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Tra autodeterminazione e biocontrollo. Tecnologie riproduttive e gestazione per altri al vaglio dei femminismi.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Civiltà e Forme del sapere

Corso di Laurea in Filosofia e Forme del sapere

TESI DI LAUREA

TRA AUTODETERMINAZIONE E BIOCONTROLLO. TECNOLOGIE

RIPRODUTTIVE E GESTAZIONE PER ALTRI AL VAGLIO DEI FEMMINISMI.

Candidata

Relatore

Sara Puccinelli

Prof. Francesco Giunta

Correlatori

Dott. ssa Angela Balzano

Dott. ssa Eva De Clercq

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Indice

Introduzione ... p.1 Premessa

Le tecnologie della riproduzione assistita: quali sono, in che direzione sta andando la ricerca e a quali casi si applicano ... p.3

1. Cosa sono infertilità e sterilità e a chi possono rivolgersi gli interventi

riproduttivi ... p.3 2. Tecniche attualmente disponibili ... p.5 3. Tecniche futuribili ... p.9

Capitolo Primo

Resistance Feminism. Le femministe contrarie all’intervento tecnoscientifico sui corpi delle

donne ...p.17

1. Il potere conteso della biologia femminile: l’importanza della differenza sessuale e le tecnologie riproduttive come estensione del potere patriarcale ... p.23 2. Gli obiettivi nascosti del capitalismo patriarcale ... p.29 3. La donna come materia prima: l’individuo scomposto ... p.37 3.1 Le immagini ... p.37 3.2 Dividere è controllare ... p.40 4. La falsa scelta delle tecnologie riproduttive ... p.42 5. La mascolinizzazione della coscienza riproduttiva femminile ... p.47

Capitolo secondo

Embracing Feminism. Tecnologie produttrici di libertà ... p.51

1. Il corpo tiranno:

il ripensamento della differenza biologica a partire da Firestone ... p.56 2. L’ectogenesi e la massimizzazione della scelta ... p.62 3. Haraway e il soggetto Cyborg ... p.74 4.Cyberfeminism ...p.81

Capitolo terzo

Il corpo delle donne come fonte di scambio, dono e profitto:

la gestazione per altri, il mercato dei gameti e il turismo riproduttivo ... p.87

1. Vendita e donazione di gameti ... p.89 1.1 Come avviene la circolazione dei gameti ... p.95 2. La gestazione per altri ... p.102

2.1 Le principali obiezioni ... p.105 2.2 Prostitute e surrogate ... p.121 2.3 Surrogazione commerciale o altruistica? ... p.128 3. Neoliberismo e neofondamentalismo ... p.133

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Conclusioni ... p.138 Bibliografia ... p.151

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Introduzione

Questo lavoro nasce dalla volontà di affrontare la questione delle nuove tecnologie riproduttive e delle possibilità di scelta che queste aprono, da un punto di vista diverso da quello adottato comunemente dal dibattito pubblico e dalla bioetica classica. La tendenza è quella di trattare come protagonisti di questa rivoluzione riproduttiva, gli individui che verranno generati attraverso le tecniche. Ad oggi i progressi fatti dalla biomedicina non sono riusciti a cambiare una realtà: si nasce ancora da corpo di donna, tutte le pratiche si applicano perciò con maggiore ingerenza ai corpi femminili. L’attenzione della discussione etica incentrata sui nascituri nasconde il protagonismo femminile così come cela la pressione sociale, fisica ed emotiva a cui sono esposte le donne prima e durante la gestazione nonché dopo il parto.

Quello che mi ripropongo di fare con questo lavoro è una ricostruzione del variegato dibattito femminista intorno alle nuove tecnologie riproduttive, che mi permetterà di discutere più posizioni ed evidenziare quelli che a mio parere risultano essere pregiudizi figli di una concezione dualista che vede nelle dicotomie di mente/corpo, uomo/donna, tecnica/natura ecc., gruppi di senso che conferiscono identità facilmente separabili e riconoscibili, che ripropongono una disparità tra ruoli del maschile e del femminile all’interno del processo generativo: sbilanciamento che è stato storicamente appianato ponendo dei vincoli giuridici, socio-culturali, religiosi e via dicendo, al potere generativo delle donne. Le tecnologie riproduttive si presentano in questo scenario come elemento non privo di controversie: sono esse liberatorie rispetto al presunto destino biologico femminile, o sono l’ennesimo tentativo di controllo, o per giunta un’espropriazione, di un potere distribuito iniquamente tra i due sessi?

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Cercherò di fare chiarezza intorno a questo punto partendo dalla descrizione dei due atteggiamenti nei confronti delle nuove pratiche riproduttive più diffusi nel femminismo, l’uno caratterizzato dal rifiuto di ogni intervento, l’altro da entusiasmo e fiducia, che impegneranno i primi due capitoli dell’elaborato. Vedremo come le posizioni dei vari gruppi portino con sé diverse concezioni dell’identità femminile tali da mutare completamente il panorama delle relazioni tra i sessi e la visione dell’intervento sui corpi.

Nell’ultima parte del lavoro prenderò in esame la circolazione delle cellule sessuali e la gestazione per altri, quali casi esemplari del conflitto che si può venire a creare tra autodeterminazione e biocontrollo. Approfitterò di quest’analisi per descrivere sia la mia prospettiva etica in materia che tenga conto della realtà tardocapitalista in cui sono inseriti i soggetti e le loro scelte riproduttive, sia una nuova idea di soggettività femminile e femminista.

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3 Premessa

Le tecnologie di riproduzione medicalmente

assistita:

quali sono, in che direzione sta andando la ricerca e a quali casi si

applicano

Vorrei cominciare con un rapido excursus delle differenti tecniche applicate alla riproduzione attualmente accessibili e di quelle ancora in fase di sperimentazione, per cercare di dare un’idea delle possibilità in campo riproduttivo, mostrare le modalità di impiego e i soggetti a cui possono rivolgersi. Mi asterrò in questa sezione dal fare un’analisi etica, mi limiterò invece a presentare tecniche e pratiche al fine di darne un quadro descrittivo sufficiente a capire quali sono gli oggetti del dibattito che presenterò nei capitoli seguenti.

1. Cosa sono infertilità e sterilità e chi possono rivolgersi gli interventi

riproduttivi

La procreazione medicalmente assistita è considerata per lo più una terapia della coppia sterile o infertile1; definirla in tal modo in realtà appare inesatto. Il termine terapia implica il concetto di cura per un qualche tipo di patologia, ma risulta complicato far rientrare sterilità e infertilità in tale categoria, sia perché non sono stati degenerativi del

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Anche se spesso sono usati come sinonimi (la maggior parte delle studiose che riporto nei prossimi due capitoli li trattano in quanto tali), i due termini hanno in medicina, significati distinti: il primo indica l’incapacità di concepire, mentre per infertilità si intende l’impossibilità di portare a termine la gravidanza con la nascita di un bambino vivo.

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corpo (semmai l’impossibilità di esplicitare una funzione, che non interessa comunque la conservazione del corpo stesso), sia perché non presenta sintomi invalidanti se non la non riuscita del concepimento o della gravidanza. Svariate possono essere le cause che portano alla sterilità2: ad esempio le operazioni pelviche non compiute correttamente, l’utilizzo di certi tipi di anticoncezionali (vedi lo IUD), malattie sessualmente trasmesse non curate, cattive abitudini che diminuiscono il livello di fertilità (fumo, alcol e droghe), per effetto collaterale di certe cure eccetera ecc. I motivi sono molteplici e spesso rimangono sconosciuti.

