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Gli investimenti dei Venture Capitalist in Italia nel 2017

Capitolo 2 – Il sostegno alla crescita delle startup e delle PMI innovative

2.2 L’ecosistema italiano dell’innovazione Inquadramento, attori, numeri

2.2.2 Gli investimenti dei Venture Capitalist in Italia nel 2017

Analizziamo ora il mercato del Venture Capital in Italia nel corso del 2017.

Secondo il Rapporto VEM di AIFI, nel 2017 sono stati effettuati 57 nuovi investimenti nelle fasi seed30 e start up31 capital (denominati initial investments), registrando un decremento pari a circa il 38% rispetto al numero di investimenti realizzati nel 2016 e del 26% rispetto al 2015. Dopo i precedenti cinque anni di espansione, dunque, nel 2017 è stata rilevata una contrazione dell’attività di investimento nel segmento early stage.

Quali sono le ragioni di tale inversione di rotta? In realtà più che di inversione di rotta si potrebbe parlare di momento di rallentamento fisiologico del mercato, dovuto a una serie di cause contingenti. Innanzitutto, nel corso del 2017, alcuni principali operatori si sono concentrati su attività di fundraising volta a reperire capitali da utilizzare in operazioni del prossimo ciclo di investimenti: questo ha naturalmente sottratto energie alle attività di investimento per l’anno in corso.

30 Secondo la definizione di AIFI: “Investimento nella primissima fase di sperimentazione dell’idea di impresa,

quando è ancora da dimostrare la validità tecnica del prodotto/servizio.”

31 Secondo la definizione di AIFI: “Investimento finalizzato all’avvio di un’attività imprenditoriale, quando non

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In secondo luogo, altri operatori, che si trovavano in una fase avanzata del loro investment

period, hanno dato precedenza a investimenti cosiddetti di follow-on (secondi e terzi round di

finanziamento alle imprese già da essi partecipate) anziché intraprendere nuovi initial

investments: con il numero di operazioni follow on che è passato dai 10 deals mappati nel 2016

ai 21 del 2017.

Infine, bisogna considerare che il rallentamento del mercato degli initial investments appare notevole se si guarda il numero delle operazioni, ma riferendosi all’ammontare investito il quadro cambia: il calo c’è, ma è molto più contenuto (circa 9%, 165 milioni di Euro nel 2017, contro i 181 milioni del 2016). Inoltre, sommando all’ammontare degli initial investments i capitali investiti in follow on, il dato del 2017 risulta sostanzialmente in linea con l’anno precedente, pari a circa 208 milioni di Euro (contro 220 milioni nel 2016).

Sotto il profilo dei soggetti investitori, il numero di investitori attivi (Leader e Co-Investor) si è attestato a 69 (a cui deve essere aggiunta la categoria dei Business Angels), in diminuzione (- 16%) rispetto al 2016, per il closing di 153 investimenti complessivi (contro i 206 nel 2016 e 126 nel 2015). Gli investitori, quindi, hanno realizzato mediamente 2,2 investimenti ciascuno, in linea rispetto al 2016 (2,5). Escludendo i business angels attivi come persone fisiche che investono a titolo personale, i primi 10 operatori hanno catalizzato intorno a sé poco oltre il 50% dell’attività - caratteristica anche del precedente biennio. Inoltre, il 21% degli investimenti è stato realizzato da investitori stranieri, un dato in linea con l’anno precedente.

Senza scendere in ulteriori dettagli su caratteristiche specifiche degli investimenti, i risultati messi in evidenza dal VEM 2017 possono essere sintetizzati come segue.

Gli investimenti in startup capital sono stati maggiori di quelli in seed (86% contro 14%). Nel tracciare un profilo medio degli investimenti, con riferimento alla categoria seed capital, nel 2017 il taglio medio dell’investimento ammonta a 0,5 milioni di Euro per l’acquisto di una partecipazione pari al 22,5% del capitale di società che nell’88% dei casi nascono da iniziative private. Esse sono localizzate prevalentemente nel Nord Italia in Lombardia e nel Lazio. Il settore maggiormente attraente è stato l’ICT (63%).

Con riferimento alle operazioni di start up, invece, nel corso del 2017 l’operatore di venture capital ha investito mediamente 3,4 milioni di Euro per l’acquisto di una partecipazione di minoranza pari al 33% del capitale di società costituite nel 98% dei casi da iniziative private. Tali imprese sono localizzate prevalentemente nel Nord Italia (37% in Lombardia, 10% in Emilia Romagna) e nel Lazio (22%). Il settore maggiormente attraente è sempre il comparto

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ICT, con particolare riferimento alle applicazioni web e mobile, ma è da rilevare anche il forte impatto del terziario avanzato.

In sintesi, dunque, le operazioni di seed capital e di startup differiscono certamente per dimensioni, ma hanno sostanzialmente in comune i caratteri di deal origination, localizzazione geografica e settore merceologico.

Di seguito si riportano due tabelle che mettono in evidenza le caratteristiche fondamentali degli investimenti in seed capital e startup.

