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Per completare il quadro delle forme di protezione internazionale, occorre condurre una disamina della protezione sussidiaria.

La protezione sussidiaria è stata introdotta dalla direttiva 2004/83/CE con una funzione strumentale di completamento della qualifica di rifugiato. Infatti, coloro che non erano eleggibili a rifugiato, ma che correvano comunque un rischio effettivo di incorrere in un danno grave, nel caso di rientro nel loro paese d'origine, sarebbero rimasti privi di protezione internazionale. In particolare, per quanto riguarda l'Italia, la Commissione territoriale – l'organo competente a decidere del rilascio o meno del riconoscimento della qualifica di rifugiato – nel caso avesse rilevato l'insussistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status del rifugio, ma avesse ritenuto, che nel paese d'origine esisteva una minaccia effettiva per il richiedente asilo, e quindi la presenza di gravi motivi di carattere umanitario, avrebbe rimandato il caso al Questore, il quale avrebbe provveduto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari61. La protezione sussidiaria si incastra fra il rifugiato ginevrino e la

protezione umanitaria, configurandosi non come una protezione inferiore rispetto a quella prevista per i rifugiati, ma basata semplicemente su altri presupposti.

La sua fonte, a livello europeo, è la direttiva 2011/95/UE, atto di rifusione della direttiva 2004/83/CE, e, a livello nazionale, è disciplinata dal decreto legislativo n. 251 del 2007, di recepimento di quest'ultima direttiva, così come modificato dal decreto legislativo n. 18 del 2014, di recepimento della nuova direttiva qualifiche. Anche se non ci sono grandi cambiamenti per quanto riguarda gli elementi necessari per essere riconosciuti come beneficiari di protezione sussidiaria, subisce una sostanziale modifica il contenuto della protezione da accordare a questi soggetti, avvicinando il suo contenuto a quello della tutela accordata ai rifugiati. I cambiamenti più salienti, però, riguardano le due direttive, poiché per quanto riguarda il panorama italiano, il legislatore nel recepimento della direttiva 2004/83 si

61 La protezione umanitaria è prevista all'articolo 5, comma 6 del Decreto legislativo 25 Luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina

dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), (G.U. n. 191 del 18/08/1998), disponibile su: http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto? atto.dataPubblicazioneGazzetta=1998-08-

era avvalso della clausola prevista all'articolo 3, di prevedere disposizioni più favorevoli purché compatibili con il contenuto della direttiva stessa. Quindi con il decreto legislativo 18/2014 il legislatore italiano continuerà il processo di avvicinamento dei due status, ma molto era già stato fatto in precedenza.

Per quanto riguarda la nozione in senso stretto di protezione sussidiaria, conducendo una disamina dell'acquis normativo nazionale, ne è beneficiario colui che si configura come “un cittadino straniero o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti ci sono fondati motivi di ritenere che, se tornasse nel paese d'origine, o nel caso di apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un danno grave come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese”. La definizione, prevista dalla precedente direttiva 2004/83, viene recepita in modo speculare nel decreto legislativo del 2007. La nuova direttiva qualifiche e il susseguente atto di recepimento non ne cambiano i contenuti.

Dalla definizione si ricavano tutti gli elementi necessari per la configurazione di tale protezione. In primis viene subito introdotto l'elemento di differenza dalla protezione ginevrina, cioè la mancanza del fondato timore. Per questo tipo di protezione viene eliminato l'elemento soggettivo - psicologico, ma viene introdotto, come elemento oggettivo del rilascio di tale status, il fondato motivo di ritenere che il richiedente, nel caso di ritorno nel paese d'origine, possa subire un danno grave. Anche se non viene precisato né quando un motivo possa ritenersi fondato, né quando un soggetto corra un rischio effettivo, tale definizione si ricava dalla descrizione del danno grave.