Le modalità ed i tempi con cui ci riproduciamo sono il riflesso di complicate interazioni tra la costituzione biologica dei nostri corpi, le nostre abitudini, la nostra cultura e le nostre inclinazioni personali. Le difficoltà procreative sono sempre più influenzate dall’innalzamento dell’età in cui le donne tentano di avere un figlio, ma anche dal crescente desiderio di autonomia degli individui in materia;il problema sembra allora essere più socioculturale che sanitario3. Non sembrano né sterili né infertili le coppie omosessuali che desiderano un figlio biologico, così come potrebbero non esserlo quelle portatrici di malattie genetiche che desiderano un figlio sano, e tanto meno lo sono i singoli che vorrebbero crescere un bambino senza coinvolgere un’altra persona. Il ventaglio di applicazione delle tecnologie riproduttive non si riduce quindi alla sterilità e all’infertilità, ma può trovare spazio e utilità anche fra quelle persone con problemi o

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Le principali cause fisiologiche sono nelle donne: problemi di ovulazione (27%), adesioni pelviche (12%), problemi agli ovidotti (22%), endometriosi (5-15%), disfunzioni ipofisarie (7%) e negli uomini: ingrossamento della vena testicolare (38%), cause sconosciute (23%), ostruzione dei dotti (13%), aspermia (3%), problemi di eiaculazione (2%). La sterilità di coppia dipende per circa il 40% dei casi dalla donna, in un altro 40% dall’uomo e nel 20% da entrambi. Cfr. Michael R. Cummings, Eredità, principi e problematiche

della genetica umana, seconda EdiSES, Napoli, 2009, p. 285. 3

Tra le principali cause dell’aumento della sterilità negli ultimi decenni Carlo Flamigni elenca anche: l’aumento delle malattie infettive a trasmissione sessuale, l’utilizzo di anticoncezionali endouterini (che possono causare sempre sterilità meccanica). Cfr. C. Flamigni, La procreazione assistita, fertilità e sterilità

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esigenze riproduttive di diversa natura. Con il passare del tempo e l’avanzamento tecnologico in campo sanitario, la medicina ha ampliato il suo raggio di azione mutando così il suo significato come disciplina, non più rivolta esclusivamente alla cura, ma allargata verso il campo dei desideri e dei bisogni non strettamente legati alla sopravvivenza e alla salute. Vedremo qui di seguito come questo accada con le tecnologie riproduttive e a quali bisogni esse possono venire incontro.

2. Le tecniche attualmente disponibili

Carlo Flamigni, e come lui altri medici impegnati nel campo della riproduzione, divide le tecniche di riproduzione medicalmente assistita in due grandi gruppi, semplici e

complesse:

Le prime comprendono in pratica, unicamente le tecnologie che si limitano ad utilizzare il seme, che, generalmente può essere ottenuto semplicemente; le seconde, […] hanno invece la prerogativa di manipolare sia i gameti maschili che quelli femminili, facendoli incontrare all’interno del corpo della donna4.

Le tecniche semplici prevedono un trattamento ormonale preliminare per indurre un’ovulazione multipla, per poi facilitare il percorso del liquido seminale (che viene trattato in modo da selezionare gli spermatozoi più vitali) verso la cellula uovo depositandolo nel luogo che, a seconda del caso, risulta più idoneo (vagina, cavità

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cervicale, cavità uterina o nella cavità peritonale). Si tratta cioè di inseminazione, ed è la più semplice tra le pratiche di riproduzione artificiale. Se ne possono distinguere due tipi: la cosiddetta omologa(o IAP: inseminazione artificiale che utilizza il seme del partner), utilizzabile nei casi di ridotto numero di spermatozoi nel liquido seminale o di ridotta mobilità degli stessi; e l’eterologa (o IAD: inseminazione artificiale con seme di donatore5)preferibile quando la qualità del seme del partner è troppo scarsa oppure quando egli è portatore di malattie genetiche. Anche le coppie lesbiche o le donne single in età fertile e le coppie eterosessuali in cui il partner maschile è portatore di qualche malattia (anche se questi ultimi potrebbero trovare maggiore vantaggio in altre tecniche) sono potenziali utenti dell’inseminazione eterologa.

Tra le tecniche complesse si possono distinguere:

GIFT (Gametes Intra Fallopian Transfert) procede partendo da una stimolazione ovarica

e il successivo prelievo degli ovociti, con tecnica transvaginale (o in laparoscopia), che vengono poi inseriti in un sottile catetere insieme agli spermatozoi precedentemente selezionati. L’incontro tra i gameti avviene nelle tube come nel processo di procreazione sessuale. Quella che opera è una procedura abbastanza invasiva e non può essere utilizzata in più del 15% dei casi di sterilità6.

Versioni modificata della GIFT sono la ZIFT (Zygote Intra Fallopian Transer) e la TET (Tubal embryo transer). La prima è una tecnica che, come vedremo, ha molto in comune con la FIVET. Gli ovuli prelevati dopo la stimolazione ovarica vengono fertilizzati in vitro e trasferiti nelle tube tramite laparoscopia entro le 24 ore, prima che avvenga la divisione

5Non sempre si tratta di donazione. In alcuni paesi come ad esempio gli Stati Uniti o il Giappone, il prelievo

di liquido seminale viene retribuito. 6

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cellulare (nella FIVET si lasciano passare alcuni giorni prima del trasferimento che ha luogo nell’utero). Rispetto alla GIFT ha il vantaggio di dare ai medici più certezza circa l’avvenuta fecondazione degli ovociti, in quanto l’incontro tra i gameti avviene in laboratorio. La TET opera nello stesso modo ma ad essere trasferiti nelle tube sono embrioni dalle 2 alle 4 cellule. Entrambe non trovano oggi un grande impiego.

ICSI (Intra Cytoplasmatic Sperm Injection), ossia una microiniezione,in microscopio,di un

singolo spermatozoo (che viene selezionato a campione in base ai criteri di mobilità e vitalità e sulla quale è anche possibile effettuare screening genetici) in un ovocita, viene utilizzata soprattutto nei casi di sterilità femminile dovuta a fattori meccanici (come l’ostruzione delle tube di falloppio ecc.) e in pochi casi maschili.

FIVET (Fertilization in Vitro and Embryo Transfert), usata per lo più nei casi di sterilità

femminile, si opera attraverso una stimolazione ovarica volta ad indurre un’ovulazione multipla (attraverso la somministrazione di gonadotropine, farmaci a base di ormoni sessuali che alterano il normale funzionamento dell’ipofisi); gli ovuli raccolti vengono successivamente fecondati e coltivati in vitro per alcuni giorni e poi trasferiti nell’utero della donna. La percentuale di impianto per ogni embrione coltivato in vitro è meno del 20%, mentre la percentuale di gravidanza è intorno al 30% per ogni due embrioni trasferiti7.

Con questa tecnica, dispendiosa intermini economici, di tempo e gravosa per il fisico della donna, può accadere che si producano più embrioni di quelli necessari ad instaurare una gravidanza. Gli embrioni “soprannumerari” possono essere congelati in attesa di essere impiantati, distrutti o utilizzati per la ricerca scientifica. La fertilizzazione

7Cfr. Elisabetta Chelo, “Le tecniche di procreazione assistita:cosa accadrà con la nuova legge”, AA.VV. Un’appropriazione indebita, L'uso del corpo della donna nella nuova legge sulla procreazione medicalmente assistita, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2004, p. 58.

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esterna apre la possibilità di praticare analisi genetiche sugli embrioni in attesa di essere impiantati, selezionare quelli sani o con specifiche caratteristiche, ad esempio il sesso (spesso determinante per impedire la trasmissione di patologie che colpiscono solo i maschi o solo le femmine).

La FIVET è la tecnologia procreativa che ha aperto più spazi di libertà: “Nessun altra tecnica medica copre da sola un così largo ventaglio di indicazioni, concernenti la donna, l’uomo, entrambi i partner o nessuno di essi e infine nessun altra tecnica possibilità di procreazione”8.

La crioconservazione (congelamento in azoto liquido)delle cellule sessuali e le banche del seme e ovuli, hanno permesso a donne e uomini di prolungare nel tempo le loro capacità procreative. Si pensi cosa questo possa significare per quelle persone che ad esempio debbano sottoporsi a trattamenti che limitino gravemente le capacità procreative (ad esempio le chemioterapie), o per quelle donne che vogliano posticipare la maternità per dedicarsi alla carriera o altro. Per non parlare dei single o delle coppie omosessuali che nutrono desideri di genitorialità.

