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Tre attori in Italia: Gellify, e-Novia, Endeavor

Capitolo 3 – Il sostegno alle scaleup

3.2 Altri case studies di modelli a sostegno delle scaleup

3.2.1 Tre attori in Italia: Gellify, e-Novia, Endeavor

Gellify. Un modello interessante a supporto dell’innovazione è quello elaborato dalla società

di investimento emiliana Gellify. Con sede a Casalecchio del Reno (Bologna), Gellify è “una piattaforma di innovazione che connette start-up B2B ad alto contenuto tecnologico con aziende tradizionali per innovare processi, prodotti e modelli di business attraverso investimenti e grazie alle competenze di esperti di prodotti software enterprise e SaaS”41. Non semplice incubatore, quindi, ma vera e propria “piattaforma di innovazione” che mette a disposizione delle startup non solo capitali, ma consulenza e capacità di business development, con un modello di business che si focalizza sull’Open Innovation. Secondo Lucia Chierica42 - managing partner e head della divisione Industry 4.0 - «rispetto a un incubatore, la piattaforma ha due anime, la prima guarda alle startup, dotate di team di imprenditori alla ricerca non solo di finanziamenti, ma anche di partner che li aiutino a far volare le loro idee di business. La seconda alle corporate, aziende con un business consolidato da proteggere e la volontà di costruire nuovi percorsi innovativi».

Questo approccio cerca di risolvere quella criticità specifica che abbiamo visto caratterizzare il panorama italiano dell’innovazione, e cioè la difficoltà delle startup a scalare: offrendo loro una prospettiva industriale fatta di partnership, joint venture, rapporti di fornitura o altri tipi di collaborazioni, Gellify si propone di creare un percorso di crescita che valorizzi l’investimento

41 http://www.gellify.com/about/

42 I virgolettati attribuiti a Lucia Chierica sono ripresi dall’articolo-intervista “L’originale modello di business di

Gellify, la startup delle star-up”, apparso su Industria Italiana il 18 settembre 2018 e consultabile al seguente link: https://www.industriaitaliana.it/loriginale-modello-di-business-di-gellify-la-start-up-delle-start-up/

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rendendo la giovane startup allineata alla strategia di business della corporate, rendendo più solida l’iniziativa imprenditoriale.

D’altra parte il nome Gellify sta ad indicare il processo attraverso il quale le startup devono passare per scalare con successo: nelle parole della Chierica, «un processo che abbiamo chiamato “gellificazione”. Il significato di questa parola sta in un parallelismo tra gli stati della materia e le fasi di sviluppo di un’azienda: la start-up, con l’avvio a partire da un’idea brillante, corrisponde allo stato gassoso, che diventa liquido nella fase di scale up a partire dal primo cliente e poi però deve trovare solidità. Nel mentre questo accade l’azienda deve attraversare una fase elastica, gelatinosa, chiudere i gap che normalmente possono impedire la crescita e la solidificazione. E noi la accompagnamo in questo processo, la gellificazione, appunto». L’attività di Gellify poggia su ecosistema integrato di trasferimento di know-how, ricerca e “business community”, rappresentato nell’immagine che segue.

Figura 7. L’ecosistema di Gellify

Fonte: sito di Gellify

Ecosistema specializzato e integrato e programma di gellificazione sono dunque i due cardini del modello Gellify: «Sul versante dell’ecosistema startup le principali differenze stanno nella

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specificità degli ambiti: Gellify opera solo su start-up B2B e su trend tecnologici e di business identificati (industria 4.0, fintech, big data e artificial intelligence, cybersecurity), laddove un acceleratore/incubatore è invece generalista; affianchiamo le start-up con quello che ci piace definire smart money, ovvero investimenti di seed, early stage e round A provenienti da imprenditori digitali con exit alle spalle che insieme alla liquidità portano con sé anche una rete e competenze che ci permettono di valutare le startup con occhi speciali» afferma la Chierchia, «Il secondo e più importante elemento distintivo è il programma di gellificazione: forniamo servizi più complessi rispetto alla tradizionale mentorship degli incubatori. In un percorso della durata di 6-24 mesi, coinvolgendo tutte le aree aziendali, strutturando processi e integrando le competenze, chiudiamo i gap che le startup hanno e che rappresentano delle barriere a ulteriori finanziatori e a progetti con imprese consolidate. Infine agevoliamo l’accesso al mercato, tramite il network di contatti dei managing partner e i partner tecnologici presenti in piattaforma». E ancora la Chierchia sulla gellificazione: «Avevo difficoltà perché questi gap nelle startup mi impedivano di iniziare qualsiasi collaborazione. Gellify sviluppa algoritmi, definisce il modello di business e la gestione di cose pratiche, dalle buste paga a un modello legale appropriato. La gellificazione è uno strumento potente in un panorama in cui gli attori che si occupano del mondo startup sono generalisti e offrono al più una mentorship di alto livello che si concretizza e si conclude in un business model. Noi invece conduciamo un’analisi approfondita dei gap insieme alla startup nel corso della due diligence, e definiamo con loro un piano di azione. Il programma può durare anche due anni perché le start-up devono essere completamente autonome: non ci limitiamo a fare cose per loro, ma assumiamo, trainiamo, consentiamo loro di cambiare pelle. Siamo in un mondo di tecnologie dirompenti, ma spesso la vera sfida è costruire un’azienda e spesso molti se lo dimenticano». Infine, il terzo elemento che chiude il cerchio di tutto il processo è che «non ci limitiamo a dare un finanziamento alle startup ma le obblighiamo a fare progetti, perché per qualificarsi devono testarsi sul campo. Noi non solo creiamo contatti ma facciamo progetti con loro. Siamo un intermediario e ci assicuriamo, anche per conto della corporate, che il progetto si faccia in maniera efficace e nei tempi e nei costi concordati».