Intanto, esso non deve assumere la forma di persecuzione62 e non deve essere

motivato da alcuna causa prevista dalla Convenzione di Ginevra. Questo assetto fornisce un quadro di maggiore certezza, anche perché il danno grave si configura in tre forme: la condanna o l'esecuzione della pena di morte, la tortura o un trattamento inumano o degradante ed infine la minaccia grave ed individuale alla

62 Morandi – Bonetti, “La protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:7-10, disponibile su: http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale63.

Quindi il pubblico di coloro che vi possono rientrare è maggiore rispetto all'eleggibilità a rifugiato. Conformemente ai rifugiati, anch'essi sono titolari di un diritto soggettivo perfetto all'ingresso sul territorio italiano al fine di vedere esaminare la loro condizione personale da parte della competente autorità64 .

Le tre forme di danno grave richiamano in modo esplicito il testo della CEDU e la giurisprudenza della Corte EDU: in particolare le prime due forme di danno richiamano gli articoli 2 e 3 CEDU, rispetto ai quali la Convenzione non prevede alcuna deroga.

Infatti, i primi due casi di danno grave si distinguono dal terzo poiché prevedono una misura di individualizzazione, da parte dell'autorità competente a valutare la domanda, del pericolo sofferto dal richiedente in relazione alla sua particolare condizione personale e all'ambiente nel quale esso si trova; mentre il terzo caso ha uno spettro più ampio, poiché i protagonisti sono semplicemente i civili in quanto tali, che a causa della situazione di conflitto e di violenza indiscriminata, e quindi il conseguente mancato rispetto dei diritti umani fondamentali, si configurano di per sé come bisognosi di protezione internazionale, senza nemmeno indicare quale tipo di bene essenziale – vita o libertà – sia effettivamente in pericolo.

La seconda configurazione di danno grave prevede il rischio effettivo di essere sottoposto a tortura o a trattamento inumano o degradante. Nel testo non viene data una definizione di tali trattamenti, quindi si fa riferimento a quanto contenuto nella Convenzione ONU contro la tortura e dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. La protezione sussidiaria si configura come la protezione sufficiente, che il testo della CEDU prevede di garantire implicitamente a ciascuno straniero che potrebbe incorrere in tale rischio, se allontanato dal paese ricevente. La Corte di Cassazione ha asserito che la protezione sussidiaria è una misura internazionale stabile, accompagnata dal rilascio del permesso di soggiorno e dalla

63 Articolo 14, decreto legislativo 251/2007, disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2008- 01-04&atto.codiceRedazionale=007G0259&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 64 Morandi – Bonetti, “La protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:7, disponibile

su:http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

fruizione di un complesso quadro di diritti e facoltà65. Ciò significa, che il

riconoscimento di tale status è semplicemente cognitivo e non costitutivo, e di conseguenza il mancato riconoscimento di tale protezione ad un individuo, che invece possiede tutti gli elementi, previsti dalla normativa europea e italiana, per il rilascio di tale qualifica, comporterebbe una precisa responsabilità a carico dello Stato. Questo assetto rende la protezione sussidiaria una misura certa, e ciò ha comportato un miglioramento effettivo in materia di protezione internazionale. Precedentemente un soggetto, non riconducibile alla qualifica di rifugiato, ma che correva un rischio effettivo di tortura si sarebbe visto rilasciare un permesso di protezione umanitaria, di natura temporanea, dal questore, il quale non avrebbe garantito il grado di tutela che è intrinseco ad una misura di protezione internazionale. Ovviamente, quando il rischio di tortura è dovuto ad una causa prevista dal testo ginevrino, allora il soggetto è eleggibile a rifugiato.

Tale ragionamento è estendibile anche alla prima forma di danno grave elencata, che consiste nella condanna a pena capitale o l'esecuzione di tale condanna. Il testo non specifica se al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale debba essere necessaria l'esistenza di un provvedimento giurisdizionale, o atto ad esso equivalente di condanna a morte da parte del paese d'origine, in capo del richiedente per essere riconosciuto come beneficiario di protezione sussidiaria; secondo la prassi è sufficiente il rischio dell'instaurarsi in capo al richiedente asilo di un procedimento giurisdizionale, che si possa concludere con una condanna a morte, nel caso di allontanamento.

