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Circolazione dei beni destinati e risoluzione dei conflitt

Modalità di attuazione della destinazione e tecniche di tutela

3. Circolazione dei beni destinati e risoluzione dei conflitt

Si è già visto come in mancanza di una previsione normativa espressa, del tenore, ad esempio, di quella contenuta all’art. 169 cod. civ. in tema di fondo patrimoniale, non può sostenersi che il bene destinato ai sensi dell’art. 2645 ter cod. civ. sia sottratto al traffico giuridico. La realità del vincolo – si ripete – non deve essere intesa come assoluta indisponibilità del bene; essa, piuttosto, incide sui contenuti del diritto dominicale, orientando l’esercizio delle facoltà goditive e dispositive del bene verso la realizzazione dello scopo di destinazione. Destinazione non è, quindi, sinonimo di inalienabilità: come autorevolmente sostenuto, il vincolo destinatorio si distingue dal divieto di alienazione di cui all’art. 1379 cod. civ., operando i due istituti su piani differenti373, sicché una eventuale

371 A. LUMINOSO, Appunti sui negozi traslativi atipici, Milano, 2007, p. 83 ss. Secondo, invece, M.

LUPOI, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento di trust, in Trust e attività

fiduciarie, 2006, p. 169 ss., l’atto di destinazione è un «frammento di trust» perché «tutto ciò che è

nell’“atto di destinazione” è anche nei trust, ma i trust si presentano con una completezza di regolamentazione e una collocazione nell’area della fiducia che l’“atto di destinazione” non presenta».

372 Sulle tecniche di tutela del beneficiario del trust nei sistemi di common law e civil law, in particolare

quello italiano, si rinvia a A.NERI, Il trust e la tutela del beneficiario, Padova, 2005.

373 Sul punto si rinvia al contributo di M.COMPORTI, Divieti di disposizione e vincoli di destinazione, in

Studi in onore di Pietro Rescigno, Milano, 1998, p. 847 ss., spec. p. 864 ss. Dello stesso avviso è M.

BIANCA, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, cit., p. 201 ss. In senso contrario cfr. A.

LUMINOSO, Contratto fiduciario, trust e atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., cit., p. 997 ss., il quale

sostiene che l’art. 2645 ter cod. civ. sembra assumere il significato di una deroga al principio generale sancito dall’art. 1379 cod. civ., consentendo ora ai privati di porre in essere vincoli di

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previsione convenzionale di inalienabilità, non essendo effetto connaturale alla destinazione, rileverebbe comunque in via autonoma, sarebbe inopponibile ai terzi ed affidata ad una tutela meramente obbligatoria374.

In ogni caso, l’eventuale circolazione del bene destinato ai sensi dell’art. 2645 ter cod. civ. non pregiudica la «realizzazione del fine di destinazione» poiché il vincolo funzionale impresso, opponibile in forza della trascrizione, accompagna il bene medesimo in tutte le sue vicende giuridiche fino alla cessazione, fisiologica o patologica, della destinazione medesima. Ciò ha indotto parte della dottrina a configurare il vincolo di destinazione quale fonte di una obbligazione propter rem375

ovvero di un onere reale376.

destinazione oltre i limiti temporali stabiliti dall’art. 1379 c.c.; G.PETRELLI, La trascrizione degli atti di

destinazione, cit., p. 194 ss., il quale, sul presupposto che l’art. 1379 cod. civ. costituisca

«disposizione generale, suscettibile di deroga in relazione a determinati beni, soggetti ad un idoneo regime pubblicitario», ritiene di individuare nell’art. 2645 ter cod. civ. «un congegno idoneo a dar luogo, in presenza di un vincolo di destinazione, ad un vero e proprio divieto convenzionale di alienazione, opponibile a terzi grazie alla trascrizione, ogni qual volta detta alienazione si ponga in contrasto con il fine di destinazione», poiché il profilo destinatorio attribuisce «maggior meritevolezza al divieto pattizio di alienazione, e quindi maggior rilievo allo stesso nella comparazione con l’interesse alla libera circolazione giuridica del bene». In giurisprudenza v. Trib. Reggio Emilia 23-26 marzo 2007, in Riv. dir. civ., 2008, p. 451 ss., secondo cui l’art. 2645 ter c.c. (norma successiva e speciale), nel prevedere l’opponibilità ai terzi dell’inalienabilità (ove trascritta nei RR. II.), scardina il disposto dell’art. 1379 c.c. («Divieto di alienazione »), il quale sancisce (rectius, sanciva) che «il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti». In proposito v. la nota critica di A.MORACE PINELLI, Tipicità dell’atto di destinazione e alcuni aspetti della

sua disciplina, in Riv. dir. civ., 2008, p. 478 ss., il quale evidenzia l’errore in cui è incorsa la sentenza

commentata, non costituendo l’inalienabilità un effetto automatico della destinazione, sebbene non esclude che il vincolo di destinazione possa essere rafforzato dalla previsione di una clausola di inalienabilità dei beni destinati, ai sensi dell’art. 1379 c.c., in ogni caso non opponibile a terzi e affidata ad una tutela meramente obbligatoria e non di tipo reale.

