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La gestazione per altri, il mercato dei gameti e il turismo riproduttivo.

1.1 Come avviene la circolazione dei gamet

La possibilità di crioconservare le cellule sessuali ha permesso alle cliniche della fertilità, oramai sorte in gran parte del mondo e degli stati in via di sviluppo, di espandere il proprio mercato a livello globale. Questo vale soprattutto per il mercato del seme

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C. Caporale et al., “Maternità surrogata: profili etici”, Documenti del Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi, The Future of Science and Ethics (1), 19/02/2016, pp. 80-1.

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maschile, che essendo di più facile reperimento e più resistente al congelamento rispetto agli oociti149, può facilmente essere spedito da una parte all’altra del pianeta. Infatti le prime banche del seme hanno iniziato a svilupparsi negli Stati Uniti già a partire dalla fine degli anni Sessanta. Dagli anni Ottanta queste banche e le società di intermediazione per il reperimento degli oociti statunitensi sono divenute intermediari tra i fornitori e i consumatori sostituendo i medici in questa funzione. L’iniziativa privata nel campo della fertilità è stata incentivata da un contesto politico che, a causa dei tagli ai finanziamenti pubblici alla cura dell’infertilità e dai vuoti normativi sulla gestione delle nuove tecniche150. Inoltre il National Organ Transplant Act del 1984151(a differenza della convenzione di Oviedo del 1997152, che regola lo scambio di tessuti umani in Europa) permette la vendita di tessuti umani rinnovabili. I fornitori di gameti negli USA, possono quindi essere trattati come lavoratori autonomi, ma in effetti non sono riconosciuti come forza lavoro riproduttiva e l’investimento e l’impegno personale vengono sottovalutati: lo stile di vita viene infatti modificato per mantenere un numero sufficientemente alto di spermatozoi nel liquido seminale o per assicurare una buona produzione di oociti. Sia per i venditori maschi che per le venditrici, le descrizioni dei profili contengono (nonostante sia garantito l’anonimato153) caratteri fisici (come altezza

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È oggi possibile congelare gli oociti, ma a causa della loro conformazione citoplasmatica essi tendono a danneggiarsi più facilmente nella fase di scongelamento. Per questo motivo si preferisce congelare gli embrioni piuttosto che il solo gamete femminile. Alcune cliniche offrono comunque tale servizio ad un prezzo elevato.

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Durante le amministrazioni Regan e Bush la riapertura del dibattito sull’inizio vita e l’influenza politica degli antiabortisti hanno paradossalmente creato le condizioni per la proliferazione delle iniziative neoliberiste.

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National Organ Transplantation Act of 1984, Pub L. 98-507, 98 Stat. 2339-2348 (Oct. 19, 1984). Disponibile al link: https://www.gpo.gov/fdsys/pkg/STATUTE-98/pdf/STATUTE-98-Pg2339.pdf

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Council of Europe, Convention for the Protection of Human Rights and Dignity of the Human Being with

Regard to the Application of Biology and Medicine. Convention on Human Rights and Biomedicine,

European Commission, Brussels 1997. Disponibile al link: https://rm.coe.int/168007cf98

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L’anonimato dei donatori è stato invece abolito in alcuni paesi europei (Regno Unito, Svezia, Austria, Svizzera, Paesi Bassi e Finlandia) e questo ha portato un drastico abbassamento dei volontari. Cfr. Melinda

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peso, aspetto), etnia, livello di istruzione e persino caratteri non ereditabili come ad esempio la confessione religiosa e la classe sociale.

Le difficoltà che comportano la produzione di oociti, rende il loro commercio più limitato spazio-temporalmente. I corpi delle donne sono più direttamente coinvolti nel lavoro riproduttivo: la procedura per il prelievo degli ovociti è la stessa impiegata per le pazienti infertili (descritta in pagine precedenti di questo lavoro).

Come è evidente, la procedura di raccolta degli oociti è molto più complessa e rischiosa per la salute del prelievo di liquido seminale, che non prevede né l’assunzione di farmaci, né alcuna procedura chirurgica per il prelievo. Gli ormoni provocano alle donne disagi: gonfiore addominale, dolore e possono provocare effetti collaterali importanti come trombosi, insufficienza renale, sindrome da iperstimolazione ovarica ecc.

