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Morti e prigionieri, le piccole ma dure realtà locali

Il Molise ebbe i suoi morti? Il Molise ebbe i suoi campi di

concentramento? Il Molise ebbe i suoi prigionieri? Si, il Molise ebbe, al

contrario di quanto si pensa, la sua Guerra Mondiale, così come tutte le

altre regioni italiane, portando, a lungo, con sé lo spettro di quel passato.

Il Molise, terra piccola oggi come ieri, mandò in guerra tanti suoi figli,

molti dei quali non tornarono più in patria. Tanti furono, poi, i molisani

57 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e

Riservati 1942, b. 73, Oggetto: Relazione provinciale sulla situazione politico – economica e prospetti degli episodi sovversivi per il trimestre ottobre - dicembre 1942 - XXI, Campobasso, 28 dicembre 1942.

58 Libro Cronistorico Convento S. Cuore, Oggetto: Funzione di Natale 1945, 26

che trovarono la morte, nelle proprie case, a seguito dei bombardamenti e

del fuoco nemico. Ben 1600 molisani persero la vita durante la Seconda

Guerra Mondiale: 700 i morti di Isernia, 140 quelli di Venafro, 100 tra

Termoli, Montecilfone e Montenero di Bisaccia, altre 100 anime lasciarono

la loro vita tra Campobasso e Bojano tra cui, ricordiamo, il giovane

Vescovo della Diocesi di Campobasso – Bojano, Mons. Secondo Bologna,

infine, ancora altri 400 molisani morirono tra l’Alto Volturno ed il Trigno.

3500 furono i feriti, 41 i fucilati di cui 32 in un solo giorno, il 22 ottobre

1943.

Con la fine della guerra non terminarono però le uccisioni e i morti.

Nel 1945, la già martoriata terra molisana, subì le prime quattro vittime e

i primi undici feriti nell’opera della sua redenzione di bonifica dei

territori:

“Domenica 2 Dicembre 1945 è stata celebrata una Solenne Messa e fatta la Benedizione della Bandiera dei bonificatori dei campi minati, alla quale sono intervenute altissime autorità, come Prefetto, Questori, Comandanti di Corpo armato, i rappresentanti di tutte le armi e delle associazioni delle città […]”59.

L’operazione di bonifica, iniziata nel gennaio 1945 e terminata a

novembre 1948, toccò tutto il territorio regionale e, in particolar modo, i

comuni attraversati, durante l’inverno e la primavera 1943/44, dalla

cosiddetta “linea Gustav”. Le condizioni di lavoro risultarono,

ovviamente, molto pesanti anche e soprattutto per l’elevato tributo di

sangue pagato dai bonificatori: alla fine delle operazioni si contarono 26

caduti, 63 feriti e 5 mutilati grandi invalidi.

Un periodo lungo e buio, quello della Seconda Guerra Mondiale,

per il Molise ma che, fortunatamente, costò un numero minore di vittime

rispetto alla Grande Guerra che, nei suoi lunghi 41 mesi di atrocità, fece

molte più vittime: tra il 1915 e il 1918 la terra molisana contò 5245 morti,

2312 mutilati, 22.000 feriti e 4020 orfani.

D’altra parte, anche nel Molise, tutt’altro che paradiso terrestre lontano

dalla guerra, come i più pensavo, nell’estate del 1940, da giugno ad

agosto, furono installati 5 campi di concentramento. Una pagina triste

della nostra storia che segnò i comuni di Bojano, Isernia, Vinchiaturo,

Casacalenda ed Agnone. Lì furono ospitati circa 300 ebrei di varie

nazionalità e molti sfollati:

59 Libro Cronistorico Convento S. Cuore, Oggetto: Solenne Funzione militare Religiosa

“Nessuna appariscenza di attività di elementi ebraici, che qui mancano del tutto, fatta eccezione dei numerosi internamenti nei Campi di concentramento e nei luoghi di isolamento”60.

Una realtà difficile, quella dei campi, che toccò molto da vicino

anche la nostra regione con queste 5 strutture. Quello che successe nei

campi di concentramento del Molise fu però diverso da quello che

successe nei più conosciuti e tristi campi di sterminio come furono quelli

di Auschwitz o di Mauthausen. Purtroppo, però, molti degli internati in

Molise furono poi trasferiti proprio in quei campi dell’Europa centrale, lì

dove il ricordo vola da solo senza ulteriori spiegazioni.

