I PIONIERI DEL NUOVO GIALLO CONTEMPORANEO: GLAUSER, DÜRRENMATT E GADDA.
10. E' auspicabile che il lettore assista agli avvenimenti decisivi e vi partecipi Per quanto possibile deve avere la sensazione di esser stato sempre presente a tutto Nessun personaggio del romanzo deve
narrargli a posteriori se e dove qualcosa e successo, chi legge deve vedere gli eventi con i propri occhi. E' facile che i racconti mediati risultino noiosi, e riducano in ogni
occhi. Non deve ascoltare ciò che gli si racconta, ma vedere ciò che effettivamente accade. Dev'essere presente.
Questi sono i dieci comandamenti che regoleranno il nostro gioco. Spero di non averli trasgrediti. Nel mio primo romanzo, Sparo sul palcoscenico, c'era ancora qualche colpo a vuoto, ma il secondo, Musica
nel vicolo dei morti, suonava già una melodia migliore. E ora spero che per il terzo, Tre chioschi sul lago,
potranno darmi un buon voto, e che ne trarranno il divertimento che ci si aspetta da un gioco onesto e corretto. Facciano ben attenzione, e se noteranno che contravvengo alle regole del gioco, se ne lamentino con me.92
L'obiettivo di Glauser nella lettera di risposta ai dieci comandamenti per il giallo è quello di mettere in secondo piano l'omicidio e la soluzione dell'enigma, per concentrarsi, invece, sull'atmosfera e sulla lotta del personaggio principale contro il destino, o meglio contro gli avvenimenti non controllabili con la ragione che, inevitabilmente, distruggono i calcoli sia dell'assassino che del detective.
Scrive Von Matt:
Glauser utilizza i meccanismi del giallo tradizionale per trasgredirli, sottolineando ogni volta le
motivazioni sociali del delitto. Il suo detective, il sergente Studer, si trova sempre di fronte ad una verità pericolosa che riguarda la borghese e seriosa Svizzera, e questa ricerca della verità lo porta di fronte alla miseria economica e alla crisi degli anni '30, lo sfondo che determina tutto. Così come oggetto di analisi viene assunta la struttura del potere svizzero, caratterizzato da una fitta trama chiusa dal basso in alto.93 E la traduttrice e curatrice delle opere di Glauser in taliano, Gabriella de' Grandi, in
un'intervista sostiene:
[...] ho l'impressione che anche qui in Italia Glauser abbia contribuito a spianare la strada a un genere considerato di modesta qualità, conferendogli una dignità che non aveva. Molti lo hanno seguito su questa strada: una fioritura di gialli di qualità che si potrebbe attribuire al suo influsso. Il sergente Studer, poi, è sì colui che risolve il caso, ma è prima di tutto un uomo dotato di profonda umanità: quella che Glauser stesso gli trasmette. Non mi limiterei quindi a considerare Glauser un autore di romanzi gialli: Glauser è altro. Al di là dei disastri, delle sventure e degli eccessi, è un uomo e comprende l'uomo: sa raccontarlo. E una conoscenza dell'animo umano così sensibile, così acuta, si è senz'altro affinata anche attraverso la sofferenza. Questo, a ben pensarci, è l'aspetto che più si apprezza nella sua scrittura. Mi sono chiesta spesso come Glauser riuscisse a conciliare tanta lucidità e consapevolezza della propria vocazione di scrittore con i fallimenti, il disancoramento […]94
E, per dirla con Petronio, «[...] è il Caso che più volte interviene nelle vicende
raccontate da Glauser. Lo zufall, il caso, il pasticcio, il groviglio, il guazzabuglio, l'imbroglio, o i tanti sinonimi con i quali Gadda battezza questo finimondo che è il mondo»95.
“La vita rimane un errore” dice il Pazzo, alla fine dell'Amleto di Riccardo Bacchelli:
Il Pazzo. Non ti arrabbiare. Io ammirai l'azzardo dei tuoi sarcasmi. Amleto: E io non voglio altra gloria. La vita rimane un errore.
