• Non ci sono risultati.

II. Le biblioteche della Compagnia di Gesù

2. I rapporti con l’Università

Per comprendere appieno le connessioni intercorse tra la Compagnia di Gesù e il mondo universitario italiano risulta molto interessante la lettura delle

15 La chiesa del Gesù di Perugia venne in seguito ampliata e finalmente completata con una maestosa abside quadrata costruita da Valerio Martinelli e aperta ufficialmente nel 1613. Per ulteriori approfondimenti si vedano: PIETRO PIRRI, Giovanni Tristano e i promordi della

architettura gesuitica, Roma, Institutum Historicum Societatis Iesu, 1955; PIETRO MATRACCHI,

L’operato di Giovanni Tristano nel Gesù di Perugia, in Architetture della Compagnia Ignaziana nei centri antichi italiani, a cura di GIUSEPPE ROCCHI, Firenze, Alinea, 1999, pp. 117-123; La chiesa del Gesù di Perugia. Storia e arte, a cura di CAMILLO CORBETTA, Perugia, EFFE, 2008.

16 PIETRO PIRRI, Giovanni Tristano, cit., pp. 132-133.

17 Circa il duraturo successo della Compagnia in campo educativo a Perugia, basti pensare alla testimonianza di Carlo Goldoni, alunno del locale collegio dal 1716 al 1719. Suo padre Giulio, che esercitava la professione medica nella città umbra, «essendo in voga i gesuiti» decise, infatti, di mandare il figlio a studiare nelle scuole dei religiosi, in modo da dargli la preparazione più completa negli studi di Umanità (CARLO GOLDONI, Memorie, Torino, Einaudi, 1993, p. 17).

174

pagine che Paul Grendler ha scritto a proposito di questa tematica.18 Le conclusioni cui lo studioso canadese perviene nella sua analisi riescono a chiarire, infatti, in maniera più che esaustiva il quadro storico riguardante i rapporti culturali e professionali stabilitisi fra le due istituzioni. Secondo Grendler, la missione educativa ignaziana si basava sulla volontà di creare figure intellettuali con una solida istruzione di tipo superiore/universitario, il che faceva dei gesuiti figure programmaticamente destinate a ricoprire cariche professionali all’interno degli ambienti universitari. Questo elemento intrinseco della conformazione culturale ignaziana portò di conseguenza i padri a cercare di entrare a far parte dei governi accademici di molti atenei italiani; tentativi che però fallirono nella maggior parte dei casi e questo per cause alquanto evidenti. Innanzitutto, la missione educativa gesuitica comportava un alto grado di indipendenza di azione da parte dei religiosi, il che si traduceva spesso in aperti contrasti tra i vertici delle istituzioni universitarie e i rappresentanti della Compagnia circa le cariche e i livelli di governo dei diversi atenei. I padri, infatti, avrebbero voluto gestire autonomamente una parte delle università in cui forte era la loro presenza. Ciò, tuttavia, era in palese opposizione con la struttura degli Studia italiani, i quali erano custodi di una plurisecolare indipendenza gestionale dalle istituzioni religiose. Inoltre, a rendere impossibile un’assimilazione amministrativa tra i gesuiti e le università vi erano le fortissime differenze esistenti tra il metodo d’insegnamento dei religiosi e quello dei professori universitari. Questi ultimi, infatti, privilegiavano nelle lezioni l’utilizzo dei testi originali, mentre i gesuiti erano famosi per servirsi dei manuali semplificati, spesso compilati dai membri stessi dell’Ordine. In Italia, inoltre, il metodo di insegnamento privilegiato era il modus bononiensis, al contrario di quanto accadeva per i padri ignaziani che, come detto precedentemente, utilizzavano il metodo parigino. Tali inconciliabilità metodologiche e culturali resero pressoché impossibile la presenza dei gesuiti all’interno dei governi delle università cittadine. Di converso, però, i religiosi entrarono spesso a far parte dell’équipe accademica di molti atenei,

18 PAUL F.GRENDLER, I tentativi dei gesuiti d’entrare nelle università italiane tra ‘500 e ‘600, in

Gesuiti e università in Europa. Secoli XVI-XVIII. Atti del Convegno di studi, Parma, 13-15 dicembre 2001, a cura di GIANPAOLO BRIZZI, Bologna,CLUEB, 2002, pp. 1-15.

