Modalità di attuazione della destinazione e tecniche di tutela
2. Le modalità di attuazione del “programma” destinatorio tra mandato e fiducia
Quanto al momento attuativo, le soluzioni operative astrattamente ipotizzabili variano a seconda del soggetto cui è demandato il compimento del “programma” destinatorio.
L’atto di destinazione è negozio unilaterale che costituisce un vincolo funzionale, conformando lo statuto giuridico di uno o più beni, senza incidere sulla
357 D. MURITANO, Il contenuto delle clausole, in M.BIANCA e A.DE DONATO (a cura di), Dal trust
all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, in elibrary.fondazionenotariato.it, secondo il
quale il contenuto dell’atto di destinazione si sostanzierà nella redazione di una sorta di “programma” che il disponente/gestore dovrà seguire per la realizzazione degli interessi; S.
BARTOLI e D. MURITANO, Le clausole di attuazione del vincolo, in M.BIANCA e A.DE DONATO (a
cura di), Dal trust all’atto di destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, in
elibrary.fondazionenotariato.it.
358 Rileva A. FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 592, che la necessità
dell’expressio finis non reca con sé l’obbligatorietà dell’indicazione delle modalità attuative della destinazione, giacché esse sono suscettibili di essere ricavate dall’espressa specificazione dell’interesse.
359 A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 592.
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relativa titolarità che permane in capo al disponente. Se non diversamente previsto, pertanto, il soggetto chiamato a dare concreta attuazione al programma destinatorio non può che essere il disponente, giacché l’art. 2645 ter cod. civ. non menziona una diversa posizione soggettiva cui possa competere la realizzazione della destinazione. Istituito il vincolo, la situazione dominicale si colora di doverosità nella misura in cui i beni destinati e i relativi frutti possono – rectius, devono – essere impiegati soltanto per la realizzazione del fine di destinazione. Come già ampiamente illustrato, l’efficacia conformativa del vincolo rimodula i contenuti della situazione giuridica proprietaria afferente al bene cui è impresso, sicché le facoltà e i poteri dominicali sono esercitabili non più liberamente, bensì doverosamente in funzione dello scopo di destinazione. Il disponente abdica all’ordinario contenuto del diritto dominicale, il quale assume una innovata configurazione che orienta la gestione e l’impiego dei beni e dei frutti alla soddisfazione dell’interesse in vista del quale la destinazione è impressa, determinandosi una situazione di doverosità che, sebbene non assuma i connotati del debito361, giustifica il riconoscimento a «qualsiasi interessato» del potere di agire
per «la realizzazione del fine di destinazione», in caso di inerzia o mala gestio dell’attuatore362, anche in considerazione della peculiare caratura degli interessi
sottesi all’operazione destinatoria.
361 Si è escluso, per le ragioni illustrate, che il beneficiario sia titolare di una correlata situazione
creditoria. Cfr. U.LA PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter
cod. civ., cit., p. 113, rileva come «le doverosità attraverso le quali si esprime il vincolo funzionale
che conforma dall’interno la situazione soggettiva trasferita dal disponente non costituiscono obbligazioni rispetto alle quali possa essere individuato nel beneficiario un creditore bensì le manifestazioni esterne del limite funzionale apposto al diritto attraverso l’assoggettamento del vincolo».
362 G.DINACCI, Atti di destinazione e situazioni di appartenenza, cit., pp. 683-684, secondo il quale la
norma «nell’attribuire a qualunque interessato il potere di agire nei confronti del conferente ove questi non attui, ovvero attui non esattamente il fine di destinazione, presuppone logicamente che il disponente abbia il corrispondere dovere di eseguire tutte le prestazioni necessarie per la realizzazione dell’interesse alla realizzazione del quale l’atto di destinazione è preordinato»; U.LA
PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter cod. civ., cit., pp. 120-
121, per il quale «nasce una doverosità dell’azione giuridica genericamente riferibile ai beni vincolati pretendibili dal beneficiario ai sensi dell’art. 2645-ter c.c.».
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Costituito il vincolo ex art. 2645 ter cod. civ., il disponente può, però, avvalersi di strutture contrattuali per configurare diversamente il momento attuativo della destinazione, che si arricchisce sotto il profilo gestorio. È possibile, allora, che all’atto di destinazione si colleghi un contratto di mandato363,
contestuale o successivo, in ragione dell’opportunità di demandare ad un terzo attuatore la realizzazione della destinazione364, così assicurando la necessaria
cooperazione gestoria «per tutti i profili non coperti dalle limitazioni funzionali derivanti alla situazione soggettiva dal vincolo di destinazione impresso ai beni» che si traduce nella costituzione di «obbligazioni accessorie a completamento dei profili effettuali dell’atto»365. Le doverosità attuative nascenti dal vincolo sono così
integrate ed arricchite dalle obbligazioni gestorie nascenti da un correlato rapporto di mandato. Nella riferita ipotesi, sebbene l’adempimento delle obbligazioni gestorie sia evidentemente diretto ad avvantaggiare il beneficiario al quale saranno devoluti i risultati attivi dell’attività attuativa, il rapporto obbligatorio ex mandato si istaura tra disponente-mandante e attuatore-mandatario, sicché la tutela della situazione di interesse vantata dal beneficiario resta sempre e soltanto quella accordata dall’art. 2645 ter cod. civ. che, come visto, ne segna pure i limiti di rilevanza giuridica.
