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Un attore oltremanica: Frog (UK)

Capitolo 3 – Il sostegno alle scaleup

3.2 Altri case studies di modelli a sostegno delle scaleup

3.2.2 Un attore oltremanica: Frog (UK)

Se si guarda al di fuori del contesto italiano, i soggetti che anche con approcci diversi supportano le scaleup si moltiplicano. Non essendoci modo in questa sede di trattare approfonditamente l’argomento, anziché offrire una panoramica generale sul tema, si preferisce riportare un esempio specifico appartenente al mondo britannico, Frog Venture, VC basato a Londra che investe in scaleup tech nei settori consumer, financial e businesses services. Frog riassume la propria value proposition nel motto “The CEO’s VC - Scale-up expertise and capital for tech leaders”. Al primo posto quindi, prima dei capitali, Frog mette a servizio della startup la propria expertise nel mondo scaleup del tech, e lo fa secondo una metodologia che pone al centro il CEO e mira a costruirgli attorno una struttura (framework) in grado di assisterlo nell’individuazione e implementazione delle attività prioritarie. Il forte impegno a individuare una Scale-up Methodology lineare e replicabile - rappresentata nella Figura 10 - deriva dalla volontà di “make scale-up a science, not an art”.

Figura 10. La Scale-up Methodology di Frog

Fonte: sito di Frog Venture

La metodologia di Frog per costruire il valore della scaleup si basa su tre fattori: Execution, Planning e Resilience; ad ogni fattore corrispondono tre elementi, e su ognuno di questi Frog apporta competenze specifiche per la loro gestione efficiente ed efficace.

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1. Execution. “It's how you deliver your service and devise ways to improve, quickly”: questa è l’essenza dell’esecuzione secondo Frog, e aiutare la startup a migliorare l’esecuzione significa quindi velocizzare le attività operative dell’azienda senza perdere la qualità dell’offerta e accelerare la sua comprensione degli elementi che suggeriscono cambiamenti nel modo di fare business, prima che sia troppo tardi. La delivery, dunque, è al centro dell’esecuzione: “This covers everything required to deliver the quality product or service that customers will rave about and result in them remaining loyal. The basics will already be in place but through the scale up phase there will be more strain and therefore more need to proactively improve Customer feedback loops to prioritise product development and optimise retention, Departmental structures, reporting lines and responsibilities, Support functions (Marketing, HR, IT, Sales admin support, quality control, Finance/Reporting).” La customer acquisition è il secondo elemento fondamentale dell’esecuzione, specialmente in una fase di crescita come quella di scale up; terza parte dell’esecuzione è la capacità di analizzare i feedback che provengono dal mercato (applied analysis), analisi che va oltre i semplici report finanziari.

2. Planning. Le attività di planning - “a periodic process of review and preparation for the future” - partono dalla predisposizione di una efficace strategia, che si declina in “combining a clear view of addressable market with a robust plan of action as to how this can be exploited. More importantly, identifying the unique resources and attributes the company has (and will need) to thrive in that environment”. Altro pilastro del planning è la gestione dei talenti, delle risorse umane, che sono un asset di assoluta rilevanza, da coltivare, per un’azienda che deve crescere. Infine, l’organizzazione nel suo complesso gioca un ruolo fondamentale: sia la strutturazione della governance societaria che l’organizzazione esecutiva.

3. Resilience. Come ultima fase, ha l’obiettivo di sviluppare la resilienza della società, cioè la sua capacità di durare, che si articola in tre elementi: la capacità di continuare a generare valore concreto per il cliente (value), la disponibilità di fondi per farlo (funding) - Frog investe tra i 5 e i 20 milioni di euro - e la sostenibilità del business nel lungo termine (sustainability).

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Conclusioni

Le prospettive del sostegno all’innovazione: le sfide per

l’ecosistema italiano e per ISP Innovation Center

Il 2018 è stato un’ottima annata per gli investimenti in startup in Italia.

Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano43, “nel 2018 gli investimenti totali in equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 598 milioni di euro, in crescita dell’81% rispetto al valore totale consuntivo del 2017 (331 milioni)” - afferma Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio.

Gli investimenti da parte di attori formali (venture capital, “fondi di fondi”, banche, e società finanziarie in generale) sono raddoppiati, passando dai 107 milioni del 2017 ai 215 milioni del 2018.

