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dell'intervistatore e dell'interprete.

A ciascun richiedente asilo, dopo la presentazione della domanda, si presenta l'obbligo ovvero l'opportunità di svolgere l'intervista di fronte la commissione territoriale competente.

Tale onere dovrebbe essere considerato un'opportunità per il richiedente asilo, in quanto da un lato è una fase di completamento dell'istruttoria della presentazione della domanda di protezione internazionale, dall'altro è l'occasione per il richiedente asilo di fare conoscere la propria storia alla commissione territoriale.

L'intervista è una fase di completamento dell'istruttoria, poiché, a mio avviso, sebbene la verbalizzazione della domanda si sia conclusa con la compilazione del modello C/3, non può considerarsi concluso tutto lo step che riguarda la presentazione dei motivi, che dovrebbero portare l'eleggibilità del richiedente a rifugiato. In particolare l'intervistatore studierà ciò che è già stato presentato nel modello C/3 e gli eventuali documenti consegnati dal richiedente asilo. In questo modo, tale formulario si presenta come la base della presentazione della domanda, che verrà completata appunto con il colloquio personale, il quale da un lato ne preciserà i punti oscuri e poco chiari, dall'altro farà emergere le motivazioni reali della richiesta di asilo.

Come per tutti gli altri aspetti procedurali, anche per questo i principi sono ricavabili dalla direttiva procedure 2013/32/UE agli articoli 14, 15, 16 e 17.

L'articolo 14, che introduce appunto la fase del colloquio personale, descrive tale obbligo come una facoltà per il richiedente asilo. La regolamentazione di tale aspetto non è dettagliata, ma è incardinata su dei principi che possono essere sviluppati in modo differente dal legislatore nazionale dei vari Stati membri.

I principi sui quali si basa il colloquio possono essere riassunti in cinque punti fondamentali: l'importanza di fare svolgere il colloquio all'autorità che prenderà poi la decisione sulla domanda presentata dal richiedente asilo con la rispettiva deroga, l'importanza della formazione degli operatori, per i quali, anche in questo caso, è prevista preparazione conforme a quanto viene indicato dall'articolo 6 del Regolamento numero 439/2010, il contenuto del colloquio, nel quale dovranno

emergere i punti previsti all'articolo 4 della direttiva qualifiche 2011/95/UE, l'importanza del verbale, al quale il richiedente deve dare conferma e infine le ipotesi, secondo le quali l'intervista può non essere svolta.

L'importanza dell'intervista è sottolineata anche dalla previsione, che sebbene sia prevista la possibilità per il richiedente di presentare domande anche a nome delle persone a proprio carico, la legislazione di ciascuno Stato membro può prevedere che tali individui svolgano singolarmente il colloquio personale245.

Tale previsione non è stata ripresa dal legislatore italiano. Esso sancisce solamente la possibilità per il minore richiedente asilo di sostenere un'ulteriore intervista senza la presenza del genitore ovvero del tutore nel caso di minore non accompagnato246:

infatti questa ulteriore possibilità è una deroga al principio generale, secondo il quale il minore o il minore non accompagnato hanno la facoltà, conformemente al paragrafo 1 dell'articolo 14, di sostenere il colloquio di fronte alla commissione territoriale con l'ausilio del genitore nel caso del minore ovvero del tutore nel caso del minore non accompagnato.

L'introduzione di un'apposita previsione, per gli adulti a carico, che preveda la possibilità di condurre un colloquio separato dal richiedente principale, sarebbe stata opportuna.

Tale opportunità è prevista nella prassi, ma sarebbe stato opportuno un adeguato recepimento. L'UNHCR spiega tale previsione nel manuale di formazione dell'intervistatore. Le persone a carico del richiedente, che presentano domanda di protezione internazionale, sono generalmente le donne, o per meglio dire le mogli dei richiedenti. Il marito che presenta domanda per sé stesso, presenta contemporaneamente domanda anche per il coniuge. Tale prassi si è sviluppata in quanto, in molti casi, i richiedenti provengono da culture nelle quali la posizione giuridica della donna è molto labile. Proprio per questo, il marito, che ha a carico la donna, presenta domanda anche per lei. Dalle interviste svolte dalle commissioni territoriali, però, è stato rilevato che in quei particolari casi l'unica ad avere i requisiti per beneficiare della protezione internazionale è proprio la donna, mentre il marito presenta domanda per proprio conto semplicemente per presentare la domanda della moglie. Sebbene la moglie abbia anch'essa il diritto soggettivo di

