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L’Azione Cattolica e Don Luigi Sturzo, la mano politica del Clero

alle due Guerre Mondiali. Questo movimento, il cui nome fu inizialmente

“La società della Gioventù Cattolica”, nacque, infatti, nel 1867 ad opera

ovviamente di due giovani, Mario Fani e Giovanni Acquaderni, con un

motto ben preciso «Preghiera, Azione, Sacrificio» che sintetizza la fedeltà

ai quattro principi fondamentali a cui ispirarsi: l’obbedienza al Papa e di

conseguenza la vicinanza alla Chiesa; un progetto educativo fondato

sullo studio della religione; la vita secondo i principi del Cristianesimo;

ed infine un diffuso impegno alla carità verso i più deboli e i più poveri.

La costituzione dell’associazione venne approvata, il 2 maggio 1868, da

Papa Pio IX con il Breve Apostolico

18

“Dum filii Belial”. In sintonia con le

posizioni del Papa, che lo stesso anno emanò la prima formulazione del

“Non Expedit”, l’Azione Cattolica escluse l’impegno politico diretto, atto

che, però, non durò a lungo. Il “Non Expedit”, in italiano: “Non conviene”,

era una disposizione della Santa Sede con la quale, per la prima volta nel

1868, il Papa Pio IX dichiarò inaccettabile, per i cattolici italiani,

partecipare alle elezioni politiche dello Stato italiano e, per estensione, a

tutta la vita politica italiana. Il divieto era motivato dal fatto che,

partecipandovi, si riconosceva al nuovo Stato italiano una legittimità che i

Pontefici, almeno fino a Pio X, non riconoscevano, avendo perso a causa

dell’Unità italiana (con la cosiddetta Presa di Roma o anche Breccia di

Porta Pia del 20 settembre 1870) il potere temporale, ritenuto

assolutamente necessario per l’indipendenza del Pontefice e di tutto lo

Stato Pontificio.

Il “Non expedit”, emanato dalla Sacra Penitenzieria sotto Pio IX,

com’è noto, durò una cinquantina di anni, fino a quando, nel 1919, fu

18 Il “Breve Apostolico” è un documento pontificio, litterae apostolicae, meno solenne

della bolla, che è usato per regolamentare gli affari di minore importanza della Santa Sede.

abrogato ufficialmente da Papa Benedetto XV, secondo il quale i cattolici

non potevano rimanere completamente estranei alla vita politica e quindi

decisionale del proprio paese. Nell’ambito della politica italiana,

Benedetto XV, non soltanto rimosse il “Non Expedit”, ma incoraggiò la

formazione di un partito con base cristiana: il Partito Popolare Italiano

(PPI), movimento vagheggiato già nel 1905 da don Luigi Sturzo come

partito di ispirazione cattolica, ma aconfessionale, indipendente dalla

gerarchia nelle sue scelte politiche. Il PPI rappresentò per i cattolici

italiani il ritorno organizzato, sia come elettori che come eletti, alla vita

politica attiva dopo lunghi decenni di assenza.

Nel nuovo contesto politico e sociale e di fronte al pericolo che nel

sistema democratico potessero prevalere le forze antireligiose, i Vescovi si

sentirono impegnati, in prima persona, nel campo sociale e in quello

politico, per la formazione delle coscienze. Il Clero, però, non doveva e

non poteva intervenire direttamente e platealmente nella lotta politica,

ma doveva formare i fedeli perché potessero risolvere i vari problemi ed

aderire alle migliori tendenze politiche con i criteri della fede e della

morale cristiana. In effetti sembrerebbe, ma in realtà non fu realmente

così, che la Chiesa portasse avanti azioni di pura fede religiosa e cattolica:

“In questa Provincia non si ha da segnalare alcune azione, da parte dell’Autorità e delle Organizzazioni Cattoliche, che esca fuori dal campo dell’educazione strettamente religiosa, o che comunque sia contrastante con le finalità del Regime. Non mancano, anzi, all’occasione, da parte di Vescovi e di Parroci manifestazioni di adesione e di collaborazione, anche relativamente all’attuale stato di guerra, come, da ultimo, sollecitazioni di Vescovi per la raccolta del rame e per il conferimento del grano all’ammasso”19.