La vendita degli oociti è regolata da contratti attraverso cui le venditrici accettano di sottoporsi ad esami clinici, test psicologici e i cicli ormonali. I contratti garantiscono inoltre il diritto di proprietà degli acquirenti sulle cellule e stabiliscono alcune regole comportamentali a cui le venditrici devono attenersi (astinenza sessuale, non assumere droghe o altri farmaci, non fumare). Questo lungo e complesso iter, coi rischi che comporta, rende difficile un’offerta basata sulla gratuità del dono tale da rispondere alla domanda sempre in crescita delle cliniche della fertilità occidentali.

Alcuni elementi differenziano il metodo di reclutamento delle donne da parte delle agenzie rispetto al reclutamento degli uomini da parte delle banche del seme: l’altruismo e il senso materno sembrano essere caratteri imprescindibili alla selezione. Alle venditrici è inoltre richiesto da alcune agenzie di incontrare gli eventuali

Cooper e Catherine Waldby, Biolavoro globale. Corpi e nuova manodopera, trad. it. a cura di Angela Balzano, Derive Approdi, Roma, 2015, p. 103.

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compratori154. Infine, come fanno notare Cooper e Waldby: “a differenza del venditore di seme che firma un contratto per i servizi con la banca, la venditrice di oociti sigla un contratto con la coppia acquirente. Il contratto per oociti è dunque modellato, in una certa misura, sul contratto di maternità surrogata […]”155.

I vuoti legislativi, l’insistenza sul principio del dono e sulla generosità femminile, unite alla logica del mercato biotecnologico secondo cui i soggetti sono possessori razionali del loro capitale biologico, hanno così prodotto forme di lavoro femminilizzato156 per cui il soggetto che mette a disposizione le sue capacità riproduttive è chiamato ad agire rispettando i contratti, e dove allo stesso tempo è (e questo accade anche le gestanti per altri) metodicamente escluso dalla negoziazione del prezzo e di molte condizioni del servizio che fornisce.

In Europa la situazione è diversa: i regolamenti nazionali sulla circolazione delle cellule sessuali spaziano dal divieto assoluto di ogni forma di scambio (Austria, Germania ed Italia fino al 2014), ai regolamenti basati sulla logica del dono, quelli che prevedono rimborsi per i mancati guadagni (Gran Bretagna), altri che riconoscono rimborsi più ampi per il tempo impiegato e gli imprevisti delle procedure (Repubblica Ceca, Spagna e Grecia) e infine paesi dove non esistono leggi in materia (come la Polonia e la Russia)157. Le cliniche europee (dove avvengono oltre la metà delle procedure di fecondazione assistita al mondo)158,sono in grado di soddisfare la domanda di gameti, nonostante i

154Cfr. M. Cooper e C. Waldby, op. cit., p. 79. 155

Op. cit., p. 80. 156

Per lavoro femminilizzato intendo quella parte del lavoro informale legati alla sfera della cura della casa, dei bambini, della sessualità e della riproduzione. Le lavoratrici informali non vengono formalmente riconosciute come tali e sono portate a svolgere diverse mansioni non qualificate senza beneficiare di alcuna tutela (previdenza, assistenza sanitaria ecc. che invece sono riconosciute ai lavoratori nei contratti formali).

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M. Cooper e C. Waldby, op. cit., p. 98.

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principi anti-economici stabiliti dal Consiglio Europeo159, sfruttando la difformità delle legislazioni degli stati membri e di quelli vicini. Inoltre, in stati come Spagna, Grecia e Repubblica Ceca, i principi che regolano il rimborso sono tanto flessibili da rendere ambiguo il confine tra indennità e retribuzione vera e propria. Questi due paesi pur disponendo di normative che dovrebbero garantire la donazione gratuita, sono in effetti in prima linea nel mercato europeo dei gameti (i tassi di indennizzo arrivano intorno ai 600€160, cifra considerevole considerati i salari medi e i livelli di disoccupazione nei due paesi). Sembra così essere più la pressione della domanda nei mercati a fissare i criteri del rimborso più che i principi stabiliti dai comitati bioetici. Il problema dei divieti e delle logiche basate sul dono o sul rimborso è che, se applicate coerentemente, non sono in grado di rispondere alla crescente domanda di reperimento dei materiali biologici necessari ai servizi161. Inoltre queste norme, nascendo da una ratio che intenderebbe mantenere separate sessualità, riproduzione e funzioni biologiche lontane dal commercio, si rendono invece cieche di fronte ad un mercato già esistente mancando così nella tutela di tutte le soggettività coinvolte.

