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Attrarre un tipo di pubblico, soprattutto ma non esclusivamente giovanile,

CAPITOLO 3 : PERCHÉ IL GAMING IN BIBLIOTECA

3.1 Motivi che giustificano il gaming in biblioteca

3.1.1 Attrarre un tipo di pubblico, soprattutto ma non esclusivamente giovanile,

“B: Sai forse c’è un modo per riaccalappiare gli adolescenti che ci sfuggono e per attirare un sacco di nuovi utenti di tutte le età? D: Sarebbe fantastico, sono tutto orecchie! B: Videogiochi!”203

Anche se la motivazione di attrarre un pubblico non ancora servito dalla biblioteca non si colloca sempre al primo posto tra gli obiettivi perseguiti dalle biblioteche questa resta comunque quella più frequente e la prima ad essere esibita quando si propone la possibilità di inserire ed impiegare i giochi in tale ambiente. Infatti a detta dei sostenitori di tale introduzione questa motivazione rappresenta il principale vantaggio offerto dai giochi pertanto sarà trattata per prima. Secondo tale motivazione i giochi avrebbero la (presunta) capacità di richiamare in biblioteca un nuovo pubblico non ancora servito dalla biblioteca, quindi si parla di potenziali utenti che solitamente non si recano in biblioteca poiché non ritengono che questa sia in grado di offrire qualcosa di loro interesse. Tale “gruppo” non è costituito solo da adolescenti e bambini - ritenuti i consueti beneficiari dei giochi, in particolare per quanto riguarda i videogiochi nell’immaginario comune si è soliti pensare ai videogiocatori come dei ragazzi di quindici anni che giocano ai videogiochi al buio, da soli, nel seminterrato della loro casa204, invece la realtà è diversa: basti pensare che da diverse ricerche americane è emerso che l’età media dei giocatori è di 35 anni - ma vi ritroviamo anche persone che hanno visto e vissuto la storia stessa dei videogiochi (o che sono comunque interessati ai giochi in generale) fin dalle prime sperimentazioni e che sono cresciuti con questi perciò oggi sono degli adulti che talvolta conservano gli interessi giovanili. Nonostante questa precisazione i destinatari principali restano comunque i giovani. Se questi sono degli abituali lettori e frequentatori della biblioteca difficilmente si correrà il rischio che una volta ultimati gli studi smetteranno di frequentare tale ambiente, diversamente se l’unica ragione che li portava a recarsi in

203 Tratto dal dialogo, inventato da Baudo, tra un bibliotecario e il direttore della biblioteca in Baudo, «Come cambiano i servizi

bibliotecari per ragazzi», cit., p. 122.

204 “When many people hear the term “gamers,” they think of fifteen-year-old boys playing video games in the dark, alone, in their

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biblioteca era la consultazione e richiesta di documenti per fini scolastici allora si rischia di perdere questo pubblico almeno finché non dovranno accompagnare in biblioteca i propri figli. Pertanto, tale introduzione potrebbe cambiare la loro percezione della biblioteca da luogo uncool fornendogli improvvisamente un motivo, diverso dallo studio, per recarvisi205. L’attenzione viene spesso rivolta a tale pubblico, in particolare gli

adolescenti maschi, perché non di rado è emerso che rappresentano gli individui meno serviti dalle biblioteche e Levine, che osserva tale aspetto, sostiene che il problema riguarda proprio tale gruppo considerando che “non è che i bibliotecari non ci provino, ma non riescono a collegarsi con loro infatti fanno un buon lavoro nel servire i bambini e gli utenti quando raggiungono la genitorialità inoltre sanno anche come servire gli anziani. Per quanto riguarda i giovani invece resta solo la speranza che loro tornino in biblioteca in veste di genitori, imprenditori, lifelong learners o anziani. Ma su quale presupposto si fonda tale speranza? Se i giovani non hanno trovato nulla di rilevante in biblioteca finora cosa li porterà a cambiare idea?” 206. Anche Neiburger si interroga su

tale quesito in particolare dopo aver osservato che al giorno d’oggi i giovani sostituiscono i contenuti offerti dalla biblioteca con soluzioni più flessibili e convenienti grazie all’utilizzo di Internet207, inoltre ad aggravare tale problema si aggiunge un’ulteriore

