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Gli atti di destinazione trascrivibili ai sensi dell’art 2645 ter cod civ.

7. La forma dell’atto di destinazione

Quanto al profilo formale, l’art. 2645 ter cod. civ. esordisce richiedendo la «forma pubblica» dell’atto di destinazione. Nonostante l’inusuale espressione,

310 In questi termini A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., pp. 624-625.

311 Muovono l’obiezione S.MEUCCI, La destinazione di beni tra atto e rimedi, cit., p. 498;M.CEOLIN,

Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, cit., p. 240.

312 Così A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 627.

313 R.DI RAIMO, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in G. Vettori (a

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secondo l’orientamento prevalente, per «atti in forma pubblica» devono intendersi gli atti pubblici nel senso fatto proprio dall’art. 2699 cod. civ.314.

Discusso è, invece, il fine per il quale sia prescritto il requisito formale. Una lettura esegetica che si arresta al tenore letterale della disposizione e alla sua collocazione nel titolo pubblicitario deporrebbe a favore della tesi secondo cui il legislatore abbia voluto prescrivere la forma pubblica esclusivamente al fine di rendere trascrivibili gli atti di destinazione, sì che il difetto di forma non invaliderebbe l’atto ma ne impedirebbe la pubblicità e, quindi, inciderebbe soltanto sul profilo dell’opponibilità ai terzi dell’effetto destinatorio. In altri termini, l’atto di destinazione è «valido, e produce effetti obbligatori, anche se concluso in forma di scrittura privata; esso potrà tuttavia essere trascritto, e quindi creare un vincolo reale opponibile a terzi, unicamente ove rivesta la forma dell’atto pubblico»315.

Diversamente, un’opzione ermeneutica coerente con la natura anche sostanziale della norma ed incline a valorizzare la ratio della prescrizione legale di forma, in rapporto con le altre norme di settore e con l’intero ordinamento316,

impone di reputare la forma richiesta ad substatiam317. Ogni forma negoziale ha

necessariamente una funzione, anche se composita, che si ricava dal fondamento della previsione normativa318. In particolare, la «forma pubblica» richiesta dall’art.

314 Cfr., ex multis, M.CEOLIN, Il punto sull’art. 2645 ter c.c. a cinque anni dalla sua introduzione, cit., p.

370;A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 618; G.PETRELLI, La trascrizione degli

atti di destinazione, cit., p. 162.

315 Così G.PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 164.

316 P.PERLINGIERI, Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987, p. 42 ss.

317 Di questo avviso M.CEOLIN, Il punto sull’art. 2645 ter c.c. a cinque anni dalla sua introduzione, cit., p.

371;A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 618 ss.; F.GAZZONI, Osservazioni

sull’art. 2645-ter c.c., cit., pp. 171-172; G.CIAN, Riflessioni intorno a un nuovo istituto del diritto civile: per

una lettura analitica dell’art. 2645-ter c.c., cit., pp. 86-87;A.GENTILI, Le destinazioni patrimoniali atipiche.

Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., cit., pp. 8-9; R. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di

destinazione, cit., p. 1725.

318 Sulla concezione funzionale della forma si rinvia all’autorevole contributo di P.PERLINGIERI,

Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, cit. p. 45; ID., Note critiche sul rapporto tra forma negoziale e

autonomia (1988), in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato, Napoli, 2003, p. 90 ss. In

giurisprudenza, cfr. Cass. civ., Sez. Un., 17 settembre 2015, n. 18214, in Contr. impr., 2017, p. 256 ss., con nota di P.LAGHI, Forma ad essentiam e nullità di protezione: declinazioni funzionali della forma