Tra i motivi di tale crescita, sempre secondo l’Osservatorio, vi è in primis un aumento dei round di taglio maggiore, quelli nell’ordine di decine di milioni di euro, che può essere interpretato come sintomo di una più elevata qualità delle scaleup presenti sul panorama italiano: 12 round di tale dimensione nel 2018, per un valore complessivo di 315 milioni, con la partecipazione forte e attiva di VC nazionali, in alcuni casi in syndication con attori informali e privati. E, in generale, “aumenta inoltre il taglio medio degli investimenti da parte dei VC: se nel 2016 circa il 42% degli investimenti era maggiore di 1 milione di euro, il consuntivo 2017 mostra come il 46% dei round superino la rappresentativa soglia del milione” afferma Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’Osservatorio.

Un secondo motivo alla base della crescita degli investimenti effettuati da attori formali può essere rinvenuto nella maggiore disponibilità di fondi da investire per il 2018, originata dalla rivalutazione positiva degli investimenti passati effettuata nel 2017 da parte di alcuni “fondi di fondi”.

Anche gli investimenti da parte degli attori informali (venture incubator, business angels e singoli individui che decidono di investire attraverso il crowdfunding) sono cresciuti in maniera rilevante, segnando un +58% sull’anno precedente - da 98 milioni di euro nel 2017 a 154 milioni nel 2018.

43 https://www.economyup.it/innovazione/investimenti-in-startup-nel-2018-sono-quasi-raddoppiati-circa-600-

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È interessante la crescita dell’equity crowdfunding, che triplica il suo valore rispetto al 2017 e vale, secondo la stima dell’Osservatorio, 30 milioni alla fine del 2018. Sempre tra gli investimenti informali, rilevante anche la crescita del contributo degli incubatori, con investimenti pari a 7,5 milioni di euro e sono in crescita del 27% rispetto al 2017.

Infine, la componente degli investimenti internazionali. Essi ammontano a 229 milioni di euro (38,3% sulla raccolta complessiva), +82% rispetto ai 126 milioni di euro raggiunti a fine 2017, e la maggior parte proviene da attori formali (203 milioni di euro, pari all’88,6% del totale). Certo le grandi operazioni caratterizzano questa componente (100 milioni di euro sono andati a Prima Assicurazione, startup insurtech specializzata in polizze auto), ma il trend è comunque positivo per l’ecosistema Italia44.

Il 2018 è dunque veramente un’ottima annata.

Ma la riflessione più stimolante arriva forse dalle conclusioni dello studio dell’Osservatorio, sintetizzate nelle parole del Direttore Ghezzi: “La strada per rendere il nostro ecosistema startup hi-tech favorevole non solo alla nascita, ma anche al finanziamento, sviluppo e crescita di startup è ancora lunga e tortuosa, ma tracciata. Si tratta ora di abilitare il passaggio da uno

startup ecosystem a uno scaleup ecosystem, caratterizzato sempre più da round di dimensioni

significative che consentano alle startup di scalare e crescere a livello internazionale, evitando un loro prematuro trasferimento in altri paesi per via di carenze strutturali nell’accesso al capitale di rischio e a competenze di supporto a livello nazionale”. Dunque, la sfida di realizzare le condizioni adatte affinché le startup italiane possano crescere dimensionalmente e affrontare con successo la fase di scale up emerge chiaramente.

Accanto a questa, ci sono senza dubbio anche altre sfide che l’ecosistema italiano dovrà affrontare nel corso del 2019 e dei prossimi anni, anche perché il gap strutturale con altri Paesi europei rimane (gli investimenti in Italia restano comunque 1/5 di quelli che si effettuano in Spagna, 1/11 rispetto alla Germania e 1/12 rispetto alla Francia).

Alcuni temi caldi li segnala Stefano Peroncini, venture capitalist e membro del Comitato di Investimento di FARE Venture, Fund of Funds da 80 milioni di euro di Lazio Innova45. Innanzitutto le poche exit, pericolo per la liquidità dell’investimento: un sistema in cui

44 Per quanto riguarda i Paesi di origine di tali capitali, al primo posto si collocano gli Stati Uniti (72,73%), seguiti da Europa (23,36%), Cina (3,77%) e Brasile (0,06%). In particolare, tra gli investimenti europei (53,5 milioni di euro), il 71% è effettuato da investitori con sede in UK (una percentuale doppia rispetto al 2017), seguiti da investitori del Benelux e Svizzera (7 % ciascuno), Francia e Germania (entrambe al 5%) e Spagna (4%).