Ma essendo una piattaforma e focalizzandosi sul paradigma dell’Open Innovation, Gellify dedica dei servizi specifici anche alle corporate appunto, per aiutarle ad orientarsi nel percorso di innovazione del proprio business, dalla fase iniziale di ispirazione alla concreta esecuzione di progetti avanguardistici, in quello che la società chiama “Innovators Journey”.

Si incomincia con la costruzione di una technology road map, che sia in grado di mettere in fila una serie ragionata di progetti di innovazione tecnologica che l’azienda ritiene di intraprendere;

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qui l’apporto delle competenze specifiche del team di Gellify - che, esterno alla corporate, gode di un punto di vista privilegiato sul mondo dell’innovazione - è dirimente perché, come spiega la Chierchia, «una ventina di anni fa si faceva leva sulle competenze core e la road map tecnologica era consolidata: oggi le cose cambiano ogni sei mesi, sia perché ci sono tecnologie emergenti che nascono come funghi e mettono in discussione quello che si fa ogni mese, e questo rompe gli equilibri. E questo anche perché queste tecnologie appartengono a domini che non sono core nelle aziende: AI, cobot e non sono parte delle competenze tradizionali. Oggi per poter governare queste tecnologie le imprese devono conoscerle: e non è mai successo che una technology map abbia i suoi elementi critici fuori dal core dell’azienda».

Il secondo passo dopo la costruzione di una specifica technology road map è la ricerca della startup in grado di offrire la tecnologia necessaria. Le aziende si affidano a Gellify per lo

scouting, che avviene attraverso una rete di innovation brokers: banche, acceleratori, e soggetti

specializzati su tecnologie e ambiti specifici.

Per gestire al meglio l’attività con le corporate, Gellify ha istituito tre unità verticali, sulla base delle competenze interne di cui la struttura dispone: Industry 4.0, FinTech, FoodTech. Ciascuna area poi, al suo interno, è suddivisa in diverse linee di business. Industry 4.0, ad esempio, ne comprende tre: Innovator Journey, Digital Platform, Phygital Hub. Il primo è l’insieme dei servizi che Gellify mette a disposizione della corporate per mappare i suoi bisogni di innovazione, un lavoro che spesso avviene recandosi fisicamente nelle aziende, dice la Chierchia; la Digital Platform è una piattaforma digitale che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di innovazione; infine il Phygital Hub, «uno spazio fisico dove toccare con mano tecnologie e casi d’uso altamente innovativi e al tempo stesso già disponibili e pronti per poter essere introdotti nelle proprie aziende. Un luogo, a Bologna, dove incontrare altri player dell’ecosistema, tecnologie digitali dirompenti che derivano da start-up o big tech come Comau, Cisco, Siemens, Sony per contaminarsi e ispirarsi a vicenda».

Fondata da Fabio Nalucci, Michele Giordani e Gianluigi Martina, Gellify ha fatturato 1,5 milioni nel 2017 e prevede di chiudere il 2018 con 3,5 milioni, portando gli investimenti in startup a 10 milioni totali: ad oggi il portfolio di Gellify conta dieci realtà innovative negli ambiti fintech, digital intelligence, phygital marketing, industry 4.0 e analytics.

e-Novia. “The Enterprise Factory”, questa è la twitter friendly headline che descrive e-Novia,

la società milanese fondata nel 2012 da un gruppo di ricercatori e docenti del Politecnico di Milano (Ivo Boniolo, Vincenzo Russi - Amministratore Delegato, Sergio Savaresi e Cristiano Spelta). “Fabbrica di Imprese” perché e-Novia non è un semplice incubatore - che «è

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un’operazione più immobiliare, con l’affitto degli spazi e l’erogazione di servizi» afferma Boniolo - ma vera e propria fucina di idee innovative da trasformare in imprese, che poi vengono aiutate a scalare. Un “meccanismo di gemmazione di imprese tecnologiche”, in cui un ruolo fondamentale viene giocato dalle università (in primis Politecnico di Milano e l’Università di Bergamo), con le quali e-Novia chiude contratti quadro di ricerca che la società stessa finanzia: qui germogliano le idee la cui praticabilità industriale e commerciale viene poi vagliata da e-Novia. L’obiettivo di e-Novia, dunque, è proprio quello di trasformare i risultati della ricerca in prodotto e poi impresa, e favorire così il trasferimento tecnologico attraverso la creazione di aziende spin-off.

