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Nonostante sia tutt’ora impossibile individuare l’identità dell’autore che si nasconde o che, come si è visto, è stato celato sotto le mentite spoglie del discepolo di Paolo, vari sono stati i tentativi di includere l’autore tra i secoli II e IV o di identificarlo con alcuni personaggi135: Ammonio Sacca, Dionisio di Alessandria, Pietro il Fullone, un discepolo di S. Basilio Magno, Pietro l’Iberico, Dionigi di Gaza, Severo di Antiochia, Sergio di Resaina, una persona vicina a Giovanni di Scitopoli, Stefano bar Sudaile, Eraisco, lo stesso Damascio136. Nessuno tra questi, però, ha incontrato l’approvazione unanime degli studiosi.

Se l’identità dell’autore risulta tuttora sconosciuta, la datazione del Corpus è definibile solo per approssimazione. Le ricerche indipendenti di Joseph Stiglmayr e

Hugo Koch137, ubicarono la composizione del corpus tra la fine del V e l’inizio del VI

secolo, poiché dimostrarono, in modo indipendente, che la trattazione del problema del male di DN dipendeva dal De malorum subsistentia di Proclo che conserviamo solo

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L. PERRONE (1980: 203). Soprattutto in fase di conclusione torneremo sull’importanza della

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R. ROQUES (1962), R. F. HATAWAY (1969: 31-35), e fino a S. Lilla (1982:569-570), che tuttavia riscontra delle imprecisioni nell’elenco fatto dall’Hataway.

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Questa è la tesi sostenuta dal MAZZUCCHI (2009:.709-762) e propria già dell’HATAWAY. L’ipotesi, è stata scartata da T. LANKILA (2011: 14-40) che pur condividendo il metodo di ricerca dello studioso italiano, ne critica i presupposti teorici.

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nella traduzione latina di Guglielmo di Moerbecke (XIII seoclo), nonostante alcune osservazioni possano insinuare dubbi a riguardo138.

L’autore è un contemporaneo di Proclo o di poco successivo. Con maggior precisione, il Koch dimostrò la vicinanza tra cospus dionisiano e Neoplatonismo in termini di dottrine, strutture e nell’uso del linguaggio simbolico, probabilmente attinto dalla tradizione misterica139.

J. Stiglmayr addusse altre ragioni che permisero di precisare con maggior approssimazione la datazione degli scritti.

Innanzitutto alcune formule legate alla cristologia dionisiana sono legate alle definizioni di Calcedonia contro Eutiche: gli scritti dovevano quindi essere posteriori al 451140; il credo come parte della messa, di cui Dionigi parla, fu introdotto non prima del 476 dal patriarca di Antiochia, monofisista, Pietro il Fullone, anche se è stato dimostrato successivamente che tale innovazione fu inserita a partire dal 515 dal patriarca di Costantinopoli Timoteo141; l’autore del corpus evita espressioni quali “due nature” o “una natura”, seguendo la prudenza con cui l’Henotikon emanato nel 482 dall’imperatore Zenone contro Euitche, proclamava la vera umanità e divinità di Cristo, attestandosi tuttavia, su posizioni poco aspre contro i monofisiti142; le prime citazioni degli scritti del CD sono di Andrea di Cesarea nel suo commento all’apocalisse di Giovanni, della fine del V secolo e Severo di Antiochia, in una epistola all’abate Giovanni, forse del 510. Il corpus sarebbe quindi compreso tra il 482 e l’inizio del 510143.

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CORSINI (1962: 7-35) ha riscontrato la possibile dipendenza della trattazione sul male anche da Sallustio 139 H. KOCH (1900). 140 J. STILGMAYR (1895). 141 B. CAPELLE (1951: 1003-1007). 142

Anche se è stato osservato che la prudenza dell’autore in materia di dottrina cristologica potrebbe dipendere dalla volontà di preservare il proprio mascheramento, dunque continuare ad attestarsi all’età apostolica P. ROREM-J. C. LOMOREAUX (1998: 10). Ancora con gli stessi studiosi (ibidem) è importante ricordare che l’Henotikon non fu revocato prima dell’età di Giustino, e cioè prima del 519.

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Per tutti questi punti vedi S. LILLA (1982: 534-535; W. VÖLKER (1985: 1-11); M. SCHIAVONE (1963: 9-44); E. BELLINI (2009: 38-41); E.CORSINI (1958-1959: 128-227).

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Seppure non è possibile definire l’identità dell’autore, un altro studio di J. Stiglmayr144 è servito a restringere il campo delle possibilità: la descrizione dell’ordinazione del vescovo, sacerdote e diacono di EH V.2.509 A 9-B 11 riprende il paragrafo De ordinationibus della liturgia siriaca edita e tradotta in latino dal patriarca di antiochia, Ignazio Efraem II Rahmani, suggerendo così la probabile origine siriaca dell’autore145

; attribuisce a Ieroteo, suo maestro, gli Elementi di Teologia, stessa opera scritta da Proclo , diadoco della scuola di Atene e, inoltre, la sua descrizione del maestro, ha molti punti in comune con la descrizione fatta da Marino su Proclo146.

Altri studiosi hanno dimostrato la dipendenza di Dionigi anche da Damascio (480- 550)147. Come terminus a quo si può indicare una data compresa tra il 476 (introduzione del Credo nella messa da parte di Pietro il Fullone) e il 485 (anno di morte di Proclo).