In Molise la guerra aveva distrutto tutto: strade, chiese, case,

scuole, cimiteri, ferrovie, acquedotti, ponti e la ricostruzione di tutto, per

ovvie ragioni, fu proprio l’obiettivo su cui puntò l’intera classe politica

molisana, compresa quella del partito popolare. Attraverso la stampa

cattolica locale, i Vescovi meridionali diffondevano i principi della fede

cattolica confutando le dottrine avverse. In particolare lodavano

quand’anche esaltavano la dottrina sociale della Chiesa, la sua perenne

attualità, invitando gli uomini di buona volontà a far fronte unico

19 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e

Riservati 1942, b. 73, Oggetto: Relazione provinciale sulla situazione politico – economica e prospetti degli episodi sovversivi per il trimestre luglio-settembre 1942, XX, Campobasso, 30 settembre 1942.

nell’Azione Cattolica ritenuta la giusta strada da percorrere e diventata,

in questo periodo, quasi una specie di “braccio ecclesiastico”, come lo

definisce De Marco nel suo libro (Le barricate invisibili. La Chiesa in Italia tra

politica e società, Congedo Editore, Galatina, 1994, p. 208), della DC, a

scapito delle attività spirituali impoveritesi nel tempo.

L’Azione Cattolica, difatti, si andava rafforzando, a partire già dal

primo dopoguerra, nonostante le difficoltà vissute dai suoi membri

all’inizio del Regime fascista, e la Chiesa faceva leva proprio sui suoi

componenti e questo già prima della Grande Guerra. Inizialmente, agli

iscritti all’Azione Cattolica fu, infatti, ritirata addirittura la tessera del

Partito Nazionale Fascista e alcuni di loro furono anche rimossi dagli

uffici, per essere reintegrati solo dopo il 1938 essendo stata poi

disciplinata la doppia iscrizione. Intanto il sacerdote Don Luigi Sturzo,

elemento fondamentale e principe dell’AC, ebbe il compito di indirizzare

unitariamente le varie Unioni formatesi nel 1905 e tutte quelle che si

svilupparono negli anni in Italia guidando i fedeli e non lasciandoli mai

soli. Azione questa intrapresa da tutti i circoli che nacquero anche in

Molise:

“Un parroco che non insegna e che non istruisce i suoi fedeli manca ad un suo principale dovere e non riesce a salvare le anime dei suoi figli spirituali. Quando loro non vanno da lui, deve lui andare da loro e questo è il compito dell’Azione Cattolica. Il cui scopo principale è quello di far tornare alla chiesa le anime che si sono allontanate”20.

In questo clima, con il contributo essenziale di Don Luigi Sturzo,

fondatore dell’AC, e con l’autorizzazione della Santa Sede, la quale abolì

anche il Non expedit, che per decenni aveva vietato ai cattolici la

partecipazione alla vita politica, nacque, nel gennaio 1919, il PPI, Partito

Popolare Italiano. Il primo segretario del PPI fu quindi proprio il

sacerdote siciliano di Caltagirone, don Luigi Sturzo (1871-1959). La

nascita di questo partito aconfessionale, che quindi non impegnava

inizialmente il movimento cattolico sul fronte politico, segnò un

mutamento strutturale nella storia della presenza dei cattolici nella

società italiana. Fino ad allora il movimento cattolico aveva rappresentato

il mondo cattolico militante impegnato su diversi fronti, culturale,

politico e socio-economico, ma unito nell’auspicio e nella promozione

20 ADTr, Bollettino Ufficiale della Diocesi di Trivento, Relazione del Vescovo Epimenio

dell’avvento della Regalità di Cristo nella vita pubblica della nazione.

