• Non ci sono risultati.

La gestazione per altri, il mercato dei gameti e il turismo riproduttivo.

3. Neoliberismo e neofondamentalismo

La riproduzione è ormai entrata a far parte del mercato neoliberista globale.

il neoliberismo funziona escludendo/includendo differenti soggettività secondo parametri di razza, sesso, classe, in stretta alleanza con l’industria e le scienze del bio- info-intrattenimento. […] C’è che il neoliberismo non è un assoluto valido “nazionalmente”, ma diventa un modello di funzionamento “glocalizzato”, dove le razze marginalizzate e i sessi secondi cambiano velocemente a seconda di spazio e tempo, si sovrappongono, si muovono lungo e attraverso i confini220.

La vita e biologia dei corpi è oggi messa letteralmente a lavoro e va a formare quello che viene definito biocapitale221: “la trasformazione della vita in informazione genetica e

surplus riproduttivo, punto di partenza per la commercializzazione del biologico e per la

sua inscrizione nelle maglie della proprietà intellettuale e dei brevetti biotech”222.

La crescita economica, da sempre alleata dello sviluppo di nuove tecnologie e dell’acquisizione di nuove conoscenze scientifiche, le nuove conoscenze genetiche e l’avvento delle tecniche di riproduzione umana (e animale), ha raggiunto angoli nascosti, fino ad oggi rimasti inaccessibili alla produzione e al commercio. Questo unito alla precarizzazione dilagante e alla caduta degli stati welfare ha prodotto uno spostamento

220

Angela Balzano, “Neoliberismo e nuove tecnologie” prefazione a: M. Cooper e C. Waldby, Biolavoro

globale, corpi e nuova manodopera, cit., p. 5. 221

Termine foucaultiano. Cfr. Michel Foucault, La nascita della biopolitica, corso al Collège de France (1978-1979), Feltrinelli, Milano, 2015.

222A. Balzano,“Le conseguenze dell’amore ai tempi del biocapitalismo, diritti riproduttivi e mercati della

fertilità”, in: Il genere, tra neoliberismo e neofondamentalismo, a cura di Federico Zappino, ombre corte, Verona, 2016, p. 110.

134

sociale della produzione: il neoliberismo, al contrario del liberismo classico la cui produzione e distribuzione della ricchezza erano fortemente “androcentriche”, sta mettendo in atto quella che potremmo chiamare “femmilinizzazione” del lavoro, ovvero si sta “mettendo a valore peculiarità tradizionalmente ascritte al ‘femminile’, quali le capacità riproduttive, affettive, relazionali e comunicative”223. Fatto questo che risulta particolarmente evidente nel campo dei nuovi servizi della fertilità.

Il neoliberismo sembra incline ad attuare quella che Zappino definisce un’“inclusione differenziale”224 ovvero un inquadramento delle soggettività escluse dal processo produttivo fordista e dell’epoca precedente. Ma al contrario di quanto possa apparire a prima vista, tale accoglienza sarebbe parte di una strategia di rafforzamento delle vecchie gerarchie basate sul genere.

Neoliberismo e neofondamentalismo sono due razionalità i cui obiettivi appaiono in linea di principio inconciliabili: l’uno volto al progresso, al primato del profitto e della proprietà e che rappresenta la società come composta di soggetti singoli, individualizzati, imprenditori di sé stessi; l’altra invece può essere descritta come un movimento variegato (che va dalle istituzioni religiose ai movimenti politici di estrema destra e sinistra ecc.) accomunato da un orientamento conservatore e pro life in materia di corpi, genere e sessualità, che mira alla “ri-gerarchizzazione” delle differenze appellandosi a un presunto ordine naturale delle cose225.

Paradossalmente l’alleanza scienza-capitalismo si fonda in molti paesi sulla concentrazione con le forze neofondamentaliste: si veda ad esempio l’Italia dove la

223A. Balzano (2016b), op. cit., pp. 111-2. 224

Federico Zappino, introduzione a: Il genere, tra neoliberismo e neofondamentalismo, cit., p. 10.