374 M.BIANCA,M.D’ERRICO,A.DE DONATO,C.PRIORE, L’atto notarile di destinazione, cit., p. 44,

per i quali, sebbene rientri nell’autonomia privata inserire una clausola di inalienabilità dei beni destinati, tuttavia, «non essendo il regime di inalienabilità l’effetto automatico dell’atto di destinazione, dovrebbe applicarsi il principio generale stabilito dall’art. 1379 del codice civile in ordine alla necessità che il divieto di alienazione sia contenuto entro convenienti limiti di tempo».

375 Per la configurabilità in termini di obbligazione reale v. G.LENER, Atti di destinazione e rapporti

reali, cit., p. 1189 ss.

376 E. MATANO, I profili di assolutezza del vincolo di destinazione: uno spunto ricostruttivo delle situazioni

giuridiche soggettive, cit., p. 375, rileva come il vincolo di destinazione sembri ricalcare la fisionomia

dell’onere reale, sostanziandosi, sul piano dei contenuti, in un «obbligo del gestore di amministrare e impiegare i beni secondo finalità prefisse; un obbligo di prestazione che tuttavia è direttamente

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Tralasciando i tratti differenziali377, il ricorso a figure dalla doppia anima,

reale e obbligatoria, consentirebbe di superare l’impasse di una destinazione che lo stesso disponente è chiamato a realizzare allorquando non abbia conferito l’incarico gestorio a un terzo. Difatti, nell’ipotesi in cui le obbligazioni gestorie non abbiano fonte nella conclusione, a latere, di un mandato o un patto fiduciario, in tal modo si giustificherebbe giuridicamente l’obbligo attuativo in capo al disponente e la relativa ambulatorietà in caso di trasferimento della res vincolata378.

L’invocazione di figure ibride, divise tra la realità e l’obbligatorietà, incontra l’opposizione di chi, muovendo dall’idea che dal vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. nascano obbligazioni di natura personale, esclude – considerata

inerente al bene, rendendo la specifica destinazione una connotazione oggettiva dello stesso, opponibile erga omnes, ma senza che sia fissata in capo a un singolo soggetto la legittimazione attiva ad agire», essendo il vincolo di cui all’art. 2645-ter cod. civ. coercibile su iniziativa di qualunque interessato; V.CORRIERO, Autonomia negoziale e vincoli negli atti di destinazione patrimoniale, cit., p. 96

ss., la quale motiva la natura di onere reale per la compresenza dell’elemento reale e di quello obbligatorio, del diritto alla realizzazione dello scopo e dell’obbligo di rispettarlo e realizzarlo; anche secondo P. SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, cit., p. 128, il vincolo

circola «come un onere reale»; M. BIANCA, M. D’ERRICO, A. DE DONATO, C. PRIORE, L’atto

notarile di destinazione, cit., p. 47, i quali discorrono dell’introduzione di «una figura speciale di onere,

connotato dalla realità».

377 Per i quali si rinvia a L.BIGLIAZZI GERI, Oneri reali e obbligazioni propter rem, in Trattato di dir.

civ. e comm., diretto da Cicu-Messineo, XI, t. 3, Milano, 1984, p. 3 ss.; A.FUSARO, Obbligazioni

propter rem ed onere reale, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XII, Torino, 1995, p. 390 ss.; M.RINALDO, Obbligazioni propter rem e onere reale, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., VIII, Torino, 2013, p. 409 ss.