Gestazione per altri (GPA)

La gestazione per altri, anche conosciuta come maternità surrogata, è una procedura possibile a partire dalle tecniche appena descritte e consiste nel sottoporre a inseminazione, o a trasferimento di un embrione creato in vitro tramite i gameti di una coppia committente (o di un singolo richiedente), una volontaria, perché questa porti avanti la gravidanza al loro posto. La donna, comunemente detta surrogata, può essere geneticamente legata al bambino, quando è il suo ovulo ad essere fecondato con quello

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del committente (surrogazione parziale); oppure non aver nessun legame biologico con il nascituro (nei casi più complessi dove ella non contribuisce con le sue cellule sessuali), si parla allora di surrogazione totale. Con la gestazione per altri il progetto di genitorialità si costruisce attraverso il contributo di più persone fino a un massimo di cinque: nel caso di una coppia in cui entrambi i partner sono sterili e non vi sia possibilità di portare aventi una gravidanza, tale coppia dovrà fare ricorso a due donatori e una donna che si offra come surrogata.

I rischi di queste tecniche

Si sono riscontrati dall’utilizzo delle tecnologie riproduttive un aumento delle gravidanze ectopiche (extrauterine) di quasi tre volte, e delle gravidanze multiple (nel 35% delle gravidanze ottenute da fecondazione in vitro). I trattamenti ormonali a cui sono sottoposte le donne posso dare numerosi effetti collaterali e provocare la sindrome da iperstimolazione ovarica che può portare alla morte. I bambini si vedono aumentare il rischio di nascere sottopeso, specialmente nei parti plurigemellari. Alcuni parlano anche di un aumento della trasmissione di difetti congeniti ai figli nati da procreazione medicalmente assistita , ma su questo aspetto ci sono ancora poche informazioni e molti dubbi9.

3. Le tecniche futuribili

Fin’ora mi sono limitata a descrivere le forme di interventi attualmente praticabili, ma ne esistono altri che potrebbero, in un futuro prossimo, diventare pratiche correnti.

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Clonazione riproduttiva

La clonazione consiste nel prelevare il nucleo di una cellula somatica e inserirlo in una cellula uovo precedentemente denucleata. Il nucleo somatico contenente 46 cromosomi farebbe partire la divisione cellulare all’interno della cellula uovo sino alla formazione dell’embrione che erediterebbe così il suo corredo genetico in parte da quella cellula (DNA nucleare) e in parte dalla cellula uovo (Dna mitocondriale). Questa tecnica permetterebbe la nascita di individui in maniera asessuata, senza cioè l’incontro tra due gameti; per questo motivo sarebbe maggiormente impiegabile nei casi di sterilità maschile. Ipotizzando il caso di una coppia in cui il partner maschile non possieda spermatozoi sufficientemente vitali, la clonazione darebbe loro la speranza di avere un figlio legato biologicamente ad entrambi. Anche una donna sola o coppia di lesbiche potrebbero soddisfare questo desiderio, sempre che almeno una delle due possegga cellule uovo sane. Più difficoltoso risulterebbe per un uomo o una coppia gay che dovrebbero in ogni caso trovare una donatrice che magari sia anche disposta a portare a termine la gravidanza per loro.

La clonazione potrebbe venire in contro anche a quelle coppie in cui è la donna a non poter riprodursi:

[…] il DNA nucleare di una sua cellula somatica potrebbe essere trasferito in una cellula uovo di una donatrice e l’embrione prodotto fuso con un altro embrione prodotto a partire da una cellula somatica del compagno e da una cellula uovo della donatrice. L’individuo, che in questo modo viene al mondo, avrebbe il DNA mitocondriale della

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11 donatrice delle cellule uovo, ma erediterebbe comunque il suo DNA nucleare dalla coppia10.

In quest’ultimo ipotetico esempio si descrive un caso di clonazione embrionale, nonché di multigenitorialità: tre, quattro, dieci persone (e via dicendo), quando e se la clonazione diventerà una tecnica sicura, volendo potrebbero condividere l’esperienza di crescere un figlio imparentato a loro tutti.

Sebbene la clonazione somatica abbia portato in alcuni mammiferi (mucche, cavalli, maiali, pecore ecc.), se pur con evidenti difficoltà11, alla creazione di nuovi individui, gli animali clonati hanno riportato una percentuale di malformazioni, patologie maggiore e un’aspettativa di vita minore rispetto a quelli nati per via sessuale o da altre tecniche riproduttive. Per questo motivo non è ancora possibile prenderla in considerazione per la procreazione umana12, ma non è escluso che una volta ovviati i pericoli per la salute dei nascituri, essa possa diventare opzione vantaggiosa per alcuni. Lo stato della ricerca sulla clonazione umana si ferma da alcuni anni alla produzione di embrioni capaci di raggiungere lo stadio di blastocisti.

Partenogenesi

Con partenogenesi si indica una tecnica di clonazione che prevede il solo utilizzo di un ovocita, questo attraverso una stimolazione meccanica, elettrica o chimica può essere indotto a cominciare una divisione cellulare sino, eventualmente, a raggiungere lo stadio

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Maurizio Balistreri, Il futuro della riproduzione umana, Fandango Libri, Roma, 2016, pp. 48-9.

11La famosa Dolly, la pecora nata per clonazione nel luglio 1996 per volontà di un’equipe scozzese, fu

l’unico embrione a completare il suo sviluppo su un campione di 277. Ad oggi il successo dell’intervento tra tutte le specie considerate è del 2/3%, nei soli bovini oscilla tra il 5 e il 20% e nei maiali intorno al 6%. Cfr. M. Balistreri, cit., p. 45.

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La ricerca sulla clonazione umana è riuscita solo da alcuni anni a produrre embrioni capaci di raggiungere lo stadio di blastocisti. Cfr. M. Balistreri, op. cit., p. 46.

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embrionale. Diversamente dalla clonazione somatica ed embrionale, la partenogenesi a scopo riproduttivo non ha ancora avuto successo nei mammiferi, a causa soprattutto del fatto che in mancanza dello spermatozoo gli embrioni mancano di quelle strutture che garantiscono la normale divisione cellulare (i centrioli) e la formazione di quegli annessi e della placenta senza i quali non è possibili l’impianto in utero. Queste difficoltà, benché importanti, non sembrano escludere una futura riuscita: i centrioli potrebbero essere trasferiti per iniezione nella cellula uovo e per quanto riguarda gli annessi embrionali, l’ingegneria genetica potrebbe fornire all’ovocita le strutture mancanti al loro sviluppo. La partenogenesi come mezzo alternativo di riproduzione potrebbe rivolgersi soprattutto alle donne che non intendono coinvolgere un’altra persona nel mettere al mondo un nuovo individuo (il nascituro avrebbe infatti un solo genitore biologico, la madre, e il DNA identico a questa), ma anche alle coppie lesbiche o eterosessuali dove l’uomo, o la partner, ha una malattia trasmissibile geneticamente.

Esiste la possibilità di ottenere dai partenoti (così sono chiamati i derivati dalla divisione cellulare indotta dell’ovocita) cellule staminali simili a quelle embrionali ed è su questa modalità di impiego che si è concentrata fino ad oggi l’attenzione del mondo bioetico.

Produzione di gameti in vitro e riproduzione umana

Tramite la ricerca sulle cellule staminali embrionali e pluripotenti indotte (cioè staminali derivate da cellule somatiche che attraverso una tecnica chiamata di “riprogrammazione cellulare” vengono riportate allo stato di pluripotenza), dalle quali è possibile ottenere ogni tipo di cellula differenziata (ossia una cellula con una specifica funzione: nervosa, sessuale, ematica ecc.), è apparsa la possibilità di poter produrre in futuro, gameti di entrambi i sessi anche da una sola persona o da un singolo embrione. Fino ad ora dalle staminali embrionali o indotte umane è stato possibile trarre spermatozoi, ma non

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cellule uovo. Recenti studi sulle cellule sessuali del topo hanno dato speranza a che un giorno diventi possibile la ricostruzione di entrambe le cellule germinali umane (i precursori di spermatozoi e ovociti) e che queste possano essere trapiantate nelle ovaie e nei testicoli. Questa potrebbe portare fine alla sterilità. Certo non sappiamo ancora molte cose, ad esempio se queste cellule sessuali artificiali siano in grado di produrre da sole embrioni o solo in combinazione con gameti naturali. Ci vorranno ancora anni di studi per ovviare le difficoltà nella ricreazione dei gameti femminili e testare la stabilità genetica di queste cellule ricostruite, valutarne la sicurezza per un impiego riproduttivo13.

