilevanza causale finisce per misurarsi solo in relazione all’anticipazione dell’evento, comunque inevitabile.” 216

La criticità nell’impostazione concettuale riscontrabile in molti commenti in materia di responsabilità penale dello psichiatra – che conduce ad affermare che l’imputazione di responsabilità sia fondata sull’omessa minimizzazione del rischio – coinvolge il problema relativo alla c.d. descrizione dell’evento colposo e l’alternativa tra l’evento concreto storicamente verificatosi ed evento del medesimo

215 In questo senso: MASPERO M., Mancata previsione di evento suicidiario e

responsabilità dello psichiatra: creazione di un "Fuzzy set” o rivelazione di un ossimoro?, cit., p. 914. Sul fondamento e l’imprescindibilità di tale

principio vd. STELLA F., Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime , Milano, 2001, p. 96 ss.

216 CUPELLI C., La responsabilità penale dello psichiatra. Sui rapporti tra

obblighi impeditivi, consenso e regole cautelari, cit., p. 27; il quale riporta le

parole di FIANDACA G., Riflessioni problematiche tra causalità e

imputazione obiettiva, in Ind. pen., 2006, p. 961: “il medico che omette il

trattamento corretto si trova in una posizione comparativamente simile più a quella di chi fa venir meno il necessario soccorso (sia pure nei termini di un’omissione di soccorso “qualificata”), che non a quella del soggetto che ha veramente “in mano” il decorso causale che crea il rischio che si concretizza nell’evento. Il medico dunque, lungi dal creare il rischio che minaccia di tradursi in danno, si limita a non neutralizzare o ridurre un pericolo già esistente: ecco che allora, sotto questa angolazione visuale, la relazione tra omissione ed evento sembra più propriamente strutturarsi secondo il modello della mancata diminuzione del rischio di verificazione dell’evento o del mancato accrescimento delle “chances” di sopravvivenza del bene giuridico.”

genere di quello prodottosi217. Si riscontra, infatti, non di rado il riferimento al tipo di evento (astratto o in genere) e non a quello concretamente realizzatosi, con l’inevitabile conseguenza di sminuire l’efficienza causale della condotta del terapeuta, giacché – specie nell’ipotesi di un quadro clinico particolarmente grave – risulta sempre possibile ritenere che l’evento lesivo potesse comunque verificarsi in un altro momento o con altre modalità e dunque ritenere esclusa l’efficienza causale dell’azione o dell’omissione colposa dello psichiatra 218.

Una simile impostazione è stata talora discutibilmente impiegata dalla stessa giurisprudenza per escludere il nesso di causalità. Si può fare riferimento, per esempio, alla sentenza del Trib. Ravenna, Sez. dist., Faenza, 29 settembre 2003, Mura e Melella219, in cui è stato escluso il nesso eziologico tra la concessione (da parte di due medici responsabili di una clinica) ad un paziente a rischio suicidario del permesso di uscire da solo dalla struttura di ricovero volontario (benché tale permesso fosse stato sospeso qualche settimana prima) e il successivo suicidio dello stesso, sulla base dell’argomentazione che, in vista del particolare tipo di patologia, il gesto suicidario avrebbe

217 FORTI G., La descrizione dell’«evento prevedibile» nei delitti colposi: un

problema insolubile?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1983, pp. 1559 ss.

218 MASPERO M., Mancata previsione di evento suicidiario e responsabilità

dello psichiatra: creazione di un "Fuzzy set” o rivelazione di un ossimoro?,

cit., p. 941 ss. L’Autore argomenta: “La paziente avrebbe ben potuto tentare il suicidio anche buttandosi sotto la prima macchina che passava per la strada, se questo era nel suo intento; e all’interno della struttura avrebbe certamente trovato altri modi per suicidarsi, magari in un momento precedente a quello che poi è risultato fatale, magari immediatamente dopo aver ricevuto il diniego ad uscire dalla clinica. Ecco perché non c’è nessuna correlazione causale tra l’autorizzazione ad uscire dalla clinica e l’evento suicidario verificatosi, proprio perché non esiste alcuna legge statistica che possa mettere in correlazione, e con alto grado di probabilità questi due elementi.” Contra in dottrina: FIANDACA G., nota a Trib. Ravenna, 29

settembre 2003, in Foro it., 2004, 2, c. 566. DODARO G., Posizione di garanzia degli operatori dei servizi psichiatrici per la prevenzione di comportamenti auto o etero-aggressivi del paziente. Gli orientamenti della giurisprudenza penale (1978-2010), cit., p. 43.

comunque potuto essere facilmente portato a termine anche all'interno della struttura sanitaria o con altre modalità.

La possibilità che l’evento lesivo, come per esempio il suicidio del paziente, fosse comunque destinato a realizzarsi (stante la probabile reiterazione dell’insano gesto da parte di chi l’abbia già tentato, come affermato dalla letteratura scientifica in materia) non interferisce con l’efficienza causale della condotta colposa del terapeuta, poiché ragionando in questi termini si finirebbe per avvallare “una aprioristica inefficienza di qualsiasi strumento di tutela e prevenzione e da ciò l’ineluttabilità dell’evento”220. La sussistenza di un nesso eziologico, infatti, non va indagata in relazione alla generica categoria degli “eventi suicidari” in tutte le loro possibili estrinsecazioni fattuali, ma in relazione a quello specifico evento221, in quella determinata situazione fattuale. Ragionando diversamente non si terrebbe mai conto della possibilità che in concreto, in taluni casi, una condotta alternativa esigibile e possibile da parte del medico avrebbe potuto evitare con una probabilità prossima alla certezza il verificarsi di uno specifico evento lesivo.

L’esito finale dell’impostazione concettuale in questa sede non condivisa sarebbe quello di sancire una sostanziale irresponsabilità penale del medico per gli atti lesivi del paziente proprio in quei casi in cui gli stessi si configurano come particolarmente probabili e suscettibili di reiterazione, ossia – paradossalmente – esattamente in quelle ipotesi in cui l’elevato rischio avrebbe dovuto “mettere in

220 Così: Trib. Como, 13 novembre 2000, n. 2831/00, cit., p. 911. Il giudice argomenta giustamente: “Se così fosse avrebbe poco senso il ricovero in una clinica privata, come in qualsiasi altra struttura sanitaria: se la degenza fosse servita solo alla somministrazione dei farmaci e alla socializzazione della paziente, nulla avrebbe impedito a quest’ultima di provvedere a ciò, nel proprio domicilio conseguendo il duplice vantaggio di una adeguata tutela per la propria incolumità, anche ad opera dei familiari, e di risparmio economico non indifferente.”

221 In questo senso: FIANDACA G.-MUSCO E., Diritto penale. Parte generale, cit., p. 104.

guardia” il terapeuta affinché questi apprestasse cautele idonee ad evitare l’evento lesivo.

3.3.3. Il problema della concausalità nella produzione dell’evento

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