245Articolo 14, comma 1, della direttiva 2013/32/UE.

presentare domanda di protezione internazionale, il quale viene espresso con la conferma della domanda, presentata dal marito, per lo meno prima del suo colloquio personale, non ne beneficia a causa proprio dei retaggi culturali in cui essa è vissuta. Una donna che ha trascorso la sua vita in un Paese, che non le riconosce i medesimi diritti previsti per il genere maschile di fronte ad un tribunale, poiché il sistema giuridico non prevede non solo pene sostanziali, ma nessuna forma di protezione generale, a seguito delle denunce da essa presentate, o che non può votare, in quanto non ha diritti politici, o peggio ancora che non ha la libertà di sposare la persona da lei scelta, uomo o donna che sia, non ha la capacità e la forza di affrontare da sola tutte le fasi della procedura per il riconoscimento dell'asilo. Per questo l'uomo se ne fa carico, con non poche conseguenze negative per la donna.

Ripercorrendo i cinque principi cardine, che disciplinano il colloquio personale, come punto di partenza la normativa europea introduce il criterio, secondo il quale sarà la stessa autorità, competente a decidere sulla domanda, a condurre il colloquio con il richiedente asilo247. Tale principio è recepito dal comma 1, dell'articolo 12:

l'organo predisposto allo svolgimento dell'intervista è la commissione territoriale. Generalmente esso, conformemente ai principi europei248, si svolge in una seduta

non pubblica e nel rispetto della riservatezza adeguata. Di regola non sono previsti i familiari del richiedente asilo; essi potranno assistere al colloquio solamente se l'autorità accertante lo riterrà necessario.

Il colloquio dovrà avvenire entro 30 giorni dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, e su di essa si deciderà nei tre giorni feriali successivi. Generalmente l'intervista viene svolta da un solo membro della commissione territoriale competente, a meno che il Presidente della commissione, d'ufficio o su richiesta del richiedente, predisponga che debba avvenire di fronte all'intera commissione territoriale competente.

L'articolo 15 della direttiva 2013/32/UE introduce il secondo principio cardine: cioè la previsione dei requisiti formativi, dei quali deve essere in possesso l'intervistatore. Egli, oltre ad avere una conoscenza generale della situazione del Paese d'origine del

247A tale principio viene prevista la deroga al Paragrafo 1 dell'articolo 14 della direttiva 2013/32/UE, che prevede che un'autorità diversa da quella accertante conduca il

colloquio del richiedente asilo, in caso di un numero elevato di stranieri richiedenti asilo. 248Paragrafo 2, dell'articolo 15, della direttiva 2013/32/UE.

richiedente, deve conoscere anche la condizione personale del migrante: è importante che conosca l'origine culturale del soggetto, il genere, l'orientamento e l'identità sessuale e infine l'eventuale condizione di vulnerabilità del richiedente, secondo le figure e gli standard introdotti dalla direttiva accoglienza 2013/33/UE. Per questo è necessario che l'intervistatore, prima del colloquio, abbia studiato a fondo il fascicolo del richiedente, per evitare che durante l'intervista abbia bisogno di riprendere in mano le carte e i documenti che riguardano il richiedente249.

Ovviamente la formazione dell'intervistatore deve essere in linea con l'articolo 6 del Regolamento numero 439/2010.

Una formazione adeguata dell'intervistatore è fondamentale per una buona riuscita dell'intervista, in quanto essa è, per il richiedente asilo, un momento particolarmente delicato. Se non si sviluppa un rapporto confidenziale tra l'intervistatore e il richiedente, è probabile che quest'ultimo non riesca a fare emergere gli elementi essenziali per la motivazione della domanda di protezione internazionale.

Per questo la disciplina europea prevede, ulteriormente, che l'intervistatore non indossi divise e sia dello stesso sesso del richiedente asilo: creando un ambiente neutrale, il richiedente può sentirsi maggiormente a suo agio.

Tali principi non vengono riportati dal legislatore italiano: esso introduce solo due precisazioni.