Ectogenesi

Ectogenesi significa letteralmente nascita fuori dal corpo e si riferisce alla possibilità di riprodurre un ambiente artificiale in cui far sviluppare gli embrioni al di fuori dall’utero, ossia ad una gravidanza extra corporea. Le difficoltà tecniche perché un embrione umano si sviluppi completamente fino alla nascita fuori da un corpo di donna sono numerose, ma probabilmente non insormontabili: si tratta infatti di ricreare in una macchina un ambiente simile a quello uterino (una placenta, un liquido amniotico artificiale ecc.) e meccanismi di scambio complessi, ma non sconosciuti che garantiscano ai feti (eventualmente embrioni) le giuste quantità di ossigeno, nutrienti ed ormoni. Per il momento è possibile salvare bambini prematuri di almeno 23/24 settimane trasferendoli in speciali macchine incubatrici (già un bambino di 22 settimane al momento non ha possibilità di sopravvivere); quanto più si riuscirà ad abbassare tale soglia di sopravvivenza, tanto più l’ectogenesi diventerà una prospettiva plausibile.

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Un utero artificiale potrebbe comportare un vantaggio per molte persone: si pensi alle donne che hanno subito un’isterectomia o che hanno condizioni di salute incompatibili con una gravidanza, quelle che hanno passato l’età fertile o che per motivi di vario tipo non desiderano rimanere incinte pur avendo desideri di genitorialità. L’ectogenesi eviterebbe il ricorso alla GPA, pratica non priva di rischi in quanto prevede la partecipazione attiva una persona esterna che offre il suo corpo (sotto compenso o in maniera gratuita) per soddisfare i desideri di terzi. Con un utero artificiale si eviterebbero le molteplici difficoltà date dalla inserimento di un altro individuo nel processo generativo, problemi che possono essere di varia natura: contrattuali, etici, economici e via dicendo. Le coppie gay associando l’ectogenesi alla produzione di gameti a partire dalle cellule somatiche riprogrammate, potrebbero in un futuro prossimo raggiungere la piena autonomia riproduttiva ed avere figli biologici legati ad entrambe le parti della coppia. I motivi per cui ricorrere ad un utero artificiale potrebbero essere, come si può notare, numerosi; questo grazie al fatto di trasportare fuori dai corpi un processo che li impegna in maniera profonda e affidarlo ad una macchina toglierebbe loro uno sforzo che non possono o non vogliono affrontare. Le femministe, come vedremo nei prossimi capitoli, hanno ben capito la portata rivoluzionaria di una macchina di tal genere, anche se non sempre si trovano concorde sugli esiti di questo cambiamento.

Interventi di ingegneria genetica

Gli interventi di ingegneria genetica sono pratiche che potremmo considerare “accessorie” al processo riproduttivo e ci permettono di agire attivamente sul corredo genetico del futuro individuo. Questo tipo di pratiche è reso possibile a partire dalla

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fecondazione in vitro, che operando uno spostamento della creazione degli embrioni all’esterno del corpo, permette di esaminarli attraverso screening genetici e intervenire su di essi.

Due sono i tipi di modificazione che possono essere messe in atto: gli interventi sulla linea germinale, ossia quelli riguardanti il genoma dei gameti o degli embrioni (queste modificazioni diventano trasmissibili); e quelle sulla linea somatica, ossia operate su un individuo già nato e che di conseguenza non portano ad ereditarietà dei tratti su cui si è agito.

Gli studi egli interventi sulla linea germinale del DNA hanno permesso di prevenire molte malattie soprattutto legate al DNA mitocondriale (quello contenuto appunto nei mitocondri presenti nel citoplasma dell’ovocita). L’IVONT (In Vitro Ovum Nuclear

Transplantation) è una delle tecniche utilizzabili per intervenire nei casi di malattie

trasmissibili attraverso il DNA dei mitocondri: in pratica si tratta di prelevare il nucleo della cellula uovo e di inserirlo in una cellula uovo di donatrice sana e procedere poi ad un normale protocollo di FIVET. Lo stesso procedimento può essere effettuato al momento della fecondazione, e trasferire i pronuclei formatisi nell’ovocita sano (pronuclear tranfer o PNT). In entrambi i casi il nuovo nato erediterà il suo corredo genetico da tre persone diverse. L’affidabilità di queste tecniche è stata dimostrata da numerosi studi e applicazioni sugli animali e nel Regno Unito già sono state approvate per l’applicazione umana permettendo a molte donne di avere figli sani a partire dai propri gameti. Diversa è invece la questione per gli interventi di modificazione del DNA nucleare sulla linea germinale, per i quali al momento non si possono escludere gravi conseguenze per il nascituro.

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Sia per quanto riguarda il DNA mitocondriale che per quello nucleare, gli interventi sulla linea germinale possono modificare la natura umana, in quanto i cambiamenti apportati verranno trasmessi ai figli per via genetica. Ma vi sono evidenti vantaggi che ne possono motivare il ricorso: per coloro che sono affetti da malattie genetiche e desiderano un figlio biologico, scegliere di utilizzare la FIVET (ed eventualmente ad interventi sulla linea germinale) potrebbe risultare la soluzione più sicura, infatti si potrebbero evitare numerosi tentativi ed aborti qualora i test prenatali evidenziassero la trasmissione della malattia, evitando così molto stress psicofisico per la donna e/o la coppia.

La procedura di questi interventi deve essere perfezionata, ma la prospettiva è quella di giungere presto a modificare le anomalie dei gameti senza aspettare la fecondazione e lo stadio embrionale.

Gli interventi sulla linea somatica (che ricordo, non danno origine ad ereditarietà) sono invece praticati da circa una ventina d’anni e riescono a migliorare la vita di molte persone (si sono trattate gravi malattie come l’emofilia B, il melanoma maligno, fibrosi cistica, AIDS e altre).

L’ingegneria genetica sta sollevando un dibattito circa la possibilità di potenziamento di alcune facoltà naturali dell’uomo, si parla cioè di andare ad attuare dei miglioramenti quali ad esempio un potenziamento delle capacità cognitive, fisiche e morali, aumento della longevità o anche di caratteristiche più mirate (immunità a certe malattie, predisposizione allo studio scientifico, aumento delle capacità artistiche ecc.). Il dibattito bioetico di questi anni si scontra su questi temi, argomenti complessi che potrebbero riguardare il futuro della specie.

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17 Capitolo primo

Resistance Feminism

Le femministe contrarie all’intervento tecnoscientifico sui corpi

delle donne

Un unico femminismo non esiste; troppo diversi tra loro sono gli approcci teorici dei differenti gruppi riguardo i grandi problemi dei rapporti tra i sessi per poterlo considerare un fenomeno socio-politico e filosofico unitario. Esistono perciò tanti approcci bioetici femministi diversi, che vanno da quello marxista-socialista a quello liberale. Il corpo e la sua funzione riproduttiva sono inevitabilmente tema centrale di qualsiasi approccio femminista, ma questa sua capacità può essere considerata in molti modi ed entrare nel dibattito sulle tecnologie procreative con valori diametralmente opposti. Accomunate dal riconoscimento dell’esistenza di una disparità dei sessi, a svantaggio delle donne, le diverse anime del femminismo “sono profondamente divise sul significato sociale della maternità e sulla relazione tra il potere di dare la nascita e le istituzioni e le pratiche che in modi differenti (per esempio, attraverso la razza o la classe sociale) danno forma alle strutture di genere”14. Inevitabilmente, i disaccordi sul piano teorico hanno prodotto risposte politiche differenti.

