Capitolo V - Le Valutazioni ANAC sulla legge 190 e sui decreti attuativi
1.2. L’attività di impulso dell’Autorità all’attuazione delle disposizioni anti-corruzione 169
Si è detto più sopra che la complessità dell’intervento normativo, ovvero il fatto che lo stesso si inserisce «in un’intensa e rilevante attività legislativa che ha riguardato la PA negli ultimi anni», ha spinto l’Autorità a svolgere in questo primo anno un’attività di impulso nei confronti delle amministrazioni, degli enti e società interessati dalla riforma.
Il ruolo dell’Autorità, in questo caso, ha riguardato per esempio la nomina del Responsabile della prevenzione, le attività necessarie al fine di individuare le aree a rischio nonché per la formazione del personale da impiegare in queste aree.
Rispetto alla nomina del RPC, alla data del 30 novembre 2013, l’Autorità ha rilevato che molte amministrazioni non hanno provveduto ad attuare tale disposizione, soprattutto le amministrazioni di grandi dimensioni come i ministeri, mentre fra gli enti locali si sono registrate percentuali di attuazione più basse, ovvero notevoli «differenziazioni territoriali». Dall’analisi quantitativa del Rapporto2 risulta che alla data del 30 novembre 2013 il 77% dei ministeri ha provveduto alla nomina del RPC, l’82% nelle Regioni e Provincie autonome, mentre solo il 34% dei Comuni ha provveduto alla nomina. Di questi, il 28% nei Comuni con meno di 5000 abitanti e l’83% di quelli con oltre 25000. Inoltre marcate differenze si riscontrano tra nord e sud del paese, con il 64% dei Comuni della Valle d’Aosta e il 21% dei Comuni del Molise, sebbene la percentuale più bassa sia stata rilevata proprio al Nord, con il 13% dei Comuni del Trentino Alto Adige.
L’Autorità ha poi chiesto informazioni sulle iniziative assunte in merito alla rotazione dei dirigenti, formazione del personale e iniziative per prevenire la corruzione, rilevando la scarsa attenzione dei Ministeri, poiché solo due hanno risposto alla richiesta, prevalendo, in questo caso, «più gli aspetti di programmazione di nuove attività, che le iniziative realizzate in materia di prevenzione della corruzione» (Ivi, p.29). Anche gli Enti pubblici nazionali non
hanno fornito le informazioni richieste, a causa di «difficoltà organizzative» in merito all’attuazione della legge 190. Poche le risposte da parte delle Università, mentre alcune Camere di Commercio hanno semplicemente manifestato l’intenzione di adeguarsi ai nuovi precetti. Risulta essere più rilevante, invece, la percentuale di risposta di regioni e provincie autonome. Mentre rispetto alla figura che ricopre tale ruolo, è stato rilevato che il 46% di questi sono dirigenti di I fascia, registrando un 30% di “altro”, che segnala la difficoltà delle amministrazioni di piccole dimensioni a individuare una figura di responsabile.
L’Autorità ha poi avviato attività di impulso anche nei confronti delle società in controllo pubblico (nazionale, regionale, locale), in particolare sulla realizzazione delle modalità di analisi del rischio e sull’attuazione degli obblighi di trasparenza. Circa quattro di queste società, una minoranza, ha ritenuto di non essere destinataria di tali obblighi, in particolare sulla nomina del RPC, l’applicazione delle disposizioni sui PTPC, ovvero dubbi interpretativi sulle disposizioni in materia di trasparenza. Sulla nomina del RPC il 60% di tali società non ha preso ancora alcuna decisione in merito (Ivi, p.30), mentre sull’attuazione degli obblighi di trasparenza, nonostante il d.lgs. 33/2013 e i chiarimenti contenuti nelle due delibere dell’Autorità, la n.50 e 72 del 2013, alcune società ritengono che le disposizioni non siano applicabili alle stesse. Di queste società sono soprattutto quelle locali ad aver attuato gli obblighi di legge.