La prima, di carattere generale, riprendendo il dettato europeo, prevede che colui che conduce l'intervista debba essere preferibilmente dello stesso sesso del richiedente250 e ovviamente in possesso di adeguata formazione. La normativa

italiana, avendo già previsto nella parte che riguarda la formazione della commissione territoriale in toto l'importanza dei nuovi livelli di standard in conformità con il Regolamento istitutivo dell'UESA, non richiama tale aspetto nella parte riguardante il colloquio personale del richiedente.

La seconda precisazione, è per così dire di carattere particolare e introduce una specificazione per due ipotesi particolari: l'intervista del minore ovvero del minore

249Alto commissariato delle Nazioni Unite, Intervistare i richiedenti asilo, disponibile su:

https://unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/assets/53a165df0b80eeaac70003d4/6int ervistare-i-richiedenti-asilo.pdf, consultato il 13/02/2016.

non accompagnato e l'intervista delle persone vulnerabili, secondo quanto previsto dalla direttiva accoglienza.

In entrambi i casi il comma 2 e 3 dell'articolo 13 prevede che debba esserci, oltre che all'intervistatore e all'interprete, personale altamente qualificato di supporto e sostegno.

Per concludere tutti gli aspetti riguardanti il secondo principio, la normativa europea introduce la figura dell'interprete. Esso è fondamentale per il buon funzionamento del colloquio, in quanto esso sarà il tramite tra l'intervistatore e il richiedente asilo. Per questo motivo è fondamentale che mantenga non solo una posizione neutrale nei riguardi del richiedente asilo, ma soprattutto che non modifichi alcuna parola proferita dal profugo, anche se può risultare imprecisa. Prima del colloquio, che ovviamente avverrà nella lingua parlata dal richiedente, sarebbe opportuno fare trascorre del tempo insieme al richiedente e all'interprete, per fare nascere la confidenza necessaria e utile alla buona riuscita dell'intervista251.

Anche per questo aspetto il legislatore italiano non ha introdotto nessuna regolamentazione particolare.

Prima di condurre una disamina più specifica sul contenuto del colloquio, è necessario fare una precisazione.

La normativa italiana, conformemente alla legge sul procedimento amministrativo numero 241/1990, regolamenta in modo specifico l'aspetto relativo alla comunicazione della data di comparizione di fronte la commissione territoriale per lo svolgimento dell'intervista.

Il principio generale prevede che il mancato svolgimento dell'intervista non comporti l'impossibilità di prendere una decisione sulla relativa domanda del richiedente: l'intervista, già a livello europeo, è definita come una facoltà; ciò significa che deve essere predisposta e regolamentata dal diritto nazionale di ciascuno Stato membro come una sorta di obbligo leggero; il mancato svolgimento non sarà comunque ostativo alla presa di decisione da parte della commissione territoriale.

251Alto commissariato delle Nazioni Unite, Intervistare i richiedenti asilo, disponibile su:

https://unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/assets/53a165df0b80eeaac70003d4/6int ervistare-i-richiedenti-asilo.pdf, consultato il 13/02/2016.

Per questo il comma 3 dell'articolo 12 prevede che al richiedente, il quale non si è presentato al colloquio senza richiesta di rinvio e senza motivazione, nonostante sia stato convocato regolarmente, non venga concessa la possibilità di posticipo del colloquio. La commissione deciderà sulla sua domanda in base al fascicolo in suo possesso.

Questa previsione può comportare conseguenze non positive per il richiedente, in quanto nel caso in cui il fascicolo presenti imprecisioni o contraddizioni, esse peseranno in modo negativo nella valutazione della commissione territoriale, oltre alla valutazione negativa dovuta alla mancata presentazione.

Il legislatore italiano prevede solo due eccezioni a tale principio generale: la prima riguarda il rinvio a seguito della richiesta del richiedente per gravi motivi ovvero a seguito della particolare situazione di salute del richiedente, la quale renderebbe impossibile la conduzione del colloquio; la seconda deroga riguarda il caso in cui il richiedente non alloggi in un centro d'accoglienza o di trattenimento, e quindi non abbia avuto adeguata comunicazione della convocazione.

Per questa ipotesi nel caso in cui il richiedente abbia fatto istanza di rinvio, ma su di essa la commissione territoriale non ha ancora espresso la decisione di accoglimento, la commissione territoriale dispone per una sola volta, entro dieci giorni dalla cessazione della causa ostativa alla presentazione, il rinvio del colloquio di fronte alla commissione territoriale252.