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2645 ter cod. civ. affonda la propria giustificazione non già esclusivamente nell’esigenza di opponibilità ai terzi del vincolo destinatorio, bensì nella funzione negoziale poiché la destinazione di beni allo scopo, da un lato, conforma la situazione giuridica proprietaria imponendo al titolare di impiegare i beni conferiti e i loro frutti soltanto per la realizzazione del fine di destinazione, dall’altro, sottrae i beni vincolati alla garanzia generica dei creditori del destinante. Data la gravità degli effetti dell’atto di destinazione, la forma pubblica, con la conseguente assistenza tecnica del notaio nell’individuazione dei contenuti negoziali, sollecita un controllo particolarmente pregnante nella fase genetica del vincolo, che si vuole consapevole e ponderata, sollecitando l’attenzione del soggetto che intendere imprimere una peculiare destinazione ad un bene319. In quest’ottica, l’elemento

formale assurge inevitabilmente a requisito di validità dell’atto destinatorio. Del resto, per l’art. 2657 cod. civ., in alternativa all’atto pubblico, l’esigenza pubblicitaria potrebbe essere soddisfatta anche mediante la semplice autenticazione della scrittura privata. La prescrizione di un maggiore requisito di solennità sarebbe, allora, inutile ai fini della sola trascrizione; piuttosto, la «previsione dell’atto pubblico attiene alla forma dell’atto medesimo»320.

Depongono nel senso illustrato anche argomentazioni di carattere sistematico. Difatti, uno sguardo alle principali ipotesi di destinazione patrimoniale legislativamente disciplinate mostra il richiamo alla forma dell’atto pubblico quale requisito di forma: in particolare, la forma pubblica è richiesta per la validità dell’atto costitutivo della fondazione (art. 14 cod. civ.), del fondo patrimoniale (art. 167 cod. civ.) o, ancora, della deliberazione di costituzione di un patrimonio destinato ad uno specifico affare (art. 2447 quater cod. civ.). Né, operando un parallelismo con le formalità pretese dal contratto di donazione, può sottovalutarsi la connessione dell’atto pubblico allo spirito di liberalità che sorregge la devoluzione dei vantaggi della destinazione al beneficiario.

319 A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 619.

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Il dibattito sui profili formali dell’atto di destinazione ha sollecitato l’ulteriore quesito circa la possibilità di costituire un vincolo destinatorio mediante testamento e, in caso affermativo, l’idoneità all’uopo di qualunque forma testamentaria oppure del solo testamento pubblico321. La norma, nella sua

laconicità, oltre al riferimento all’atto pubblico, non offre a riguardo particolari indicazioni, dando luogo a differenti letture interpretative.

L’operatività dell’art. 2645 ter cod. civ. in materia successoria è esclusa da quanti ritengono che la mancata menzione del testamento denoterebbe la volontà del legislatore di escludere l’ammissibilità del vincolo di destinazione mortis causa. L’omessa menzione della forma testamentaria assume, peraltro, maggiore significatività ove si raffronti la norma con la disciplina del fondo patrimoniale (art. 167 cod. civ.), della fondazione (art. 14, comma 2, cod. civ.) o, ancora, del trust (art. 2, l. 364/1989), per i quali la costituzione mediante testamento è espressamente statuita. In sede giurisprudenziale, inoltre, viene posto l’accento sulla natura derogatoria dell’art. 2645 ter cod. civ. rispetto al principio della responsabilità patrimoniale che renderebbe la norma insuscettibile di un’interpretazione estensiva322.

L’inammissibilità di un negozio testamentario costitutivo del vincolo di destinazione sembrerebbe rafforzata dalla collocazione della norma tra l’art. 2645 bis cod. civ. e l’art. 2646 cod. civ. inerenti la trascrizione di negozi inter vivos e cioè, rispettivamente, del contratto preliminare e del contratto di divisione. Una

321 Sul tema cfr. A.MERLO, Brevi note in tema di vincolo testamentario di destinazione ai sensi dell’art. 2645

ter, in Riv. not., 2007, p. 509 ss.; M.IEVA, La trascrizione degli atti di destinazione per la realizzazione di

interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche (art. 2645 ter) in funzione parasuccessoria, in Riv. notariato, 2009, p. 1289 ss.; F.SPOTTI, Il vincolo

testamentario di destinazione, in Fam. pers. succ., 2011, p. 384 ss.; R. CALVO, Vincolo testamentario di

destinazione: il primo precedente dei tribunali italiani, in Famiglia e dir., 2013, p. 786 ss.; A.AZARA, La

disposizione testamentaria di destinazione, in Nuova giur. civ. comm., 2014, p. 86 ss.; A.A. CARRABBA,

Testamento e destinazione (l’art. 2645.ter c.c. e il momento negoziale), in Riv. Notariato, 2014, p. 1124 ss.; A.