I campi di concentramento del Molise furono, per gli confinati, una

sorta di prigionia momentanea per attendere le proprie sorti future. Qui

alcuni preti locali prestarono, volontariamente, la loro opera di assistenza

morale e spirituale agli internati:

“Un’altra opera di bene venne compiuta dal Rev.do P. Simeone da Toro, il quale dal giorno 15 novembre al giorno 18 dicembre 1943 ha prestato la sua opera sacra nei due campi di concentramento degli sfollati, ossia della gente di diversi paesi del Sangro, la quale veniva ogni giorno di passaggio a quei due campi, parlata dagli Inglesi, non avendo più casa e parenti e masserie. Il numero era di 100, 200, 300 e anche 500 al giorno”61.

Il Molise fu scelto perché, con la sua posizione geografica e con la

mancanza di infrastrutture importanti di collegamento, garantiva

l’isolamento agli internati. Ad Agnone

62

addirittura fu un Convento

Benedettino, quello di San Bernardino, ad ospitare gli ebrei e gli altri

sfollati. Il Convento era di proprietà del Vescovo di Trivento, dal 1931

sede del Seminario Vescovile, il quale lo cedette al Regime, non si sa però

se per scelta o per obbligo. Qui inizialmente furono internati solo uomini,

ma dal 1941, con l’arrivo dei rom provenienti dalla Jugoslavia, divenne

misto (con donne e uomini). Il campo, affidato ai Carabinieri, fu diretto

da un Commissario di Polizia.

60 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e

Riservati 1941, b. 50, Oggetto: Relazione sulla situazione politico – economica della provincia, Campobasso, 27 settembre 1941.

61 Libro Cronistorico del Convento Sacro Cuore di Campobasso, Oggetto: Aiuti nei

campi di concentramento, novembre 1943.

62 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f.

A Bojano

63

il campo fu allestito, nell’estate 1940, in un ex tabacchificio,

alla periferia del paese, vicino alla ferrovia. I primi internati, rom, cinesi

ed ebrei stranieri, arrivarono qui nel settembre 1940.

Anche a Casacalenda

64

il campo fu preparato nell’estate 1940

nell’ex Convitto della Fondazione Caradonio - Di Blasio, nel centro

storico del paese. Qui furono internate solo donne, appartenenti alle

categorie dei sudditi nemici (inglesi), degli ebrei stranieri (tedesche e

polacche) e degli ex Jugoslavi. La Direzione fu affidata ad un

Commissario di Polizia, coadiuvato da una Direttrice, mentre la vigilanza

era prerogativa di Carabinieri e Poliziotti.

Anche ad Isernia

65

il campo di concentramento era un ex Convento,

chiamato in seguito “Antico Distretto”. L’ex Convento delle Benedettine,

sulla strada principale della cittadina, ospitò ebrei stranieri, sudditi

nemici, ex Jugoslavi, forestieri della Venezia Giulia ed alcuni italiani

pericolosi. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, il Campo non fu chiuso ed

alcuni internati vi persero la vita in seguito ai bombardamenti che si

verificarono su Isernia nel settembre 1943.

A Vinchiaturo

66

, poi, il campo fu predisposto in un edificio privato,

quello della famiglia Di Nonno, nel centro storico del paese. Anche qui,

come per Casacalenda, furono imprigionate solo donne. Le internate

erano quasi tutte straniere tra cui ebree, ex jugoslave, prostitute slave, ma

ci furono anche alcune antifasciste italiane.

Gli internati in Molise, soprattutto ebrei, erano segregati dalla

società e vivevano sottoposti a rigidi controlli da parte della polizia o dei

carabinieri, spesso anche in cattive condizioni igienico-sanitarie e

malnutriti, ma la loro vita fu completamente diversa da quella degli

prigionieri costretti nei campi oltre i confini italiani, dove venivano

attuate le più cruente operazioni di sterminio. Gli internati in Molise

ricevevano anche un sussidio giornaliero, diverso tra uomo e donna, che,

però, nel tempo fu ridotto a causa della crisi economica che la guerra

aveva portato in tutta Italia e soprattutto nei piccoli e già disastrati

63 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f.

16/11.

64ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 116, f.

16/11.

65 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 117, f.

16/11.

66 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Mobilitazione civile, b. 116, f.

territori locali come fu per il Molise. Comunque i prigionieri di questi

campi erano persone tranquille che non crearono mai particolari

problemi:

“Nessuna appariscenza di attività di elementi ebraici, che qui mancano del tutto, ad eccezione di quelli qui avviati per internamento nei campi e in determinati Comuni senza nessuna violenza”67.

Dall’altra parte, però, c’erano anche i molisani nei campi di

concentramento, prigionieri di guerra in terre lontane dalla propria casa,

come fu per il soldato Angelo Gargano

68

di Baranello, a lungo detenuto in

Sud Africa, da dove, ovviamente pregava Dio per la libertà e il

ricongiungimento con la propria famiglia:

“Poi io prego sempre al Signore che presto ci riabbracceremo tutti in famiglia”69.