378 Così ragionando – osservaE.MATANO, I profili di assolutezza del vincolo di destinazione: uno spunto

ricostruttivo delle situazioni giuridiche soggettive, cit., p. 375 ss. – si giustificherebbe «l’aspetto obbligatorio

del fenomeno al pari di quello reale del vincolo di impiego e di responsabilità, in modo da descrivere il rapporto senza attribuire posizioni di diritto reale atipico al beneficiario (che si pone quale termine di riferimento degli interessi, esterno alla struttura del rapporto) e senza snaturare in senso funzionale il fondamentale diritto di proprietà. Non da meno la costruzione prospettata garantisce la permanenza del vincolo anche negli eventuali successivi trasferimenti […] rendendolo immanente ai beni per tutta la durata prevista dall’atto di destinazione, attraverso il diritto di seguito proprio delle situazioni giuridiche a struttura reale. Tale immanenza del vincolo si realizzerebbe nei confronti dei successivi aventi causa dei beni destinati, sia sul piano delle possibilità di impiego ed amministrazione dei beni, sia su quello dell'obbligo di attivarsi, consentendo la perpetuazione delle finalità destinatorie, senza che sia a tal fine necessaria un’autonoma assunzione del relativo obbligo da parte dell’avente causa dei beni destinati, il quale acquisterebbe i beni nello stato di fatto e di diritto in cui versano al momento del trasferimento, restando soggetto al regime giuridico originariamente predisposto attraverso l'atto di destinazione, che si cristallizza nell’onere reale».

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anche la vaghezza disciplinare – la tipizzazione di un nuovo schema reale o un’obbligazione propter rem379, «la cui trascrizione, contrariamente a quanto previsto

dall’art. 2645-ter c.c., avrebbe dovuto riguardare non già il vincolo in sé, ma l’eventuale patto derogatorio alla sua disciplina legale, che, viceversa, non esiste»380.

In realtà, il ricorso a figure giuridiche storicamente discusse e dalle incerte fisionomie, quali appunto le obbligazioni propter rem e gli oneri reali, sembra mostrare l’incapacità di guardare al fenomeno proprietario nelle sue possibili molteplici configurazioni381. Al fine di assicurare l’attuazione del programma

destinatorio, anche in caso di trasferimento, non occorre necessariamente immaginare il vincolo quale fonte di una obbligazione gestoria che ambula unitamente alla res destinata, senza con ciò ricusare l’idea della relativa natura reale. La realità del vincolo destinatorio di cui all’art. 2645 ter cod. civ., come visto, sebbene non innovi il catalogo dei diritti reali, si traduce nella

379 A partire dagli anni cinquanta, la giurisprudenza costantemente predica la tipicità delle

obbligazioni propter rem e degli oneri reali, come per i diritti reali, affermando che essi hanno titolo esclusivamente nella legge, quanto alla loro costituzione, non sono in dominium privatorum, costituiscono un numerus clausus e, pertanto, sono insuscettibili di generica applicazione per volontà delle parti. Cfr., ex multis, Cass. Civ., 18 gennaio 1951, n. 141, in Giur. it., 1952, I, p. 129; Cass. civ., 26 giugno 1952, n. 1896, in Foro it., 1953, I, c. 1657. In senso contrario, in dottrina, v. L.

BIGLIAZZI GERI, Oneri reali e obbligazioni propter rem, cit., p. 231 ss.

380 In questi termini F.GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., cit., p. 167. In senso analogo v.

G.PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 189, secondo il quale con l’obbligazione

propter rem, differentemente dal vincolo di destinazione, «non si disciplina la destinazione oggettiva

del bene, funzionale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela, ma si pongono obbligazioni a carico anche dei futuri proprietari dell’immobile. Risultato, questo, che non può

ritenersi rimesso all’autonomia privata, proprio perché inciderebbe — più che sulla situazione oggettiva del bene — sulla sfera giuridica e sulla libertà personale di altri soggetti, estranei al negozio, sacrificandone l’autonomia ed

imponendo a carico degli stessi prestazioni patrimoniali che solo la legge può imporre (art. 23 della Costituzione)»; A.MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit., p. 255,

per il quale «il vincolo di destinazione non può generare obbligazioni propter rem, che impongano prestazioni accessorie, eventualmente consistenti anche in un facere, a carico dei successivi titolare del bene» poiché «nel nostro ordinamento tali obbligazioni sono rigorosamente tipiche e non possono trovare la loro fonte nell’autonomia privata»; B.MASTROPIETRO, Destinazione di beni ad uno

scopo e rapporti gestori, cit., p. 54 ss., la quale, oltre al carattere atipico che in tal caso caratterizzerebbe

l’obbligazione reale, evidenzia l’ulteriore problema della determinazione o determinabilità dei soggetti del rapporto obbligatorio, che non sussisterebbe ove si ritenga che la classe dei beneficiari, e cioè il titolare della posizione attiva, possa essere indeterminabile.