Il Pazzo: Il mondo resiste a tanti urti, e ne avrebbe così scarsa ragione; ma resiste, che vuoi farci anche tu! Amleto: Mi farei scrupolo; nient'altro che morire.96
Ed è sempre il Caso che sovverte le regole del poliziesco classico ne La promessa di
94 Yari Bernasconi, Friedrich Glauser in italiano, «www.viceversaletteratura.ch», 16 dicembre 2008. 95 Giuseppe Petronio, Sulle tracce del giallo, Roma, Gamberetti, 2000, p.115.
Dürrenmatt.
Leggiamo ne La promessa:
Con la logica ci si accosta soltanto parzialmente alla verità. Comunque, lo ammetto che proprio noi della polizia siamo tenuti a procedere appunto logicamente, scientificamente; d'accordo: ma i fattori di disturbo che si intrufolano nel gioco sono così frequenti che troppo spesso sono unicamente la fortuna
professionale e il caso a decidere a nostro favore. O in nostro sfavore. Ma nei vostri romanzi il caso non ha nessuna parte, e se qualcosa ha l'aspetto del caso, ecco che subito dopo diventa destino e
concatenazione; da sempre voi scrittori la verità la date in pasto alle regole drammatiche. Mandate al diavolo una buona volta queste regole. Un fatto non può 'tornare' come torna un conto, perché noi non conosciamo mai tutti i fattori necessari ma soltanto pochi elementi per lo più secondari. E ciò che è casuale, incalcolabile, incommensurabile ha una parte troppo grande. Le nostre leggi si fondano soltanto sulla probabilità, sulla statistica, non sulla casualità, si realizzano soltanto in generale, non in particolare. Il caso singolo resta fuori del conto. I nostri metodi criminalistici sono insufficienti, e quanto più li perfezioniamo tanto più insufficienti diventano alla radice. Ma voi scrittori di questo non vi preoccupate. Non cercate di penetrare in una realtà che torna ogni volta a sfuggirci di mano, ma costruite un universo da dominare. Questo universo può essere perfetto, possibile, ma è una menzogna. Mandate alla malora la perfezione se volete procedere verso le cose, verso la realtà, come si addice a degli uomini, altrimenti statevene tranquilli, e occupatevi di inutili esercizi di stile.97
A parlare è il dottor H, consigliere nazionale e capo di quel commissario Matthäi che sarà travolto dalla caccia all'assassino di una bambina che non riuscirà mai a prendere ma che morirà di morte naturale. Queste parole verranno dette subito dopo una conferenza sull'arte di scrivere romanzi polizieschi. E la terribile storia de La promessa di Dürrenmatt ha inizio.
Tutti possono diventare assassini, ascoltare la parte oscura che è dentro di noi. Lo stesso Glauser, nella sua lettera di risposta a Brockhoff, afferma:
L'assassino? E' un uomo come tutti gli altri, come succede nella vita di ogni giorno. E che venga scoperto non è affatto importante, alla fine non si tira un sospiro di sollievo, non c'è un colpo di scena, in realtà la storia non ha una fine, cessa-è un brano di vita, ma la vita continua, illogica, avvincente, triste e grottesca al contempo.98
Il Caso interviene più volte nelle vicende raccontate da Glauser e da Dürrenmatt, regna sovrano, ponendo l'individuo di fronte alla scelta tra bene e male.
E' ciò che avviene anche nella raccolta di racconti Piccoli equivoci senza importanza99
di Antonio Tabucchi, di cui fa parte il bellissimo racconto noir I treni che vanno a Madras. Ci sono nove sequenze narrative: la prima è una sequenza riflessiva, quando si parla di una guida che riguarda il viaggio a Madras, la seconda è descrittivo-narrativa e riguarda le prime ore trascorse sul treno dove il protagonista spiega lo scopo del suo viaggio, la terza è descrittiva e riguarda la dettagliata presentazione del compagno di viaggio del protagonista. La quarta è una sequenza dialogata, dove i due personaggi parlano dell'India, la quinta è nuovamente dialogata e riguarda il controllo dei passaporti da parte di un agente di polizia e l'inganno del compagno di viaggio. La sesta sequenza, anche se il nucleo è una narrazione, è dialogata ed è il momento in cui il compagno racconta una storia del passato al protagonista, la settima è nuovamente una sequenza dialogata ed è la fine del viaggio in treno e l'arrivo a
98 Friedrich Glauser, Il sergente Studer indaga, Palermo, Sellerio, 2008, p.474. 99 Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 1985.