Talvolta, la peculiare connotazione dell’interesse destinatorio è tale da richiedere, ai fini attuativi, non già il mero conferimento di un incarico gestorio ad un terzo, permanendo la titolarità del beni destinati in capo al disponente, bensì l’inserimento della costituzione del vincolo di destinazione in una operazione negoziale più articolata. È possibile, allora, che alla vicenda destinatoria si accompagni, collegandosi funzionalmente, un negozio di trasferimento causa
363 In argomento cfr., in particolare, M.IMBRENDA, Artt. 1703 – 1736, in G. Perlingieri, Codice civile
annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Libro IV Delle obbligazioni, II, Napoli, 2010, 1732 ss.; A.
LUMINOSO, Il mandato, Torino, 2000.
364 A.FEDERICO, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., p. 616, per il quale l’ascrizione del ruolo
di c.d. gestore ad uno o più soggetti, in forma cumulativa o alternativa, deve reputarsi facoltativa mediante un contratto di mandato (con o senza rappresentanza) contestuale o successivo all’atto di destinazione al quale si collega.
365 U.LA PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645-ter cod. civ., cit., p.
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fiduciae366, così demandando al fiduciario l’obbligo di attuare la destinazione e,
quindi, gestire il patrimonio destinato in coerenza con lo scopo.
Se la causa destinatoria esaurisce la sua funzione nella costituzione su un bene, immobile o mobile registrato, di un vincolo che ne conforma lo statuto giuridico e lo sottrae alla garanzia generica dei creditori cd. estranei allo scopo, allora il trasferimento di siffatto bene – già vincolato, essendo l’effetto traslativo un posterius rispetto alla destinazione – è inevitabilmente rimesso ad una manifestazione negoziale autonoma, ancorché contestuale, la quale, vista la strumentalità dell’attribuzione rispetto alla realizzazione dello scopo destinatorio, non può che essere sorretta causalmente dalla fiducia, poiché non sottende alcuna logica di scambio o di liberalità.
Destinazione e fiducia, combinandosi, danno così luogo ad una operazione negoziale teleologicamente indirizzata alla realizzazione dell’interesse destinatorio giacché i beni destinati sono attribuiti in proprietà ad un fiduciario con il compito di provvedere ad una gestione degli stessi che assicuri l’attuazione dello scopo messo in evidenza nell’atto di destinazione. Diversamente, però, da una attribuzione fiduciaria tout court, in tale ipotesi, è trasferita non già una proprietà cd. piena ed esclusiva, limitata ab externo dagli obblighi nascenti dal pactum fiduciae367,
bensì una proprietà conformata da un vincolo destinatorio opponibile ai terzi perché trascritto, con la conseguenza che la realizzazione della finalità in vista della quale il bene è stato trasferito e deve essere gestito gode di una tutela non meramente obbligatoria, bensì rafforzata dall’azione, esperibile da qualsiasi interessato ed invocabile erga omnes, accordata dall’art. 2645 ter cod. civ.
Nell’attribuzione fiduciaria tout court i limiti funzionali all’esercizio della situazione proprietaria sono individuati dal pactum fiduciae, inopponibile ai terzi in
366 In tal senso v. A.LUMINOSO, Contratto fiduciario, trust e atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., in Riv.
notariato, 2008, p. 1001, il quale, nella riferita ipotesi di collegamento negoziale tra atto di
destinazione e attribuzione fiduciaria, discorre di fiducia «rinforzata» dall’opponibilità del vincolo trascritto.
367 V.M.TRIMARCHI, Negozio fiduciario, in Enc. Dir., XXVIII, Milano, 1978, p. 38 e ss.; N.LIPARI, Il
negozio fiduciario, Milano, 1964, p. 278 e ss.; U. CARNEVALI, Negozio fiduciario, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma, 1990; M.BIANCA, Fiducia attributiva, Torino, 2001.
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ragione della relatività degli effetti, la cui violazione apre al fiduciante la strada del rimedio risarcitorio e, ove possibile, dell’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 cod. civ. onde ottenere il ritrasferimento368. Viceversa, nell’ipotesi in cui il
trasferimento fiduciario si intrecci con un atto di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ., realizzando un’operazione negoziale finalisticamente unitaria, la distrazione dalla finalità destinatoria, ferma la tutela obbligatoria invocabile dal disponente in quanto fiduciante, è esposta ulteriormente all’azione di cui all’art. 2645 ter cod. civ. esperibile dal disponente, dal beneficiario e da chiunque altro vanti un interesse alla realizzazione del fine di destinazione. Peraltro, guardando la vicenda sotto il profilo della responsabilità patrimoniale, l’intreccio tra destinazione e fiducia fa sì che l’oggetto del trasferimento sia rappresentato da un bene che, in virtù dell’effetto separativo nascente dalla costituzione del vincolo, non si confonde con il patrimonio del fiduciario, potendo essere aggredito in via esecutiva soltanto dai creditori cd. di scopo.