considerazione emersa durante un’intervista radiofonica alla quale ha preso parte lo stesso Neiburger. L’aneddoto narrato riguarda la discussione con una donna, sotto i trent’anni, che aveva dichiarato di non possedere la tessera della biblioteca perché la biblioteca non aveva nulla da offrirle, lei vedeva la biblioteca come un luogo per scolari e non aveva motivo di recarsi li finché non avrebbe avuto dei figli da accompagnarvi. Nel corso della discussione era emerso anche che lei stava seguendo una serie televisiva ma non aveva visto la prima stagione e non sapeva dove reperire tali episodi, quando Neiburger l’aveva informata che in biblioteca poteva trovare tali puntate lei rimase sorpresa: semplicemente non aveva pensato alla biblioteca in quel modo. Il significato di questo racconto è evidente: questa donna aveva una necessità ma non avrebbe mai pensato alla biblioteca per risolverla. Se non si presta attenzione a tale aspetto – continua Neiburger - l'idea che la biblioteca pubblica non ha alcun valore o rilevanza per la vita moderna potrebbe

205 “Is there any place more uncool than the library for a young boy? (…) What if this population suddenly had a reason to come to

the library that didn’t involve forced research?”. Cfr. Levine, «Introducion», LTR 2006, cit., p. 7.

206 Cfr. Jenny Levine, «Chapter 2: The Gaming Generation», in Library Technology Reports, vol. 5, 2006, 18–23, https://journals.ala.org/index.php/ltr/issue/view/133, p. 18.

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diventare la visione principale. Questa idea è determinata da una percezione errata che alcune persone hanno delle biblioteche che vengono viste solo come magazzini di libri e che per questo motivo, secondo loro, finiranno per sparire nel tempo sostituite da altre soluzioni che prevedano l’utilizzo di innovazioni digitali208. Il messaggio che Neiburger

vuole trasmettere è chiaro: se [la biblioteca] non offre loro qualcosa che apprezzano ora, sarà irrilevante per il resto della loro vita209. L’utilizzo dei giochi in biblioteca si presenta, secondo coloro che lo sostengono, come una soluzione fattibile a questo problema perché il gaming trasmetterebbe a queste persone, che non sono interessate a quanto offerto dalle biblioteche, l’idea che possono trovare in tale luogo anche altri servizi diversi da quelli tradizionali e in linea con i propri interessi. Tra tali interessi si colloca quello per i giochi.

I giocatori si presentano come un gruppo ampio e diversificato al proprio interno. Basandosi su analisi e sondaggi emerge che i videogiocatori (quindi non stiamo parlando di tutti i giocatori, anche se all’interno di tale gruppo ci possono essere individui interessati anche ai giochi tradizionali) costituiscono un quarto della popolazione globale210. Inoltre grazie ai dati riportati dal Report del mercato globale dei giochi del 2016211 siamo messi a conoscenza anche della distribuzione di tali giocatori nel mondo:

• Nel nord America quasi il 55% della popolazione è costituita da giocatori (198.051.000 giocatori rispetto a 360.405.000 persone);

• Nell’Europa occidentale rappresentano il 45% (184.627.000 su 404.489.000) e il 43% nell’Europa orientale (152.528.000 su 353.057.000);

• Nell’America latina i giocatori costituiscono il 32% della popolazione (209.008.000 su 639.584.000);

• In Asia e nel Pacifico rappresentano il 26% della popolazione (1.053.047.000 su 4.008.219.000);

• Nel Medio Oriente e l’Africa i giocatori costituiscono il 18% della popolazione (301.364.000 su 1.626.140.000).

208 Cfr. Ivi, pp. 3-5.

209 “If you don’t offer them something they value now, you’re going to be irrelevant to them for the rest of their lives”. Cfr. Ivi, p. 3. 210 Popolazione globale: 7.391.894.000 di cui 1.900.574.000 sono giocatori. Dati ottenuti sommando i valori riportati nel report citato

nella nota successiva.

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Se invece si vuole analizzare la composizione di questo gruppo allora bisogna tenere presente che “è difficile parlare dei giocatori come un gruppo monolitico (…), diverse generazioni sono cresciute con i giochi. Il giocatore medio ha trentatré anni e gioca da dodici anni (…) ma ci sono sempre eccezioni agli stereotipi: ci sono persone anziane che amano giocare regolarmente e giovani che non lo fanno”212. Si tratta quindi di un gruppo

che racchiude al proprio interno generazioni diverse tra cui la generazione X, la Y, la Z e anche l’Alpha; cerchiamo di individuare qualche tratto distintivo di tali generazioni. Generazione X è una locuzione utilizzata per descrivere la generazione di coloro che sono nati tra il 1960 (c’è chi sposta tale data al 1961 o 1965) e il 1980, storicamente è inquadrata alla fine della guerra fredda con la caduta del muro di Berlino. È la generazione successiva a quella dei baby boomer e diversamente da questa “non è cresciuta nell’epoca del boom economico quindi non comprende le aspettative e il lavoro delle generazioni precedenti (…), la frustrazione è tanta quanta la rassegnazione che non c’è più nulla da fare per cambiare il proprio destino (…), eppure questa generazione non ha colpa, ha solo ereditato gli errori e gli orrori del boom economico, lasciati dai baby boomers”213. “La X

