Compare il regno di Ade. È ancora più buio rispetto al primo atto. Gli dei e le ombre di coloro che riposano sono appena visibili e solo ogni tanto, nella volta dell’Ade, baluginano di debole fuoco lucerne ambrate. Il dio riposa sul trono. Il
suo viso è lugubre e annebbiato, e il viso di Persefone è triste.
Persefone. Tu, caro eroe, ti presenti al mio cospetto con la tristezza nello
sguardo e col desiderio nel cuore. Ahimè! Nessun desiderio impotente apre il cammino, si può prendere solo una direzione, quella del non
Protesilao. Somma dea, prima che io abbia iniziato a parlare tu già sai
quello che dirò. Il mio discorso ti importuna ma fammi sfogare il mio dolore con parole e così si alleggerirà il mio cuore.
Persefone. Dimmi, caro eroe, sempre che tu non abbia ancora dimenticato
le parole della viva passione, mi saranno di conforto, a me che sono inconsolabile.
Dall’alto giunge un urlo acuto di Laodamia accompagnato da lontani rimbombi di flauti e cimbali.
Laodamia. Vi supplico sulla cera, dono delle api sagge, voi, dei
impercettibili, datemi il mio Protesilao.
Protesilao. Io ascolto il lamento invocatorio di Laodamia, un’Afrodite
divina con una dolce voce mi chiama. Dai confini terreni arriva fino a me il lamento invocatorio di Laodamia, in esso c’è un insormontabile potere e mi sta chiamando.
Persefone. Chiama me!
Protesilao. Non posso contrappormi a questo richiamo, non posso
rimanere inerte nel regno degli atti compiuti. Devo ritornare alla mia casa non del tutto costruita, devo; mai fino ad ora gli incantesimi di mezzanotte dell’incantatrice celeste furono così potenti.
Giunge di nuovo l’urlo di Laodamia accompagnato da un debole suono di cetra e da brevi rimbombi di tamburello.
Laodamia. Dei sotterranei, Protesilao, ridatemi il mio Protesilao! Supplico
la vostra crudeltà sul dono delle api sagge, vi prego, dei sotterranei, ridatemi Protesilao!
Persefone. Ade, permetti a Protesilao di tornare sulla terra. Non ho mai
implorato niente per me stessa e non lo farò adesso; l’obbligo che ho in quanto consorte, sovrana e dea è quello che impedisce preghiere non necessarie, la provvidenza, propria degli dei, preclude alle mie labbra discorsi folli. Ma lascialo andare.
Ade. Come puoi chiedermi, Persefone, che io lo faccia ritornare alla vita?
Non voglio che la grande ruota del mondo giri nel senso opposto. E come puoi non sapere tu che il passato non ha ritorno?
L’urlo della sovrana Laodamia, simile a un canto di siringa, si sente in maniera più distinta, ella si è chinata a terra e implora; il lamentoso suono della cetra fa eco
al suo urlo.
Laodamia
Prima ora: salutarsi, Seconda ora: deliziarsi,
Terza ora: congedarsi, E dopo piangere
E morire. Solo tre ore Datemi, implacabili
Dei, Ade e Persefone.
Persefone. Non parlo del non ritorno, mandalo sulla terra anche se per un
breve lasso di tempo, concedigli almeno una fugace felicità nel ricongiungimento col suo amore.
Gli urli angosciati di Laodamia sono accompagnati da colpi di tamburo e da brevi suoni.
Laodamia Strofa I
Oh Persefone! Tu sai, tu sai Che il cammino dal Lete
È impossibile. Tu sai, tu ricordi Il dio dai riccioli dorati.
Tu sai, tu sai, Quale forza contenga La cera che si scioglie.
Antistrofa I Oh Persefone! Tu ricordi, tu vuoi I silenziosi diletti Di un bacio. Tu sai, tu ricordi La morte del dio vincitore.