Dopo un’iniziale euforia per le emergenti possibilità di controllo delle nascite date dalla depenalizzazione dell’aborto in molti stati e dall’invenzione della pillola anticoncezionale

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Anne Donchin, “Prospettive che convergono: le critiche femministe alla riproduzione assistita”, in: S. Dodds, A. Donchin, S. Gibson, H. Lindemann Nelson, M.B. Mahowald, S. Sherwin, R. Tong, Nuove

maternità, riflessioni bioetiche al femminile, Carla Faralli e Cecilia Cortesi (a cura di), Diabasis, Reggio

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(tecnologie che verranno denominate negative15), nel mondo femminista inizia ad agitarsi un nuovo dibattito intorno alle cosiddette tecnologie positive quelle che cioè hanno come intento non la prevenzione di una gravidanza, ma invece proprio la nascita di un nuovo individuo. Lo sviluppo delle tecnologie negative alimentò anche la discussione riguardo ai nuovi modi del concepire16; esse diedero infatti alle donne più libertà e la maternità iniziò ad essere un evento programmato: “Women gear up mentally and emotionally in preparation for parenthood [...]. The desire to parent becomes stronger once the decision is made, and becomes even more powerful if the choice is denied”17.Si iniziò allora ad indagare le conseguenze dell’utilizzo di queste pratiche, il loro impatto sulla società e sulla vita privata delle donne.

Intorno agli anni Settanta, già prima che la procreazione medicalmente assistita divenisse pratica consolidata (solo nel 1978 nacque la prima bambina da fecondazione in vitro) alcune femministe già prospettavano la separazione della gravidanza dal corpo e vedevano nel progresso tecnologico la premessa di un miglioramento sostanziale della condizione sociale delle donne18. Pioniera di questo fiducioso approccio è senza dubbio Shulamith Firestone che nel 1970 ipotizzava come la tecnologia, se opportunamente indirizzata dalle donne attraverso trasformazioni politiche rivoluzionarie, avrebbe portato al disfacimento delle attuali relazioni di genere e alla creazione di una sociètà di uguali. Molto presto però si comprese che l’ectogenesi era ancora una possibilità remota

15

L’aggettivo di negazione è qui usato in riferimento alla volontà di procreare; positive sono invece quelle tecnologie che aiutano i processi di ovulazione, concepimento e procreazione. In entrambi i casi non si intende dare un giudizio di valore.

16

Il FINNRET (Feminist International Network on New Reproductive Technologies), la conferenza internazionale delle donne intorno alle tecnologie riproduttive divenne nel 1985, proprio a causa di questo dibattito, FINNRAGE (Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic

Engineering).

17Robyn Rowland, Living Laboratories, women and reproductive technologies, Indiana University Press,

Bloomington and Indianapolis, 1992, pp. 247-8.

18

(22)

19

ed iniziarono a nascere dubbi circa il potere “salvifico” delle nuove tecniche: il quadro sociale presentato da Firestone appariva poco plausibile alla luce del contesto socioculturale generale e sempre più pensatrici non erano disposte a vedere la gravidanza e la maternità come fardelli biologici, rivendicando invece il potere di dare la vita quale peculiarità femminile e vedendo nella riproduzione artificiale un nuovo tentativo di controllo del patriarcato. A partire dagli anni Ottanta questo tipo di letteratura, preoccupata dei risvolti sociale delle tecnologie riproduttive, prolificò talmente tanto da mettere in ombra quelle femministe che avevano approcci più inclini a vedere in queste anche solo un aiuto per le donne. La discussione intorno ai nuovi modi di dare la vita alimentò anche un ripensamento del significato stesso dell’identità femminile, che a poco a poco, in maniera sempre più evidente non risulta unilaterale, ma invece influenzato da una miriade di variabili di contesto ed individuali.

Nei primi due capitoli di questo lavoro tenterò di delineare le diverse posizioni del femminismo riguardo le tecnologie di riproduzione medicalmente assistita, dividendole sulla base delle posizioni contrarie e favorevoli alla diffusione delle pratiche. Dovrò schematizzare (le diverse correnti di pensiero non sono infatti al loro interno omogenee e le singole studiose divergono spesso dalla posizione principale della corrente di pensiero cui appartengono) per tentare di dare un quadro generale di un argomento così complesso, in modo da far comprendere al lettore i principali problemi emersi in questo dibattito tutt’ora attivo.

Negli ultimi anni anche i movimenti Lgbtqi19 hanno rivendicato con sempre maggiore energia il diritto di accesso a tali pratiche sulla scia del riconoscimento delle unioni tra

19Acronimo (che sta per: lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali) usato da quei

movimenti di protesta sociale e promozione dell’uguaglianza di diritti per le persone di diverso orientamento sessuale e identificazione di genere.

(23)

20

persone dello stesso sesso. Le NRT20, che ancora in molti paesi sono riservate alle coppie eterosessuali (stabili e preferibilmente coniugate) medicalmente infertili, vengono erette a simbolo dell’ineguaglianza tra omosessuali ed eterosessuali. Coppie infertili, omosessuali, single, ma anche portatori di malattie genetiche sarebbero gli utenti di una tecnologia che permetterebbe finalmente l’uguaglianza dei diritti in materia di genitorialità. Ma anche all’interno degli stessi movimenti Lgbtqi non c’è accordo su queste tematiche. Ricordiamo tutti la polemica sulla gestazione per altri, ancora in corso, riemersa in Italia tra il 2014-15 in occasione della discussione del progetto di legge sulle unioni civili da estendere anche alle coppie omosessuali (dibattito che, aggiungo io, è servito solo a gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica allo scopo di arginare il riconoscimento di un minimo di diritti alle famiglie omoparentali). In quell’occasione emerse un documento degno di nota firmato da cinquanta lesbiche, che descrivono la pratica come mercificazione della capacità riproduttiva della donna e compravendita di bambini.

Il linguaggio dei diritti, oltre a suscitare in molti il dubbio sulla sua liceità, ossia se sia possibile realmente parlare di un diritto alla riproduzione (si veda ad esempio Spallone, Warnock e Fillion21), è vista dalle critiche della riproduzione medicalmente assistita come un ottimo modo per spostare l’attenzione dal problema centrale di tali pratiche: lo sfruttamento dei corpi, dei corpi femminili.

Le nuove modalità di concepimento, rese possibili dallo sviluppo scientifico, aprono sì ulteriori possibilità, ma allo stesso tempo allargano l’intervento medico nel processo di

20

New Reproductive Technologies.

21

Kate Fillon, “Fertility Rights, Fertility Wrongs”, Misconceptions, The Social Construction of Choice and the

New Reproductive Technologies vol. 2, Basen et. All (eds.), Voyageur Publishing, Toronto, 1994, pp.

33-55.Patricia Spallone, Beyond Conception, The New Politics of Reproduction, Macmillan Education, 1989, p. 83.Mary Warnock, Fare bambini, esiste un diritto ad avere figli?, Einaudi, Torino, 2004.

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21

nascita, processo iniziato secoli prima con la sostituzione della levatrice e la successiva ospedalizzazione delle partorienti. Sarà allora che si aprano veramente spazi di decisione per le donne, che possono adesso scegliere i tempi e i modi in cui diventare genitori, o si tratta invece di una falsa opportunità, una diversa espressione del vecchio potere patriarcale che passa attraverso le scoperte scientifiche?

Nel tentativo di delineare le diverse posizioni e i tentativi di risposta a questa domanda, riprendo la terminologia utilizzata da Carla Lam nell’opera New Reproductive

Technologies and Disembodiement, Feminist and Material Resolution, in cui l’autrice

raggruppa le pensatrici femministe sotto tre diversi termini22 a seconda del loro approccio alle nuove tecnologie.

