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Responsabilità omissiva e posizione di garanzia

3. LA POSIZIONE DELLO PSICHIATRA TRA ISTANZE

3.1. G LI OBBLIGHI GIURIDICI GRAVANTI SUL MEDICO PSICHIATRA

3.1.1. Responsabilità omissiva e posizione di garanzia

È difficile riuscire a rendere l’idea della densità problematica e delle contraddittorietà insite nella posizione dello psichiatra come Franco Basaglia, il quale osserva con amarezza: “quando il malato è legato lo psichiatra è libero; quando il malato è libero lo psichiatra è legato”99.

Ritorna costantemente nell’analisi il tema della libertà, cui si è fatto riferimento in apertura del lavoro, e che pervade trasversalmente ogni discorso in materia psichiatrica. La risposta che si voglia dare all’interrogativo concernente il contenuto della posizione di garanzia gravante sul terapeuta ha indiscutibili ricadute tanto sulla libertà del medico, quanto su quella del paziente. Difatti, ritenendo che tale posizione implichi anche compiti di controllo, si giungerebbe all’ampliamento della libertà di azione del medico. La dilatazione del confine della legittimità della sua sfera operativa potrebbe tuttavia tradursi in una limitazione dell’area di libertà del paziente. È di conseguenza discutibile la tesi, sostenuta un tempo soprattutto dagli psichiatri100, che riteneva che il ricovero coattivo dell’infermo di mente coinvolgesse esclusivamente l’art. 16 Cost.101 (relativo alla libertà di

99 BASAGLIA F., Conversazione: A proposito della nuova legge 180, in

Scritti. Vol. II, 1968-1980, Torino, 1982.

100 PORTA V., L’ammissione negli ospedali psichiatrici, in Atti del convegno

nazionale di studi per la riforma della legislazione sugli ospedali psichiatrici, cit., p. 347.

101 Art. 16 Cost.: “1. Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente

soggiorno e circolazione). Un ruolo di assoluta centralità è invece ricoperto dal diritto di libertà personale di cui all’art. 13 Cost.102, come giustamente rilevato dalla dottrina103.

Occorre dunque interrogarsi sulla persistenza di compiti o funzioni di controllo in capo al terapeuta. Al fine di pervenire ad una soluzione il più scevra possibile da connotazioni ideologiche, è opportuno premettere la necessità di evitare di ricondurre qualsiasi forma di sorveglianza all’abiurata espressione “custodialismo” e di prendere atto della configurabilità di forme di controllo/sorveglianza differenti (soprattutto per le finalità oltre che per le modalità) rispetto a quelle su cui si reggeva l’approccio terapeutico precedente alla riforma104.

stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. 2. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.

3. Ogni cittadino è libero di uscire dai territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.”

102 Art. 13 Cost.: “1. La libertà personale è inviolabile. 2. Non è ammessa

forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. 3. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. 4. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. 5. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.”

103 ROMANO M.-STELLA F., Ricoveri, dimissioni e trattamento terapeutico

dei malati di mente: aspetti penalistici e costituzionali, cit., pp. 400 ss.

104 La giurisprudenza denuncia talora i rischi insiti in un acritico abbandono alle istanze libertarie: “Deve allora concludersi che nel caso di specie, nel ripudiare il custodialismo estremo, l’imputato sia caduto nell’eccesso contrario, in un liberismo cioè sproporzionato ed intempestivo e che così facendo abbia, violando la regola cautelare di condotta, agevolato la verificazione dell’evento e aggravato i rischi per l’incolumità della paziente.” (Trib. Como, 13 novembre 2000, n. 2831/00 in Riv. it. med. leg., 2002, pp. 913). Nello specifico si controverteva sulla responsabilità per omicidio colposo del medico psichiatra che aveva autorizzato l’uscita dalla clinica di una paziente ricoverata in trattamento sanitario volontario, affidandola ad un’assistente cui non era stata fornita alcuna previa informazione sui pregressi tentativi di suicidio delle degente: alla decisione del medico era tragicamente seguito il suicidio della donna tramite defenestrazione dalla casa dell’operatrice volontaria cui era stata affidata.

