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2. L’IMPLEMENTAZIONE DEL PROTOCOLLO DI KYOTO

3.2. L’attività di controllo

Abbiamo visto che con l’adozione della direttiva IPPC il livello di attenzione nei confronti della fase amministrativa del

rilascio dei permessi ed autorizzazioni all’esercizio

dell’attività dei siti industriali si è accompagnato ad un profondo interesse incardinato sulla verifica, promozione e vigilanza della conformità delle condizioni previste per il loro rilascio.

Con la Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio Europeo n. 331 del 4 aprile del 2001 l’ UE è intervenuta per definire i criteri minimi che tutti gli Stati membri devono assicurare nello svolgimento dei controlli ambientali preoccupandosi di introdurre tutta una serie di adempimenti implicanti un obbligo di informazione circa i termini, le modalità di attuazione e predisposizione di controlli per l’ applicazione della direttiva IPPC.

L’inefficacia delle politiche adottate con i piani di azione per l’ambiente susseguitesi negli ultimi anni è stata ricondotta dalla Commissione all’inadeguatezza delle attività di controllo e alla “grande disparità nei sistemi e nei meccanismi di ispezione tra gli Stati membri in termini non solo di capacità di assolvere ai compiti ispettivi, ma anche per quanto riguarda

la portata e l’oggetto di tali compiti e perfino la loro stessa esistenza in alcuni Stati membri”.

La raccomandazione riconosce infatti che le ispezioni costituiscono“un deterrente alle violazioni ambientali poiché consentono alle autorità di individuare le infrazioni e di far rispettare la normativa ambientale mediante sanzioni o altri mezzi e pertanto (...) costituiscono un anello indispensabile della catena regolamentare ed uno strumento efficiente per assicurare l’uniformità dell’applicazione pratica e del rispetto della normativa ambientale in tutta la Comunità ed evitare distorsioni della concorrenza”.

Il feedback della catena della regolamentare individuato dall’UE utilizza il seguente schema (73): pianificazione dei

controlli, determinazione degli obiettivi, legislazione,

autorizzazione, controllo di conformità, promozione di conformità, applicazione della sanzione, valutazione e ritorno

delle informazioni. L’individuazione del feedback

regolamentare spiega come il rapporto tra autorizzazione e procedura di controllo costituisca un anello indispensabile per l’innalzamento e la promozione dei livelli di conformità della legislazione ambientale in quegli impianti industriali, imprese e strutture, le cui emissioni e/o scarichi nell’ambiente siano soggetti ad autorizzazione, permesso o licenza ai sensi del diritto comunitario, cioè in quelle attività destinatarie dell’ applicazione della Raccomandazione in esame .

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In tal senso cfr. M. FRASCARI, “Guida alle ispezioni ambientali”, sito visitato

La Raccomandazione n. 331 al punto II comma 2 include nella categoria “ispezione ambientale” quell’assetto di attività che spaziano dal controllo e promozione, della conformità degli impianti ai requisiti ambientali stabiliti dalla normativa, al monitoraggio dell’impatto che tali impianti hanno sull’ambiente. Importante rilievo è attribuito ai fini di quanto precede all’individuazione di uno strumentario di azioni di cui i soggetti individuati come controllori debbono poter disporre: “visite in sito; - controllo della qualità ambientale; - esame delle dichiarazioni e delle relazioni di audit ambientale; - esame e verifica delle attività di monitoraggio effettuate direttamente o in loro nome, dai gestori degli impianti controllati; - valutazione delle attività ed operazioni effettuate presso gli impianti controllati; - controllo dell’infrastruttura, della manutenzione delle attrezzature e dell’adeguatezza della gestione del sito; - controllo dei registri mantenuti dai gestori degli impianti controllati”.

La raccomandazione stabilisce inoltre che gli Stati membri debbano assicurare che le visite in sito siano effettuate regolarmente con il molteplice obiettivo di promuovere e approfondire le conoscenze e la comprensione da parte dei gestori dei pertinenti requisiti giuridici CE; i soggetti deputati a svolgere attività di controllo dovranno prendere in considerazione i rischi e l’impatto che l’impianto controllato può avere sull’ecosistema, al fine di valutare la sussistenza e la conservazione di quei requisiti necessari al rilascio di

autorizzazioni, permessi o licenze per stabilire se sia necessario procedere ad una loro modifica.

Come ha evidenziato autorevole letteratura la definizione di controllo accolta dalla Raccomandazione 331 si configura dunque come un vero e proprio “contenitore o archivio delle azioni” di cui l’ispezione costituisce in realtà solo uno degli aspetti, accanto al monitoraggio, al controllo tecnico ed al controllo documentale, cioè di tutta una serie di attività destinate a verificare eventuali omissioni o carenze che possono condurre ad una modificazione, estinzione, rinnovo delle autorizzazioni concesse. L’elemento unificante di tali attività risiede infatti nell’esigenza di raccogliere tutta quella serie di dati e di informazioni in grado di poter mettere l’autorità di vigilanza nella condizione di stabilire se nella fattispecie concreta vi sia stata una applicazione effettiva del precetto normativo (74).

Funzionale all’efficacia del controllo risulta pertanto

essere l’intelligibilità della descrizione dello standard normativo; la certezza e la chiarezza dello standard consente infatti una maggiore efficacia nella verifica della conformità delle soluzioni strutturali e gestionali adottate nella conduzione

di un sito industriale.

L’oggetto del controllo si sviluppa infatti su due piani: sulla valutazione degli interventi strutturali in fase di progettazione, installazione e costruzione delle infrastrutture e sulla

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valutazione gestionale relativa alla conduzione e manutenzione nel tempo degli impianti: questo spiega il motivo per cui la direttiva IPPC si sia preoccupata di inserire nel suo articolato un riferimento alle BAT. La misurabilità dello standard normativo è in grado, dunque, di garantire una maggiore certezza ed efficacia all’attività di controllo.

L’esercizio dell’attività di controllo e l’osservanza dei requisiti minimi così come strutturati nella Raccomandazione n. 331 si pongono, pertanto, perfettamente in linea con l’approccio di tipo preventivo introdotto con il command and control nella gestione della tutela ambientale, ed assumono rilevanza non solo nella fase ispettiva, che può condurre alla comminazione di una sanzione, ma anche in fasi di tipo diverso: in sede di istruttoria, a supporto delle amministrazioni responsabili dei procedimenti amministrativi che dovranno rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale prevista dalla direttiva IPPC 96/61, e nella successiva fase di monitoraggio. L’attività di controllo delle autorità ambientali viene, dunque, esercitata in fasi diverse che spaziano dal momento istruttorio di valutazione preventiva, passando attraverso l’adozione di pareri eseguiti, in genere a supporto degli Enti Locali cui la legge (75) conferisce la competenza ai fini del rilascio degli atti autorizzativi, al monitoraggio sui siti, alla vigilanza strictu sensu intesa, come momento repressivo che

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può portare alla comminazione di una sanzione in presenza di violazioni.

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