Le teoriche unite dalla diffidenza verso gli interventi procreativi vengono definite dalla Lam Resistance feminists e si distinguono per un atteggiamento tecnofobo23,in virtù del netto rifiuto nei confronti di un lavoro tecnoscientifico che riprende sotto diverse vesti, e in maniera ancor più invasiva e capillare, il controllo maschile sulle donne e la loro capacità di dare la vita. L’approccio di una scienza al servizio del capitalismo, che si distingue per l’idea di incrementare la rendibilità economica e sfruttamento delle risorse esistenti, ad uso e consumo dell’uomo, con le tecnologie riproduttive viene applicato ai

22Rispettivamente Resistors, Embracers ed Equivocals. I tre termini, individuati dalla Lam non fanno,

riferimento ad uno specifico ad uno specifico gruppo o periodo storico, ma sono invece più trasversali e servono all’autrice a presentare il variegato e complesso scenario del dibattito sulle tecnologie riproduttive, utilizzando il dissenso (nel caso delle Resistors), l’assenso (Embracers) e una posizione più critica attenta ai contesti di utilizzo delle tecnologie (Equivocals). Cfr. Carla Lam, New Reproductive

Technologies and Disembodiment, Feminist and Material Resolutions, Ashgate Publishing Limited, 2015.

Nel mio lavoro mi servirò soprattutto delle prime due categorie, sostituendo all’ultima un’analisi personale concentrandomi maggiormente sul fenomeno dei mercati si sono creati intorno alla gestazione per altri e al reperimento di cellule sessuali (farò questo nel terzo e ultimo capitolo).

23

Come ho già detto non si vuole indicare un gruppo specifico,ma per dare un’idea possiamo far rientrare in questa prima categoria le femministe radicali, soprattutto le essenzialiste tra loro (con più di un’eccezione, vedremo ad esempio come la Firestone assuma un atteggiamento opposto su questo tema), ovvero quelle che credono che sia la costituzione biologica a determinare la natura femminile, natura per altro individuabile e conoscibile. Sulla stessa linea troviamo le ecofemministe (come ad esempio Vandana Shiva, Maria Mies) che rivendicano la connessione delle donne alla natura e la capacità di autocura di queste in virtù di tale legame profondo con la loro costituzione biologica.

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22

corpi delle donne che sono così spersonalizzate e utilizzate come materia prima a favore di un disegno per il controllo e miglioramento genetico delle società umane.

Le Resistance feminist smettono l’accento sulla differenza biologica femminile, considerata una risorsa, tratto distintivo dell’essere donna, ma che in un contesto patriarcale può diventare motivo di asservimento. Le tecnologie riproduttive aumentano questo rischio offrendo nuovi mezzi di intervento, il loro è valore intrinsecamente politico, non può essere né ignorato né depurato della sua influenza sul genere femminile, che, considerato la loro attitudine tecnofoba, non può che essere negativa. Passiamo adesso ad esaminare, nello specifico, le varie motivazioni che questo primo gruppo offre a sostegno del rifiuto.

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23

1. Il potere conteso della biologia femminile:

l’importanza della differenza sessuale e le tecnologie riproduttive come estensione del potere patriarcale

Sebbene all’interno del movimento femminista di resistenza alla tecnoscienza, vi siano differenti modi di pensare il rapporto tra donna e maternità24, c’è unanime consenso a considerare il riconoscimento della differenza sessuale tra uomo e donna come passo imprescindibile per evitare lo sfruttamento e i soprusi del sistema capitalistico patriarcale. Le Resistance, scrive Lam: “believe there is something powerful about women’s ‘natural’ (non-technologically mediated) reproductive bodies that is lost with NRTs”25; tant’è vero che alcune pensatrici si spingono fino a criticare la contraccezione in quanto repressione di quel potere26.

Si veda ad esempio Mies:

The generative potency, or ‘wild fertility’ of the female body has, since the beginning of this century, been identified as one of the most formidable handicaps for women emancipation. In a effort to restrain this ‘wild fertility’ it has been fought with mechanical, chemical and biological ‘device’ or weapons, from contraceptives to sterilization. This struggle has gone on for decades27.

24Alcune femministe culturali o le eco femministe credono ad esempio che le donne siano naturalmente

inclini alla maternità, idea questa che le avvicina agli stereotipi promossi dallo status quo patriarcale e allontana da buona parte del femminismo radicale.

25C. Lam. op.cit., p. 42. 26

Nonostante nel movimento di resistenza la maggioranza non sia di questo avviso, l’utilizzo della spirale (IUD) e alcuni metodi di contraccezione ormonale, sono stati indicati come una delle possibili cause di infertilità.

27

Maria Mies, “White Man’s Dilemma: His Search for What He Has Destroyed”, Ecofeminism, Halifax, Nova Scotia: Fernwood Publications, 1993, p. 138.

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24

Quelle femministe che tentano, non solo di sminuire la differenza (biologica) e l’importanza della diversa partecipazione dei sessi nella procreazione, ma anche il valore di questa, remerebbero quindi contro il raggiungimento di un trattamento equo dei sessi, per il quale il riconoscimento delle peculiarità appare imprescindibile.

Il potere generativo è visto come una capacità unica, spontanea, diversa da ogni altra: chi cerca di soddisfare il desiderio di maternità attraverso le tecnologie riproduttive, non comprenderebbe, sempre secondo Mies, le peculiarità di questo atto creativo, applicando la stessa logica impiegata nella costruzione di una macchina28.

Il patriarcato invece, ne riconoscerebbe bene l’intrinseco valore politico/sociale (ed economico) e cercherebbe, per questo, di appropriarsene per i suoi scopi. La storia dell’umanità è infatti segnata dalla preoccupazione maschile per l’esclusione dal processo di generazione di nuova vita e della continuità della specie, fisiologicamente appartenente alle donne e su cui essi anticamente avevano poco controllo.

I due più importanti cambiamenti sociali in materia di riproduzione (sia a livello dei modi che a quello della coscienza riproduttiva di entrambi i sessi) sono avvenuti, in un primo momento con la scoperta della possibilità di stabilire la base biologica della paternità (attraverso il test del DNA), il secondo invece è rappresentato dalle tecnologie riproduttive (contraccezione compresa). Queste due novità permettono ai maschi, la prima, di avere la certezza di chi siano i loro discendenti genetici, garanzia che l’istituzione matrimoniale e dall’isolamento delle mogli nelle mura domestiche non fornivano in maniera definitiva. Con le tecnologie riproduttive invece, essi si assicurano il possesso di uno strumento per esercitare l’appropriazione e il controllo delle funzioni biologiche che lo caratterizzano e da cui erano esclusi fino a quel momento.

28

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25

L’appropriazione di cui si rendono responsabili è però qualcosa di diverso dalla sola appropriazione del bambino come bene di proprietà individuale: essi rivendicano più del risultato, essi rivendicano il lavoro riproduttivo delle donne incorporata in quel “prodotto” e lo fanno maniera analoga al capitalista che si appropria del surplus di forza lavoro dei suoi operai. Le donne subiscono così un processo di alienazione dal loro lavoro riproduttivo. Le NRT aumentano in maniera preoccupante sia il processo di appropriazione maschile, sia l’alienazione delle donne dal lavoro riproduttivo, perché questo diventa sempre più frutto di procedure da laboratorio operato dai medici:

An implicit message of the new stories of procreation is that science has gained insight into the totally of the process. The process is no longer dependent on different and imperfect bodies, because scientific insight implies control over reproduction. Symbolically, woman is no longer ‘the creator of children’ in accordance with the cultural theory of matrigenesis, but rather one of several participants in a process29.

Carole Pateman fornisce un’interessante analisi di come siano mutati i mezzi concettuali di cui si serve il patriarcato per garantirsi il controllo sulla procreazione: le relazioni uomo donna sono prese nella sua interpretazione, come l’estensione privata di quel contratto sociale pubblico che per i filosofi del XVII e XVIII sec., ha dato origine al diritto politico ed alle società statali, di cui individua un'altra forma: il contratto sessuale. Un contratto originario, un patto sessuo-sociale, che precede e permette la formazione delle relazioni pubbliche così come le conosciamo. Questa parte della teoria del contratto sociale è mancante nel pensiero dei filosofi contrattualismi e racconta come

29

Merete Lie, “Science as Father?, Sex and Gender in the Age of Reproductive Technologies”, The

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26

una forma specifica di diritto politico (il diritto patriarcale) abbia dato origine ad un ordine sociale patriarcale30. Il contrattualismo si basa sull’assunto che tutti gli individui siano per natura liberi ed eguali gli uni agli altri e che le forme di soggezione siano perciò frutto di un libero accordo.