Tabella 3. Profili degli investimenti in Seed Capital

Fonte: VEM 2017

Tabella 4. Profili degli investimenti in Startup

Fonte: VEM 2017

Un aspetto interessante che emerge dall’analisi del mercato 2017 - questa volta messo in luce da BeBeez e P10132 - è relativo alle scale up. Storicamente in Italia, afferma lo studio, mancano

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fondi per aiutare la startup ormai avviata - con modello di business consolidato e che si trova già in fase commerciale - a fare quel salto dimensionale che le permetta di diventare un’azienda affermata e crescere globalmente. Tuttavia, rileva lo stesso studio, “in Italia si comincia a capire che il venture, per essere efficace per le aziende target, e redditizio per gli investitori, deve poter supportare la crescita delle partecipate lungo un percorso di vita che dura alcuni anni, e che presuppone più fasi di investimento prima di ottenere dei risultati davvero tangibili. A questo fine si stanno affacciando sul mercato operatori più grandi e dedicati, mentre alcune startup stanno già facendo il salto, diventando scaleup”33

Nel 2017, ad esempio, Il Fondo Italiano d’Investimento ha infatti appena lanciato la raccolta del nuovo fondo FII Tech Growth, destinato a investimenti di late stage Venture Capital, con un target complessivo di raccolta di 150 milioni e la capacità di effettuare singoli investimenti da 5 a 20 milioni alla volta. Ma anche altri sono i soggetti che si muovono verso il mondo delle scale up, da Tamburi Investment Partners (fondo Star-TIP), Marzotto Venture (fondo Capitol 1), Vertis (fondo Vertis Venture 2 Scaleup).

La crescente attenzione al supporto di imprese che si trovano a dover affrontare la fase di scale up è particolarmente importante per dare continuità al sistema dell’innovazione e per assicurare agli investitori e alle startup stesse di cogliere le opportunità di crescita e sviluppo del business, e raccogliere così i frutti degli investimenti effettuati in fase di early stage. Anche perché, rispetto al quadro europeo, l’Italia è abbastanza indietro su questo fronte, come risulta dal rapporto SEP Monitor Tech Scaleup Europe 2018 redatto da Startup Europe Partnership (SEP). Il documento si focalizza sulle scaleup34 del settore ICT, escludendo dunque i settori farmaceutico, biotech e life sciences, manifatturiero e industriale, nanotecnologie e semiconduttori.

Nel documento citato - i cui dati si riferiscono al 2017 - l’Italia si colloca all’undicesimo posto tra i Paesi europei secondo lo Scaleup Index, che tiene conto del numero di scale up e del totale di investimenti da queste ricevuti. Guidano la classifica il Regno Unito, la Germania, la Francia e la Svezia, con la Germania che rispetto all’anno 2016 ha scavalcato la Francia per capitale raccolto: nei quattro Paesi si colloca circa il 70% delle nuove scale up emerse nel 2017. L’Italia, con le sue 178 scale up nel 2017, è cresciuta del 20% rispetto al 2016 (quando contava 135 scaleup), ma il tasso di crescita è nettamente inferiore a quello medio europeo (28%); per quanto

33 BeBeez per P101, Venture Capital Report, 2017

34 Ai fini della presente ricerca definite come quelle imprese con “more than $1M funding raised (since foundation)

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riguarda il tasso di crescita del capitale raccolto dalle scaleup, invece, il +34% dell’Italia è in linea con il dato medio europeo (+36%).

Figura 4. Scaleup Europe Country Index 2017

Fonte: SEP Monitor Tech Scaleup Europe 2018

Se si relaziona l’ammontare di capitale investito al PIL del Paese (Scale up Investing Ratio) e il numero di scale up alla popolazione (Scale up Destiny Ratio), la situazione appare ancora più negativa per l’Italia, che si colloca in basso a sinistra nella matrice che segue.

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Figura 5. Scaleup Europe Matrix 2017

Fonte: SEP Monitor Tech Scaleup Europe 2018

Inoltre, le scale up italiane sono medianamente più piccole e più giovani delle scaleup europee: l’86% delle scale up italiane hanno raccolto tra 1 e 10 milioni di dollari nel 2016, e il 76% delle scale up italiane è stato fondato dopo il 2010 (contro una media europea del 65%).

Per quanto riguarda il rapporto con gli investitori, infine, facendo riferimento al SEP Monitor

Scale up Italy del 2017 (dati 2016), emerge la convenienza per le scaleup italiane di adottare il

cosiddetto “dual companies model”: diffuso in tutta Europa - ma leggermente di più in Italia - questo modello consiste nel ricollocare l’headquarters della società all’estero, per reperire più facilmente maggiori capitali nei mercati più sviluppati e, probabilmente, anche per beneficiare di una tassazione più favorevole. Rispetto alle scaleup che non adottano il modello, quelle che lo fanno riescono a raccogliere quasi il doppio del capitale (11.8 milioni di dollari contro 6.3 milioni, nel 2016). Nel 2016 il 16% delle scale up italiane ha deciso di adottare un dual model,

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e di queste l’80% si è diretto verso gli USA (Silicon Valley e Boston), mentre il 20% verso Londra. 35

Emerge in maniera abbastanza chiara, dunque, che le scale up italiane hanno bisogno di un particolare supporto per essere in grado di competere con le scale up che nascono in altri Paesi d’Europa, e ancor più con quelle di altri Paesi del mondo; un supporto che le aiuti a crescere dimensionalmente, sia orientando il business verso una maggiore e più rapida scalabilità, sia mettendole in contatto con investitori esteri, o addirittura facilitandone la presenza all’estero. Nel prossimo paragrafo analizzeremo più approfonditamente il Programma di Scale up internazionale, che è lo strumento principale attraverso il quale l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo sta cercando di affrontare la sfida.

35 Il dato è in linea con un’altra considerazione, ovvero che la maggior parte dei capitali stranieri raccolti dalle scale up in Italia provengono da USA (15% del totale di capitali investiti in scale up, italiani e stranieri) e UK (14%).

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