175

distinguendosi particolarmente nei campi della grammatica e della retorica e guadagnandosi, in tal modo, posti di primissimo rilievo nel panorama culturale delle città europee.

Come prima accennato, la comunità gesuitica iniziò a farsi largo nell’ambiente universitario perugino sin dai primi anni della sua presenza nella città umbra. Moltissime testimonianze documentano che il già citato Viperano ricoprì l’incarico di lettore straordinario di greco e latino presso lo Studium locale per circa dieci anni, con alcune interruzioni, dovute ai suoi sbalzi di «melancolia», negli anni accademici 1559-1560 e 1563-1564, quando fu sostituito da altri due gesuiti, rispettivamente il modenese Lelio Bisciola e il perugino Paolo Comitoli.19 Oltre a costoro, altri furono i membri della Compagnia che vennero invitati a far parte del corpo docente dell’università locale. Basti pensare, come esempi, al caso di Girolamo Dandini, già professore di Teologia e Filosofia negli atenei di Padova e Parigi, che a Perugia ricoprì l’incarico di lettore ordinario di Filosofia dal 1593 al 1594;20 oppure a quello del letterato e drammaturgo Bernardino Stefonio, già professore di latino presso il Collegio Romano, chiamato dallo Studium come lettore di “Lettere latine” nel biennio 1589-1590.21

Dati questi felici esempi di collaborazione tra l’ateneo perugino e i padri della Compagnia, si può quindi ipotizzare che, almeno per i primi tempi, i rapporti tra le due istituzioni siano stati più che idilliaci.22 Anche se non si hanno riscontri effettivi circa la presenza continuata dei gesuiti all’interno della compagine accademica umbra, c’è da supporre legittimamente che questa dovesse essere abbastanza forte e radicata. Anzi, è più che probabile che a un certo punto della

19 Nel settembre 1564, Viperano lasciò definitivamente Perugia alla volta di Roma, prima di abbandonare definitivamente la Compagnia nel marzo del 1568 (MARIO SCADUTO, Storia della

Compagnia di Gesù in Italia, IV, cit. pp. 380-381; PIETRO TACCHI VENTURI, Di una nuova opera

sopra l’Indice dei libri proibiti, «Civiltà Cattolica», 56, 2, 1905, p. 49).

20 MATTEO SANFILIPPO, Dandini, Girolamo, in DBI, vol. XXXII, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1986, pp. 423-424.

21 ARSI, Ital. 5, c. 67-68.

22 RITA CHIACCHELLA, La città della Controriforma: vescovi e ordini religiosi dopo il concilio di

Trento, in Una chiesa attraverso i secoli, a cura di GIOVANNA CASAGRANDE e LUCIANO TOSI, Perugia, Quattroemme 1995, p. 10.

176

storia dell’Università l’influenza della Societas fosse talmente profonda da permettere ai religiosi di autopromuoversi come possibili governatori dell’ateneo. A tal proposito, Giuseppe Ermini riporta una lettera, datata 9 novembre 1680, indirizzata dal gesuita lucchese Filippo Poggi a papa Innocenzo XI,23 secondo la quale lo Studium di Perugia,

che per l’eccellenza de’ maestri e la molteplicità de’ scolari che vi concorrevano era uno dei più celebri studii d’Europa, è ridotto a tal stato che non può esser più meschino de’ maestri né più scarso de’ scolari.