DE DONATO, Il negozio di destinazione nel sistema delle successioni a causa di morte, in M.BIANCA (a cura

di), La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 45 ss.; E.MOSCATI, Il testamento quale fonte di

vincoli di destinazione, in Riv. dir. civ., 2015, p. 253 ss.

322 Così Trib. Roma, 18 maggio 2013, in Famiglia e dir., 2013, p. 783 ss., con nota di R. CALVO,

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possibile genesi testamentaria sembra anche preclusa dal mancato adeguamento del disposto dell’art. 2648 cod. civ. che regolamenta la trascrizione dell’accettazione dell’eredità e dell’acquisto del legato, richiamando esclusivamente l’art. 2643 cod. civ., n. 1, 2 e 4, sì ché la trascrivibilità del vincolo testamentario di destinazione sarebbe esclusa in considerazione della tassatività delle forme e dei casi di pubblicità. Ancora, la forma pubblica dell’atto prescritta ad substatiam contrasterebbe con il principio della piena equipollenza, quanto agli effetti, delle diverse forme di testamento (olografa, pubblica, segreta), diretto ad assicurare la massima possibilità di esplicazione dell’autonomia testamentaria.

Nonostante i diversi argomenti di senso contrario, la dottrina maggioritaria propende per una lettura estensiva dell’art. 2645 ter cod. civ. La forma testamentaria, sebbene non espressamente menzionata, nemmeno può dirsi esclusa. Invero, la norma fa generico riferimento agli «atti in forma pubblica» non operando alcuna discriminazione tra negozi inter vivos e mortis causa, lasciando al destinante ampia libertà di scelta. A riprova di ciò si evidenzia l’univocità del dato normativo allorquando il legislatore abbia inteso disconoscere il testamento quale fonte di un negozio, come nel caso della concessione di ipoteca volontaria (art. 2821, comma 2, cod. civ.). Alla trascrivibilità di un vincolo di destinazione testamentario nemmeno può dirsi ostativo il mancato adeguamento dell’art. 2648 cod. civ. alla novella legislativa da imputarsi, piuttosto, ad una dimenticanza del legislatore, spettando quindi all’interprete il compito di operare il giusto coordinamento323. Ed infatti, la trascrizione dell’atto di destinazione mortis causa

potrebbe ugualmente rinvenire il proprio fondamento normativo nell’art. 2648 cod. civ., rappresentando l’effetto destinatorio un minus rispetto a quelli espressamente richiamati, quali il trasferimento della proprietà o la costituzione di diritti reali324, si ché la destinazione può essere disposta anche per testamento. Né

depone in senso contrario ad una interpretazione estensiva del dettato normativo l’argomento giurisprudenziale che fa leva sul rapporto con l’art. 2740 cod. civ. alla

323 G.PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 165.

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luce della crescente emersione di fattispecie destinatorie con effetto separativo che, come in precedenza illustrato, inducono a guardare come speciali e non eccezionali le ipotesi deroganti il principio della responsabilità patrimoniale illimitata del debitore.

La costituzione per testamento del vincolo di destinazione sollecita l’ulteriore interrogativo circa l’idoneità a tal fine di qualsivoglia scheda testamentaria, considerata la vigenza, in materia successoria, del principio di equivalenza delle forme testamentarie quoad effectum. A ben vedere, la ratio sottesa alla prescrizione formale dell’atto pubblico impone di escludere l’ammissibilità della forma testamentaria olografa e segreta. La pubblicazione del testamento olografo e segreto, trattandosi di formalità estrinseca che si limita ad accertare l’esistenza di una scrittura privata, non consentirebbe quell’approfondita indagine della volontà del destinante richiesta dalla peculiarità degli effetti prodotti dall’atto di destinazione325.