225

135

ricerca scientifica in materia di vita umana è spesso bloccata dai principi di ispirazione cattolica basati sull’idea della sacralità della vita.

Una contraddizione questa che trova una sua giustificazione nella normalizzazione delle nuove pratiche: una rivoluzione culturale lenta che passa dal trasferimento della custodia della moralità dalla religione alla medicina226. Così accade ad esempio, come già commentava Firestone, che il potenziale rivoluzionario delle tecnologie riproduttive venga frenato dalle ideologie della famiglia tradizionale e dell’eteronormatività. Il neoliberismo trova quindi, in realtà, un alleato nel neofondamentalismo che guida la sua diffusione in maniera regolata all’interno delle società. La lettura dei due fenomeni come separati conduce chi critica il neoliberismo ad adottare linguaggi conservatori e, di conseguenza porta chi condanna l’approccio neofondamentalista, a rivendicare acriticamente libertà di consumo di beni e servizi offerti dal mercato globale.

“A me pare che non si possa lottare contro il neoliberismo senza combattere al contempo contro il neofondamentalismo”227. Faccio mia l’affermazione di M. Cooper per rivendicare una realtà spesso disconosciuta dalle politiche anticapitalistiche: limitare l’allargamento delle libertà personali, reso possibile dalle tecnologie, può creare l’illusione di limitare i danni provocati dal mercato capitalistico, ma in realtà innescano un meccanismo per cui si limitano o si proibiscono le iniziative pubbliche e si incentivano quelle private. I livelli altissimi di obiettori di coscienza tra i ginecologi italiani, ad esempio, hanno contribuito alla diffusione di farmaci abortivi illegali acquistabili on-line e la diffusione di cliniche private. Lo stesso accede anche con le cliniche della fertilità: la tutela dell’embrione in quanto vita umana, il divieto di vendita di gameti o di stipulare

226Cfr. F. Zappino (2016), cit., pp. 7-11. 227

Melinda Cooper, La vita come plusvalore. Biotecnologie e capitale al tempo del neoliberismo, a cura di A. Balzano, ombre corte, Verona, 2013, p. 88.

136

accordi di surrogazione, appaiono come misure volte a tutela della “vita” e delle donne dallo sfruttamento che comporta la vendita dei loro corpi, ma come ho cercato di descrivere nei paragrafi precedenti, questo non ha fatto altro che spostare il problema dai ricchi paesi industrializzati, verso le economie in via di sviluppo e nei paesi in crisi dell’ex blocco sovietico, dove le aziende private si servono di manodopera a basso costo. Quello che sembrano affermare allora le politiche proibizioniste, che si coprono dietro principi morali e diritti inviolabili, è: “purché non siano le nostre donne a farlo!”.

Anche la volontà di riaffermare le differenze (di sesso, genere, classe sociale e razza), tipica del neofondamentalismo è sfruttata dal neoliberismo per farsi strada nei mercati nazionali: Cooper e Walby descrivono ad esempio, quella che denominano la riproduzione della whiteness: la promozione della riproduzione della “razza bianca” attraverso i mercati della fertilità. Quello che accade in pratica è una capitalizzazione delle risorse fenotipiche per cui i mercati degli oociti reperiscono le loro materie prime dagli stati dell’est europeo e spostano invece verso oriente (abbiamo descritto il fiorente mercato indiano) e il sud del mondo quelli della gestazione per altri. Ricordiamo però che la direttiva europea su tessuti e cellule vorrebbe impedire lo sviluppo di un mercato contrattuale monetizzato: alcuni stati nazionali hanno risposto adottando il metodo del rimborso o dell’indennità, che dovrebbero essere momenti di un’economia del dono, ma che, abbiamo visto, hanno portato alla crescita di rigoglioso mercato internazionale. Così succede che Romania, Repubblica Ceca (ed altri) forniscono materiale genetico a basso costo (il prezzo medio degli oociti negli Usa è di circa 10.000 dollari contro i 600 euro di indennizzo previsti in Repubblica Ceca) contribuendo all’espansione dei profitti delle cliniche private internazionali. Questo esempio mi pare particolarmente adatto a

137

confermare l’esistenza della coalizione in atto tra Neoliberismo e Neofondamentalismo, due logiche che si alimentano l’un l’altra.