Si è così formato quello che comunemente è denominato il “turismo della fertilità” (sia intraeuropeo che a livello internazionale): un mercato di servizi riproduttivi transfrontalieri in continua crescita, la cui espansione è facilitata appunto dalla disomogeneità legislativa. I divieti e le restrizioni nazionali162 possono essere

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La convenzione di Oviedo e la direttiva europea su tessuti e cellule (Consiglio D’Europa 1997) vietano ogni forma di vendita di parti del corpo, il cui scambio è permesso solo tramite donazione gratuita e volontaria. A queste direttive si aggiungono le legislazioni nazionali, che variano da stato a stato.

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Cfr. M. Cooper e C. Waldby, op. cit., p. 105.

161Il Regno Unito, ad esempio, utilizza l’indennizzo e il metodo dell’egg-sharing (che prevede sconti sulle

procedure di fecondazione assistita alle donne che donano gli oociti in eccesso) come incentivi alla donazione, ciò nonostante le pazienti inglesi rappresentano una porzione considerevole dei turisti della fertilità in cerca di gameti in altri stati. Cfr. M. Cooper e C. Waldby, op. cit., p. 106.

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Non solo la mancata offerta spinge i genitori intenzionali a varcare i confini nazionali, anche le numerose limitazioni d’accesso alle tecnologie riproduttive giocano una parte importante: molti stati,

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oltrepassate semplicemente mettendosi in viaggio. Lo scenario che ne deriva, è descritto da Cooper e Waldby con queste parole:

I mercati transnazionali degli oociti rappresentano le attuali catene della fertilità. Essi negoziano la fertilità tra venditrici e acquirenti, spostano la fertilità da una classe all’altra, da un luogo all’altro, attraversando i confini e creando nuove mappe del plusvalore e del deficit riproduttivo163.

Il crollo del Welfare e dei finanziamenti pubblici in materia di salute e la competizione lavorativa tipica del neoliberismo, ha portato le donne dei paesi più svantaggiati (in Europa le venditrici di oociti sono in prevalenza le cittadine dei paesi dell’Est che per di più appaiono particolarmente attraenti sul mercato in virtù del loro fenotipo) a mettere a profitto la loro biologia approfittando della mancanza di regolamentazioni pubbliche ed incentivando lo sviluppo del mercato riproduttivo. Questo ci porta a concludere che le eccessive restrizioni, se pur dettate da logiche altruistiche che in linea di principio possono apparire moralmente preferibili, unite ai vuoti ed alle ipocrisie normative, hanno portato alla proliferazione di un mercato privato, transnazionale ed iniquo.

Anche negli Stati Uniti, dove la forma contrattuale è largamente diffusa, le ideologie presentate minacciano i diritti delle venditrici di oociti e delle gestanti che hanno poca voce in capitolo sulla stipula dei contratti.

come l’Italia, consentono l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita solo alle coppie eterosessuali, preferibilmente coniugate ed in età fertile. Questo significa che sono esclusi i single, le coppie omosessuali e le donne in menopausa. Tutti questi soggetti potenzialmente possono trovare uno stato in cui la regolamentazione (se vi è) è sufficientemente aperta da fornire loro l’assistenza riproduttiva di cui necessitano.

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A mio parere quindi sono le retoriche del dono, dell’innato altruismo femminile e l’assenza di leggi internazionali per il controllo del mercato, e non le nuove pratiche e tecnologie della riproduzione in sé, a creare condizioni di lavoro ingiuste, se non di vero sfruttamento della nuova forma di manodopera del settore riproduttivo; un settore dove al neoliberismo si unisce il neofondamentalismo, che se da un lato rivendica i principi della generosità e della dignità umana, dall’altro sta pubblicizzando servizi e prodotti biologici come beni di consumo qualunque, delocalizzando la sua manodopera verso i paesi in via di sviluppo. Uno schema che vediamo ripresentarsi a tutti i livelli dell’economia capitalistica globale.