Inoltre, è necessario che la condanna a pena capitale non abbia i caratteri del fumus

persecutionis66, cioè che il processo sia stato fortemente discriminatorio o arbitrario,

poiché, ad esempio, è mancato il diritto di difesa del soggetto, e che ciò sia ricollegabile ad una delle cause riconducibili alla Convenzione di Ginevra, poiché in quel caso il richiedente sarebbe eleggibile a rifugiato.

65 Morandi – Bonetti, “La protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:9-12, disponibile su:http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

66 Morandi – Bonetti, “La protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:10, disponibile su:http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

A mio avviso, si può asserire che la tutela sussidiaria è la tutela sufficiente, che lo Stato italiano deve garantire a ciascun richiedente non solo in attuazione della direttiva qualifiche, ma anche in attuazione dell'articolo 2 della CEDU: l'allontanamento di un individuo verso il suo paese d'origine, dove la sua vita sarebbe messa in pericolo, si concretizzerebbe come una violazione della Convenzione.

Infine, la terza forma di danno grave consiste nella minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale.

Tale asserzione individua un pubblico più specifico, in quanto sono destinatari di protezione internazionale solamente i civili e non i militari. Il grado di violenza del loro paese o regione d'origine deve essere indiscriminata, cioè è estesa a costoro a prescindere dalla loro situazione personale; la minaccia, sofferta dallo straniero, non è quindi individuale, cioè imputabile ad esso in base alla sua identità, ma è la medesima sofferta dagli altri civili.

Questo comporta che il grado di violenza è esso stesso sufficiente per qualificare il richiedente come beneficiario di protezione sussidiaria, senza bisogno di una misura di individualizzazione; per questo vengono indicati come oggetto della minaccia, in modo generico, la vita o la persona dello straniero, proprio per fare ricomprendere, a mio avviso, qualsiasi violazione dei diritti umani, in carenza assoluta di condizioni minime di sicurezza.67 Infine, c'è poca chiarezza nell'utilizzo del termine conflitto:

esso è un concetto più ampio di guerra, e quindi è da notare positivamente il rientrarvi di un pubblico più numeroso di beneficiari di protezione sussidiaria, ma non ricomprende talune situazioni che sarebbe necessario inserire come terza forma di danno grave, in particolare i disastri naturali e le catastrofi ambientali68.

Per quanto concerne la valutazione delle domande di protezione internazionale (Capo II della legge 251 del 2007 ) vale la precedente disamina condotta per i rifugiati.

67 Morandi – Bonetti, “La protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:13-15, disponibile su:http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

68 La tutela dei richiedenti asilo. Manuale giuridico per l'operatore. ASGI “Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, capitolo 1, pp: 25 -29.

L'unico aspetto da specificare concerne il fatto che il richiedente asilo presenterà un'unica domanda di protezione internazionale e l'autorità competente vaglierà, in

primis, se esistono i presupposti per il riconoscimento della qualifica di rifugiato, e

in caso di mancanza di tali requisiti, valuterà, in un secondo momento, se sussistono gli elementi per essere riconosciuto come beneficiario di protezione sussidiaria. Come per i rifugiati, anche per la protezione sussidiaria sono previsti casi di cessazione ed esclusione da tale protezione.

Per quanto riguarda l'esclusione, cioè i casi nei quali il richiedente avrebbe i requisiti per il riconoscimento, ma a causa dei suoi comportamenti non merita la protezione internazionale, ritroviamo, come per i rifugiati, la commissione di un crimine di guerra, contro la pace e contro l'umanità e la commissione di atti che sono contrari ai principi delle Nazioni Unite; in aggiunta il caso che il soggetto sia un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica dello Stato ricevente69. Quest'ultima