Bisognava, quindi, a detta di Poggi, attuare una rivoluzione vera e propria dell’ateneo, il quale:

Haveria bisogno di riforme, una delle quali sarebbe ottima il ponervi i PP Giesuiti, come hanno fatto Fermo e Macerata, i quali, con l’emulazione e disciplina, farebbero un gran prò al pubblico et utile insieme alla Camera, mentre con poco o niente di stipendio potriano far avanzare molte centinaia di scudi e rimettere in piedi il fervore et allettare con la disciplina loro li forestieri anche di lontani, come succede altrove.24

Si trattava di una proposta di subentro in piena regola, che evidenziava le pecche dell’ateneo, oramai privo dell’antico fascino che attraeva giovani dall’intera penisola, in contrapposizione coi sempiterni successi pedagogici della Compagnia; il tutto inserito ancora una volta in un’ottica di investimento umano a costo ridotto volto al progressivo guadagno, sia in termini di lustro sia a livello economico, da parte della città e del suo Studium. Tuttavia, nonostante i notevoli sforzi fatti, i gesuiti non riuscirono nel loro intento. Nella contesa, infatti, intervenne il vescovo della città, Lucalberto Patrizi, il quale si affrettò a rigettare le accuse dei religiosi consigliando il papa di non assecondare le loro richieste, anche per evitare un innalzamento della disoccupazione tra le fila

23 Su Filippo Poggi si veda TOMMASO TOGNINI, Vita del Padre Filippo Poggi lucchese della

Compagnia di Gesù, Lucca, Pellegrino Frediani, 1708. 24 GIUSEPPE ERMINI, Storia della Università, cit. p. 187.

177

degli insegnanti e il conseguente malcontento di buona parte della popolazione. L’intervento del vescovo sortì i suoi effetti, vanificando gli sforzi di Patrizi e annullando il tentativo della Compagnia di inserirsi a capo dell’ateneo umbro, il quale riuscì così a mantenere salda la sua plurisecolare autonomia.

Nonostante ciò, tuttavia, la presenza dei gesuiti nel corpo docente ricopriva effettivamente un’importanza fondamentale per la vita dell’università e prova ne è la subitanea corsa ai ripari attuata dai vertici dello Studium nel 1773, all’indomani della soppressione dell’Ordine. Grazie ad alcuni documenti recentemente rinvenuti da Alessandra Veronese, sappiamo infatti che, subito dopo la soppressione clementina, il comparto didattico temeva di conseguire un forte danno a causa dell’improvvisa mancanza dei docenti gesuiti, i quali, evidentemente, oltre a detenere il primato nell’educazione scolastica cittadina, rappresentavano una fonte di sostegno imprescindibile per l’ateneo.25 Da qui una proposta, sottoscritta dai più importanti professori dell’università, per la messa a punto di un progetto didattico in grado di sopperire nell’immediato alla mancanza dei religiosi, i quali, assieme agli uffici propri della loro condizione sacerdotale, attendevano «alle istruzioni letterarie, della lingua, dell’arte rettorica, o poetica, della logica, della metafisica, della fisica […] della teologia scolastica, della teologia morale, passando poi agli studi delle lettere».26 Se quindi da una parte i vertici dell’università furono storicamente refrattari a inserire i padri all’interno del governo dell’istituzione, dall’altra è palese che i gesuiti siano stati nel concreto una delle colonne portanti del sistema educativo cittadino, divenendo nel tempo una componente imprescindibile dell’entourage didattico dell’ateneo perugino; tutto ciò a testimonianza, una volta di più, dell’eccellenza pedagogica e culturale ignaziana, di cui uno dei prodotti più felici fu rappresentato dalla collaborazione che i padri intrattennero, quando possibile, con le istituzioni universitarie italiane.

25 Perugia, Archivio dell’Abbazia di San Pietro [d’ora in poi AASP], Mazzi n° 4 Carte riguardanti

l’Università, cit. in ALESSANDRA VERONESE, Manoscritti del Collegio della Compagnia di Gesù in

Perugia, Tesi di laurea in Codicologia, Università di Perugia, Facoltà di Lettere e Filosofia,

relatore Maria Grazia Bistoni, a.a. 2008-2009, pp. 34-37.

178