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Azioni screditanti in assenza di concorrenza e TripAdvisor: il caso dei Warentest

2. Gli strumenti digitali per la prenotazione di viaggi online

3.3 Danno alla reputazione tramite azioni screditanti in assenza di concorrenza

3.3.1 Azioni screditanti in assenza di concorrenza e TripAdvisor: il caso dei Warentest

Warentest

In tema di danno alla reputazione economica dell’imprenditore - ciò che è stato definito come “discredito” - i Warentest rappresentano degli strumenti potenzialmente lesivi nei confronti di tutte le imprese commerciali, e conseguentemente, anche nei confronti delle aziende turistiche (le quali, nel qui presente studio, rappresentano i soggetti lesi.)

Come specifica la dottrina, “si tratta di prove effettuate da soggetti estranei alla dinamica concorrenziale - […] da riviste specializzate, associazioni dei consumatori, organi di stampa, istituti di ricerca - sulle caratteristiche qualitative, merceologiche o di funzionalità, di un singolo prodotto […] i cui risultati vengono poi sintetizzati in un giudizio complessivo, talvolta sotto forma di tabelle o prospetti in sintesi.”123

Questi specifici test sono stati originariamente ideati dalla Stiftung Warentest, una “fondazione tedesca fondata nel 1964 dal parlamento federale tedesco, con l’obiettivo di aiutare i consumatori tramite il conferimento di informazioni imparziali e obiettive, basate sui risultati di indagini comparative di beni e servizi.”124

E’ deducibile, perciò, che tali test valutativi siano svolti al fine di compiere un’analisi delle caratteristiche sopra menzionate anche relativamente alla prestazione di servizi, oltre che di beni - è infatti presente una categoria valutativa riservata ai viaggi e alla navigazione, all’interno della quale sono incluse le sezioni “prenotazioni di viaggio” e “giudizi sulle strutture ricettive.”

Appurato ciò, ci si interroga in merito a quali siano gli step operativi previsti dalla fondazione, quando si tratta di attuare il processo di valutazione di beni e servizi di pubblico consumo. Da ciò che è desumibile dai documenti ufficiali, i rappresentanti della fondazione acquistano i prodotti in maniera del tutto anonima dai rivenditori e usufruiscono dei servizi in incognito; successivamente, presso i loro laboratori, procedono con l’applicazione di metodi scientifici, basandosi su precise scale di giudizio. A questo punto, si occupano di assegnare delle votazioni (su una scala da “molto buono”, “buono”, “soddisfacente”, “adeguato” e “insoddisfacente”) considerando unicamente l’oggettività dei risultati. Infine, pubblicano i

123 A. Fusaro (2010), op. cit., (p. 202).

124 Tradotto da Stiftung Warentest test.de in https://www.test.de/unternehmen/about-us-5017053-0/

risultati sulle proprie riviste, le quali [specificano] non ricevono alcun tipo di sponsorizzazione - la prima, “Test”, contenente le valutazioni di beni e servizi di consumo quotidiani, la seconda “Finanztest”,specializzata nell’ambito finanziario.125

Questa fondazione, tuttavia, non è la sola a eseguire test qualitativi per i consumatori: come chiarisce lo studioso, infatti, tra i più rilevanti a livello internazionale vi sono “Which? nel Regno Unito, […] Consumentenbond nei Paesi Bassi, Consumers Union negli Stati Uniti”126 senza contare le molteplici testate giornalistiche e televisive che si prestano a compiere tali tipologie di comparazioni, trasmettendo su vastissima scala i relativi risultati, sotto forma di “giudizio comparativo che propone una graduatoria qualitativa sui prodotti.”127

Per quale ragione, quindi, i cosiddetti Warentest sono stati presentati in questa sede come strumenti potenzialmente lesivi da parte di attori non concorrenti nei confronti delle imprese commerciali? Partendo dal presupposto che tali strumenti sono stati ideati per permettere ai consumatori di orientarsi nelle scelte relative all’acquisto di beni e servizi di consumo, non è difficile intuire la posizione di potere della quale i soggetti esercitanti tali test beneficiano, non solo per la capacità di “influenza sulle scelte del consumatore” nel caso in cui fosse assegnata una votazione negativa a un prodotto ma, altresì, per l'abilità di smascherare “difetti del prodotto che altrimenti sarebbero destinati a rimanere sconosciuti al consumatore e per la contribuzione alla creazione di forme di pubblicità comparativa”128 da parte dei competitors, causando, di fatto, un danno notevole all'azienda produttrice.