Come ella evidenzia, è interessante notare come nel contrattualismo, nelle sue forme più recenti,lo strumento del contratto sia usato dal patriarcato in forma nuova rispetto ai suoi precedenti usi (che si esplicitavano ad esempio nell’istituzione matrimoniale e nella famiglia): estendendo alle donne la concezione maschile di libertà e quella dell’individuo proprietario (del proprio corpo e della propria persona), il patriarcato abbia reso irrilevante la differenza sessuale per appropriarsi di nuova forma della capacità generatrice delle donne.

Questo risulterebbe particolarmente evidente nei contratti di sostituzione della gestazione per altri:

La logica del contratto così come viene esibita nella maternità “surrogata”, mostra molto chiaramente come l’estensione alle donne dello statuto di “individuo” possa non solo mettere in discussione le istituzioni patriarcali, ma anche rafforzare e trasformare il patriarcato31.

Alla luce dei mutamenti socio-culturali, le vecchie istituzioni dell’ordinamento paterno non sembrano più così efficaci a confermare i diritti del maschio sui figli e sulle donne. Cancellando le peculiarità dei sessi anche all’interno del processo riproduttivo, il patriarcato trova quindi nella forma del contratto e nell’affermazione di un’apparente

30

Cfr. Carole Pateman, Il contratto sessuale, Editori Riuniti, Roma, 1997, pp. 3-4.

31

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27

uguaglianza degli individui, un nuovo modo per garantirsi il controllo sui corpi delle donne. Le lotte femministe per discostare la femminilità dalla maternità sarebbero così “riciclate” per mantenere il dominio. Così una donna può essere una madre surrogata soltanto perché la sua femminilità è considerata irrilevante (ai fini del contratto, che si ricorda, è un accordo tra individui liberi e proprietari delle loro capacità lavorative, ma per definizione, di individui liberi maschi) e lei stessa viene definita come fornitrice di un servizio; ma allo stesso tempo è il suo esser donna a renderla capace di svolgere quella funzione32.

Dalle parole di Pateman emerge chiaramente il motivo per cui le Resistance feminists rigettano ogni posizione che non consideri l’importanza della differenza biologica fra i sessi. Esse riconoscono quindi un grande valore insito nel corpo femminile, un valore che però diventa facilmente fonte di vulnerabilità quando non sia sotto il controllo delle donne stesse.

Allo stesso tempo però non ritengono che ribaltare i giochi di forza e rendere le donne responsabili del controllo sulle tecnologie possa in qualche modo risolvere la situazione:

Women do not have control to these processes. And if they did have access to control, they could not purify the technology out of its political base. They could not make the technology itself somehow benign. The technology and the purpose for its development are interdependent, perfectly co-joined33.

32

Cfr. C. Pateman,op. cit., p. 282.

33

(31)

28

Rivendicano invece il diritto per le donne, di controllare e prendere decisioni consapevoli sulla propria salute riproduttiva e sessuale ad esempio instituendo delle ricerche per eliminare le cause di infertilità.

Fecondazione in vitro e gestazione per altri (due tra le forme di NRT maggiormente sotto accusa) hanno permesso un accesso nei corpi e un’espropriazione delle naturali capacità femminili, totalmente inaccettabili.

Passo successivo al controllo del potere femminile, un controllo come abbiamo detto ricercato a causa di un’invidia originaria dei maschi, sarà quello di allontanare del tutto quel potere dai corpi delle donne: l’ectogenesi (o sia lo sviluppo di un nuovo individuo, dallo stato embrionale fino alla nascita, totalmente fuori dal corpo) e le cosiddette “male

mothers” (sulla gravidanza maschile sono in corso ricerche e sperimentazioni),

potrebbero rappresentare molto presto, l’ultimo stadio di questa appropriazione illecita34.

34

(32)

29

2. Gli obiettivi nascosti del capitalismo patriarcale

Le tecnologie riproduttive sono ovunque presentate principalmente come una rimedio per l’infertilità (considerata una vera e propria malattia). Secondo le Resistors il linguaggio della terapia è un forte mezzo di promozione che nasconde il loro intrinseco potenziale manipolatorio. Tale retorica si baserebbe su un luogo comune, la cui diffusione è stata incoraggiata dal sistema patriarcale, ovvero che esista un istinto naturale nella donna alla maternità e all’allevamento dei figli. I progressi nello studio e nella comprensione dei processi di ovulazione, concepimento e nascita e le stesse pratiche da questi scaturite, sarebbero cioè presentati come aventi una finalità

umanitaria ben precisa: aiutare le donne che non riescono ad esplicitare la loro natura di

madri svolgendo un’azione di cura.

Diverse sono le motivazioni che spingono queste femministe a dubitare della loro benevolenza: prima di tutto è chiaro che le NRT siano nate per produrre bambini e non facciano niente per riparare alla condizione di infertilità35. Analizzando concetto di infertilità emergono altri dubbi. Non è assolutamente chiaro cosa si vuole indicare con tale termine; una donna, un uomo o una coppia, possono avere problemi a riprodursi per diverse cause, spesso non identificabili. La World Health Organisation considera una coppia infertile dopo un anno (o più) nel corso dei quali abbia avuto regolarmente rapporti sessuali non protetti senza riuscire a concepire36. La definizione dei tempi

35Si veda:http://www.finrrage.org/?page_id=27 36

Si veda la pagina online dell’Organizzazione mondiale della sanità:

http://www.who.int/reproductivehealth/topics/infertility/definitions/en/, dove la si definisce una malattia del sistema riproduttivo (“disease of the reproductive system”) e una “disabilità”, perciò fa ricadere la regolamentazione dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita alla Convention on the Rights of

(33)

30

appare però per lo più convenzionale e mutevole37. La mancanza di un oggetto fisso dell’infertilità avrebbe incrementato la tendenza a patologizzare, ossia ad allargare le condizioni per cui è richiesto l’intervento medico.

Per di più, aggiungono, una pratica come la fecondazione in vitro, non è nemmeno considerabile un metodo efficace per dare figli alle coppie che non riescono ad averli sessualmente, afferma Eichler:

The new reproductive technologies has been presented as a solution to infertility, and I think that’s a smoke screen. Something like IVF, with a failure rate of ninety percent, would not normally be accepted as medical treatment […] It may incidentally be useful to a few infertile couples, but in my view, the main reason IVF is done is to generate ‘surplus’ embryos which permit genetic research38.

Una terapia al quanto strana, che espone i corpi a vari rischi39 avendo scarse possibilità di successo. Sin da quando la fecondazione in vitro (IVF) era ancora allo stadio sperimentale veniva già presentata come l’unica possibilità, per molte persone, di mettere al mondo un figlio.

La prima bambina a nascere con la fecondazione in vitro fu, come già detto, Louise Brown nel 1978. La madre Lesley affermò successivamente di non essere stata al

37La Canadian Royal Commission on New Reproductive Technologies ad esempio, prevede un tempo

maggiore di due anni. Si veda: Government Service Canada, Proceed With Care: Final Report of the Royal

Commission on New Reproductive and Genetic Technologies, Ottawa, Canada: Minister of Government Service Canada, 1993.

38

K. Fillion, op. cit., p. 36.

39

I cicli ormonali necessari a produrre ovulazioni multiple hanno vari effetti collaterali (aumento di peso, vertigini, nausea, vomito, dolori addominali) e possono causare la sindrome di iperstimolazione ovarica che richiede il ricovero d’urgenza e può perfino causare la morte. Inoltre esiste il rischio di gravidanza extra uterina e quello di gravidanze multiple.

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31

corrente del fatto che la tecnica non avesse mai funzionato prima di allora e che non le fosse sembrato strano il fatto di non averne mai sentito parlare:

It didn’t seem strange that I never read about anyone who had had a child in that way before. I could understand their mothers waiting to keep quiet afterwards about how their children had been started off. It just didn’t occur to me that it would almost be a miracle if it worked with me40.