Tu vuoi, tu vuoi, Rallegrandoti, Del dolce miele.
Ade. Ai vivi si presenterà come uno spettro spaventoso, riempirà con un
soffio di gelo i petti frementi di bramosia.
Persefone. Che spettro consolatore! Se il cuore è confortato da uno spettro,
allora che lo sia completamente. E il freddo, soffiato da un amato forestiero, è senz’altro un freddo di grande conforto.
Ade. Possiedo un freddo confortante, la mia scura regione consola i cuori
Laodamia Epodo
Ti verserò un calice Di dolce miele Con il mio Protesilao.
Mescolerò Vino e miele In un profondo calice
Di cera.
Per il vino, e per il miele, e per il calice di cera Datemi, datemi
Almeno per tre ore Protesilao.
Persefone. La bellezza del caro eroe e il suo dolore per il distacco dalla sua
amata mi hanno riempito il cuore di un’inesprimibile compassione.
Ade. Compassione? Pensa per chi ti rincresci! L’ombra può sgattaiolare
attraverso i muri!
Persefone. Le ombre!
Protesilao. Ti scongiuro Ade, lasciami andare.
Dei sotterranei Strofa II
Unire un vivo con un morto Può solo il re Ade.
Solo una volta ritornerà indietro Colui che deve rincuorare la moglie.
Egli tornerà e vivo Porterà del vino
E consolerà, si metterà a ridere Qui, presso le acque del Lete, Zagreo.
Antistrofa II
Manda Protesilao Da Laodamia, Ade.
Conducilo indietro Nell’ora del designato Ermes.
Ciò che fu volontà di vivere, Eterno amore
Unisce la vita con la morte Ma è una tua vittoria, re.
Epodo
Vita e morte, trafitti dall’amore, La Moira considera adesso
E preannuncia: ― Vita e morte,
Sì e no― Sono uno!
Persefone. Egli è soltanto un uomo. È simile a un dio per la sua bellezza,
ma è soltanto un uomo.
Ade. Dal mondo eterno e divino tu, Protesilao, aneli al mondo del vivere
transitorio. Tu vuoi tornare dove non si torna, non pensando al fatto che le instancabili Ore ti hanno portato via la vita terrena per spingerti verso altre conquiste.
Persefone. Oh Ade, lascialo andare!
Ade. Laodamia, che tu chiami tua, è fidanzata a un altro. Protesilao, lo sai
o no questo?
Protesilao. Ecco perché mi invoca con lamenti di siringa, perché la salvi da
un matrimonio da lei odiato.
Ade. Dal giorno nel quale ho iniziato a regnare qua solo due volte ho
Per Persefone, la prima volta, e la seconda per andare da un medico divino. L’aria della terra è pesante per chi è già arrivato alla mia sponda del Lete. Grazie alle preghiere di Persefone realizzerò la tua richiesta, grandioso eroe. Ti concederò tre ore sulla terra e so che una seconda volta non verrai a importunarmi con folli lamentele. Ermes, sono state concesse tre ore a Protesilao e Laodamia. Corri.
Le triple mura dell’oscurità si serrano di nuovo. Si sente lo sciabordio risonante del Lete. Tace. Si intravedono facilmente le caratteristiche del palazzo reale. Nel
giardino buio entrano in silenzio Protesilao e Ermes.
Ermes. La porta non è chiusa ma tu non varcare la soglia se non è
Laodamia a lasciarti entrare. Bussa. Chiedi ricovero.
Ermes si allontana e si nasconde. Protesilao bussa. Attraverso la porta si sente un urlo invocatorio di Laodamia.
Laodamia. Qualcuno bussa. Ho paura. Com’è buio! Tutti sono usciti. Io
sono sola ai piedi del mio Protesilao. Qualcuno bussa alla mia porta. Sono freddi i piedi di cera e le mie labbra non riescono a scaldarli.
Protesilao. Laodamia, lasciami entrare.
