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II. Le biblioteche della Compagnia di Gesù

4. Attuazione della regolamentazione bibliotecaria gesuitica

A partire dagli anni Sessanta del XVI secolo, i visitatori della Compagnia cercarono di far applicare i vari regolamenti all’interno dei collegi che andavano a ispezionare. Dalla documentazione pervenuta e raggruppata all’interno dei

Monumenta Historica Societatis Iesu, punti focali su cui si concentrava l’azione

dei commissari gesuiti erano: la classificazione del patrimonio librario, il sovvenzionamento della biblioteca e la distribuzione dei locali che dovevano ospitarla.

Circa la prima problematica, si hanno due testimonianze: la prima, datata 1572, proviene da Tolosa e riguarda una visita fatta dal Preposito della Provincia d’Aquitania, Claude Mathieu, nel locale collegio. In quell’occasione il visitatore stilò un elenco preciso della suddivisione per materie della biblioteca:

Tituli ordinarii facultatum erunt hi: theologi, philosophi (et sub hoc titulo erunt etiam dialectici), medici, mathematici (si sint pauci), historici, oratores, poetae, grammatici (sub quibus dictionaria etiam), graeci, haebraici, iuriconsulti.48

La seconda testimonianza è un documento della congregazione della Provincia Renana, la quale, riunitasi nel 1587 per esaminare la prima versione della Ratio studiorum, discusse circa la necessità di ottenere dal generale della Compagnia l’imposizione di una forma definitiva di classificazione delle biblioteche da attuarsi in tutti i collegi dell’Ordine, viste le numerose e differenti metodologie di elaborazione catalografica e classificatoria create autonomamente nelle diverse sedi gesuitiche.49

48 MHSI, MP, III, cit., p. 245.

49 «Quaesitum est, num rogandus sit R. P. N. Generalis ut certam aliquam formam ordinandae bibliothecae statuat quam omnes sequantur. Videmus enim in una eademque provincial, licet

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Sulla dotazione economica delle biblioteche della Compagnia si conosce un documento redatto nel collegio di Vienne, in cui il visitatore Mannaerts autorizzò il provinciale ad assegnare all’istituto una somma di denaro per acquistare materiale bibliografico affinché, come stabilito dalla Ratio, né ai predicatori né ai professori mancassero i libri necessari per portare avanti la propria missione; o meglio ancora, il religioso incoraggiò i propri sottoposti a procurare una dotazione perpetua per il sostentamento della raccolta a carico di un benefattore sensibile a questa problematica.50 Adducendo la medesima motivazione, lo stesso Mannaerts invitò i rettori della Provincia Belgica a sensibilizzare prelati e canonici locali al fine di assegnare rendite annue per la sopravvivenza e il mantenimento delle biblioteche degli istituti. La prima testimonianza, però, di una dotazione economica permanente a una biblioteca dell’Ordine risale al 1593, in Francia, dove il Provinciale Clément Dupuy assegnò al collegio parigino di Clermont una rendita annua di 15 scudi d’oro per l’accrescimento della raccolta libraria.51

Molto più ricca la serie di testimonianze circa la suddivisione degli spazi bibliotecari nei collegi gesuitici, ai quali erano destinate diverse tipologie di materiale bibliografico.

una nitantur regula, varias tamen et dissimiles excogitata esse rationes et indicis conficiendi et librorum redigendorum in classes, crebrisque mutationibus notarum libros valde foedatus. Et responsum est ab omnibus, cum varie propter universalitatem suam regula de indice bibliothecae et intelligatur et practicetur, R.dum P. N. Generalem rogandum esse ut formula conficiendi indicis instruendaeque bibliothecae copiosior et magis particularis huic provinciae suppeditetur.

Responsio: Hoc potius ad officium provincialis pertinent ut resecetur omnis superfluitas in ornamentis, serveturque modestia quae religiosam paupertatem decet, et simul tamen munditia» (MHSI, MP, VII, Romae, Institutum Historicum Societatis Iesu, 1992, p. 320).

50 «Rector singulare ponat studium in locupletanda biblioteca, ne concionatoribus et professoribus desint libri necessarii. Item ut studiosi theologiae singuli habeant Summam S. Thomae, et philosophi Aristotelem. Quam in rem ex legitimis vel haereditatibus nostrorum de licentia P. N. Generalis, si quid aliquando contigat, posse provincialis certam aliquam summam decernere; vel potius procuretur ab aliqua pia persona una perpetua vel diuturna elemosyna in hunc finem […]» (Ivi, p. 446).