Il terzo principio su cui si basa la disciplina del colloquio personale riguarda la regolamentazione del suo contenuto. L'intervista, secondo quanto previsto dalla direttiva procedure 2013/32/UE, ha come obiettivo l'emersione dei motivi per i quali è stata presentata domanda di protezione internazionale253, in particolare deve fare

emergere gli elementi costitutivi per l'eleggibilità del rifugiato a norma dell'articolo 4 della direttiva qualifiche 2011/95/UE. Tale principio è stato recepito dal comma 1- bis dell'articolo 13 del decreto legislativo numero 25/2008, introdotto dalla lettera m), comma 1, dell'articolo 25 del decreto legislativo numero 142/2015. Gli elementi che dovrà dimostrare il richiedente sono elencati all'articolo 3 del d. lgs. n. 251/2007 e sono speculari a quelli previsti dall'articolo 4 “della direttiva qualifiche”

252 Comma 5, Articolo 12, “ Colloquio personale”, del decreto legislativo numero 25/2008. 253Paragrafo 3, Articolo 15, della Direttiva 2013/32/UE.

2011/95/UE. Inoltre il contenuto del colloquio dovrà essere esplicativo delle imprecisioni presenti nella domanda di protezione internazionale.

Concentrandosi sull'attuazione di tale articolo nel territorio italiano, è necessario precisare che la commissione territoriale, in prima battuta, valuterà la sussistenza dei requisiti per l'eleggibilità del richiedente asilo a rifugiato. L'acquis europeo riprende la definizione di rifugiato ginevrina, quindi, essendo l'onere della prova a carico del richiedente, nel colloquio personale dovrà fornire gli elementi necessari che facciano capire in primis il suo timore di subire persecuzioni; la fondatezza del suo sentimento e infine che il pericolo temuto sia di tipo persecutorio e causato da razza, religione, nazionalità e appartenenza ad un determinato gruppo sociale o politico. Il richiedente quindi dovrà presentare ogni documento, come carta d'identità, tessera di partito e articoli di giornale, che dimostrino la sua condizione personale e l'incompatibilità di tale condizione con il suo paese d'origine.

Questo ha bisogno di un'ulteriore specificazione. La dimostrazione, anche se banale, del genere della persona, dell'identità sessuale, dell'età o dell'attività svolta nel Paese d'origine, possono essere dimostrative, se messe a confronto dalla commissione territoriale durante l'esame della domanda, con la condizione sofferta dagli individui con la medesima caratteristica nello Stato d'origine, del pericolo e quindi del fondato timore di subire persecuzione nel paese d'origine. In aggiunta il sesso di una persona può essere ricondotto ad uno dei motivi persecutori, indicati dalla Convenzione di Ginevra.

Il riferimento al genere ha un significato bene preciso: è utile a concludere l'argomentazione, iniziata precedentemente, sull'importanza di condurre un colloquio separato per le domande di protezione presentate anche per le persone a carico dal richiedente asilo principale.

È necessario soffermare l'attenzione sul genere femminile. La Convenzione di Ginevra non prevede come motivo persecutorio il sesso della persona.

Nei Paesi, dai quali fuggono i richiedenti asilo, però, si sono sviluppate pratiche che potrebbero fare rientrare il genere femminile nel concetto di “gruppo sociale”. Lo stupro, oltre ad essere una delle più basse e deprecabili forme di violenza, è una strategia pianificata di guerra, in quanto la donna stuprata, secondo determinate culture viene allontanata ed emarginata.

Per questo il genere femminile si può considerare un gruppo sociale, proprio a seguito dello svilupparsi di tali pratiche che colpiscono, a fini persecutori, la donna in quanto tale254.

Dalla disamina di questo particolare caso, si capisce quanto è importante che l'intervista venga svolta nel modo più neutrale possibile e soprattutto senza interruzioni.

L'intervistatore non dovrà avere nessuna forma d'indizio distintiva della sua personalità, oltre a non indossare la divisa come precedentemente accennato.

Il colloquio dovrà svolgersi in posto neutrale, e non dovrà ricordare un interrogatorio di polizia.

L'intervistatore dovrà cercare di creare delle zone di contatto con il richiedente asilo: per non assumere una posizione di superiorità dovrà sedersi accanto al richiedente asilo, e non di fronte, in modo da potere avere, oltre che un dialogo maggiormente complice con il richiedente, anche un contatto visivo che possa rassicurare il richiedente su quello che sta accadendo.