All’inizio degli anni Ottanta le possibilità di successo erano ancora molto basse e se nelle più grandi cliniche di Inghilterra, Stati Uniti e Australia le percentuali di raggiungimento dello stato di gravidanza si aggiravano introno al 15/20%, le percentuali di nascita di bambini vivi erano ancora più basse41. Questo secondo Corea, che riporta altre testimonianze in merito, andrebbe a dimostrazione del fatto che le donne non sono mai state pensate come soggetti beneficiari, ma sono invece sfruttate come materia prima per la creazione di grandi profitti per le case farmaceutiche e le cliniche che andavano istituendosi un po’ ovunque in occidente.

Sebbene queste prime utenti si sottoponessero volontariamente alle procedure, non si può parlare di libera scelta (erano convinte di poter finalmente diventare madri e non cavie da laboratorio). Le NRT si sono quindi potute sviluppare tramite ricerche mediche che puntualmente mancavano di informare le pazienti a cosa stessero realmente prendendo parte e che reperivano cellule, tessuti e altri materiali necessari, a loro

40

Gena Corea, The Mother Machine, Harper & Row Publishers, New York, 1979 , p. 167.

41

(35)

32

insaputa (spesso da pazienti che si sottoponevano ad interventi chirurgici per altri problemi ginecologici)42.

Le questioni della scelta e del consenso informato rimangono, ad oggi (sebbene le percentuali di nascite abbiano raggiunto livelli ben più accettabili), problematiche per le

Resistors, a causa di fattori culturali e delle spinte sociali verso la maternità. Su questo

punto ritornerò più avanti.

Nonostante le donne siano presentate dal patriarcato come naturalmente inclini alla maternità, non vengono allo stesso tempo ritenute competenti sulla cura dei loro corpi. Quello che la natura fa spontaneamente può essere migliorato e reso più efficiente dall’autorità medica maschile che nel corso della storia ha progressivamente privato le donne dell’autonomia nella cura dei loro corpi gravidi. Nel momento in cui una donna si affaccia alla maternità si innesca un meccanismo di alienazione dal suo stesso corpo: esso diventa luogo pubblico e ostile verso la vita che si appresta ad ospitare. Barbara Duden ci descrive questo processo che ha progressivamente reso i corpi femminili oggetti mediatici e i fatti scientifici sulla nascita e la procreazione delle astrazioni a carattere fantastico:

Il fragile vermicello dalla grossa testa si accattiva ora la simpatia della gente come il bambino etiope con il ventre gonfio. Entrambi, come suggerisce l’accostamento, sono esposti all’arbitrio. In questo modo, dicono le donne, cresce il consenso generale riguardo all’intervento gestazionale sulla donna e l’intromissione nel suo ventre a scopo preventivo43.

42 Cfr. G. Corea,op. cit., cap. 7. 43

Barbara Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico, Sull’abuso del concetto di vita, Bollati Boringhieri, Torino, 1994, pp. 58-9.

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33

La scienza patriarcale ci darebbe una doppia e contraddittoria rappresentazione della biologia femminile, da un lato dipinta come naturalmente deputata alla procreazione (tanto da costruire una descrizione psicologica per cui l’individuo donna si realizza in quanto tale solo nella funzione materna di allevamento e cura); dall’altro vede nella fisiologia di quel corpo uno spreco di risorse (si pensi ad esempio alla “stravagante” produzione di ovuli nelle femmine umane rispetto a quella di altri mammiferi) che arriva fino ad essere descritta come potenzialmente pericolosa per lo sviluppo dell’embrione. È qui allora che si esplicita la funzione “umanitaria” delle tecnologie riproduttive: aiutare le donne a realizzarsi nella maternità e proteggere feti ed embrioni dalla natura difettiva e inefficiente del loro luogo di formazione44. La procreazione medicalmente assistita così come le tecnologie diagnostiche applicate alla gravidanza rispondo a questo bisogno di

incremento della produttività (la fecondazione in vitro è stata descritta da alcune come

un modello riproduttivo industriale) e difesa dei feti/embrioni, che diventano il feticcio massmediatico, l’incarnazione del seme maschile.

Tra tutte, la fecondazione in vitro è considerata dalle Resistors, come il varco di accesso al controllo dei corpi:

IVF gives the power structure potent tools for such control. It makes a certain scenario possible: the application of animal husbandry to human beings in processes that will reduce women to breeders and offer a centralized group of white men control over who is born into the world. This would not necessarily be a conspiracy or even a conscious policy45.

44

Cfr. Robyn Rowland, op. cit., pp. 234-36.

45

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34

In effetti separando ed esternalizzando tutte le fasi del processo riproduttivo, essa si presta particolarmente bene a controllarne gli sviluppi ed a intervenire attivamente su gameti ed embrioni. La fecondazione in vitro permette infatti, non solo di superare problemi come l’ostruzione delle tube o la scarsa vitalità degli spermatozoi, ma anche di attuare una selezione degli embrioni in base a diversi criteri. Queste caratteristiche oltre ad aver creato la base per un mercato multimilionario che comprende la vendita di gameti, servizi di surrogazione ecc., permettono il controllo del tessuto sociale attraverso la conoscenza delle informazioni genetiche, ma è solo l’ingresso della tecnoscienza nei corpi femminili a rendere questo controllo effettivo.

Le malattie genetiche trasmissibili sono il secondo grande movente alla richiesta di accesso alle tecnologie riproduttive. Anche questa motivazione non sembra essere esente da problematiche per le esponenti di questo gruppo. Definire cosa sia patologia è un compito non privo di caratteri convenzionali se non addirittura arbitrari: “Now the focus is on eliminating disease, but when does the therapeutic intervention become eugenics?”46. Il pretesto preventivo si presta facilmente all’ampliamento del controllo e all’introduzione pratiche di ingegneria genetica. Si pensi ad esempio alla selezione del sesso, considerata particolarmente nefasta e pericolosa: con la scusa di poter arginare la trasmissione di alcune malattie (che colpiscono solo i maschi o solo le femmine a seconda dei casi), la classe medica si farebbe, a loro avviso, promotrice di una politica misogina diffusa. Se infatti la maggioranza delle società e dei costumi esprimono una decisa preferenza per il maschile, forte, produttore e lavoratore come queste tecniche possono non rappresentare un pericolo per il genere femminile, si chiedono le Resistors?

46

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35

Queste considerazioni le portano alla conclusione che se a livello individuale si possa comprendere le ragioni per cui una donna si sottoponga allo stress di cicli ormonali e interventi invasivi nella ricerca di soddisfare il suo desiderio di maternità, a livello collettivo, il ricorso alle NRT appare una scelta politica inaccettabile.

“The scope of in vitro reproduction is unlimited [...] IVF, which was at first carefully sold to the public as a ‘last resort’ for women with blocked fallopian tubes, is now being considered for a myriad of other applications on women”47. Come Spallone fa notare, da quella che viene presentata come l’ultima speranza, per alcune donne, di avere un figlio sano a loro biologicamente legato, emergono in realtà numerose possibilità di intervento, che non necessariamente hanno la salute del nuovo individuo come unico scopo. Con lo sviluppo delle conoscenze scientifiche sulla fecondazione e lo sviluppo degli embrioni umani potrebbero infatti crearsi nuovi bisogni. I mutamenti dei contesti sociali producono naturalmente nuove necessità, lo si può notare già nel passaggio da una generazione all’altra, ma non sempre quello che si presenta come un nuovo bisogno riflette delle esigenze reali. Le tecnologie applicate alla genetica possono essere utilizzate per giustificare e promuovere ideologie discriminatorie (si pensi non solo al sessismo, ma anche alla discriminazione dei disabili, al razzismo ecc.) e perfino crearne di nuove, con un nuovo e preoccupante impatto sociale.

L’inclinazione a far diventare le NRT normali strumenti di cura e prevenzione risulta per le Resistors, particolarmente allarmante se si pensa che, in un futuro prossimo si potrebbe prospettare uno scenario alla Huxley, dove la riproduzione sessuale viene considerata pratica pericolosa e sporca. Nel panorama distopico di Brave New

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