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5.3 CAD 3D

5.3.1 Autodesk Fusion 360

Fusion 360 è il software utilizzato per la modellazione del dispositivo di gioco pro-gettato. Esso riprende alcuni aspetti che hanno permesso il successo di Autodesk in ambito CAD, rendendoli più accessibili, e coniuga queste caratteristiche con nuove funzionalità dedicate alla prototipazione rapida, permettendo la creazione di modelli estremamente elaborati ad un prezzo più accessibile rispetto a software professionali analoghi. Inoltre Autodesk rilascia gratuitamente tale software per uso personale e per uso commerciale in caso di aziende con introiti contenuti.

Fusion 360 utilizza modelli solidi, ossia dotati di volume e massa variabili a seconda del materiale assegnato. I punti di forza del programma sono la possibilità di realizzare modelli estremamente elaborati e la varietà di simulazioni disponibili.

Dal punto di vista delle modalità di lavoro, il programma dispone di numerose funzionalità utili soprattutto in ambito meccanico e industriale, il tutto reso dispo-nibile attraverso un’interfaccia molto più semplificata rispetto ai classici strumen-ti CAD, permettendo così di raggiungere una sufficiente operastrumen-tività in un tempo relativamente inferiore.

Per quanto riguarda il design, Fusion 360 offre un ricco set di strumenti ad au-silio della progettazione di un prodotto, permettendo l’uso di diverse modalità di modellazione e strumenti che rendono tale processo alquanto flessibile:

1. Sketching: è possibile creare e modificare sketch inserendo vincoli e relazioni tra le entità geometriche utilizzate; in questa modalità sono presenti numerosi strumenti per il disegno tecnico ed è possibile utilizzare spline e curve com-plesse. A partire dagli sketch è poi possibile generare e/o modificare modelli 3D attraverso l’operazione di estrusione.

2. Freeform Modeling: permette di creare subdivision surfaces con le T-splines in modo da ottenere superfici lisce senza l’introduzione di approssimazioni come nel caso della modellazione poligonale. La modifica delle superfici, al pari di altre operazioni analoghe, si effettua facilmente mediante un comando intuitivo Press/Pull.

3. Surface Modeling: consente di creare e modificare superfici parametriche com-plesse per disegnare o riparare una determinata geometria del modello. Può essere considerata l’analogo digitale della lavorazione con l’argilla e offre molta libertà creativa all’utente.

4. Parametric Modeling: permette di generare un modello 3D in modo parame-trico, come descritto nel paragrafo precedente.

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5. Mesh Modeling: è possibile modificare ed eseguire operazioni di riparazione di eventuali modelli tridimensionali scannerizzati o modelli mesh generati ad esempio in Blender o con analoghi software di modellazione.

In aggiunta a queste modalità vi è anche la possibilità di eseguire animazioni dei componenti e studiarne il montaggio in modo da verificare la compatibilità delle parti che compongono un determinato prodotto. Fusion 360 fornisce inoltre una serie di facilitazioni per la produzione di un oggetto, in modo da ridurre l’impatto che le modifiche di progettazione possono avere sul processo di progettazione; ad esempio è possibile visualizzare un’anteprima dell’operazione di slicing necessaria per la stampa 3D e valutare diverse opzioni per la generazione dei supporti che permettono la buona riuscita della stampa. Infine si possono generare render del modello realizzato, sfruttando l’opzione di rendering in cloud che velocizza tale operazione.

Uno dei vantaggi di Fusion 360, al pari di altri software CAD, è quello di poter modificare i parametri dei modelli creati in precedenza e propagare tali cambiamenti nel flusso di creazione. Ad esempio per quanto riguarda gli esagoni presenti sulle facce laterali dei cubi, è possibile, tramite una timeline, tornare al punto in cui tale feature è stata creata, modificare la lunghezza del lato dell’esagono e il software eseguirà nuovamente tutti i calcoli e le operazioni tenendo in considerazione la modifica effettuata e le feature successive a tale punto nella timeline. Tuttavia alcune feature necessitano di un piano o di un asse di riferimento e qualora vengano impostati in modo errato questi riferimenti, alcuni cambiamenti dei parametri non vengono correttamente propagati nello storico delle operazioni, causando errori sulle feature successive. Tale funzionalità, denominata Design History, è mostrata in un esempio in figura5.3.

Figura 5.3: Esempio delle feature memorizzate nel Design History del guscio del dispositivo.

Infine, attraverso la definizione di vincoli e relazioni, si possono facilmente modi-ficare aspetti più complessi che altrimenti richiederebbero un numero elevato di operazioni sul modello.

All’interno del software è possibile effettuare anche una serie di simulazioni che possono rendere più fluido il processo di progettazione di un prodotto, e sono le seguenti:

• Static Stress: analizza l’eventuale deformazione e lo stress causato da carichi strutturali e vincoli sul modello.

• Modal Frequencies: determina le frequenze modali del modello.

• Thermal: determina la reazione del modello a carichi di calore, permettendo di visualizzare la distribuzione della temperatura nel modello quando questo viene riscaldato o raffreddato.

