Modalità di attuazione della destinazione e tecniche di tutela
5. L’azione per la «realizzazione» della finalità destinatoria e gli strumenti di tutela
Il problema dell’ineffettività destinazione, lungi dal condurre all’automatica caducazione del vincolo, si sposta allora sul versante dei rimedi azionabili per la concreta attuazione della finalità destinatoria396. In proposito, l’art. 2645 ter cod.
rafforzando l’idea, già espressa in dottrina, della necessaria effettività della destinazione e della congruità della stessa».
392 S. MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., p. 501, nota 364; B. MASTROPIETRO,
Destinazione di beni ad uno scopo e rapporti gestori, cit., pp. 186-187; M.MALTONI, Il problema dell’effettività
della destinazione, cit., in elibrary.fondazionenotariato.it.
393 M.MALTONI, Il problema dell’effettività della destinazione, cit., in elibrary.fondazionenotariato.it.
394 M.MALTONI, Il problema dell’effettività della destinazione, cit., in elibrary.fondazionenotariato.it.
395 Sulla simulabilità degli atti unilaterali cfr. MARANI, La simulazione negli atti unilaterali, Padova,
1971; PUGLIATTI, La simulazione dei negozi unilaterali, Milano, Diritto civile. Saggi, 1951.
396 In senso analogo v. C.CACCAVALE,Strumenti attuali di diritto positivo, cit., p. 47, per il quale in
questa ipotesi «la problematica dell’effettività della destinazione viene in rilievo sotto il profilo delle modalità attraverso le quali il beneficiario del vincolo può reagire ad eventuali inadempienze da parte del gestore, al fine di assicurarsi la permanenza del vincolo stesso e, ancor prima, dei sistemi
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civ., ricalcando la formulazione dell’art. 793, comma 3, cod. civ. in tema di adempimento dell’onere donativo, legittima, oltre al conferente, qualsiasi interessato ad agire per la «realizzazione» dell’interesse destinatorio. Il beneficiario, sebbene destinatario – in qualità di soggetto cui l’interesse destinatorio è “riferibile” – delle utilità derivanti dall’impiego dei beni destinati ed i relativi frutti per la realizzazione della destinazione, si confonde nell’indefinita categoria dei soggetti interessati. Ciò, come detto, induce ad escludere la riconducibilità della situazione beneficiaria nell’ambito della realità o del credito, esaurendo, piuttosto, la sua rilevanza giuridica nell’attribuzione di un potere di azione esperibile da qualunque altro soggetto portatore di un interesse patrimoniale o soltanto morale all’attuazione della destinazione, sì da indurre taluno finanche a ravvisarvi una sorta di class action397.
La formulazione dell’art. 2645 ter cod. civ., pur evocando il dettato dell’art. 793, comma 3, cod. civ. in tema di donazione modale, significativamente discorre non già di adempimento tecnicamente inteso, ma più ampiamente di
«realizzazione», avvalorando l’idea della natura non creditoria della situazione beneficiaria. La realizzazione della destinazione non si sostanzia nell’adempimento di obbligazioni, ma nel compimento di attività giuridiche e materiali, protratte nel tempo, concretamente attuative del programma destinatorio398, poiché dirette ad
assicurare l’«impiego» dei beni destinati ed i relativi frutti in vista dell’attuazione dello scopo di destinazione e, quindi, la devoluzione delle conseguenti utilità ai soggetti beneficiari.
L’azione di cui all’art. 2645 ter cod. civ. tutela la realizzazione dell’interesse destinatorio che, pur essendo del disponente, trascende la dimensione soggettiva
di prevenzione che l’ordinamento predispone per impedire che tali inadempienze producano danni irreparabili».
397 È l’idea espressa da P.SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, cit., p. 128, il quale
rileva che «la separazione rende ex lege il comportamento funzionale di qualunque proprietario del bene (il vincolo circola come un onere reale) e genera una specie di class action», spiegandosi, così, anche la legittimazione del conferente che «non avrebbe senso alcuno prevedere se il funzionario fosse un gestore nominato dal “conferente” medesimo».
398 S.MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., p. 501;M.BIANCA, Atti di destinazione e
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del disponente medesimo perché “riferibile” ad uno o più beneficiari, determinati o determinabili, assumendo connotazione meritevole di tutela. La legittimazione riconosciuta a qualsiasi interessato, indipendentemente dalla titolarità di situazioni sostanziali tipiche399, testimonia, allora, la proiezione dell’interesse destinatorio
oltre la sfera del disponente.
L’ampiezza del raggio entro il quale opera la legittimazione ad agire rappresenta un significativo indice della portata oggettiva ascrivibile all’interesse sotteso alla destinazione, al quale deve conformarsi l’esercizio delle facoltà e dei poteri dominicali. Ciò che rileva, a prescindere da una posizione di titolarità sul bene, è l’attuazione della destinazione che, ove disattesa per inerzia dell’attuatore o cattiva gestione, legittima ad agire chiunque vanti una situazione di interesse alla «realizzazione», prescindendo da chi è tenuto ad assicurarla, sia costui il disponente o un terzo, mandatario o fiduciario, ovvero l’avente causa per le ragioni innanzi illustrate. In tale ultimo caso, legittimato ad agire è in primis l’originario disponente, il quale conserva evidentemente l’interesse alla «realizzazione» della destinazione nonostante l’alienazione del bene destinato. Così si spiegherebbe l’utilizzo del termine «conferente» che, non a caso, compare soltanto nell’inciso dedicato alla legittimazione ad agire, viceversa eccessivamente valorizzato, sopratutto dalla giurisprudenza di merito, al fine di giustificare l’indefettibilità dell’effetto traslativo nella vicenda destinatoria. Pur trasferendo il bene, il disponente continua evidentemente ad avere interesse alla concretizzazione di quella finalità destinatoria che lo ha spinto ad imprimere il vincolo, sicché il legislatore gli ha espressamente riconosciuto un potere di azione avverso il nuovo proprietario.
L’art. 2645 ter cod. civ. tutela la finalità destinatoria nella sua oggettiva rilevanza e, a tal fine, riconosce in capo agli interessati un potere di azione, sebbene nulla riferisca in ordine ai rimedi concretamente azionabili in caso di inattuazione della destinazione. Il silenzio del legislatore anche sul momento patologico della
399 Si rinvia alle riflessioni di A.PROTO PISANI, Dell’esercizio dell’azione, in Comm. cod. proc. civ., diretto
da F. Allorio, Torino, 1973, p. 1081, il quale, sebbene con specifico riferimento all’art. 648 cod. civ., ravvisa negli “interessati” la titolarità di una legittimazione straordinaria ad causam che prescinde dalla titolarità di situazioni sostanziali tipiche.
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fase attuativa suggerisce di indirizzare l’analisi verso le tecniche di tutela potenzialmente azionabili dagli interessati, diversificando i casi di inattuazione causata dall’inerzia dell’attuatore o da una mala gestio del patrimonio destinato da quelli derivanti dal compimento di atti di distrazione dallo scopo.
6. Segue. Sostituzione giudiziale e direttive gestorie in caso di inerzia