45 https://www.economyup.it/blog/startup-in-italia-i-segnali-positivi-e-quelli-negativi-che-il-2018-ci-lascia-per-

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l’investimento in startup è difficile da liquidare rischia sempre di allontanare quegli investitori più finanziari che industriali, Venture Capital in primis. Diverso potrebbe essere il ragionamento per i Corporate Venture Capital o, in generale, per le aziende che decidano di investire in startup secondo una strategia di open innovation. In questo caso l’investimento è effettuato allo scopo di innovare il business aziendale, ed essere dunque internalizzato nell’azienda, e non a realizzare un capital gain grazie alla exit.

In quest’ottica, assume particolare interesse una scelta effettuata dal parlamento con la manovra finanziaria per l’anno 2019. Accanto a un generale aumento al 40% degli incentivi fiscali per gli investimenti nel capitale di rischio delle startup innovative (rispetto all’attuale 30%, che nel 2017 era stato già stato incrementato significativamente rispetto al precedente incentivo del 19%), è stato previsto che se un’azienda (non startup) compra il 100% di una startup innovativa e lo detiene per almeno tre anni, ottiene una deduzione fiscale maggiorata al 50%. Un meccanismo che mira a favorire le “exit industriali” e a rendere più vantaggioso per un’azienda investire in innovazione “per linee esterne”.

È pur vero che la startup partecipata da una corporate potrebbe aver bisogno di ulteriore capitale, e che l’azienda acquirente non possa permettersi di investire queste somme addizionali per far crescere la propria creatura. Come approvvigionarsi allora? Se si esclude la strada del finanziamento creditizio che la corporate stessa potrebbe chiedere per continuare a investire nella startup - con le problematiche che il credito all’innovazione comporta - non rimane che rivolgersi ad altri investitori, possibilmente finanziari, dato che altri CVC o investitori industriali sarebbero, verosimilmente, concorrenti dell’azienda prima investitrice. È pur vero che la corporate potrebbe non essere un’azienda particolarmente innovativa e avere una dimensione molto maggiore della startup, cosa che permetterebbe un accesso più semplice al credito, aggirando il problema.

In ogni caso, incentivare l’open innovation come via per far crescere l’innovazione in un Paese con le caratteristiche industriali ed economiche dell’Italia sembra una buona strada, come sostiene anche l’amministratore delegato di Accenture Italia e Managing Director dell'area IGEM (Italia, Grecia, Est Europa, Russia e Medio Oriente), Fabio Benasso. La riflessione del manager ruota attorno al valore aggiunto complessivo che l’azienda matura può apportare alla startup: competenze manageriali e struttura organizzativa che, accanto alle risorse finanziarie, sono indispensabili a scalare con successo: “per creare le premesse per un decollo di una startup bisogna essere capaci di formulare modelli di sviluppo imprenditoriali basati su una vera logica industriale, senza che nulla sia lasciato al caso e allo spontaneismo. Il venture capital deve consentire l’apporto finanziario, ma da solo non è sufficiente se non si prevede e si formalizza

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un percorso evolutivo chiaro in grado di tradurre il tutto in un’offerta di mercato. [...] Servono grandi capacità manageriali ed estrema focalizzazione sui modelli di business.”46.

Un secondo modo per far fronte al problema della liquidità dell’investimento, oltre che favorire exit industriali, è la creazione di un mercato secondario dei titoli, tema sul quale potrebbe svolgere un ruolo rilevante l’equity crowdfunding.

Innanzitutto una considerazione: in Italia, la ricchezza privata è tra le più elevate al mondo47. Se a questo si somma il crescente interesse per l’equity crowdfunding, si intuisce come questo ambito sia interessante da indagare. In Italia sono diverse le piattaforme di equity crowdfunding, tra cui si distinguono per dimensioni Mamacrowd e Crowdfundme48.

E la valorizzazione della ricchezza privata a supporto dell’innovazione sembrerebbe una prerogativa anche della manovra finanziaria per il 2019, non solo per l’aumento dei benefici fiscali a vantaggio di chi investe direttamente in startup - ricordato nelle righe precedenti - ma anche per la previsione dell’obbligo per i PIR (Piani Individuali di Risparmio) di investire il 3,5% delle loro risorse in fondi di venture capital e la possibilità per i fondi di previdenza obbligatoria di fare lo stesso, fino al 10% dell’attivo patrimoniale.