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I libri classificati come “prohibiti”, a esempio, erano contenuti in un armadio dedicato, oppure in una stanza separata rigorosamente chiusa a chiave. L’accesso a essa era consentito soltanto a particolari figure: il rettore del collegio (come nel caso di Lovanio),52 i professori di teologia,53 le persone con speciale autorizzazione alla consultazione delle opere interdette54 – naturalmente non per una lettura dilettevole ma per conoscere quei testi che minavano la stabilità dell’orbe cattolico onde meglio combattere l’eresia ed epurare le opere “piene di errori”;55 questo per quanto riguarda i libri proibiti. Per ciò che attiene alla biblioteca vera e propria, i libri, come detto, erano destinati a una sala, anch’essa chiusa a chiave, alla quale potevano avere accesso i professori, i predicatori e i sacerdoti, ma non gli studenti (gesuiti o laici), per i quali era previsto un serrato programma di letture.56

Una documentazione diversa, ma non meno interessante, viene da alcune prescrizioni lasciate dal già citato Mathieu al collegio tolosano circa le note di possesso (inscriptiones) da apporre sulla prima pagina di ogni volume della raccolta, con tanto di formulario:

52 MHSI, MP, III, cit., p. 140.

53 «Ratio visitandi a R. P. Everardo Mercuriano in collegio parisiensi servata anno Domini

1570. 1. Circa primam regulam de libris prohibitis constitutum est a R. P Visitatore, re prius cum

suis consultoribus pertractata, ut soli haeresiarchae et omnino necessarii serventur, cuius clavem etiam habeant qui profitentur theologiam […]» (MHSI, MP, III, cit., p. 207).

54 A Tolosa, Claude Mathieu raccomanda che «solus habeat clavem qui facultatem habeat legendi libros prohibitos». Ugualmente, lo stesso ordina nel 1579 che ad Avignone «solus habebit clavem arcae in qua recludentur [libri haereticorum], qui facultatem habeat legendi libros haereticos, sive sit rector sive alius […]» (MHSI, MP, III, cit., p. 245; MHSI, MP, IV, cit., p. 420).

55 Nella sua visita al collegio di Magonza del 1576, il visitatore Balduinus ab Angelo ordinò quanto segue: «Primo quoque tempore ex bibliotheca tensferantur libri omnes prohibiti qui in ea inveniuntur, ad cubiculum aliquod secretum; cuius clavem solus rector habebit; neque ulli seu theologo seu philosopho seu humanitatis professori concedetur aditus ad cubiculum ut illis libris utatur, nisi postmodum rectori exhibuerit quod in iis libris emendaverit» (MHSI, MP, IV, cit., p. 356).

56 «3. Quibusnam concedendum sit bibliothecam maiorem ingredi. 3. Non debet concedi ordinarie scholasticis, sed praeceptoribus tantum et concionatoribus. Sit autem bibliotheca semper clavi observata […]» (MHSI, MP, IV, cit., p. 420.)

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In omnibus libris scribatur nomen collegii in prima pagina et significetur librum illum esse inscriptum catalogo, hoc modo: Collegium tolos. Catal.

inscrip. Exemplar autem huius catalogi detur provinciali.57

Il medesimo ordine venne lasciato al collegio di Avignone nel 1578 e, assieme al caso precedente, costituisce la prima testimonianza di una pratica universalmente diffusa all’interno dell’Ordine, cioè quella che prevede l’utilizzo di una formula unica di inscriptio in ciascuno dei collegi della Compagnia.58

Come si vedrà in seguito, infatti, la formula delle note di possesso librario gesuitiche risulta univoca in ciascuno degli istituti bibliotecari ignaziani, dall’Italia alle colonie americane, fino alla Cina. Oltre che della capillare tendenza verso la radicale uniformità istituzionale, questo elemento testimonia della sempre maggiore considerazione che i padri ebbero per il loro patrimonio bibliografico, espressione materiale della propria vocazione culturale e simultaneamente strumento imprescindibile della multiforme opera di apostolato dell’Ordine.

5. Le norme bibliotecarie nella Ratio studiorum: la selezione dei