deriva da Generation X, romanzo di Doug Copland, il primo ad aver azzardato un ritratto della generazione più sottovalutata di sempre, in particolare da quei baby boomer che avevano vissuto appieno il Sogno Americano, lasciando ai propri figli quel che ne rimaneva”214. Coloro che appartengono a tale generazione hanno assistito alle prime

grandi rivoluzioni tecnologiche in termini di comunicazione poiché hanno visto il numero dei media aumentare e diventare sempre più “personal” (con la diffusione del walkman, i personal computer e il cellulare) e il modello comunicativo da prettamente informativo diventare d’intrattenimento puro con la diffusione dei cartoni animati, le sale giochi e i primi videogiochi215.

La Generazione Y è anche nota come Millennial Generation o Net (e Next) Generation e riunisce coloro che sono nati tra i primi del 1980 e il 1994, talvolta tale lasso di tempo è ampliato abbracciando anche coloro che sono nati tra fine 1990 e gli inizi del 2000. Furono proprio gli stessi membri di tale generazione a decidere di utilizzare la lettera Y

212 Cfr. Levine, «Introducion», LTR 2006, cit., p. 7.

213 Francesco Florenzano, Generazione L : silent generation, baby boomers, baby busters, generazioni X, W e Y alle soglie del terzo

millennio (Roma: EDUP, 2002), pp. 101-102.

214 Alexia Altieri, «Baby boomer, X, Y e Z generazioni a confronto e dove trovarle», 4 ottobre 2017, consultato 20 novembre 2017, http://www.ninjamarketing.it/2017/04/10/baby-boomer-x-y-e-z-generazioni-a-confronto-e-dove-trovarle/.

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per distinguere la propria generazione da quella precedente (dato che tale associazione era stata creata dagli stessi individui gli autori del libro Generations: The History of America's Future, 1584 to 2069 William Strauss e Neil Howe preferirono utilizzare il termine Millenial216), viene utilizzato con tale valenza di distinzione “per la prima volta nell'agosto del 1993, in un editoriale sulla rivista Ad Age, che descriveva i teenager del momento”217. La loro caratteristica più evidente è la dimestichezza con la tecnologia e

comunicazione digitale ed è proprio questa familiarità, spesso acquisita fin da giovani, che comporta una dipendenza dalla stessa tecnologia e i relativi dispositivi. In base alle analisi svolte emerge che tale gruppo è soprattutto “mobile” perciò predilige l’utilizzo di dispositivi portatili quali smartphone e tablet grazie ai quali può essere connesso ad Internet sempre e ovunque218.

All’interno della Generazione Z troviamo coloro che sono nati dopo il 1995 (o dopo il 2000) fino al 2010. Anche nel loro caso Z è solo una delle denominazioni attribuite, si parla anche di iGen o Post-Millenials e Plurals Generation. Rispetto ai loro predecessori non hanno mai visto il mondo senza Internet, smartphone e tablet, mentre i Millenial sono nati e cresciuti nel momento del passaggio tra analogico e digitale. La presenza ed influenza della tecnologia in ogni aspetto della vita li ha resi più esperti di tali strumenti rispetto agli Y, inoltre sono più propensi a trovare soluzioni rapide e vagliare le numerose informazioni che ricevono costantemente ogni giorno. Parallelamente hanno visto i loro genitori e fratelli lottare duramente per affermarsi nel mondo del lavoro e le conseguenze dei molteplici cambiamenti in tale settore si riversano sul loro futuro diffondendo in loro molteplici preoccupazioni219.

Infine, si colloca la Generazione Alpha che racchiude il periodo di nascite che va dal 2011 al 2025, tale gruppo è ancora oggetto di studi ma già sono chiare alcune delle caratteristiche che li contraddistinguono:

“Le loro mani toccano un tablet prima di una penna, e con le immagini, da subito, apprendono e parlano (…). Imparano a condividere foto prima che a parlare (…).

216 Cfr. «Generazione Y - Wikipedia», Wikipedia, consultato 20 novembre 2017, https://it.wikipedia.org/wiki/Generazione_Y. 217 Ibidem.