Con la nascita del PPI, l’ambito politico venne formalmente sottratto alle

decisioni del mondo cattolico e cominciò, da qui, quel rapporto ambiguo

connotato dall’equivoco che, in seguito, caratterizzerà soprattutto la

stagione della Democrazia Cristiana. Di fatto, comunque, cominciava

un’altra epoca nella quale non era più possibile utilizzare il termine

“movimento cattolico” nel suo significato più puro e nella stessa

estensione dell’uso precedente. Inoltre, si trattò di una storia

caratterizzata dal progressivo prevalere della corrente democratico-

cristiana in seno al mondo cattolico organizzato. I Vescovi vedevano,

quindi, nel partito popolore lo strumento giusto per la riconquista della

società dopo che era fallita l’utilizzazione del regime fascista, caduto in

disfacimento. A detta del Clero, il punto principale del programma del

Partito Popolare doveva essere quello di “arrestare l’avanzata delle forze

sovversive e il pauroso dilagare del materialismo negatore di Dio e

dell’uomo” (G. Verucci, La Chiesa nella società contemporanea, Laterza,

Roma-Bari, 1988, p. 241). Questo partito doveva quindi basarsi sull’onestà

dei propri membri, sulla correttezza nei comportamenti politici e

amministrativi, doveva rivedere le leggi per la sistemazione giuridica

della scuola cattolica e sul relativo finanziamento statale e su quello per la

costruzione di nuove chiese, bisognava rivedere la censura della stampa e

la difesa della moralità pubblica. A riguardo si aprì anche una polemica, a

livello nazionale, tra partito cattolico e democrazia cristiana. Chi dei due

doveva rappresentare la Chiesa? La Democrazia Cristiana non era un

partito confessionale ma era un partito prevalentemente di cattolici, i

quali, per quanto riguardava i principi morali e sociali da attuare, erano

tenuti a seguire i dettami e gli insegnamenti della Chiesa. La DC aveva

sempre l’appoggio del mondo cattolico, delle parrocchie e delle varie

associazioni, in primis l’Azione Cattolica che nel tempo stava crescendo

vistosamente. Proprio per questo, nel 1938, fu firmato un accordo tra il

Regime e la Chiesa che impegnava quest’ultima a tenere più sotto

controllo l’Azione Cattolica, limitandone le attività esterne ed eliminando

gli ultimi ex popolari presenti nelle sue fila. Ma ciò non rappresentò

affatto un problema per la Chiesa. In effetti, nei confronti della vita

pubblica, le organizzazioni cattoliche, soprattutto quelle del Sud,

dimostrarono posizioni diverse e contrastanti passando

dall’astensionismo nell’appoggio ai politici al controllo vero e proprio dei

partiti fino a dimostrazioni aperte di simpatia per il Fascismo. I circoli

cattolici avevano però una ramificazione e una consistenza abbastanza

limitate per un motivo ben preciso: i parroci erano disposti a subire le

pressioni fasciste per non allentare i rapporti con il potere, d’altronde la

Chiesa, con le sue mire espansionistiche, sapeva già come raggiungere gli

obiettivi che si era prefissata.

Durante una conferenza dell’Episcopato della Regione concistoriale

beneventana, della quale, ricordiamolo, facevano parte anche le Diocesi

di Bojano - Campobasso e di Larino e Termoli, tenutasi dal 3 al 5 giugno

1940, furono affrontati diversi temi tra i quali l’Azione Cattolica. A tal

proposito, l’Arcivescovo Metropolita, Agostino Mancinelli, che

presidiava i lavori, sottolineò la sua posizione in merito proprio al

rapporto tra le autorità religiose e politiche del tempo:

“[...] AZIONE CATTOLICA – Mons. Arcivescovo Metropolita di lettura di un tratto di discorso di S.E. Buffarini Guidi, in cui il Sottosegretario agli Interni parlando delle relazioni tra la Gerarchia Ecclesiastica e le Gerarchie fasciste nota che queste sono buone, rende omaggio ai rappresentanti del potere religioso e del potere civile, e […] che si faccia ricorso a quanto le può rendere migliori (tuttavia è bene che il clero si astenga da certe manifestazioni politiche che potrebbero in qualche modo comprometterlo). Il nostro insegnamento deve essere molto prudente - insistere soprattutto nei concetti di principio. Riguardo alle note disposizioni emanate dalla Commissione per l’A. G. circa l’uso dei distintivi, si ritiene […] mettere in esecuzione le disposizioni ricevute lasciando ad ogni Vescovo di applicarle nel modo o nella forma che crederà più conveniente”21.

Durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, le attività

politico-sociali delle varie associazioni cattoliche molisane confluirono

verso uno scopo comune: aiutare tutte le categorie in difficoltà mettendo

da parte le proprie attività principali e pensando già al futuro del Paese

che sarebbe giunto, finita la guerra, nella delicata fase della ricostruzione.

Difatti l’Azione Cattolica, già durante il Fascismo, aveva guidato,

socialmente ed ideologicamente, tutto il movimento cattolico dando la

possibilità a tanti uomini di formarsi, elaborando idee e sviluppando

strutture in posizioni di relativa autonomia nei confronti del Regime:

“Nella triste ora che stiamo vivendo anche l’attività esteriore della Fuci risulta quasi totalmente contratta, mentre pressoché impossibili sono i contatti con i dirigenti e difficile la stessa corrispondenza epistolare. Se pertanto da un punto