disposizione è stata modificata e resa più precisa dal nuovo decreto legislativo 18/2014. Nel primo dettato del testo, infatti, i casi di esclusione dipendevano solamente dalla minaccia dovuta ad un comportamento del richiedente contrario all'ordine pubblico e alla sicurezza pubblica, a prescindere dall'esistenza o meno, a carico del richiedente, di condanne penali. Nella novella del testo è stata mantenuta come causa generale di esclusione che il soggetto sia una minaccia per la sicurezza dello Stato, ma viene specificato che per essere un pericolo per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica, deve essere stato condannato con sentenza definitiva per una serie di reati previsti nel codice penale70. La nuova dicitura restringe sostanzialmente

questo caso di esclusione, introducendo un metro di giudizio, cioè la condanna in via definitiva per un determinato elenco di reati, rispetto all'indeterminatezza del precedente dettato. Infatti, prevedere come causa di esclusione l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica lasciava agli Stati una grande discrezionalità, visto che questi due concetti sono privi di un contenuto definitorio ben preciso.

Infine, come ultima causa di esclusione viene indicata la commissione di un reato grave. Per identificare un reato come grave, il testo non dà molte specificazioni, ma

69 Articolo 16 del decreto legislativo 251/2007, disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2008- 01-04&atto.codiceRedazionale=007G0259&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 70 Articolo 1, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 18/2014, disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014- 03-07&atto.codiceRedazionale=14G00028&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015.

indica, come metro di giudizio, anche la pena71 prevista per tale reato, che deve

essere ricompresa da un minimo di quattro anni ad un massimo di dieci. La presenza nel testo di “anche”, a mio avviso, indica che servono tutta una serie di requisiti per configurare un reato come grave e non deve essere considerata solo la quantità del numero di anni previsti della suddetta pena; quindi, l'autorità competente per la valutazione della domanda di protezione internazionale dovrà tenere conto, per legge, anche di altri aspetti. Anche questa causa di esclusione è stata ulteriormente circoscritta, in quanto il precedente dettato, al contrario di quanto previsto per i rifugiati, non prevedeva che il reato fosse stato commesso fuori dal territorio nazionale e prima che un individuo fosse entrato come richiedente; attualmente tale previsione, alla luce della volontà europea di avvicinamento dei due status, è valido anche per le cause di esclusione dalla protezione sussidiaria72 .

La cessazione della protezione sussidiaria, invece, riguarda il fatto che siano cambiate in modo significativo e non temporaneo le circostanze del paese d'origine, che hanno indotto al suo riconoscimento, in modo tale che il beneficiario non abbia gravi motivi umanitari per non tornare nello Stato di provenienza e non corra alcun rischio di subire danno grave73.

La Corte di giustizia74 ha precisato che l'autorità competente dovrà valutare, una

volta cessate le cause che hanno comportato il riconoscimento della protezione internazionale per lo straniero, che non esistano nuove circostanze fondanti per la costituzione di un grave pericolo ovvero gravi motivi umanitari, che comportino che il richiedente debba continuare a ricevere protezione dal paese d'asilo. Infine, come per le cause di cessazione dei rifugiati, è stata introdotta la clausola umanitaria, che prevede la non applicazione della cessazione della protezione sussidiaria, nel caso in

71 Articolo 16, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 251/2007 disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2008- 01-04&atto.codiceRedazionale=007G0259&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 72 Articolo 1, comma 1, lettera l, del decreto legislativo 18/2014, disponibile

su:http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto? atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-03-

07&atto.codiceRedazionale=14G00028&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 73 Articolo 15, decreto legislativo 251/2007 disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2008- 01-04&atto.codiceRedazionale=007G0259&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 74 Corte di Giustizia, sentenza 2/03/2010, Salahadin, C-175/08, Morandi-Bonetti, “La

protezione sussidiaria”, 11 Marzo 2012, ASGI, pp:17-18, disponibile su:http://www.asgi.it/wp-

content/uploads/2014/04/protezione.sussidiaria.morandi.bonetti.11.marzo_.2012.pdf, consultato il: 06/11/2015.

cui ci siano fondati motivi derivanti da precedenti persecuzioni che possano rendere pericoloso il rientro nel proprio paese di cittadinanza o di residenza75.