Per quanto riguarda l’approvazione del PNA, in quanto strumento «funzionale anche alla predisposizione del PTPC» (Ivi, p. 31), l’autorità ha seguito una «logica di gradualità» nell’approvazione della versione definitiva, prevedendo l’aggiornamento nel 2014, «che consentirà oltre che una prima verifica, anche la possibilità di inserire integrazioni e specificazioni del PNA». (Ivi, p.32)
Come si è visto in sede introduttiva, l’Autorità ha ritenuto necessario, nell’attuazione dei contenuti della legge, adottare «un approccio basato su un sistema a rete», «una cooperazione istituzionale» così da soddisfare sia esigenze di semplificazione rispetto ai numerosi adempimenti di pubblicità e informazione ai quali le amministrazioni sono tenute, nonché di differenziazione. L’Autorità, infatti, ha ribadito l’esigenza di razionalizzare quei flussi informativi, così da evitare «duplicazioni inutilmente onerose». In questo senso, per esempio, in base ad un protocollo d’intesa siglato con l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), è stata prevista la condivisione delle informazioni tra le stesse, assicurando
all’Autorità l’accesso alle banche dati dell’AVCP (Ivi, pp. 33-34). Ma anche la già citata questione di «diversificare le politiche di prevenzione della corruzione in base alle caratteristiche delle amministrazioni», come per esempio le informazioni da pubblicare sui siti web, e i codici di comportamento e (Ibidem).
Rispetto a quest’ultimo, l’Autorità nella delibera n.75/2013 ha dettato delle linee guida riguardo i contenuti dei Codici, che creano le condizioni per predisporre codici diversi a seconda delle caratteristiche delle amministrazioni, ovvero evidenziando, fra le altre cose, lo stretto collegamento tra codice e programmi di trasparenza PTPC (Ibidem).
Da ultimo, l’Autorità si è soffermata sull’attività consultiva, di vigilanza e controllo, rilevando il fatto di essere stata interpellata, in questo primo anno, su diverse questioni di natura interpretativa riguardanti in particolare il d.lgs. 33/2013 e 39/2013, alle quali ha dato risposta con lo strumento delle delibere a carattere generale e delle FAQ.
Si è trattato per lo più di quesiti formulati in via preventiva, più che «segnalazioni riguardanti situazioni concrete già verificatesi o in atto» (Ivi, p.35), come rivelano i dati del Rapporto 20133: 1544 richieste di pareri, quesiti e
segnalazioni, di cui il 38% di questi riguardavano l’anticorruzione, 37% la trasparenza, e 25% la performance. Rispetto alle richieste riguardo il settore dell’anti-corruzione, nel 67% dei casi si è trattato, infatti, di quesiti;; mentre nel settore della trasparenza i quesiti hanno riguardato il 74% di quelle richieste.
Quanto invece all’attività di vigilanza e controllo, nel rapporto si rileva come la richiesta in questo senso non abbia registrato dati significativi: 33% le segnalazioni nel settore anticorruzione e 26% in quello della trasparenza. Le richieste, inoltre, provenivano soprattutto da soggetti privati più che da parte di dipendenti pubblici che segnalano illeciti nell’ambito dell’amministrazione all’interno della quale lavorano: nel settore anticorruzione su 191 segnalazioni, 124, il 65%, erano di privati, contro le 67, il 35%, delle PP AA (gran parte di queste, ben il 55%, proveniva dai Comuni), mentre nel settore trasparenza, rispettivamente l’83% e il 17% (con una prevalenza, 53%, in quest’ultimo caso, sempre dei comuni).
Rispetto a questa attività, l’Autorità, come si evince dalla tipologia di soggetto mittente, ha rilevato «lo scarso rilievo pratico» delle disposizioni in materia di “whistleblowing”, e di come le segnalazioni pervenute non abbiano dato luogo a iniziative da parte della stessa, «o perché l’intervento è stato richiesto non in chiave preventiva», per il quale «sono già state investite altre autorità competenti ad adottare provvedimenti», o «perché riguardante fattispecie al di fuori dall’ambito delle competenze dell’autorità» (p. 36).
Qui di seguito, allora, si proporranno i principali problemi di natura applicativa e di interpretazione rilevati dall’Autorità nell’esercizio della sua attività consultiva e di vigilanza, con particolare riferimento al d.lgs 39/2013 e 33/2013.
1.3. L’attività consultiva e di vigilanza dell’Autorità: problemi applicativi e di