138

Conclusione

“IL TERMINE ESISTERE HA DUE SIGNIFICATI, E DUE SOLTANTO: SI ESISTE COME COSA O SI ESISTE COME COSCIENZA.PER CONTRO, L’ESPERIENZA DEL CORPO CI RIVELA UN MODO DI ESISTENZA AMBIGUO”. M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, il Saggiatore, Milano, 1980, p. 270.

La storia moderna della filosofia occidentale è attraversata dall’idea del soggetto umano molare, un unicum coerente separato. La soggettività individuale è stata fatta coincidere con la coscienza, la mente, l’io scisso dalla sua dimensione corporea ed ha acquisito un carattere universalizzante, apparentemente neutrale, con la coscienza razionale e

l’homo œconomicus nel tardo capitalismo. Il femminismo ha il merito di aver messo in

discussione lo statuto del soggetto, che ha rivelato essere (storicamente) fatto coincidere con l’individuo al maschile, rilegando la soggettività femminile all’alterità rispetto alla norma: “la critica all’universalismo identificata nel maschile e del maschile come auto proiezione di uno pseudo universale”228.

Identificare significa primariamente, tracciare linee in cui inquadrare la realtà conosciuta entro confini stabili (segnati dalle separazioni dicotomiche mente-corpo, natura-tecnica, maschio-femmina ecc.) che rendono possibile sottoporla a programmi di controllo politico. A questa tendenza non sono sfuggite quelle teoriche che hanno cercato di resistere all’aumento della dominazione patriarcale. I limiti dell’identificazione, che è appunto anche un meccanismo di creazione della differenza, emergono potenti ogni qual volta un elemento, un soggetto, non si lasci confinare totalmente nello schema.

228

Rosi Braidotti, Nuovi soggetti nomadi, a cura di Anna Maria Crispino, Luca Sossella editore, Roma, 2002, p. 108.

139

Come abbiamo visto, l’individuazione di un’identità femminile non è stata questione priva di controversie all’interno del mondo femminista. Varie sono state le “fasi” di questa produzione teorica: la soggezione della donna è stata descritta in modi molto differenti dai due raggruppamenti femministi utilizzati in questo lavoro. Le descrizioni della differenza di genere emerse hanno avuto una grande influenza sul modo di accogliere le novità portate dalle nuove tecnologie in ambito riproduttivo. Tutta la storia del pensiero femminista è attraversata dalla volontà di rendere conto di tale differenza e dei motivi per cui le donne sono storicamente diventate una categoria soggetta al potere maschile. Se le Resistors facevano229 prevalere una visione essenzialista dell’identità dei generi, ponendo l’accento sulla biologia dei corpi e sulla differenza sessuata, una differenza rivendicata e da proteggere dai tentativi di controllo della tecnoscienza patriarcale; le Embracers hanno in generale adottato una concezione più costruttivista (fatta eccezione di chi come Firestone mantiene un’ottica della differenza fondata nel corpo) che, a partire da Simone de Beauvoir, vede l’identità come prodotto di vari fattori, non solo fisico/biologici, ma soprattutto storico/culturali ed economici. Il discorso sulle tecnologie si inserisce con irruenza in questo dibattito, mettendo in crisi non solo le nette divisioni dualistiche che strutturano le società e il pensiero occidentale a partire dai binomi natura/cultura e umano/macchinino, ma anche la stessa pretesa di poter indicare un oggetto unitario e univoco di categorie come quella di “Madre”, “Donna” o addirittura dell’ “Umano”: abbiamo visto difatti come le Resitors insistano sulla difesa dei corpi delle donne dalla tecnoscienza, sottovalutando i bisogni e desideri