O ancora, seppure a distanza di alcuni anni, sempre nelle stesse

condizioni, si continuava a pregare il Signore, nell’attesa della salvezza,

che, dopo tanti anni di prigionia, poteva arrivare solo dal Cielo:

“Carissimo amato padre è da molto e molto tempo che non ci possiamo scrivere più, ma non fa niente preghiamo solo al Signore che siamo tutti vivi, e ci fa riabbracciare presto”70.

67 ACS, Ministero dell’Interno – Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e

Riservati 1942, b. 73, Oggetto: Relazione sulla situazione politico – economica della provincia, Campobasso, 27 marzo 1942.

68 Il soldato molisano Angelo Gargano fu prigioniero in un campo di concentramento

in Sud Africa dal 1939 al 1945.

69 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata alla madre,

Antonia Melone, 20 agosto 1942.

70 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata al padre in

La famiglia, benché lontana, rappresentava, insieme alla fede in

Cristo, per i soldati prigionieri, l’unica fonte di speranza di vita e per la

quale si pregava di tornare a casa, il prima possibile, sani e salvi:

“Carissimo fratello Nicola era da tanto che ti dovevo inviare le mie buone notizie ma pazienza, sono contento, non posso scrivere a tutti ma Preghiamo Iddio che fa stare bene e di venire presto quel bel giorno della nostra vicinanza”71.

Ma non sempre le lettere dei soldati, seppur infarcite di uno strano

ottimismo – “sono contento” scriveva il Gargano ai suoi congiunti –

tranquillizzavano le proprie famiglie, le quali si interrogavano su come

fosse la vita nei disperati e lontani campi di concentramento:

“Carissimo fratello io con molto piacere ti rispondo sulla tua cara cartolina. Voi mi dite che è molto tempo che non ricevete una lettera da me ma io vi scrivo sempre, siete voi che non le ricevete. Carissimo fratello mi fate sapere che cosa fate al giorno nel campo insieme ai vostri compagni”72.

Provvidenziali, a tal caso, erano le risposte dei soldati, che, sebbene

sopravvivessero di stenti e difficoltà nella tristezza dei campi di

concentramento, riuscivano a non far trapelare le loro situazioni,

71 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata al fratello,

Nicola Gargano, 15 giugno 1943.

72 APG, lettera inviata al soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, dal fratello,

obbligati, com’erano, anche dalla censura, a non rivelare niente sulle loro

missioni ed azioni di guerra:

“Carissima madre con molto piacere vi vengo a dare le mie notizie che mi trovo bene di salute e così spero anche di voi di famiglia. Cara madre quindi vi prego di non fare male pensiero verso di me che mi trovo lontano da voi perché io sto molto bene e sto assieme con 6 paesani”73.

Una realtà triste, quella dei campi di concentramento, che il Molise

ebbe il dispiacere di conoscere molto da vicino nella sua duplice veste:

quella dei molisani prigionieri in terre lontane e quella del Molise con le

sue strutture dove deteneva ebrei, zingari e sfollati. Ovviamene con la

presenza costante della Chiesa che cercava di sollevare con la fede,

seppur in minima parte, le sofferenze degli internati.

73 APG, lettera del soldato Angelo Gargano, prigioniero in Africa, inviata alla madre,

4. AL DI LA’ DEI CONFINI, IL RAPPORTO MOLISANO TRA

CHIESA E POLITICA

“Per il fatto stesso che è corpo, la Chiesa si discerne con gli occhi. Perciò si allontanano dalla verità divina coloro che si immaginano la Chiesa come se non potesse né raggiungersi ne vedersi”. Dall’Enciclica di Pio XII “Mystici Corporis Christi” del 29 giugno 1943.

Un rapporto difficile e da sempre contraddistinto da due facce: da una

parte il buono e dall’altra il cattivo, un po’ come, verrebbe da dire, il

diavolo e l’acqua santa. Chiesa e politica sono due facce, non sempre

chiaramente divise, ma, sicuramente, durante il periodo della Seconda

Guerra Mondiale, possiamo dire, della stessa medaglia che, a lungo,

hanno collaborato, a volte a stretto contatto e a volte ponendosi

chiaramente su due fronti contrapposti. Nel tempo questo rapporto è

molto cambiato ma alcuni vecchi stereotipi di ieri sono sempre vivi. Il

Clero, con il suo alto potere ecclesiastico, ha rivestito, sempre, anche una

funzione altamente sociale sconfinando, soprattutto nel periodo delle due

Guerre Mondiali, nel campo politico arrivando, in taluni casi, a condurre,

in prima persona, i giochi, anche strategici, di alcuni importanti partiti.