Madras. L'ottava è una sequenza narrativo-descrittiva ed è il momento in cui il protagonista legge il giornale locale, ed infine la nona è una sequenza narrativa con la scoperta di un omicidio.
Il protagonista vuole fare un viaggio a Madras, in India, per recarsi alla Società teosofica. Usufruisce di una piccola e bizzarra guida turistica, in cui si consiglia di viaggiare in treno per poter scoprire la vera India, anziché in aereo, mezzo più comodo e veloce ma sicuramente meno adatto a questo scopo. Dopo che il protagonista si è sistemato nella sua cuccetta e ha mangiato un piccolo spuntino, ad una fermata intermedia sale in treno un uomo che ha riservato l'altro posto del suo scompartimento. Il nuovo arrivato è un europeo, parla un buon inglese con accento tedesco, è sulla sessantina ed è vestito con un completo blu «[...] abbastanza fuori luogo visto il clima [...]»100e un cappello elegante. Dopo essersi presentato,
ceneranno insieme nel vagone ristorante e il nuovo arrivato parlerà con molta sicurezza e competenza degli usi e dei costumi indiani. Anche se il protagonista del racconto sospetterà che il suo compagno di viaggio mente poiché ha spacciato per sua una frase sui treni in India che coincide con quella della sua guida turistica. Poi vanno a dormire e vengono svegliati da un controllore che accompagna un poliziotto indiano che chiede loro i documenti. Il nuovo arrivato dichiara di chiamarsi Peter Schlemihl, che in realtà è il titolo di un'opera di Chamisso. Il protagonista non obietterà nulla ma, una volta rimasti soli, mostrerà tutta la sua perplessità al compagno di scompartimento. Il sedicente Peter Schlemihl, a questo punto, racconterà di
quando ancora giovane in Germania fu visitato insieme a molte altre persone in fila da un medico che sosteneva che sarebbero stati utili per il progresso della scienza tedesca. Quando arrivò il suo turno davanti alla scrivania del medico Peter fu attratto da una statuetta che riproduceva Shiva danzante, che secondo il medico rappresentava il circolo vitale.
[...] nel quale tutte le scorie devono entrare per raggiungere la forma superiore della vita che è la bellezza.101
Trascorsi molti anni da quei fatti Peter spiega di attraversare l'India per vedere la statua originale della dea Shiva conservata in un museo proprio a Madras.
Trascorsa la notte i due uomini faranno colazione insieme e si saluteranno all'arrivo a Madras, in perfetto orario. Peter dirà al protagonista che se vuole fargli sapere cosa ne pensa della statua della dea Shiva – che gli ha consigliato di andare a vedere – gli potrà recapitare un messaggio all'American Express. Il protagonista, dopo tre giorni di soggiorno a Madras, mentre aspetta il treno per ripartire, legge su un giornale in lingua inglese la notizia di un omicidio: un uomo, di nazionalità argentina, settantenne, a Madras dal 1958, è stato ucciso con un colpo di pistola al cuore, era un intenditore di arte dravidica. L'unico particolare curioso della notizia, che attira l'attenzione del protagonista, è la fotografia di una statuetta di Shiva danzante. Allora il protagonista deciderà di telefonare all'American Express per lasciare
un messaggio al sedicente Peter ma, quando la telefonista gli dirà che non le risulta nessuna persona registrata come Schlemihl ma che può lasciare un messaggio comunque, decide di non farne di nulla.