229Uso qui il tempo passato per ricordare che le maggiori espressioni di queste correnti di pensiero

femminista (in particolare quella del Resistance Feminism, ma in una certa misura lo stesso vale per l’Embracing) si sono manifestate tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, ma gli stessi argomenti sono ancora oggi utilizzati nel dibattito pubblico per delegittimare o difendere la possibilità di ricorrere alle NRT. Abbiamo visto nel terzo capitolo come nell’attuale dibattito intorno alla gestazione per altri riemergano posizioni vicine ad entrambi gli schieramenti.

140

individuali e le differenze date, tra gli altri, da fattori come l’estrazione socio-culturale, l’etnia e il ceto sociale. Intendendo le donne come un’unica categoria di soggiogate, il femminismo della resistenza dimentica che non tutte sono ugualmente soggette al potere patriarcale. La necessità di rendere il femminismo un movimento più inclusivo, divenne questione sempre più urgente (e lo rimane oggi, basti pensare ai movimenti delle soggettività trans, e Lgbtqi in generale, che rivendicano i loro spazi all’interno dei movimenti o ai gruppi di sex workers che chiedono la regolamentazione e legittimazione della loro professione, le lavoratrici surrogate, al femminismo nero e via dicendo).

Infatti come scrive giustamente Rosi Braidotti:

la teoria femminista non rappresenta solo un movimento di opposizione critica alla falsa universalità del soggetto. Essa è anche l’espressione del desiderio delle donne di rappresentare varie forme di soggettività […] è la necessità di porre delle donne in carne e ossa in posizione di soggettività discorsiva230.

Nel momento in cui le femministe si sono accorte che le nuove tecnologie riuscivano a rispondere alle esigenze di alcune, e che non tutte erano disposte a rinunciare alle possibilità che si aprivano in virtù di un supposto interesse di genere,la spinta verso la riforma del movimento prese nuova forza.

L’insistenza del Resistance Feminism sulla differenza sessuata e sulla necessità di difendere il potere generativo femminile, nei termini in cui è stata avanzata, ha riproposto la stessa riduzione al biologico utilizzata dal patriarcato a cui vuole opporsi. A queste studiose si deve comunque riconoscere il merito di aver messo in evidenza i rischi

230

141

insiti alla diffusione delle NRT, sebbene il rifiuto di confrontarsi con il progresso della ricerca attribuendo ai mezzi tecnoscientifici un valore intrinsecamente negativo, significhi oggi rendersi cieche di fronte a una realtà esistente divenuta mercato nonché privare i soggetti coinvolti degli strumenti critici (e legali) per difendersi dagli abusi di sistema.

L’Embracing Feminism ha avuto un atteggiamento molto diverso nei confronti del progresso biomedico: grazie anche allo studio dei nuovi media si andava consolidando una diversa comprensione degli strumenti; meglio si comprese la loro natura mutevole (ossia quanto i loro effetti dipendano dal contesto e dalle circostanze, qualunque siano stati gli intenti per cui sono stati costruiti) e quanto la loro applicazione possa influire sulla vita individuale e collettiva. Abbiamo visto la lungimiranza di de Beauvoir che accolse le NRT come mezzi di controllo della vita riproduttiva femminile con conseguente ampliamento delle libertà, o di Firestone che annunciava l’abolizione della differenza di genere con l’arrivo dell’utero artificiale in tempi in cui la biomedicina ancora esitava a raggiungere i primi risultati con la fecondazione in vitro. Uno spirito di grande fiducia: tuttavia ad oggi l’ectogenesi appare una prospettiva (non troppo) lontana e l’esercizio delle nuove tecniche rimane ancora inscritto nei vecchi valori della famiglia eterosessuale e patriarcale ed i nuovi spazi di libertà faticano a concretizzarsi.