Infine, sempre nella Legge di Bilancio 2019, c’è da rilevare uno sforzo complessivo da parte dello Stato a investire in innovazione, testimoniato da altre due scelte strategiche. La prima è l’istituzione di un Fondo per il sostegno al Venture Capital, dotato complessivamente di 110 milioni di euro (30 milioni all’anno dal 2019 al 2021, e 5 ciascuno dal 2022 e 2025). L’ambizione è quella di produrre un importante “effetto leva” sugli investimenti dei VC e superare la soglia psicologica del miliardo di investimenti complessivi in startup. La seconda scelta di impatto strategico è quella di assegnare a Cassa Depositi e Prestiti un ruolo di leader dell’innovazione in Italia, in qualità di unico grande ente, dotato di elevata liquidità49.

Questo il contesto a livello Paese. Ma, tenendo conto anche di tutto ciò, quali sono le sfide che ISP Innovation Center si trova ad affrontare e le opportunità che può cogliere?

46 https://www.industriaitaliana.it/e-possibile-una-via-italiana-allopen-innovation/

47 https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-10-20/rischio-paese-e-ricchezza-privata-se-fossero-

cittadini-salvare-stato-190614.shtml?uuid=AE92J2SG

48 Per un elenco più ampio delle principali piattaforme, si può consultare l’articolo al seguente link:

https://www.economyup.it/startup/crowdfunding-tutte-le-piattaforme-attive-in-italia-e-come-usarle/

49 Sul punto, la manovra finanziaria prevede che Ministero dello Sviluppo economico possa “autorizzare la

cessione a condizioni di mercato da parte di Invitalia di una quota di partecipazione, anche di controllo, detenuta nella società di gestione del risparmio Invitalia SGR, nonché di una quota di partecipazione in fondi da essa gestiti”, con un diritto di opzione attribuito a Cassa Depositi e Prestiti per l'acquisto delle suddette quote”. Per ulteriori dettagli sulle misure disposte dalla manovra finanziaria 2019 a favore dell’innovazione, si veda https://www.fasi.biz/it/notizie/approfondimenti/19362-legge-bilancio-2019-cosa-c-e-per-venture-capital-

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Potremmo dire che esistono essenzialmente tre tipi di prove da fronteggiare: la sfida culturale, la sfida organizzativa, la sfida economico-finanziaria.

Il primo profilo, quello della sfida culturale, riguarda senz’altro tutto il Gruppo nel suo complesso. Per l’insieme delle ragioni che abbiamo affrontato nel corso della trattazione, è chiaro che la cultura che accompagna e sostiene l’esercizio dell’attività bancaria tradizionale è completamente diversa dalla cultura che pervade il mondo dell’innovazione e delle startup in particolare. Metodi di valutazione del business e dell’azienda, modalità comunicative e linguaggi, modelli organizzativi e relazionali: tutto, o quasi, appare diverso. La sfida che ISP Innovation Center affronta quotidianamente è quella di far dialogare i due mondi, che nonostante i caratteri diversi hanno molto di cui beneficiare l’uno dall’altro.

Il secondo profilo, quello della sfida organizzativa, è un riflesso del primo. Esso riguarda innanzitutto ISP Innovation Center e, in secondo luogo, le altre strutture del Gruppo che si relazionano e collaborano con la società di innovazione, per mettere a fattore comune le risorse, servire meglio i rispettivi clienti e generare maggior valore e profitto. Nella concretezza, la questione organizzativa si declina nella progettazione e nell’utilizzo di strutture, processi e sistemi di project management efficienti ed efficaci, prevedendo anche sistemi di partecipazione e feedback dal basso che possano facilitare l’individuazione e la condivisione di malfunzionamenti, le esigenze di cambiamento o i perfezionamenti possibili che vengono ispirati dalla pratica quotidiana del lavoro. La predisposizione di strutture di raccordo e coordinamento tra i diversi servizi o business unit, la circolazione dell’informazione dall’alto verso il basso e viceversa, l’utilizzo di tecnologie user-friendly e funzionali allo scopo d’uso, l’adozione e la condivisione di obiettivi precisi e di KPI di performance adeguati per il mondo dell’innovazione, la definizione di percorsi di carriera per quanto possibile chiari ma non rigidi, sono alcune tra le buone prassi che possono aumentare engagement, performance e

commitment.