• Thermal Stress: determina le temperature e le distribuzioni delle sollecitazioni sul modello risultanti da carichi termici e strutturali, permettendo di capire se il modello verrà deformato quando riscaldato o raffreddato in combinazione con carichi fisici ad esso applicati.

• Structural Buckling: permette di rilevare se componenti lunghi e sottili sotto-posti a determinati carichi fisici possono collassare.

• Nonlinear Static Stress: determina la reazione del modello quando il carico applicato è abbastanza grande da deformare in modo permanente la struttura del modello.

• Event Simulation: determina il modo in cui il modello reagisce al movimento, alle deformazioni e all’impatto, come nel caso di una caduta a terra.

• Shape Optimization: ottimizza i componenti del modello per renderli leggeri e strutturalmente efficienti in base ai carichi applicati. Permette quindi di rimuovere il materiale non necessario per la solidità del modello.

Tali simulazioni permettono di risparmiare tempo e risorse all’interno del processo di progettazione e quindi la loro presenza in Fusion 360 rappresenta un ulteriore vantaggio, nonché un valore aggiunto di questo software.

Nel corso del 2018 è stata introdotta all’interno del software una nuova funziona-lità di progettazione, ossia il Generative Design, noto anche come progettazione generativa o design generativo, alla base del quale si ritrova l’ottimizzazione topo-logica. Tale tecnologia si basa su determinati obiettivi definiti dal progettista, quali dimensioni, peso, materiali, vincoli strutturali ecc., che vengono opportunamente elaborati da una serie di algoritmi che valutano rapidamente migliaia di scelte di progettazione testando molteplici configurazioni che per un progettista sarebbe dif-ficile valutare altrimenti. In questo modo è possibile generare un maggior numero di soluzioni progettuali per un determinato prodotto o componente, nel rispetto dei requisiti del processo di produzione e delle prestazioni necessarie.

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Il Generative Design ha un potenziale enorme in ambito automotive o aerospa-ziale in cui l’ottimizzazione della massa di un determinato componente genera un risparmio considerevole nella produzione e nei consumi di un velivolo o di un autoveicolo.

Per la realizzazione di questo progetto le parti progettate in Fusion 360 sono relative alla struttura, sulla quale sono stati fissati i singoli componenti elettronici descritti nel capitolo6, e al guscio di forma cubica che contiene la struttura ed i componenti utilizzati.

Design del guscio

Il guscio del dispositivo è stato suddiviso in due parti, in quanto è necessario inse-rire al suo interno la struttura con i componenti montati. Esso è stato modellato a partire dalla primitiva del cubo, opportunamente scavato per ottenere lo spazio necessario alla struttura e successivamente è stato sezionato in due parti, conteni-tore e coperchio. Si è scelto di sezionare il cubo alla base, dividendolo in due parti di altezza rispettivamente 81 mm e 7 mm, in modo da far percepire all’utente il dispositivo come un blocco uniforme ed omogeneo; queste due parti sono agganciate l’una con l’altra tramite quattro viti di lunghezza pari a 20 mm.

A partire dal solido del cubo, per le operazioni successive sono stati utilizzati gli sketch e il comando Press/Pull. Ad esempio per la realizzazione degli esagoni de-stinati all’illuminazione delle facce laterali del cubo, questi sono stati disegnati all’interno di uno sketch e successivamente, tramite il comando Press/Pull, le su-perfici sono state estruse, eliminando parte della faccia laterale del cubo. Queste due operazioni basilari sono state eseguite anche per creare lo spazio di alloggia-mento dei tag NFC, del display, dello speaker, dei magneti, del dado e del bullone necessari per la chiusura del guscio. Sul fondo del guscio, visibile in figura 5.4b, è presente il foro per la ricarica del cubo, attraverso una porta MicroUSB, il foro per accedere al pulsante di accensione e spegnimento del dispositivo e infine l’incisione del logo CuBee.

Poiché i cubi sono cinque e in alcune modalità di gioco si è reso necessario avere un cubo iniziale di riferimento si è scelto di distinguere i cubi attraverso la forma della griglia dello speaker. Il cubo principale è quindi evidenziato da una griglia a forma di ape mentre i restanti cubi dispongono di una griglia a forma ovale, figura 5.4a.

Nel disegno di entrambe le griglie si è tenuto conto oltre che dell’aspetto estetico e simbolico anche dell’aspetto prettamente funzionale, pertanto tale griglia è stata modellata creando e posizionando dei fori simmetrici per garantire una diffusione omogenea del suono.

(a) Griglia dello speaker (b) Base del guscio Figura 5.4: Dettagli relativi al guscio del dispositivo

Nel predisporre gli spazi necessari per i componenti si è tenuto conto dell’usabilità del dispositivo: ad esempio si è osservato nelle prime fasi di test con gli utenti che la presa in mano dei cubi tende a concentrarsi nella parte superiore del cubo e sugli spigoli; per questo motivo gli spigoli sono stati ulteriormente arrotondati in modo da rendere più agevole e piacevole la manipolazione del dispositivo, e allo stesso tempo nel predisporre lo spazio per l’illuminazione si è scelto di sfruttare una forma, data dai tre esagoni, posizionata alla base del cubo, su ciascuna delle quattro facce laterali.