Già solo dando uno sguardo alla realtà europea si può notare:

che in Italia l’articolo 5 della legge 40/2004 vieta l’accesso alle Ntr a gay, lesbiche e donne single e che in Europa solo sei Paesi non richiedono il matrimonio e/o la convivenza della coppia – Finlandia, Francia, Grecia, Slovenia, Svizzera, Gran Bretagna. Solo dieci Paesi non negano l’accesso alle donne single- Belgio, Bulgaria, Danimarca, Ungheria, Estonia, Russia, Spagna, Finlandia, Gran Bretagna, Grecia – e solo sette non

142 negano l’accesso alle donne lesbiche –Belgio, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Gran Bretagna, Estonia e Spagna231.

Le Embracers hanno in generale ripensato le NRT come un modo per liberarsi delle dicotomie e dell’idea che tutte le donne abbiano eguali necessità e bisogni in virtù della loro costituzione biologica, evidenziandone gli effetti positivi sulla possibilità di autodeterminazione femminile e non solo. La differenza di genere subisce profonde riformulazioni: diventa qualcosa che può essere (ed è auspicabile che lo sia) artificialmente eliminato (soprattutto con Firestone, Piercy e in un certo qual modo anche con Kendal e Smajdor) oppure, con teoriche quali Plant, l’identità femminile è associata alla natura mutevole della macchina, ribaltando l’iconologia classica che vuole la donna vicina alla natura (fondamento teorico dell’ecofemminismo).

Se da un lato è da elogiare l’apertura di queste teoriche verso la scelta individuale, dall’altro spesso si nota una certa carenza nell’analisi: l’accesso alle tecnologie riproduttive è condizionato dalla distribuzione delle ricchezze, per cui le nuove possibilità di autodeterminarsi sono, di fatto, un privilegio delle classi sociali medio-alte dell’Occidente bianco. Anche qua la riproduzione medicalmente assistita è comunque condizionata dall’idea di “cura-terapia”232 per cui non si può parlare di libertà riproduttiva.

Tra le Embracers c’è ancora poca chiarezza su come i mezzi alternativi di dare la vita possano essere usati senza rafforzare lo stigma dell’infertilità e l’idea della maternità come destino che ancora persistono persino all’interno delle culture del mondo

231Angela Balzano, 2017(b), cit., p. 565. 232

Idea che abbiamo visto essere concettualmente errata dal momento le NRT non sono in grado di curare alcunché e risulta difficile definire la sterilità o l’infertilità come malattie (si veda premessa pp. 1-3).

143

industrializzato. Un discorso quindi, che si regge su una grande aspettativa verso gli effetti trasformatori della ricerca tecnoscientifica. Non che tali teoriche non riconoscano la possibilità che i nuovi metodi riproduttivi possano rafforzare gli stereotipi e la disparità di genere (motivo per cui Firestone e Haraway ammonivano le donne circa la necessità di impossessarsi dei nuovi saperi e della gestione degli strumenti), ma il loro discorso rimane incompleto laddove non si ritrovano soluzioni al problema dell’accesso alle tecniche (per cui la rivoluzione sessuale e riproduttiva, se vi è, è occidentale) né indicazioni pratiche per muoversi all’interno della realtà tardo-capitalista che fa leva sui bisogni e desideri creando reti di profitto, sfruttamento e controllo.