218 Cfr. Riccardo Coni, «Le caratteristiche del target dei Millennials», 23 ottobre 2015, consultato 22 novembre 2017, https://www.tsw.it/digital-marketing/le-caratteristiche-del-target-dei-millennials/.

219 Cfr. «Generazione Z - Wikipedia», Wikipedia, consultato 20 novembre 2017, https://it.wikipedia.org/wiki/Generazione_Z#Caratteristiche.

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Questa generazione è la più veloce tra tutte ad avere accesso alle informazioni, già a 3 anni sa come cercarle e come utilizzarle, oggi a 4 anni un bambino può comprendere concetti semplici, scrivere e molti sanno già leggere. Solo 10 anni fa, in molte parti del mondo, ai bambini in età prescolare, si parlava – e a volte ancora oggi – con un linguaggio spesso incomprensibile, oggi in prima elementare molte maestre osservano una capacità di eloquio superiore alle generazioni precedenti”220.

Chi sono invece i nativi digitali? Le espressioni nativi digitali e immigrati digitali furono coniate da Mark Prensky, nel 2001 nel suo articolo chiamato proprio Digital Natives, Digital Immigrants221. Con nativo digitale si indica “chi è abituato fin da giovane o giovanissimo a utilizzare le tecnologie, essendo nato nell’era della rete e di Internet (…). [Al fine di rendere più chiara tale definizione sono state proposte ulteriori distinzioni, per individuare coloro che hanno vissuto la transizione dall’analogico al digitale, ottenendo:] a. i nativi digitali puri (tra 0 e 12 anni); b. i Millenials (tra 14 e 18 anni), c. i nativi digitali spuri (tra 18 e 25 anni). [Mentre le prime suddivisioni prevedevano la distinzione tra] i tardivi digitali (cresciuti senza tecnologia e tutt’ora scettici sul suo utilizzo), gli immigrati digitali (anche questi nati in un mondo analogico, ma ormai adattatisi a usare le prime novità tecnologiche) e i nativi digitali (che con computer, internet e cellulari hanno a che fare dalla nascita)”222. Ma dopo dieci anni dalla nascita di tali metafore Prensky sottolinea

che “addentrandoci nel XXI secolo, e quando tutti saranno ormai cresciuti nell’era digitale, la distinzione fra nativi digitali e immigrati digitali sarà meno importante”223 per

questo motivo suggerisce l’utilizzo dell’espressione saggezza digitale che indica “la saggezza che si riferisce all’uso delle tecnologie digitali per accedere al potere della conoscenza in una misura superiore a quanto consentito dalle nostre potenzialità innate; e quella che si riferisce all’uso avveduto della tecnologia per migliorare le nostre capacità”224.

220 Isabella Pierantoni, «Generazione Alpha Nati dal 2010 in poi │ Generation Mover», consultato 20 novembre 2017, http://www.generationmover.com/blog/category/generazione-alpha/.

221 Marc Prensky, «Digital Natives, Digital Immigrants», MCB University Press, On the Horizon, 9, n. 5 (ottobre 2001), https://www.marcprensky.com/writing/Prensky%20-%20Digital%20Natives,%20Digital%20Immigrants%20-%20Part1.pdf.

222 «Nativo digitale», Treccani, consultato 20 novembre 2017, http://www.treccani.it/vocabolario/nativo- digitale_%28Neologismi%29/.

223 Marc Prensky, «H. Sapiens Digitale : Dagli immigrati digitali e nativi digitali alla saggezza digitale», TD - Tecnologie Didattiche

50 (2010): 17–24, p. 18.

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Dopo questa parentesi, tutt’altro che esaustiva nel cogliere la complessità e caratteristiche di ogni singolo gruppo, sulle diverse generazioni che ci aiuta ad inquadrare un po' meglio i rispettivi membri possiamo tornare a parlare di giocatori e della distinzione tra casual gamer e hardcore gamer (oltre a queste due figure emerge il conscious gamer: “concetto espresso da Marco Accordi Rickards (…) il “conscious gamer” è il videogiocatore consapevole delle potenzialità del medium e in grado di confrontarsi criticamente con esso”225). Innanzitutto non esiste un’unica definizione di tali termini perché vengono