Per quanto riguarda l’affordance, ossia “l’idea che la natura delle cose possa sug-gerire le loro possibili utilizzazioni”[5], ad esempio l’orientamento di default del cubo è indicato dalla disposizione della griglia dello speaker, sulla faccia contenente il display, che richiama quella di alcuni smartphone e di dispositivi analoghi. La disposizione studiata per gli esagoni richiama una freccia che punta verso l’alto evidenziando l’importanza del display nel dispositivo. Inoltre la forma esagonale è stata scelta per evidenziare ulteriormente il collegamento tra questa interfaccia tangibile e il mondo delle api presentato nel cortometraggio descritto nella prima parte della tesi. Per quanto riguarda la disposizione dei tre fori esagonali, questa è stata studiata per richiamare la forma triangolare tipica dei segnali di perico-lo e quindi per avvertire l’utente dell’andamento della narrazione durante i giochi previsti. Tali particolari, a livello strutturale, sono stati creati con l’intento di evi-denziare la connessione tra la dimensione fisica dei cubi ed i medesimi dispositivi presenti nella dimensione virtuale rappresentata dal cortometraggio di animazione,

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offrendo così all’utente la possibilità di seguire lo sviluppo della storia con maggior coinvolgimento.

Per quanto riguarda le facce laterali del cubo, è stato utilizzato un foglio rigido opaco realizzato in PVC, con uno spessore pari a 0,30 mm che offre una trasmis-sione della luce del 60%, diffondendo in modo ottimale la luce in presenza di una sorgente luminosa a distanza ravvicinata. Si è scelto di predisporre gli spazi per l’inserimento di tali fogli direttamente nel guscio, e non sulla struttura, in modo da ottimizzare gli spazi e rendere più solido il cubo.

Infine, dal punto di vista della modularità, si è riscontrata già a partire dai primi test la predisposizione di buona parte degli utenti, in presenza di oggetti cubici, ad avvicinare questi ultimi e combinarli, per cui si ritiene che attraverso la presenza del display e l’illuminazione delle facce laterali del cubo, l’utente non avrà difficoltà nel compiere i primi passi per sfruttare interamente le potenzialità del sistema.

Design della struttura interna

Il punto di partenza della struttura interna è stato la modellazione dei componenti elettronici utilizzati all’interno del progetto. La struttura è stata sviluppata uti-lizzando come sostegno la base del guscio ed è costituita da 11 parti ad incastro.

La disposizione dei componenti all’interno del cubo è stata effettuata a partire dai componenti che necessitano inevitabilmente di un posizionamento ben definito nello spazio a disposizione:

• il display e lo speaker, che necessariamente avrebbero dovuto essere posizionati sopra ogni altro componente;

• la batteria che avrebbe dovuto essere appoggiata sulla base del guscio, in modo da ridurre l’uso del materiale necessario per il suo ancoraggio e distribuire in modo omogeneo il peso della struttura;

• il PowerBoost 1000 Charger e il pulsante di accensione e spegnimento del dispo-sitivo, i quali avrebbero dovuto essere appoggiati anch’essi sulla base del guscio in quanto i fori per le rispettive funzioni di ricarica e accensione/spegnimento sono stati predisposti sulla base;

• i LED necessari per l’illuminazione delle facce avrebbero dovuto essere centrati rispetto alla forma dei tre esagoni presenti sul guscio;

• infine i due lettori NFC PN532 sono stati posizionati tenendo conto del requi-sito della modularità dei cubi.

I componenti rimanenti del cubo, ossia l’amplificatore audio, il Raspberry Pi Zero W e l’IMU LSM9DS1 sono stati posizionati in base alla disposizione richiesta dai

componenti appena elencati, ottimizzando lo spazio e la quantità di materiale ne-cessaria per la stampa della struttura. Tali accorgimenti sono stati fondamentali anche per migliorare la dispersione del calore sviluppato da alcuni componenti, in particolare dalla scheda Raspberry Pi e dal PowerBoost 1000 Charger.

Per quanto riguarda i due lettori NFC, la disposizione di questi ultimi è stata stu-diata in modo da soddisfare il requisito della modularità che caratterizza il sistema CuBee ed è rappresentata in figura5.5.

Lettore NFC Tag NFC

Figura 5.5: Schema della disposizione dei lettori e dei tag NFC, vista dall’alto.

I componenti appena citati sono stati opportunamente fissati alla struttura median-te viti in nylon; mamedian-teriale scelto in quanto le viti potrebbero allentarsi nel median-tempo, rappresentando un rischio per la sicurezza degli utenti. Dal punto di vista dell’in-castro delle singole parti, queste sono state progettate con un margine di tolleranza di 0,1 mm per alcune parti che necessitano di incastrarsi saldamente e 0,2 mm per quelle parti in cui è necessario avere una maggiore flessibilità. In figura 5.6 è rappresentato lo schema di montaggio della struttura.

Figura 5.6: Schema di montaggio della struttura del dispositivo.