Laodamia. C’è una voce che mi chiama. Di chi è la voce? Forse egli, con
l’amore infuso dagli incantesimi della cera, è tornato? Temo la verità. Di chi è questo incantesimo disastroso e maligno per il quale dalle ombre della notte si innalza un urlo che mi chiama?
Protesilao. Laodamia!
Laodamia. Vattene, spettro illusorio, non mi spaventare! Il mio caro, il mio
Dalla cera io l’ho innalzato, in lui ho travasato la mia anima, ho unito la mia anima a quella di Protesilao. Sconosciuto della notte, scompari! Il mio innamorato è diventato cera.
Protesilao. Oh Laodamia, sono io! Io sono il forestiero notturno. A chi di
notte viene implorando alla porta, chiunque esso sia, non si può non aprire. Sono io che arrivo da te di notte. Sono io, Protesilao, forse non vuoi aprirmi la porta! Oh, Laodamia, sono io!
Laodamia. Egli, il mio caro, proprio qui è stato nei miei abbracci. Ma tu sei
un forestiero<
Protesilao. Alzati, Laodamia, apri la porta, lasciami entrare al più presto!
Mi hanno dato un breve lasso di tempo, lasciami entrare al più presto! Sono qui fuori che ti imploro, nel freddo della notte, sotto la luna che predice il futuro, lasciami entrare al più presto!
Laodamia. Il mio caro è con me, con me si trova il mio caro, il mio
immutabile, il mio.
Protesilao. Sprechi le carezze col mio simulacro di cera, tu ripeti al mio
simulacro parole tenere e passionali. Così tanto amore e così tanta bramosia è stata messa in questa cera che non avrei potuto, anche nei possedimenti di Ade, non sentire le tue carezze, il tuo tenero e dolce richiamo. Le ampie porte della dimora sotterranea si sono aperte per me e l’ardente forza dei tuoi scongiuri ha vinto l’Ade. Aprimi Laodamia, io sono il tuo Protesilao. Oh Laodamia, sono io! Apri, aprimi la porta, non ridurre i dolci minuti d’amore! Ade ci ha concesso solo tre ore.
Laodamia. Non oso ascoltare, ho paura ad aprire la mia porta, cosa devo
A malapena tremola l’ultima lampada. Fa freddo. Vestiti di non so chi. Sparsi. Sono usciti nudi. Mi hanno chiamato? Mi hanno ammaliato? Sono riusciti a farlo venire, l’hanno chiamato e lui è venuto!
Dopo aver aperto la porta corre veloce in giardino. Ha un vestito bianco ed è a malapena vestita, ma con roba d’altri raccolta in fretta. Si lancia verso Protesilao,
con un urlo di siringa lo chiama.
Protesilao, mio caro!
Protesilao abbraccia Laodamia in silenzio. Ella trema. Si allontana. Dopo un sobbalzo il vestito le scivola, le cade ai piedi denudando il suo bellissimo corpo.
Tu sei freddo, freddo; da te giunge un soffio di umida terra.
Protesilao. Dall’umida terra sono nato questa seconda volta, dal paese
della quiete e dell’immobilità sono di nuovo venuto a te, Laodamia, nel tuo caro paese, nella terra del fuoco eterno. Ho avuto un cammino difficile, Laodamia, spinto dalla forza invocatoria dell’amore. Ti amo, Laodamia, e sono venuto a te per annunciarti la legge divina di Afrodite: Amami.
Laodamia. Oh, Protesilao! Il mio povero eroe! Come sono fredde le tue
mani! Vieni da me, goditi il mio amore, ti riscalderò sul mio petto e, quando passerà l’arco di tempo concessoci dagli dei, io non ti restituirò, non ti restituirò ad Ade! Con te, dietro di te andrò ovunque, dietro di te, con te, mio Protesilao!
Laodamia conduce Protesilao nel proprio palazzo. Con la cortina della nera oscurità si chiude il mondo.