Per quanto riguarda il terminus ante quem, invece ci sono delle ulteriori difficoltà in base all’oscillare delle prime citazioni. Se la prima “citazione pubblica” del CD è la

Collatio del 532, le prime citazioni risalgono ad alcune epistole di Severo di Antiochia

che non possono datarsi con esattezza, ma oscillano tra il 518 e il 528148.

Si può concludere dicendo che “l’autore del Corpus sia stato un cristiano di origine siriaca che soggiornò a lungo ad Atene, dove seguì con entusiasmo i corsi di Proclo e di Damascio rimanendone profondamente influenzato. Un indizio del suo legame affettivo con Atene è rappresentato dal fatto che egli, tra tanti personaggi, sceglie come pseudonimo proprio l’Ateniese Dionigi l’Areopagita e si qualifica, nei titoli dei suoi scritti, come episcopos athenon. Alla fine del V secolo la scuola Ateniese è frequentata da vari Siriani: Damascio è originario di Damasco; di origine siriaca sono Salustio, Odenato, Uranio, Ilario e Mara149; Marino, successore di Proclo, è un palestinese che ha

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(1909: 383-385).

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Concordano anche O. BARDENHEVER (1924: 294) e E. BOULARAND (1957: 199).

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Vita Procli, 20-21.

147 R. ROQUES (1954: 74, n. 1); L. H. GRONDIJS (1959:. 438-447) e R. F. HATAWAY (1969: 18- 19).

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P. ROREM-J. C. LOMOREAUX (1998: 13-15).

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Damascio, Vita Isidori reliquiae, ed. C. Zinten, Hildesheim 1967, pp. 115, 1; 123, fr. 142; 132, 11- 12; 185, 17-19.

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abbandonato la religione ebraica per l’ellenismo (Vita Is. 141, p. 196). Di questa cerchia deve aver fatto parte l’autore del Corpus”150

.

Per quanto riguarda la composizione del corpus nella forma che ci è stata trasmessa, appunto come un agglomerato di scritti, commentato e con un’introduzione, essa fu operazione di Giovanni di Scitopoli in un periodo compreso tra il 538 e il 543, anni nei quali probabilmente fu completata anche la cosiddetta editio variorum, ossia una sorta di prima edizione critica per difendere il testo dalle interpretazioni monofisite o comunque dalle letture non ortodosse post-calcedonesi151.

Tali interpretazioni, del resto, sono testimoniate dall’intervento alla Collatio di Severo di Antiochia (532) ma anche le sue epsistole databili nel primo ventennio del secolo. In entrambi i casi vengono citati solo i DN.

Va notato altresì che nella prima metà del VI secolo, le citazioni del corpus riguardano sempre DN ed EP. Ciò lascerebbe supporre che DN è il primo trattato ad essere stato scritto, nei primissimi anni del VI secolo, e forse circolante insieme a EP e MT. In un secondo, ma imprecisato momento, comunque prima della redazione di Giovanni, sarebbero stati scritti i trattati gerarchici152.

La traduzione siriaca di Sergio di Reshaina precede di certo tale operazione poiché anteriore al 536, anno della morte dello stesso Sergio.

Infine, va ricordato che, se tutti i manoscritti greci conservati risalgono al IX secolo e riportano la versione del corpus così come noi oggi la leggiamo, il manoscritto che conserva la versione siriaca risale alla seconda metà del VI secolo, per cui non solo

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S. LILLA (1982: 536).

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Sull’ipotesi dell’editio variorum, ormai largamente accettata dagli studiosi, si vedano: G- HEIL-R. ROQUES (1958: 42-48); S. LILLA (1965), (1980); B. R. SUCHLA (1980: 31-66), (1984: 177-88), (1985: 179-194); (1989: 79-83), (1990: 36-64).

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152 Per l’assenza dei trattati gerarchici nella prima metà del VI secolo e per l contemporanea circolazione di DN in maniera alquanto diffusa, si veda P. ROREM-J. C: LOMOREAUX (1998:19-22); per la composizione successiva di CH-EH, si veda M. NASTA (1997) il quale rivede nel blocco DN-MT- EP le opere che creano la cornice apostolica e che sembrano effettivamente riservate ad un pubblico ristretto, e in CH-EH delle opere essoteriche per i nuovi adepti al culto cristiano. Stranamente però, l’autore non relaziona questo alla stessa divisione presente nella scuola tardo neoplatonica da cui pure l’autore doveva discendere.

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precede il periodo delle dispute iconoclaste nel quale furono scritti gli esemplari greci conservati, ma è anche vicino per data di composizione a quella del corpus originario.

Il fatto, infine, che il corpus sia tradotto integralmente in siriaco prima del 536, lascia presumere che esso circolasse nella forma oggi conservata prima dello stesso anno e che, seppur ei trattati fossero stati scritti in via separata, la formazione di un Corpus precede la stessa operazione di Giovanni di Scitopoli.

Per questa ragione, accettando per DN (a cui si univano MT-EP) una datazione compresa nei primi quindici anni del 500, e accettando che CH ed EH siano composti successivamente, ma prima del 536, il periodo per i trattati gerarchici dovrebbe potersi individuare (e per questo addurremo qualche indizio in fase di conclusione) negli anni a ridosso della Collatio (poco prima o poco dopo).