interpretati in modo diverso in relazione ad aspetti quali: la tipologia di giochi prediletti, il tempo dedicato a questi o ancora il modo in cui ci si pone rispetto alla stessa attività ludica. Perciò cercheremo di inquadrare tali tipi di giocatori in base agli elementi che li contraddistinguono. Una delle distinzioni più ricorrenti è quella che vede il casual gamer come un giocatore occasionale che gioca poco e di solito lo fa per rilassarsi o impegnare i momenti di attesa (come viaggi, code agli uffici, ecc), perciò preferisce utilizzare mobile game, giochi di tipo flash o java e quelli per console (in particolare quelle portatili). Contrariamente l’hardcore gamer si presenterebbe come un giocatore che si dedica a tale attività per passione ed interesse per i giochi stessi perciò vi dedica più tempo. Riguardo ai titoli che predilige secondo alcuni non disdegna nessun gioco mentre secondo altri questo tipo di giocatore preferisce focalizzarsi solo su determinati titoli dei quali diventa poi un esperto. Uno specialista o un tuttologo dei videogiochi? Su tale aspetto non si trova un punto di accordo, l’unica soluzione diventa quella di suddividere ulteriormente l’hardcore gamer così che avremo da una parte un videogiocatore che prova e finisce (sempre?) tutti i giochi che inizia e dall’altro un videogiocatore che preferisce focalizzarsi su meno titoli ma analizzare ognuno di questi per scoprirne ogni segreto (e talvolta anche informarsi su tutto ciò che ruota intorno a un determinato titolo come aneddoti sulla sua creazione o creatore/i, prodotti creati da fan in relazione a quel titolo, ecc). Restando sempre in tale ottica del giocatore hardcore inteso come un giocatore “serio” un altro luogo comune è quello che tale tipo di giocatore non gioca mai a “facile”: ovvero quando in un videogioco gli viene data la possibilità di scegliere a quale livello di sfida affrontare il titolo (da “semplice” a “impossibile”, con tutte le possibili variazioni) lui prediligerà sempre i livelli di sfida più alti per testare le proprie capacità, inoltre questo tipo di

225 Mazzetta, «La biblioteca in gioco», cit., p. 18.

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giocatore non fa uso delle cheat226. Altre volte invece i giocatori che prediligono il PC, e si considerano “seri” nel dedicarsi ai giochi, vogliono distinguersi dai casual gamers perché ritengono che questi utilizzino solo giochi considerati “facili” in particolare quelli per console (il joypad è considerato più intuitivo e immediato rispetto alla combinazione mouse & tastiera) ma questa è in realtà solo una critica ed ostilità nei confronti di coloro che prediligono le console rispetto al PC per giocare. Ma bisogna anche tenere a mente che l’espressione casual gamer è diventata di uso comune solo di recente per indicare tutti quei giocatori occasionali che si avvicinano ai giochi prediligendo titoli più “immediati” e fruibili ovunque come i mobile game (in particolare quelli assimilabili alla saga di Candy Crush e simili) o videogiochi per console portatili come PSP e Nintendo DS. Conseguentemente l’hardcore gamer viene inteso come un giocatore fedele, appassionato a tale medium ed abituato ad utilizzare quest’ultimi rispetto ai casual. Quindi si può affermare che la distinzione tra i due tipi di giocatori è emersa in relazione alla massificazione dei prodotti, nel tentativo di allargarne il bacino di utenze, e questo ampliamento è diventato la fonte di equivoci. Una parentesi pertinente con quanto detto riguarda le persone che giocano a Tetris, Solitario, mobile games, ecc ma non si considerano giocatori. Tali individui sono da ricondurre alla casistica del casual gamer ma loro non si considerano tali, forse proprio perché si dedicano ai giochi occasionalmente e con il solo scopo di passare il tempo o semplicemente perché non pensano a sé stessi in quel modo.

Ritornando nell’ambito delle biblioteche e del gaming quando è stato detto ci aiuta ad avere una migliore percezione del pubblico al quale ci si vuole rivolgere con l’introduzione dei servizi che prevedono l’utilizzo dei giochi. In teoria questi servizi possono richiamare tutti i tipi di giocatori dall’esperto al neo-giocatore dove il primo viene coinvolto proprio per le sue capacità in veste di guida per i principianti e coloro che si avvicinano per la prima volta ai giochi. Coinvolgere un giocatore che ha dimestichezza con i giochi, sia tradizionali che elettronici, diventa fondamentale nel momento di pianificazione di un evento di gaming perché la probabilità di disporre già di un esperto di giochi all’interno del proprio staff sono piuttosto basse.

226 Tradotti in italiano come trucchi indicano la pratica di barare all’interno del gioco (ad esempio servendosi di codici, di bug o altre

escamotage) al fine di ottenendo dei benefici o superare gli ostacoli. Nei giochi multiplayer è considerato scorretto nei confronti degli altri partecipanti poiché attribuisce al cheater (colui che fa uso dei cheat) un vantaggio rispetto agli altri giocatori.

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