Si può asserire, che le cause di esclusione da questo tipo di protezione sono molto più ampie rispetto a quelle previste per i rifugiati, come stare a significare che il richiedente deve avere un merito maggiore per beneficiare di tale protezione, mentre le cause di cessazione sono minori rispetto a quelle previste per i rifugiati, in quanto non vengono elencate le cosiddette cause volontarie, stante a significare che questo tipo di protezione è proprio a completamento del rifugio.

A conclusione della disamina, è necessario introdurre il contenuto della protezione sussidiaria. Come asserito precedentemente, l'obiettivo primo della nuova direttiva qualifiche è l'avvicinamento dei due status, ma per quanto riguarda la normativa italiana, il livello di protezione, accordato al rifugiato o al beneficiario di protezione sussidiaria, era già sostanzialmente lo stesso, quindi il decreto legislativo 251/2007 ha avuto miglioramenti di carattere solamente residuale. Intanto, per quanto riguarda il diritto all'unità familiare, esso era garantito anche nel precedente decreto legislativo 251/200776. Esso non subisce ulteriori miglioramenti: i familiari del

beneficiario di protezione sussidiaria presente nel territorio nazionale, si vedono rilasciato il permesso di soggiorno per motivi familiari, secondo quanto previsto dal testo unico per l'immigrazione77, a meno che non rientrino in uno dei casi di

esclusione. Il miglioramento concerne la disciplina del ricongiungimento familiare78,

poiché prima al beneficiario di protezione sussidiaria veniva garantita quella prevista per lo straniero in generale, mentre ora viene applicata la disciplina del ricongiungimento familiare prevista per i rifugiati79.

Il permesso di soggiorno, da rilasciare al beneficiario di protezione internazionale, aumenta di durata: da tre a cinque anni, come previsto per i rifugiati. Per quanto

75 Articolo 1, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 18/2014, disponibile su:http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?

atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-03-

07&atto.codiceRedazionale=14G00028&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 76 Articolo 22 del decreto legislativo 251/2007, disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2008- 01-04&atto.codiceRedazionale=007G0259&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 77 Articolo 30 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286.

78 Articolo 1, comma 1, lettera o) del decreto legislativo 18/2014, disponibile su:

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014- 03-07&atto.codiceRedazionale=14G00028&currentPage=1, consultato il: 06/11/2015. 79 Articolo 29-bis del del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286

riguarda il rilascio dei documenti di viaggio, con valore equipollente al passaporto, la disciplina rimane la medesima non essendoci mai stata una differenza sostanziale tra rifugiato e beneficiario di protezione sussidiaria.

Per quanto concerne l'assistenza sanitaria e sociale, il legislatore italiano ha da subito parificato la condizione del rifugiato e del beneficiario di protezione sussidiaria a quella di ciascun cittadino italiano; questo vale anche da un lato per l'accesso al lavoro subordinato, autonomo e l'iscrizione ad albi professionali e per l'accesso agli studi di ogni ordine grado, in quest'ultimo caso limitatamente ai minori titolari della qualifica di rifugiato ovvero di beneficiario di protezione sussidiaria, e dall'altro per il riconoscimento dei diplomi o di titoli di studio. Mentre ai maggiorenni, titolari di protezione internazionale, il diritto di accesso all'istruzione generale e all'aggiornamento professionale è parificata alla modalità di accesso per i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Inoltre, le modifiche, previste dal decreto legislativo 18/2014, hanno comportato la possibilità di potere accedere ai benefici previsti per l'alloggio80, dei quali sono destinatari i rifugiati ed i titolari di

protezione sussidiaria in modo equipollente ai cittadini italiani. Infine, per quanto riguarda il diritto a ricevere informazioni sui propri diritti e doveri a seguito del riconoscimento della protezione sussidiaria la disciplina è la medesima a quella