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Verso la riforma: la Legge Mariotti (l 18 marzo 1968, n 431) e l’introduzione del ricovero volontario

2.2. F ONTI NORMATIVE IN PROSPETTIVA DIACRONICA : L ’ ASSETTO DISCIPLINARE PRECEDENTE ALLA RIFORMA

2.2.3. Verso la riforma: la Legge Mariotti (l 18 marzo 1968, n 431) e l’introduzione del ricovero volontario

L’unico intervento legislativo successivo alla legge del 1904 (dopo un vuoto di più di sessant’anni in cui sostanzialmente il problema della malattia psichiatrica fu ignorato a livello normativo) è rappresentato dalla c.d. Legge Mariotti (l. 18 marzo 1968, n. 431). Con essa si diede finalmente attuazione al disposto costituzionale in base al quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art. 32 Cost.) e per la prima volta l’intervento del legislatore in materia psichiatrica si orientò verso esigenze diverse da quella della mera difesa sociale55.

La portata innovativa di questa legge si coglie considerando l’introduzione dell’istituto del ricovero volontario56, nonché la possibilità di trasformare il ricovero coatto in volontario (previo accertamento del consenso dell’internato).

Così come il paziente poteva entrare volontariamente nella realtà dell’ospedale psichiatrico, lo stesso (in regime di trattamento sanitario volontario) poteva anche uscirvi liberamente dimettendosi57. Si

55 DE RISIO B., La responsabilità dello psichiatra, in La responsabilità

sanitaria, PECCENINI F. (a cura di), Bologna, 2007, p. 249.

56 Ai sensi dell’art. 4 della suddetta legge (in modo similare alla procedura in uso per ospedali generali) tale ricovero era possibile sia al fine di un accertamento diagnostico che di cura ed era subordinato alla richiesta del malato e all’autorizzazione del medico di guardia.

57 La dottrina più attenta rilevava infatti che, dal dato normativo, si dovesse ritenere che un’eventuale trasformazione del ricovero (da volontario a coatto) non potesse avvenire medio tempore, ma solo dopo la dimissione del paziente (ovviamente qualora emergessero a posteriori i presupposti che

scorgono in questo intervento legislativo le avvisaglie della sopraffazione del modello “custodialistico” da parte di quello terapeutico, tramite la recisione del nesso di funzionalità tra custodia e cura, che lasciava intravedere lo spazio per modalità terapeutiche alternative rispetto alla limitazione della libertà fisica del paziente.

Inizia faticosamente ad emergere, tra le pieghe della legge del 1968, il ruolo del paziente psichiatrico come soggetto capace di autodeterminarsi e dotato di una sua volitività. La malattia psichiatrica in quest’ottica non privava il malato della dignità insita nella libertà di scegliere se farsi curare e non aveva più come suo esclusivo epilogo la reclusione coatta nel manicomio. Con la Legge Mariotti, infatti, s’intendeva promuovere le attività di cura extra-manicomiali e migliorare i servizi forniti negli stessi ospedali psichiatrici per adeguare le attrezzature tecnico-sanitarie alle finalità terapeutiche58.

All’insegna del superamento della “criminalizzazione” del malato psichiatrico si abrogò l’art. 604, n. 2, c.p.p. che prevedeva l’obbligo di annotare nel casellario giudiziario i provvedimenti di ricovero dei pazienti e della revoca degli stessi.

Un altro cambiamento che la dottrina intravide nell’intervento legislativo del ‘68 consiste nella flessibilizzazione dei criteri di valutazione della colpa del personale sanitario, la cui responsabilità (per errori diagnostici o terapeutici) non doveva più essere valutata banalmente in relazione alla violazione delle norme precauzionali di custodia (immutabilmente stabilite dal legislatore) che erano contenute nella legge del 1904 e nel suo regolamento, ma alla stregua dei consolidati canoni della colpa generica (imperizia, imprudenza, legittimavano il ricovero coattivo), così: ROMANO M.-STELLA F., Ricoveri,

dimissioni e trattamento terapeutico dei malati di mente: aspetti penalistici e costituzionali, cit., p. 394. Contra: BRIASON, Relazione al Congresso su “La

società e la malattie mentali”, Roma, 1968.

58 Un progresso fu anche rappresentato dalla predisposizione di contributi per quelle province che, non disponendo di propri ospedali psichiatrici, provvedessero a migliorare l’assistenza dei malati psichiatrici avvalendosi di istituti ospedalieri eretti in enti morali e non aventi finalità di lucro.

negligenza) con la conseguenziale malleabilità degli obblighi di custodia, modellabili secondo le regole dell’arte psichiatrica (riservando uno sguardo più attento alle effettive esigenze terapeutiche del paziente)59.

Nonostante queste notazioni positive in merito alla legge Mariotti non si può che condividere lo scetticismo che accompagnò questa prima riforma riguardo all’effettiva portata dei cambiamenti introdotti: “l’introduzione del ricovero volontario nell’antica struttura dei manicomi tradizionali non pare destinata a mutare di molto la situazione, se si ritiene (insieme alle tendenze più avanzate della scienza psichiatrica contemporanea) che il ricovero volontario non serve a cambiare il ruolo degli ospedali psichiatrici, in quanto qualsiasi forma di ricovero può essere vista solo come una misura eccezionale e temporanea in un sistema di assistenza psichiatrica (c.d. esterna) che tenda a prescindere da quella”60.

59 STELLA F., La responsabilità penale dello psichiatra nel trattamento

open-door, in AA.VV., Problemi giuridici attuali della legislazione psichiatrica. Atti del Convegno di Guidonia (19 gennaio 1974), Roma, 1974,

p. 13. L’Autore propone l’esempio in cui un soggetto ricoverato d’autorità abbia cagionato un evento lesivo e che tale condotta sia stata resa possibile in conseguenza del processo di liberalizzazione dell’istituto (che include l’apertura dei reparti; la trasformazione della sorveglianza in assistenza coadiuvante; la preferenza accordata ad un trattamento farmacologico piuttosto che alla contenzione; l’incentivazione delle attività di socializzazione tra i degenti e la promozione dell’ingresso e del contatto con soggetti estranei all’istituto; la libertà di movimento nello stabilimento; l’incremento dei permessi di uscita, ecc.). In tal caso – affermaSTELLA – l’addebito di responsabilità non potrà derivare esclusivamente dalla mera constatazione della violazione degli obblighi di custodia dalla legge del 1904, ma si dovrà stabilire se l’evento lesivo fosse concretamente prevedibile ed evitabile. Pur dovendosi necessariamente contestualizzare queste osservazioni, considerando che essere si riferiscono ad un asseto precedente rispetto al 1978, esse conservano la loro validità: la valutazione in merito alla responsabilità dello psichiatra dovrà contemplare, nel giudizio in merito alla colpevolezza, anche le finalità terapeutiche perseguite dal sanitario (fermo restando che anche “i migliori proposti” non potranno esonerare da responsabilità nel caso in cui si vada a costatare un grave livello di colpa nella condotta del terapeuta, in presenza della possibilità di prevedere l’evento lesivo e di adeguati poteri impeditivi).

60 MERLINI S., Libertà personale e tutela della salute mentale: profili

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