Il valore aggiunto che e-Novia fornisce, ancora una volta, è proprio quella struttura imprenditoriale di cui una tecnologia o un prodotto hanno bisogno per trasformarsi in azienda: si parte dall’idea innovativa che nasce dentro l’università, viene trasformata in prototipo dagli ingegneri e designer di e-Novia, e viene poi valutata dal Comitato di Investimento che stabilisce se c’è un potenziale di business o meno; se il potenziale c’è, l’idea si trasforma in impresa, che - afferma Russi - «nasce come invenzione, ma con un approccio “di fabbrica”, legato alla decodificazione dei vari passaggi. Naturalmente, l’impresa si fa integrando tutte le sue funzioni tipiche: marketing, finanza, e tutto il resto», competenze che sono interne al team di e-Novia: la società infatti può contare su un pool di circa 100 ingegneri (180 con tutte le imprese controllate e partecipate), designer e business expert, che vantano un know-how negli ambiti Sensing (Computer vision, Artificial Perception e Natural Language), Reasoning (Artificial Intelligence, Multi Sensor Fusion, Advanced Correlation Algorithms, Autonomous Decisions) e Acting (Human-Robotics Interaction, Smart Motion, Mechanic Biwiring).

Il processo di invenzione e successivo accompagnamento e sviluppo della startup si articola su due pilastri, definiti molto plasticamente “linee di assemblaggio”: la Invention Foundry e la

Enterprise Foundry. La prima serve appunto a trasformare la proprietà intangibile frutto della

ricerca in prodotto tangibile, la seconda trasforma il prodotto in azienda, dotandolo di organizzazione e struttura.

Ad oggi e-Novia ha in portfolio 24 startup tra controllate e partecipate, attive nelle tre aree che costituiscono le tre direttrici strategiche della società: Smart Factory, Smart Transportation e della Mobility as a Service. Per quanto riguarda i risultati economico-finanziari e di occupazionali, e-Novia ha fatturato 5,8 milioni nel 2017, segnando un +90% rispetto al 2016, con investimenti pari a 7,4 milioni e un team giunto a 80 persone; 20 imprese create e 26 brevetti internazionali depositati. Se poi ai ricavi di e-Novia si sommano quelli delle startup, si raggiungono i 12 milioni di euro.

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Endeavor. In Italia dal 2016, Endeavor è un’organizzazione no-profit statunitense nata nel

1997, ora attiva a livello globale in oltre 30 Paesi con l’obiettivo di creare un network a sostegno degli innovatori e - secondo le parole di Linda Rottenberg, co-founder ed ex CEO - “try to take

the magic of Silicon Valley and sprinkle it in places where there’s a lot of talent but there weren’t ecosystems to mentor, develop and nurture that talent”. Per fare ciò Endeavor, quando

decide di aprire una nuova sede, si affida a un gruppo di 5-10 top local business leaders, che offrano il proprio supporto di esperti “to fund local operations, form a board of directors and

build a local network to mentor Endeavor Entrepreneurs”. Una volta lanciata l’attività si avvia

il lavoro di selezione degli imprenditori, un processo che dura 12-18 mesi nel corso del quale i candidati vengono intervistati da esperti locali o regionali del network Endeavor, prima di presentarsi agli International Selection Panels dove business leader di rilievo internazionale, aderenti ad Endeavor, selezionano i nuovi imprenditori che entreranno nel network.

Figura 8. Il processo di selezione di Endeavor

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Una volta entrate a far parte di Endeavor, le startup possono beneficiare di una serie di global

programs and services che le aiutino a scalare, che vedono coinvolto il network di volontari

mentor, advisor, investitori e business leaders. In più, dal 2012 Endeavor si è dotata di un veicolo di co-investimento, Endeavor Catalyst, che investendo insieme a VC e growth equity

firms, supporta anche finanziariamente la crescita delle startup; a marzo 2018, Endeavor

Catalyst ha effettuato 76 investimenti e ha 115 milioni di dollari di Asset Under Management.

Figura 9. Le 5 fasi del modello Endeavor

Fonte: Endeavor Catalyst Annual Report 2017-2018

Da notare, inoltre, che dal 2018 Endeavor ha lanciato in Italia Endeavor X, un programma pensato per le startup che non hanno i requisiti dimensionali (specialmente di fatturato) per accedere al network Endeavor ordinario: una scelta che nasce proprio dalla necessità di tener conto delle minori dimensioni delle startup italiane.

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