Siffatta ricostruzione sembra, peraltro, essere ora suffragata dalla legge “dopo di noi”. Il regime agevolativo previsto dalla novella legislativa, oltre ad ampliare il campo della non imponibilità fiscale equiparando, a tal fine, strumenti negoziali diversi369, offre interessanti spunti ricostruttivi per la dottrina civilistica
che da un decennio ormai si adopera nella definizione di una figura enigmatica, quale, appunto, quella delineata dall’art. 2645 ter cod. civ. La legge “dopo di noi”, infatti, non agevola la mera costituzione di un vincolo di destinazione che persegua la nobile finalità individuata dal legislatore, bensì quella che s’inserisce in una operazione negoziale articolata, che ha riguardo anche alla fase attuativo-gestoria e, quindi, ai rapporti tra disponente, gestore, beneficiari e controllante, al fine di
368 L’inosservanza del pactum fiduciae non interferisce sulla validità del contratto con il quale il
fiduciario abbia trasferito il bene ad un terzo, indipendentemente dalla buona o dalla mala fede di quest’ultimo, salvo restando il diritto del fiduciante di essere risarcito del danno derivantegli dall’inadempimento di quel patto.
369 Dai lavori preparatori emerge che l’ambito applicativo della legge “dopo di noi”,
originariamente concepito soltanto con riferimento al trust, è stato poi esteso ai vicoli di destinazione ex art. 2645 ter c.c. e ai fondi speciali disciplinati con contratto di affidamento fiduciario per non discriminare strumenti in grado di realizzare effetti di separazione e destinazione patrimoniale, analoghi al trust e, dunque, di garantire il raggiungimento della finalità legislativa.
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garantire l’adeguatezza dell’assetto negoziale allo scopo di cura ed assistenza del soggetto debole. In particolare, la realizzazione della finalità destinatoria, meritevole in re ipsa perché attuativa di principi costituzionali posti a tutela di esigenze insopprimibili della persona, è tale da richiedere il trasferimento dei beni destinati – che in forza dell’opponibilità del vincolo trascritto costituiscono patrimonio separato – ad un gestore il quale assume l’obbligo di amministrarli ed impiegarli, sotto il vigile controllo di un soggetto all’uopo incaricato370, con il fine
precipuo di assistere la persona gravemente disabile priva del supporto genitoriale o in vista del suo venir meno, nonché l’obbligo di rendicontare i risultati dell’attività gestoria, secondo le modalità definite dal destinante. Trattasi, con tutta evidenza, di un trasferimento strumentalmente connesso all’attuazione del fine di destinazione, tant’è che cessato il vincolo con la morte del beneficiario sussiste in capo al medesimo gestore un obbligo di ritrasferimento del patrimonio che eventualmente residua a favore dell’originario disponente o di altri soggetti da quest’ultimo indicati.
L’impressione è che il legislatore, nel tentativo di delineare un regime impositivo unitario per strumenti negoziali diversi, ma suscettibili di realizzare la medesima finalità, con specifico riguardo alla figura di cui all’art. 2645 ter cod. civ., abbia finito per subordinare l’operatività delle agevolazioni fiscali “dopo di noi” alla costruzione di una operazione negoziale complessa, positivizzando una delle possibili modalità attuative della destinazione ex art. 2645 ter cod. civ., che si articola, in particolare, nella costituzione di un vincolo di destinazione al quale funzionalmente si collega il trasferimento fiduciario dei beni destinati, con obbligo di gestione, sotto la vigilanza di un “guardiano” cui è conferito apposito mandato, e ritrasferimento alla cessazione del vincolo con la morte del beneficiario affetto da disabilità grave.
Un’operazione negoziale così architettata sembra accorciare le distanze rispetto al trust dei sistemi giuridici di common law. Analogamente, si ha un trasferimento ad un terzo di uno o più beni, aggredibili soltanto dai creditori di
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scopo, gestiti ed amministrati in funzione della finalità destinatoria. Ciononostante, le differenze continuano ad essere rimarchevoli poiché nel trust, oltre al carattere bidirezionale della separazione patrimoniale, è soprattutto la posizione del beneficiary ad essere più incisivamente tutelata, rispetto – come si vedrà – al beneficiario di cui all’art. 2645 ter cod. civ. 371. Difatti, nei sistemi di common law, in caso di breach of
trust, il beneficiario gode di una forma di tutela, il cd. tracing, avvicinabile a uno jus sequelae, mediante la quale riceve una protezione lato sensu recuperatoria, oltre che obbligatoria372, difficilmente importabile nei sistemi di civil law.