381 Sulla pluralità degli statuti proprietari si rinvia ancora una volta a P.PERLINGIERI, Introduzione

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«conformazione» del contenuto del diritto dominicale, esercitabile non più liberamente, ma soltanto in funzione dello scopo di destinazione, anche dai successivi titolari ai quali il vincolo medesimo è opponibile perché pubblicizzato. Oggetto del trasferimento è, allora, una situazione dominicale che, intrinsecamente conformata dal vincolo, circola, inter vivos o mortis causa, con il fascio di diritti, poteri, facoltà e anche doveri esercitabili nel rispetto del fine di destinazione382.

L’avente causa dal disponente acquista la titolarità di una situazione proprietaria “funzionalizzata”, che reca con sé il dovere di impiego dei beni vincolati ed i relativi frutti per l’attuazione della destinazione383. L’unica forma di esercizio

consentita al titolare della res vincolata è quella conforme allo scopo di destinazione, tant’è che il terzo avente causa, in caso di frustrazione della finalità destinatoria, è ugualmente esposto all’azione accordata dall’art. 2645 ter cod. civ. a «qualsiasi interessato», purché, ovviamente, il vincolo gli sia opponibile. Difatti, l’opponibilità del vincolo, in forza della trascrizione, impedisce all’avente causa un

382 Cfr., in particolare, U.LA PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art.

2645-ter cod. civ., cit., p. 122, secondo il quale «il regime di opponibilità del vincolo reale non

impedirà la trasmissione del diritto che, tuttavia, si trasferirà cum onere suo, ossia nelle sue oggettive caratteristiche discendenti dal vincolo funzionale impresso»

383 In senso contrario v.A.MORACE PINELLI, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit.,

p. 255, per il quale «quando il bene sia stato trasferito dal conferente ad un terzo, pur essendo la destinazione opponibile all’acquirente, quest’ultimo non ha in quanto tale doveri attuativi del vincolo», dovendosi distinguere «il vincolo dall’attività gestoria eventualmente necessaria per l’attuazione del programma destinatorio». PerB.MASTROPIETRO, Destinazione di beni ad uno scopo e

rapporti gestori, cit., p. 220 ss., escluso che si possa ipotizzare in capo al terzo un obbligo di facere per

realizzare la destinazione, il bene circolerebbe libero dal vincolo e l’opponibilità si risolverebbe, in primo luogo, nella persistenza di legittimazione, per il disponente o per il gestore, al compimento di tutti gli atti finalizzati alla attuazione dello scopo destinatorio poiché il terzo acquirente è obbligato non a realizzare ma a “subire” la realizzazione della destinazione, sicché gli si potranno opporre le attività che attuano la destinazione, la pretesa del beneficiario alle utilità derivanti dalla destinazione e l’azione esecutiva sui beni da parte dei creditori destinati. Manifesta perplessità anche S.MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., p. 508, nota 377, la quale afferma che l’attribuzione degli obblighi attuatori dell’interesse in capo all’avente causa della res vincolata, disposta in contrasto col perseguimento dell’interesse destinatorio, «non sembra accoglibile, in mancanza di una previsione espressa anche in relazione al carattere intuitu personae che assume la funzione dell’attuatore dell’interesse di destinazione e delle obbligazioni di diverso contenuto (in particolare, di facere) che ne conseguono», configurandosi in caso contrario «un’ipotesi per certi aspetti analoga al c.d. constructive trust, ovvero un trust costituito ex lege (in base ai fondamentali principi di equità), quale rimedio ad un illecito arricchimento».

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esercizio della situazione proprietaria acquisita che sia pregiudizievole dell’interesse destinatorio384.

L’opponibilità del vincolo ha poi sollecitato tra gli studiosi l’ulteriore interrogativo relativo all’applicabilità, in caso di conflitti circolatori, dell’art. 2644 cod. civ. Da un lato, si ammette l’operatività del meccanismo di prevalenza dato dalla priorità del titolo trascritto385; dall’altro, in assenza di espresso rinvio, si

esclude l’applicazione dell’art. 2644 cod. civ. quale criterio risolutivo dei conflitti circolatori, considerando, conseguentemente, sufficiente l’anteriorità dell’acquisto rispetto alla trascrizione dell’atto di destinazione, sicché il terzo avente causa dal disponente soccomberebbe, essendogli il vincolo opponibile, soltanto qualora acquisti e trascriva l’atto di acquisto successivamente alla trascrizione dell’atto di destinazione386.