Per l'analisi di questo racconto di Antonio Tabucchi prenderò in considerazione due categorie, il tempo e il luogo e tre topoi letterari, il viaggio, il doppio/altro da sé e
l'essere/apparire. Innanzi tutto il titolo, come sempre nelle opere di Tabucchi, è
particolarmente significativo. Infatti il sintagma “I treni” e non “Il treno” indirizza già il lettore verso il concetto di casualità/equivoco, che è alla base della narrativa di Tabucchi. E nella nota introduttiva dello stesso autore alla raccolta Piccoli equivoci senza importanza si legge:
Malintesi, incertezze, comprensioni tardive, inutili rimpianti, ricordi forse ingannevoli, errori sciocchi e irrimediabili: le cose fuori luogo esercitano su di me un'attrazione irresistibile, quasi fosse una vocazione, una sorta di povera stimmate priva di sublime.102
I piccoli equivoci del racconto omonimo: «[...] è un piccolo equivoco senza rimedio, disse, è inutile preoccuparsi tanto».103
In Rebus si legge:
La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove. E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi, oggi sarei impercettibilmente differente, e forse tutto il mondo sarebbe impercettibilmente differente.104
Nel racconto Gli incanti:
Perché le parole sono le cose, certo certo, non c'era bisogno che me lo ripetesse, avevo capito
perfettamente, erano le cose trasformate in puro suono, il loro fantasma, e bisognava fare molta attenzione con le cose di questo mondo, le cose sono suscettibili, d'accordo.105
Solo uno dei tanti treni che vanno a Madras sarà quello che ospiterà il protagonista e che gli darà modo di fare un incontro fuori dell'ordinario. Il personaggio che incontrerà mostrerà tutta la sua precarietà già nel nome (Peter Schlemihl), ma anche nel fisico incerto:
Era un europeo di una grassezza, flaccida, [...]106
Come sottolinea Carina Boschi nel suo saggio Costruzione del personaggio e funzioni
poetiche dell'eroismo nella narrativa di Antonio Tabucchi:
104 Ivi, p.30. 105 Ivi, p.48. 106 Ivi, p.109.
[...] le sue manifestazioni evolvono [...] ampiamente, dalle prime marionette fragili alle Ombre misteriose ma durature, che si seguono nell'azione. […] Ogni persona può essere anche l'ombra di se stessa,
sopratutto se è ricordata o sognata o immaginata, e a fortiori ogni personaggio, letterario o più generalmente fittizio non può che essere solo un'ombra.107.
Altro elemento importante del titolo di questo racconto è “vanno” e non “per”, perché il verbo trasmette chiaramente l'idea di un viaggio di sola andata, che non prevede un ritorno. E l'idea del viaggio è già nel titolo, come sottolinea Franco Zangrilli nel suo libro Dietro la
maschera della scrittura. Antonio Tabucchi. Scrive infatti Zangrilli:
[...] il viaggio incorpora parecchie preferenze dell'autore: la quest del sosia o dell'ombra, la
trasformazione delle cose e della vita, il tempo che corre con i suoi ritmi immutabili, il cammino verso gli ideali dell'arte che distraggono dalle pene esistenziali.108.
Infine “Madras”, questa città indiana un po' al di fuori dei grandi circuiti turistici ci trasmette qualcosa di insolito, inusuale, al di fuori dei soliti schemi, fatto d'altra parte che riscontriamo già nelle prime frasi del racconto, quando si cita una guida turistica “un po' eccentrica”. E in modo significativo per la fabula Madras viene anche definita dal sedicente Schlemihl la capitale dell'India dravidica:
107 Carina Boschi, Costruzione del personaggio e funzioni poetiche dell'eroismo nella narrativa di Antonio
“Madras è la capitale dell'India dravidica,” aggiunse, “se non c'è mai stato avrà cose straordinarie da vedere.”109.
Una serie di indizi guida verso l'inevitabile finale della vicenda narrata, un “noir” con tanto di twist (ribaltamento) finale.
A partire dalla descrizione dell'aspetto del compagno di viaggio che riporta all'eterno oscillare tra l'apparire e l'essere tipico della poetica pirandelliana:
C'era una sorta di incompiutezza, nel suo aspetto, qualcosa di dimidiato, ma era difficile dire che cosa: pensai a qualcosa di infermo e di nascosto, come una vergogna.110
E' la “crepa” pirandelliana, il terribile tarlo che rode la coscienza e la maschera della novella Quando si comprende dove il padre che ha perso il figlio in guerra improvvisamente si rende conto di quello che è realmente accaduto al di là di ogni fittizia giustificazione morale:
[...] quella manona sformata davanti alla bocca, come assalito improvvisamente dal pensiero dei due denti che gli mancavano.111
109 Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p.109. 110 Ivi, pp.110,111.
111 Luigi Pirandello, Novelle per un anno, a cura di Mario Costanzo, Premessa di Giovanni Macchia, I Meridiani vol. II, Milano, Arnoldo Mondadori, 1985, p. 126.