Quello che ho cercato di proporre nel terzo capitolo è un approccio che mantenesse la stessa apertura alle necessità di soggettività diverse, fluide, con uno sguardo attento al contesto sociale economico e culturale in cui si inseriscono gli accordi di maternità. Ho ritenuto poco funzionale, e spesso nocivo, il tentativo di proporre una morale universale in ambito riproduttivo (come quelle che emergono dalle legislazioni europee), preferendo azioni e riflessioni etiche mirate a guidare gli individui e le loro intenzioni. In epoca neoliberista, con la messa a profitto dei corpi nei circuiti della bioeconomia, il problema di caratterizzare l’inclusione e l’esclusione delle differenze acquista una centralità inedita e particolare: gli individui divengono responsabili di quello che Foucault chiamava il “capitale umano”233. Che ruolo hanno le differenze personali all’interno dell’economia di mercato, e cosa significa lavorare per colui che lavora, si chiedevano i primi teorici neoliberisti:

La competenza del lavoratore è una macchina, ma una macchina che non si può separare dal lavoratore in quanto tale, il che non significa esattamente, come sosteneva

233

144 tradizionalmente la critica economica, sociologica o psicologica, che il capitalismo trasforma il lavoratore in macchina, e dunque lo aliena. Bisogna considerare che la competenza, che fa tutt’uno con il lavoratore, è in un certo senso l’aspetto per cui il lavoratore risulta una macchina, ma una macchina intesa in senso positivo poiché produce flussi di redditi234.

Ritorna nel tardo capitalismo la figura classica dell’homo œconomicus che si trasforma, da partner dello scambio in vista del soddisfacimento di bisogni, a imprenditore di se stesso, del suo corpo biologico e della sua intelligenza razionale, artistica, emotiva e via dicendo. Le differenze divengono quindi oggetto di inclusione in funzione di una possibile spendibilità sul mercato del lavoro ed i lavoratori sono chiamati a investirvi per aumentare la loro competitività e, di conseguenza, il loro reddito. La messa a produzione della differenza non è tuttavia indiscriminata: nell’ultimo paragrafo di questo lavoro ho parlato di come il mercato neoliberista sfrutti le logiche esclusiviste e proibizioniste, ancora forti in molti paesi e funzionali a mantenere forme di controllo politico della popolazione, per inserirsi nei mercati nazionali.

Come argutamente fa notare Federico Zappino, non è che “l’inclusione differenziale” neoliberista consista

[…] in una “naturalizzazione” di quelle stesse gerarchie, e anche, in parte, in un’ulteriore produzione di gerarchie, certamente più sfumata e funzionale all’inclusività, ma pur sempre suscettibile di cambiare di cambiare di segno nel momento in cui le condizioni dell’inclusività vacillano, o mutano, o diventano precarie?235

234

M. Foucault, op. cit., p. 185.

235

145

La logica inclusivista gioca adesso sulla responsabilizzazione del soggetto e il disfacimento dei sistemi di previdenza sociale: “Ironia della sorte, i corpi femminili interessano la produzione di biovalore proprio nel momento storico in cui i governi nazionali dismettono le tradizionali politiche di welfare a sostegno della famiglia, tagliando sull’istruzione pubblica e sulle politiche sociali e sanitarie di base”236.

Non vi è quindi una reale valorizzazione delle peculiarità e dei diversi modi di espressione soggettiva, ma un appiattimento dell’individuo a produttore-consumatore, responsabile della sua condotta di mercato e della produzione del suo benessere. L’homo œconomicus ripropone una rappresentazione neutrale e razionalizzata del soggetto che contempla il corpo, non certo come intelligenza incarnata, ma come fonte di plusvalore.

L’analisi delle interazioni tra la macchina e l’umano è fondamentale per la comprensione dell’assetto delle società odierne dove l’accesso del soggetto alla realtà è sempre più mediato dai nuovi mezzi: “Il convergere di diverse, e in passato ben distinte, branche della tecnologia, in particolare nanotecnologie, biotecnologie, tecnologie dell’informazione e scienze cognitive, porta alla problematizzazione dei tradizionali modi di concettualizzare l’umano”237. Prescindere da tale ricerca significa anche rinunciare

Documenti correlati