Ad esempio, la sperimentazione di metodologie lean quali la lavagna Kanban o la tecnica degli stand-up meeting (o altri elementi da prendere in prestito dalla metodologia agile Scrum), oltre chiaramente agli strumenti del project management tradizionale, possono favorire il cambiamento organizzativo e il conseguente cambiamento culturale, anche rafforzando l’orientamento e l’avvicinamento al cliente.

Ma l’organizzazione interna non è che un aspetto della sfida organizzativa. Ce ne sono almeno altri due, che guardano all’esterno della società Innovation Center: il primo è, come accennato,

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il coordinamento e la piena integrazione con le altre business unit e strutture del Gruppo; il secondo è la capacità di servire il cliente presentandogli un percorso chiaro di avvicinamento al variegato mondo dell’innovazione dentro Intesa Sanpaolo e una panoramica completa sui prodotti e servizi disponibili, a supporto dell’attività di innovare.

Sul primo tema le strutture di raccordo svolgono un ruolo cruciale, siano esse incarnate da persone o piattaforme virtuali integrate: sicuramente la sfida non è facile perché sono moltissimi gli attori che si interfacciano con ISP Innovation Center, con diverse intensità e momenti di coinvolgimento. Partire da una mappatura chiara e condividerla, per far in modo che venga interiorizzata dai soggetti coinvolti, potrebbe essere un buon primo passo.

Sul secondo tema, quello del servizio orientato al cliente, sono cruciali l’indagine del customer

journey, cioè il percorso che il cliente affronta50 e, in maniera propedeutica a tale indagine, l’individuazione e lo studio degli entry point, ovvero i primi punti di contatto con cui il cliente potrebbe relazionarsi per approfondire la tematica innovazione. Gli entry point dovrebbero essere mappati, analizzati nel loro funzionamento concreto e infine costantemente migliorati, in una prospettiva di sempre maggiore efficacia, linearità e comunicabilità. Sul tema del servizio orientato al cliente si colloca sicuramente la recente istituzione, nell’organigramma di ISP Innovation Center, di un Servizio dedicato al business development, un importante segnale.

Il terzo profilo, quello della sfida economico-finanziaria, è forse il più visibile e concreto, e certamente anche il fine ultimo che deve ispirare il modo di procedere di ISP Innovation Center. Tuttavia, anche se è forte la tentazione di percepire tale aspetto come il più urgente, specialmente da un punto di vista manageriale, la questione di generare profitto merita di essere trattata per ultima, in quanto è, per la maggior parte, conseguenza della corretta impostazione delle prime due sfide, che segnano l’operatività quotidiana della società.

Come ricavare profitto, dunque, in un ambito incerto come quello dell’innovazione? I modelli dei VC più di successo sono il primo riferimento per quanto riguarda l’affinamento dei processi di investimento o di affiancamento all’investimento51, ma la vera potenzialità di Intesa Sanpaolo è utilizzare le risorse, le capacità, i prodotti e i servizi del business tradizionale - bancario e assicurativo in primis - per generare un’offerta completa e unica nel suo genere, e costruire così il proprio vantaggio competitivo. Questo sembra il focus della sfida economico-

50 Diversi sono gli strumenti per tracciarlo e studiarlo: customer journey map, blueprint per il service design, storyboard, per citare alcuni dei principali.

51 Con questa espressione si intende fare riferimento a tutti quei servizi di individuazione e selezione delle migliori

startup per un cliente industriale che voglia fare open innovation, come ad esempio la Startup Initiative in white label.

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finanziaria, e per vincere la sfida non è detto che l’investimento in startup debba esser visto come prima fonte di revenues, quanto piuttosto come un passaggio (eventuale) che abilita relazioni più solide e durature con le giovani e promettenti aziende, relazioni che saranno un asset fondamentale nel gioco dell’innovazione. In qualche modo, domandarsi come costruire relazioni di valore con l’ecosistema delle startup - e come risolvere tutte le incomprensioni culturali e organizzative che potrebbero deteriorale - è il primo passo della sfida economico- finanziaria.

Può essere utile, a conclusione di questa analisi, proporre alcune considerazioni in merito alle attività di business che concretamente l’Innovation Center porta avanti e dalle quali può cogliere fruttuose opportunità.

Tenuto conto delle osservazioni svolte in precedenza, tre ambiti di attività sembrerebbero particolarmente interessanti e adatti per ISP Innovation Center, per consolidare il proprio

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