21 ADTe, “Atti ufficialia del Vescovo”, Sezione I, b. 6 f. 11 sf. 15, Dichiarazioni e

di vista terreno ci sarebbero elementi sufficienti per nutrire sconforto, ancora una volta dobbiamo ricordare che il fine ultimo del nostro lavoro è la gloria di Dio e che, se così piacerà al Signore, la Fuci dopo le prove attuali tornerà più efficiente di prima. Dare una parola di consiglio, al fine di coordinare, per quanto possibile, l’azione delle singole sedi, è compito assai arduo per l’ignoranza – da parte mia – delle vere condizioni delle diverse città. Non dubito neppure che ad iniziativa di loro Assistenti e dei dirigenti quel che sarà dato fare verrà messo in atto con generosità; raccomando – come ho fatto individualmente a parecchi – di non lasciar cadere le iniziative di carità, che sono quanto mai urgenti nel bisogno moltiplicato che ha la povera gente di pane e di conforto, e di dare insieme ai fucini, vecchi e nuovi, qualcosa di formativo che conservi al movimento il suo tono ed il suo spirito. È questo il momento in cui va richiamata tutta l’importanza della preghiera e della meditazione, cosa che può farsi anche nella sospensione di ogni attività sociale. Ben altra era l’accoglienza che avevamo disegnato per i compagni rientranti dai fronti di guerra che soffrono oggi più di tutti considerando i frutti visibili dei loro sacrifici. Sarà necessario assistere con cura vorrei dire materna questi amici, dicendo loro parole non di vano sollievo ma di serena valutazione di quanto essi hanno fatto, assicurando che non è il solo risultato esterno quello che conta; nella ricostruzione, infatti, che non sappiamo davvero prevedere quando avrà inizio, il lievito benefico sarà proprio l’oscuro sacrificio ed il dolore di tanti e tanti che la guerra hanno vissuto nell’ansia e nelle fatiche quotidiane. Con tutto l’impegno andranno pure assistiti i giovani, perché si avviino a vincere la sfiducia che si è in essi determinata verso ogni forma sociale: non è esagerato l’affermare che si avrà nel “dopoguerra” una forte tentazione all’egoismo e che molti di quegli elementi che con generosità e disinteresse pensavano di dare le proprie energie alla vita pubblica, guardano ormai con scetticismo alle istituzioni politiche di ogni genere. Quanto possa compiere con delicata premura l’opera degli Assistenti a questo riguardo mi sembra ovvio”22.

Le associazioni cattoliche, in breve tempo, radicatesi così bene

sull’intero territorio regionale, presero mire espansionistiche, anche in

campi di non propria afferenza come quello politico ma, in alcuni casi,

vennero imposte, dall’alto, riduzioni di attività per paura di eccessiva

intromissione della Chiesa nella vita sociale delle comunità:

“Difficoltà materiali e “psicologiche” hanno consigliato la sospensione, dopo il numero del 13 settembre, di Azione Fucina che con gli ultimi tempi aveva cercato di dare un orientamento anche ad universitari non facenti parte dell’Azione Cattolica. Non occorre dire che la volontaria sospensione avrà la durata strettamente necessaria. Il Centro, pur nella progressiva diminuzione dei

22 ADTe, Azione cattolica, Sezione V, b. 1 f. 9, Linee di programma per i dirigenti di

Azione Cattolica 1943/1944, Nota inviata dal Consiglio Superiore delle Associazioni Universitarie di Azione Cattolica di Roma a tutte le sezioni delle Diocesi regionali, 1 ottobre 1943.

contatti, non smobilita e segue essi attentamente l’evolversi della situazione per adeguarvi di momento in momento l’indirizzo del lavoro – entro i margini del possibile. Ed ora una nota amministrativa. Come forse loro sapranno, le spese della Fuci sono solo in piccola parte coperte dalle quote di iscrizione dei soci: è questa però la parte qualitativamente più importante dell’ “attivo” del nostro bilancio, testimoniando la vitalità del movimento e l’interesse che per esso hanno i fucini. Si chiede quindi la loro opera perché il tesseramento, anche con sacrificio, abbia luogo anche nell’anno che ora si inizia […]”23.

Nel 1941 fu istituita anche la Pontificia Opera delle Vocazioni

Sacerdotali per volere dell’allora Papa, Pio XII. A Trivento è conservato il

documento originale, scritto dal Santo Padre ed inviato a tutte le Diocesi

del Regno con la relativa attestazione del Vescovo triventino, Mons.