Il modo ottimale di condurre l'intervista è alternare domande aperte a domande chiuse. Se il richiedente è predisposto all'apertura, è utile continuare con le domande aperte, magari costruendo la domanda successiva con le ultime parole utilizzate dal richiedente nella risposta alla domanda precedente.

Se il richiedente divaga nel suo racconto, l'intervistatore può sottoporlo a domande chiuse per riportare il discorso al suo argomento principale.

Infine per concludere la parte che riguarda la conduzione del colloquio, in determinati casi, come già accennato per la legislazione italiana, oltre che all'intervistatore e all'interprete può essere presente anche altro personale di supporto nei casi in cui il richiedente sia una persona con particolari condizioni di vulnerabilità, come previsto dalla direttiva 2013/33/UE articolo 22, che ne disciplina la procedura di riconoscimento, ovvero sia un minore. La direttiva procedure 2013/32/UE, all'articolo 24, prevede che per le persone con particolare vulnerabilità gli venga garantito sostegno adeguato per tutta la fase della procedura d'asilo e

254Alto commissariato delle Nazioni Unite, Intervistare i richiedenti asilo, disponibile su:

https://unhcr.it/sites/53a161110b80eeaac7000002/assets/53a165df0b80eeaac70003d4/6int ervistare-i-richiedenti-asilo.pdf, consultato il 13/02/2016.

quindi anche durante lo svolgimento del colloquio personale; per i minori non accompagnati, inoltre, all'articolo 24 si specifica che, prima del colloquio, il minore sia adeguatamente informato sul significato di questa nuova fase e delle conseguenze positive e negative che ne possono derivare. La direttiva, infine, prevede che il colloquio debba essere condotto da un intervistatore, adeguatamente formato sul caso. Queste due previsioni vengono, come già precedentemente introdotto, recepite dal legislatore italiano all'articolo 13. Più specificatamente, la disciplina per le persone vulnerabili è disciplinata dal comma 2, senza nessuna modifica da parte del legislatore; la disciplina dei minori, in generale, viene modificata dalla lettera m), comma 1, articolo 25 del decreto legislativo 142/2015. Tale disciplina non si applica solo ai minori non accompagnati, ma a tutti i minori: in questi casi il colloquio verrà condotto da un membro della commissione con adeguata formazione e sarà presente per il minore non accompagnato il tutore e per il minore il genitore.

Del colloquio, secondo quanto previsto dalla normativa europea, deve essere redatto un verbale puntuale e circostanziato, oppure una trascrizione del colloquio.

La stesura del verbale è il quarto principio, intorno al quale ruota tutta la disciplina del colloquio personale.

Il richiedente o il suo legale accedono al contenuto del verbale ovvero della trascrizione.

Questo accesso è fondamentale, in quanto il richiedente ne dovrà confermare il contenuto255 e nel caso ci siano imprecisioni o inesattezze dovrà procedere alla

presentazione delle sue osservazioni. Nel caso si rifiuti di confermare il contenuto, ne dovrà fornire una motivazione scritta, che sarà anch'essa un elemento di valutazione per la decisione finale della commissione territoriale.

Del colloquio può essere predisposta anche una registrazione. Nel caso in cui venga trascritta, non è necessario che il richiedente ne confermi il contenuto.

La conferma del richiedente, in questo caso, non è necessaria, perché non possono esserci divergenze che il richiedente debba sottolineare. La funzione della conferma

255Il richiedente deve venire a conoscenza del contenuto in un momento precedente alla decisione della commissione territoriale, in modo che possa presentare le dovute osservazioni e chiarimenti nel caso il verbale ovvero la trascrizione presenti lacune ovvero imprecisioni.

del verbale o della trascrizione è uno strumento di ulteriore precisazione per il richiedente asilo, nel caso in cui siano sorti errori di comunicazione tra il richiedente e l'intervistatore. La registrazione è già di per sé una prova più che sufficientemente fedele del colloquio.

L'articolo 14 del decreto legislativo numero 25 del 2008 disciplina a livello italiano l'aspetto che riguarda il verbale256.

Conformemente a quanto previsto a livello europeo, dell'audizione deve essere redatto un verbale del quale viene data lettura al richiedente in una lingua a lui