L’unico modo di porre fine a questa schizofrenia non è quindi l’aumento delle proibizioni, che porterebbero a spostare ulteriormente gli utenti fuori dal loro paese di origine alla ricerca di gameti e servizi a basso costo e più conformi alle loro esigenze, ma ampliare gli spazi di libertà ed accettare la riproduzione possa essere un lavoro, poiché già lo è a tutti gli effetti, e introdurre dei regolamenti condivisi che tutelino tanto le lavoratrici quanto i fruitori.

Nei successivi paragrafi tenterò di delineare meglio questa posizione prendendo ad esempio la gestazione per altri, pratica che mette ancor più mette in evidenza i problemi dell’ingresso della biologia riproduttiva nel commercio globalizzato.

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2. La gestazione per altri

La gestazione per altri come già precedentemente accennato, è una pratica utilizzata quando una donna non è in grado (vari possono essere i motivi: ripetuti aborti spontanei, infertilità, isterectomia, età avanzata ecc.) o non vuole lei stessa portare a termine una gravidanza. Possono poi, per evidenti ragioni, beneficiarne le coppie omosessuali maschili o gli uomini single che non intendono rinunciare a crescere un figlio a loro legato geneticamente. Tutti questi soggetti possono rivolgersi ad una donna terza che si presta a portare avanti la gravidanza e a dare alla luce il bambino desiderato dai committenti, in cambio di denaro o per puro altruismo. Molti sono i nomi che gli vengono attribuiti: dai più comuni “maternità surrogata”, “utero in affitto”, compravendita di bambini su commissione, fino a termini screditanti come “prostituzione riproduttiva” o “schiavismo riproduttivo”164. Da parte mia ho scelto di adottare il termine gestazione per altri in quanto a mio parere descrive in modo più neutrale quello che avviene nella pratica e mi consente di evitare il termine maternità. “Madre” infatti, appare adesso un concetto di assai complessa definizione: non più riducibile a colei che partorisce; i caratteri che la distinguevano un tempo (contributo genetico, gestazione, parto, legame affettivo, cura ed educazione) possono ad oggi, essere condivisi fra più persone. Ritengo che possa essere definita madre solo colei che cresce ed educa il bambino, poiché attribuisco più importanza alla relazione interpersonale, rispetto a quella puramente biologica o gestazionale. Non utilizzerò

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Cfr. Lori B. Andrews “Surrogate Motherhood: The Challenge for Feminists”, Law, Medicine and Health

Care 16 (1988), p. 75. Tratterò il tema del parallelo tra prostituzione e lavoro riproduttivo più avanti in un

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quindi il temine “madri surrogate” poiché sostengo, insieme a Christina Weis, che le donne che vi partecipano siano lavoratrici che poco o niente hanno in comune con la figura genitoriale165.

Tale metodo di riproduzione umana, è in realtà una pratica dalle origini antiche: “Throughout the history, in several cultures, women have used other women to bear the children they could not conceive. The surrogate was often a second wife, a concubine, or a maid”166. Famosi esempi li ritroviamo anche nella Bibbia: la sterile Sara si rivolge alla schiava Agar per dare un erede al marito Abramo167e lo stesso fa Rachele col marito Giacobbe168. Con lo sviluppo delle tecnologie riproduttive essa ha chiaramente assunto dei caratteri differenti: primo fra tutti l’esclusione della sfera sessuale, in secondo luogo, come già detto, non è più scontato che la gestante contribuisca geneticamente alla formazione del nuovo individuo. Prima che fosse disponibile una rete di scambio di oociti, la surrogata era quasi sempre anche la madre biologica del bambino. Oggi però si preferisce utilizzare cellule uovo di donatrici (qualora la madre intenzionale, se vi è, non sia in grado di fornirle) principalmente per limitare al minimo l’attaccamento psicologico al bambino dopo il parto, ma possono esservi anche altri motivi, ad esempio i committenti possono voler scegliere che il bambino assomigli il più possibile al fenotipo cui appartengono.