Epimenio Giannico. Il Papa, con questa istituzione, tentò di avvicinare

maggiormente il popolo a Dio e al sacerdozio, alla preghiera e alla

sacralità della vita del Signore. Il documento conservato è in latino e

recita:

“Cum Nobis Sacra Congregatio Seminariis et Studiorum Universitatibus praeposita peropportunum fore renuntiaverit Opus primarium Sacerdotalium Vocationum condere, quod sibi proponat in Christifidelibus – omni sane consilio, sed potissimum per diversa in singulis Dioecesibus constituta id genus Opera – voluntatem excitare fovendi, tuendi iuvandique Ecclesiasticas Vocationes, rectam de dignitate ac necessitate Catholici Sacerdotii notitiam pervulgare, itemque fideles ex omnibus orbis partibus in communionem precum ac piorum exercitiorum vocare; Nos MOTU PROPRIO ac de Apostolicae plenitudine potestatis, OPUS, quod PONTIFICIUM nominamus, VOCATIONUM SACERDOTALIUM apud eamdem Sacra Congregationem costitutum volumus ac decernimus, addita facultate aggregandi Opera ac personas, quae id postulaverit, simulque omnes Indulgentias et favores spirituales concessos vel concedendos, ad universos adscriptos extendendi. Quod quidam ratum firmumque sic ac permaneat, contrariis quibuslibet non obstantibus”24.

Ma vediamo, per meglio interpretare il significato, la traduzione,

dal latino all’italiano, del Venerato Documento su riportato:

23 ADTe, Azione cattolica, Sezione V, b. 1 f. 9, Linee di programma per i dirigenti di

Azione Cattolica 1943/1944, Circolare a firma del Presidente del Consiglio Superiore delle Associazioni Universitarie di Azione Cattolica, Giulio Andreotti, a tutte le sezioni di Azione Cattolica delle Diocesi regionali, 1 ottobre 1943.

24 ADTr, Bollettino della Diocesi di Trivento, Documento dell’Istituzione della

Pontificia Opera delle Vocazioni Sacerdotali presso la Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi, a firma di Pio XII, Roma, 4 novembre 1941.

“La Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi Ci ha fatto presente la grande opportunità di istituire una Opera Centrale delle Vocazioni Sacerdotali, la quale si proponga: intensificare nei fedeli – con ogni mezzo, ma soprattutto mediante le varie Opere del genere esistenti nelle singole Diocesi, - il desiderio di promuovere, custodire ed aiutare le Vocazioni Ecclesiastiche; divulgare la retta conoscenza delle dignità e della necessità del Sacerdozio Cattolico; unire i fedeli di tutto il mondo in comunione di preghiere e di pie pratiche. Noi pertanto, motu proprio e con la pienezza della Nostra Apostolica autorità, vogliamo e decretiamo eretta, presso la Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi, una Opera delle Vocazioni Sacerdotali, a cui diamo il titolo di PONTIFICIA, con le facoltà di aggregare Opere e persone, che lo domandino, e, insieme, di estendere le Indulgenze e i favori spirituali, concessi o da concedere, a tutti gli ascritti. Questa Nostra determinazione abbia il pieno vigore ed effetto, nonostante qualsiasi difficoltà in contrario”.

Al documento, scritto da Sua Santità Pio XII e conservato

nell’Archivio diocesano di Trivento, seguì una nota del Vescovo della

stessa Diocesi, Mons. Epimenio Giannico, che esortò tutti ad accogliere,

quasi come un ordine, tipico della Chiesa di quei tempi nei confronti dei

propri fedeli, l’invito fatto dal Papa in merito all’istituzione della

Pontificia Opera:

“I fedeli di tutta la Diocesi accoglieranno con animo profondamente grato il «Motu proprio» Cum Nobis, con cui il Santo Padre si è degnato istituire, presso la Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli studi, la Pontificia Opera delle Vocazioni Sacerdotali. L’augusto documento costituisce la più ambita approvazione di quanto è stato fatto in Diocesi, specialmente in questi ultimi anni, nel campo delle Vocazione Sacerdotali, e, insieme, un altissimo incoraggiamento a proseguire alacremente nella vita intrapresa. Torna molto opportuno che il prezioso documento sia stato emanato proprio nella imminenza della nostra giornata Pro Seminario. La Diocesi, che, all’Opera delle Vocazioni Sacerdotali ha già dato tante prove di stima, di affetto e di lodevole generosità, troverà nel venerato documento un nuovo motivo a moltiplicare i suoi sforzi per dare più rigoglioso impulso, in tutte le Parrocchie, all’opera delle Vocazioni e fare che la Giornata Pro Seminario del 1942 superi tutte le precedenti, per di più abbondante tesoro di preghiere e più larga raccolta di offerte”25.

In questo clima di fede e di speranza nella pace futura creato

dall’Azione Cattolica e sponsorizzato da tutti gli appartenenti alle

25 ADTr, Bollettino della Diocesi di Trivento, Lettera scritta dal Vescovo della Diocesi,

Mons. Epimenio Giannico, ed inviata a tutti i sacerdoti della Diocesi per accettare il Motu proprio “Cum Nobis” di Pio XII, Trivento, novembre 1941.