Per continuare con il bagaglio del compagno di viaggio del protagonista che ha solo una valigetta:
Come bagaglio aveva soltanto una valigetta ventiquattrore di cuoio nero112,
non adatta per un viaggiatore ma sufficiente per trasportare una pistola, dalla citazione di Madras come capitale dell'India dravidica che anticipa il finale sul fatto che la vittima, un uomo assassinato a Madras, era un intenditore proprio di arte dravidica
[...] perché la vittima era un intenditore di arte dravidica e la danza di Shiva è il pezzo più noto del museo di Madras, una specie di simbolo.113
all'esibizione di un passaporto israeliano con false generalità
«Mentre lo esaminava mi accorsi che era un passaporto israeliano. “Mister... Shi...mail?” sillabò faticosamente il poliziotto.114
fino alla citazione nella confessione notturna di Peter al protagonista di una fila di uomini
112 Antonio Tabucchi, Piccoli equivoci senza importanza, Milano, Feltrinelli, 2013, p. 109. 113 Ivi, p.116.
nudi in attesa di essere visitati da un medico in Germania
“Molti anni fa, in Germania, conobbi un uomo. Era un medico, e doveva visitarmi. Stava seduto dietro una scrivania e io stavo in piedi nudo davanti a lui. Dietro di me c'era una fila di altri uomini nudi che egli doveva visitare.”115
Una nota a parte merita la citazione di Thomas Mann (che scrisse una prefazione al Peter
Schlemihl di Chamisso) da parte del compagno di viaggio del protagonista
“Lei non può avere questo nome,” dissi, “esiste un solo Peter Schlemihl, è un'invenzione di Chamisso, e lei lo sa perfettamente […] Il mio compagno di viaggio non rispose. Poi mi chiese: “Le piace Thomas Mann?“ […] “Non so se conosce una prefazione al Peter Schlemihl,” disse lui, “è un testo
ammirevole.”116
Thomas Mann, autore non dimentichiamolo del Doctor Faustus, che pone l'attenzione inequivocabilmente sul tema del doppio dal momento che si ipotizza che il diavolo che compra l'ombra di Peter in realtà non esista ma sia la parte oscura dello stesso Schlemihl.
Il tempo è un presente instabile, insicuro per definizione, dal momento che tutto si svolge in “transito” e il viaggio è anche una fuga. In apertura di racconto Tabucchi cita una guida che consiglia il viaggio in treno per visitare l'India anziché quello in aereo. In aereo, infatti, si vive in un “tempo-non tempo” mentre come recita la guida del protagonista del
115 Ivi, p.113. 116 Ivi, p.112.
racconto:
Con i treni di lunga percorrenza vi sottoporrete al rischio di soste fuori programma e potrete anche arrivare un giorno più tardi del previsto, ma vedrete la vera India.117
Il tempo qui si dilata, spesso perde la sua connotazione. Nel racconto di Tabucchi ha il valore di un eterno presente “precario” e le vicende sono collocate in un tempo storico
indeterminato per l'assenza di marche temporali, eccetto la data del 1958, citata nell'articolo di stampa che il protagonista leggerà sulla morte di un argentino che viveva a Madras:
La vittima era un cittadino di nazionalità argentina che viveva a Madras dal 1958.118
Il viaggio è “perfettamente incongruo”, come d'altronde incongrui sono i percorsi proposti dalla guida per l'India a cui fa riferimento lo stesso Tabucchi nella nota introduttiva al suo romanzo Notturno indiano, di cui questo racconto doveva essere il 4° capitolo. Oltre tutto il protagonista de I treni che Vanno a Madras, esattamente come quello di Notturno
indiano, sta andando a Madras a visitare la Società Teosofica
Andare a Madras a visitare la Società Teosofica, per un agnostico, e per di più fare due giorni di treno, era 117 Ivi, p. 107.
un'impresa che probabilmente sarebbe piaciuta agli strambi autori della mia stramba guida di viaggio.119
E proprio quella “notte presente” di Maurice Blancot dell'epigrafe al romanzo Notturno
indiano120
Le persone che dormono male sembrano essere più o meno colpevoli: che cosa fanno? Rendono la notte presente.
sembra dominare il racconto I treni che vanno a Madras.
E tutto accade dentro ad uno scompartimento ferroviario, un luogo ed uno spazio limitato e ristretto, dove, proprio durante la notte il sedicente Peter Schlemihl non può non