165La Weis portando l’esempio delle surrogate russe, evidenzia come esse siano da considerare vere e

proprie “lavoratrici surrogate” per quattro motivi: 1) le cliniche accettano solo le donne mosse da motivazioni finanziarie. 2) le donne percepiscono la gravidanza come lavoro complesso. 3) l’assenza di legame genetico con il feto minimizza il fattore emotivo. 4) l’immagine della madre risulta inappropriata in quanto la lavoratrice surrogata svolge un lavoro definito da limiti temporali.

Cfr. C. Weis, “Workers or Mothers? The Business of Surrogacy in Russia”, 15 dicembre 2015, Open

Democracy.https://www.opendemocracy.net/beyondslavery/christina-weis/workers-or-mothers-

business-of-surrogacy-in-russia

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Amrita Pande, “Not an ‘Angel’, not a ‘Whore?: Surrogates as ‘Dirty? Workers in India”, Indian Journal of

Gender Studies, 16:2 (2009), p. 143. 167

Genesi 16.

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La gestazione per altri ci costringe perciò a ripensare molte categorie culturali: lo statuto della maternità e dei i legami di parentela, i ruoli di genere ed il concetto di lavoro. Non è un caso che gli accordi di surrogazione rappresentino, all’interno del dibattito femminista sulle biotecnologie riproduttive, un caso esemplare di scontro tra libertà riproduttive, mercato economico e potere tecnoscientifico.

Veniamo ora ad analizzare le problematiche che questa pratica comporta e gli argomenti, favorevoli e contrari. Tenterò di analizzare le posizioni abolizioniste per cercare di comprendere la natura del sentimento che le accomuna e se in esse vi siano giustificazioni e/o preoccupazioni sufficienti a validarne il diniego.

In questa analisi dovremo tener presente che la gestazione per altri è una realtà effettiva e che quindi, come suggerisce Amrita Pande169, un studio meramente teorico potrebbe non essere sufficiente a rendere conto di una realtà strutturale con attori e conseguenze reali: la riflessione filosofico/politica dovrebbe essere affiancata a studi sociologici, etnografici e antropologici. Gli studi bioetici si sono, in generale, concentrati a riaffermare la necessaria gratuità dei materiali biologici ed hanno posto la loro attenzione più ai diritti dei genitori intenzionali (o committenti) e dei nascituri, piuttosto che discutere il diritto all’autodeterminazione delle soggettività che forniscono quei materiali in vivo che rendono possibile le nuove forme di riproduzione medicalmente assistita170.

La prospettiva femminista sui temi bioetici in generale e sulla Gpa nel nostro caso particolare, ha il vantaggio di porre il tema dell’autodeterminazione al centro del suo dibattito e di proporre una “morale incarnata” centrata sui corpi individuali che abitano lo spazio e il tempo storico e culturale collettivo: o meglio, un’etica che non può

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A. Pande, op. cit., p. 144.

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assumere quindi pretese di fissità e immutabilità. Viene criticata la rappresentazione degli individui come atomi isolati, possedenti identità delimitabili, proponendone invece una costituzione di interdipendenza relazionale secondo la quale i soggetti si influenzano e costruiscono nella dipendenza reciproca, la propria identità (la cui origine relazionale la rende in continuo mutamento).

La difficoltà del legislatore consiste proprio in questo: proporre cambiamenti che adattino le leggi alle circostanze e che si mostrino inclusive nei confronti delle differenze individuali, evitando così di imporre modelli di vita, regolando non di meno l’agire di ognuno.

“Autonomia e responsabilità risultano spesso astrazioni se messe in confronto con in molti modi in cui le persone sono condizionate e manipolate o determinate da condizioni di svantaggio economico”171. Parte della normatività in gioco, continua Lecaldano, è da spostare a monte, e richiedere che all’appello di nuovi diritti si aggiunga una politica che renda le condizioni sociali ed economiche tali per cui gli individui possano esercitarli consapevolmente. Una riflessione etica non accompagnata da strategie pratiche volte a rafforzare i soggetti più deboli e metterli in condizione di essere autonomi, rischia di essere un grande buco nell’acqua.

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