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Attività vulcanica dei Colli Albani

Capitolo 4 – Valle della Caffarella: soil radon test-site

4.2 Attività vulcanica dei Colli Albani

Il vulcano dei Colli Albani è il più meridionale dei distretti vulcanici a struttura centrale presenti nella regione Lazio ed occupa una posizione particolarmente significativa nell’ambito dell’assetto strutturale della catena appenninica. Il distretto vulcanico sorge a S delle unità meso-cenozoiche alloctone dei Monti della Tolfa, a N della piattaforma carbonatica mesozoica dei Monti Lepini ed in prossimità delle successioni meso-cenozoiche dei Monti Prenestini e Tiburtini. Esso si è sviluppato al di sopra di un substrato sedimentario costituito da unità delle successioni pelagiche mesozoiche con testimonianze di una transizione esterna nelle parti più meridionali (Funiciello & Parotto, 1978).

Il vulcano dei Colli Albani inizia la sua attività circa 600 ka ed è attualmente quiescente. Il chimismo dei prodotti dei Colli Albani è fortemente mafico, ricco in potassio e sottosaturo in silice. Tuttavia il vulcano ha avuto attività di tutti i tipi, da parossismo esplosivo pliniano, a eruzioni di tipo stromboliano e hawaiiano, ad attività effusiva, includendo eventi freatomagmatici a grande e piccola scala.

Il primo periodo di attività, denominato periodo del “Vulcano Laziale”, dura da circa 600 ka a 355 ka. Durante questo periodo l’attività è in prevalenza esplosiva, con un tasso eruttivo medio di 1 km3/ka. Almeno 7 ignimbriti di volume da medio a grande, sono eruttate e messe in posto su un’area maggiore di 1600 km2. L’attività dà luogo all’edificio del Vulcano Laziale, costituito da un complesso calderico di circa 8 x 8 km2 e da una struttura ignimbritica dalla geometria a scudo. L’attività del Vulcano Laziale può essere suddivisa in una “successione dei Tufi Pisolitici” (circa 600 ÷ 500 ka), nella quale le ignimbriti sono dominate da un freatomagmatismo su larga scala, associato alla probabile presenza di un primo lago calderico, e una sovrastante “successione di Pozzolane e Tufi”, nella quale le ignimbriti mostrano una dominante frammentazione magmatica, probabilmente come risposta al progressivo esaurimento del lago calderico. Le maggiori ignimbriti sono eruttate con un intervallo medio di circa 40 ka. Dopo ogni eruzione parossistica, l’attività è in prevalenza effusiva e meno esplosiva, concentrata lungo sistemi di frattura peri-calderici, formando un complesso di coni di scorie e dorsali di lava, insieme con eruzioni maggiormente esplosive da aperture intracalderiche (Giordano et al., 2010). L’eruzione più importante del Vulcano Laziale porta alla messa in posto di un’imponente unità in colata piroclastica (nota come “Pozzolane Rosse”), che raggiunge anche i 90 m di spessore, con volume minimo di materiale

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emesso di circa 38 km3 (De Rita et al., 1988). L’ultima grande eruzione del Vulcano Laziale si verifica circa 355 ka, con la messa in posto delle ignimbriti dell’unità di “Villa Senni”. In seguito a questa eruzione e in conseguenza del collasso dell’area calderica e peri-calderica, ha origine il complesso Tuscolano-Artemisio (sistema di fratture peri- ed extra calderico), composto in prevalenza da coni di scorie e lave, insieme con la formazione dello strato- vulcano intracalderico delle Faete. Questi edifici sono messi in posto tra circa 355 ka e 180 ka, intervallo denominato periodo del “Tuscolano-Artemisio-Faete”. Durante questo periodo, benché l’attività sia simile a quella del Vulcano Laziale, si verifica una significativa diminuzione (di un ordine di grandezza) nel tasso eruttivo medio (circa 0.1 km3/ka), che può essere collegata ad una consistente riduzione nella profondità di ricarica della camera magmatica, giustificando l’assenza di eruzioni ignimbritiche successive ai 355 ka. L’attività peri-calderica inizia lungo il sistema di fratture ad anello nel settore N ed E (Tuscolano- Artemisio), e a partire da circa 300 ka migra progressivamente verso N in area extracalderica (settore Pantano Borghese), e verso W nel settore delle fratture peri-calderiche di S. Maria delle Mole (figura 9). L’attività di questi ultimi sistemi di fratture termina quasi simultaneamente a quella dello strato-vulcano intracalderico delle Faete, tra circa 280 ka e 250 ka. In seguito l’attività in area peri-calderica migra verso S (settore di Monte Due Torri), e nella sua ultima fase si interdigita (tra circa 200 e 180 ka) con prodotti freatomagmatici, che diventano dominanti nell’attività più recente del vulcano dei Colli Albani.

A partire da circa 200 ka, durante quello che viene denominato periodo della “Via dei Laghi”, il settore più a W dell’area peri-calderica è luogo di ripetute eruzioni freatomagmatiche di volume ridotto o estremamente ridotto, con la formazione di maar sia monogenici sia poligenici, il cui complesso è denominato “Via dei Laghi maar field”. Il più recente è il maar poligenico di Albano, che si forma successivamente a circa 70 ka, da almeno 7 eruzioni in migrazione da NW a SE, lungo una linea di frattura di circa 3.5 km. L’ultima eruzione del

maar è più recente di 23 ka.

Durante l’Olocene si verifica attività freatica, con lahar che si originano da ingenti e ripetute esondazioni del lago del profondo maar, almeno fino a 6 ÷ 5 ka, e probabilmente fino ad epoca romana (4° secolo a.C.), quando viene scavato un apposito tunnel di drenaggio per mantenere l’acqua del lago ad un livello costante e basso. L’area di Albano è attualmente luogo di emissione di gas vulcanici, sollevamenti del suolo e periodici sciami sismici,

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profondità. La figura 10 illustra la stratigrafia generale della successione del vulcano dei Colli Albani (Giordano et al., 2010).

La recente revisione della cronologia del vulcano dei Colli Albani (Soligo & Tuccimei, 2010) dimostra la maggiore affidabilità delle datazioni con il metodo 39Ar/40Ar. I più probabili range sono: >600 ÷ 355 ka per il litosoma IV (complesso calderico del Vulcano Laziale); <355 ÷ ?180 ka per il litosoma III (sistema di fratture peri-calderiche del Tuscolano-Artemisio); <355 ÷ 250 ka per il litosoma II (strato-vulcano intracalderico delle Faete); <200 ÷ 26 ka per il litosoma I (Via dei Laghi maar field).

Figura 9. Mappa sintetica del vulcano dei Colli Albani, che mostra i principali edifici sviluppati tra 600 ka e il presente. Simboli: 1, margine di caldera; 2, cono di scorie; 3, margine di maar; 4, lineamento tettonico di Ardea (Giordano et al., 2010).

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