Innanzitutto occorre specificare come sia possibile parlare di posizione di garanzia esclusivamente con riferimento alle ipotesi di responsabilità omissiva.

Il reato omissivo si sostanzia nel mancato compimento di un obbligo imposto a livello legislativo. L’omissione giuridicamente rilevante è un concetto di carattere normativo, essendo identificabile e percepibile solamente in relazione ad una norma giuridica che prescriva un’azione connotata da doverosità 105 : la causalità dell’omissione non consiste in altro che in un “equivalente normativo” di un rapporto causale vero e proprio106. L’omissione si compone di tre elementi, consistenti nella condotta passiva, nell’obbligo giuridico di agire e nella possibilità di adempiere a tale obbligo. Ogni qual volta si controverta sulla responsabilità del medico il giudice deve di conseguenza confrontarsi con la sussistenza di questi tre elementi. Si può rilevare tuttavia come in giurisprudenza non di rado si glissi erroneamente sull’accertamento del terzo elemento, considerandolo sussistente in re ipsa nella posizione del terapeuta e non approfondendo adeguatamente l’idoneità degli strumenti nella concreta disponibilità dello psichiatra ad impedire la verificazione dell’evento lesivo.

Sono due i meccanismi attraverso i quali un’omissione può assumere rilevanza penalistica e corrispondono sostanzialmente alla topica bipartizione tra “reati omissivi propri” e “reati omissivi impropri”.

La prima ipotesi è costituita dalla previsione dell’omissione in una norma incriminatrice strutturata in modo da sanzionare direttamente la violazione dell’obbligo di agire in una determinata direzione.

105 In dottrina si esprime efficacemente questo concetto affermando che l’omissione è un concetto di carattere normativo e di relazione che si sostanzia nel non facere quod debeatur: CARACCIOLI I., Omissione (voce), in Noviss. dig. it ., Vol. XI, Torino, 1965, p. 895.

Nell’assetto dell’attuale legislazione psichiatrica, in seguito all’abrogazione espressa delle ipotesi omissive comprese nell’originaria rubrica del codice penale “Contravvenzioni concernenti la custodia di alienati di mente, di minori o di persone detenute” (libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 6), non sussistono più previsioni legislative che consentano l’operatività di questo primo meccanismo.

Il secondo meccanismo che consente l’attivazione di una risposta penalistica dinanzi ad un’omissione fa invece perno sulla clausola generale dell’art. 40, comma 2, c.p. (“non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”). È questo il meccanismo che rileva nell’ambito della responsabilità penale dello psichiatra (fatta eccezione per i rari casi in cui si ricorre alle fattispecie dolose cui si è fatto cenno nel capitolo precedente). Il terapeuta dunque è essenzialmente chiamato a rispondere per un reato omissivo improprio, che contravviene all’obbligo di impedire un evento tipico descritto da una fattispecie commissiva-base.

In adesione ad una concezione funzionale dell’obbligo di impedire l’evento si sostiene che l’equivalenza tra “cagionare” e “non impedire” debba essere sorretta da una “posizione di garanzia” nei confronti dell’interesse tutelato, gravante in capo al soggetto della cui responsabilità si discute e che si sostanzia un uno speciale vincolo derivante dall’incapacità del titolare del bene di provvedere autonomamente alla sua salvaguardia107.

Nella dottrina penalistica in materia di posizione di garanzia si prospetta una catalogazione che distingue tra posizioni c.d. di “controllo” (dirette alla neutralizzazione di fonti di pericolo determinate e di conseguenza alla tutela di tutti i titolari di interessi protetti suscettibili di essere minacciati da tali fonti di pericolo) e

posizioni c.d. di “protezione” (finalizzate alla neutralizzazione di tutti i pericoli in grado di minacciare specifici interessi protetti).108

La classificazione della posizione del medico psichiatra nel quadro teorico prospettato (in termini di posizione di protezione o di controllo) costituisce una delle questioni più discusse della materia de qua.

3.1.2. La qualificazione della posizione del terapeuta: una

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