Riguardo a ciò, anche il Codice del Consumo avvalora questa stessa tesi: in merito alla valutazione di pratiche commerciali scorrette, all’art. 18 si fa riferimento a una “condotta idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori e alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole”129 e ancora,

125 Tradotto da Stiftung Warentest test.de in https://www.test.de/unternehmen/about-us-5017053-0/

126 R. Lisch (2014), Measuring Service Performance: Practical Research for Better Quality, (p. 27). Routledge - London.

127 A. Fusaro (2010), op. cit., (p. 202-203). 128 Ibidem.

129 L. Vizzoni (2018), op. cit., Recensioni non genuine su TripAdvisor, in Responsabilità Civile e Previdenza, volume 83, numero 2, (p.712), Giuffré editore.

all’art. 20 (commi 2 e 3) si cita l’intenzione di un imprenditore concorrente di “falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio.”130

Inoltre, ai fini di questa ricerca, è desumibile che “nell'orientamento giurisprudenziale […] non sembra trovarsi conferma della tesi per cui esiste una reputazione economica […] altro dalla reputazione personale - o per lo meno fino alla “seconda metà degli anni novanta, quando avviene una vera e propria inversione di tendenza e si inizia a pronunciarsi in merito ad un discredito sia personale che commerciale (o economico).”131

Alla luce di ciò, il danno derivante dai Warentest potrebbe potenzialmente andare a ledere da un lato l'imprenditore in quanto persona, dall'altro la capacità economica di produrre guadagno. Tuttavia, tali danni rientrano in ambiti normativi ben distinti: se da una parte, infatti, la reputazione economica non può in alcun modo essere tutelata dalle stesse norme che difendono l'onore e la reputazione dell'individuo - in questo caso, infatti “il danneggiato, oltre a provare l'evento lesivo, ha l'onere di fornire la prova della sua esistenza”132 - dall'altra, il discredito economico “non è destinato a trasmettersi in capo al produttore perché tra i due si interpone il marchio di fabbrica”, segno distintivo regolamentato dal Codice della Proprietà Industriale133 il quale “consente ai consumatori di identificare il prodotto senza risalire al produttore in quanto tale, e a quest'ultimo di evitare che l'apprezzamento del pubblico […] si trasferisca sugli altri provenienti dallo stesso nucleo produttivo.”134.

Sebbene, quindi, il marchio mantenga ben distinte reputazione dell'individuo e reputazione economica, esso si limita ad assicurare la salvaguardia della prima, senza di fatto operare a favore della seconda, la quale sembrerebbe così permanere in balia dei Warentest potenzialmente screditanti.

Fortunatamente, è possibile osservare dai dati raccolti, come la giurisprudenza abbia espresso, tra gli altri, anche giudizi favorevoli nei confronti delle aziende danneggiate da

130 L. Vizzoni (2018), op. cit., Recensioni non genuine su TripAdvisor, in Responsabilità Civile e Previdenza, volume 83, numero 2, (p.712), Giuffré editore.

131 A. Ricci (2018), op. cit., (p. 139). 132 A. Ricci (2018), op. cit., (p. 141).

133 Capo II, Norme relative all'esistenza, all'ambito e all'esercizio dei diritti - Sezione I Marchi - Artt. da 7 a 28. 134 A. Fusaro (2010), op. cit., (p. 204).

recensioni pubblicate con un livello di accuratezza non sufficiente ad assicurarne la trasparenza e la corrispondenza al vero. In questi casi, però, la problematica che scaturisce è quella concernente il binomio “limiti alla libera manifestazione del pensiero e [...] diligenza richiesta al giornalista che diffonde notizie denigratorie o screditanti”135 in merito a beni o servizi prodotti da una determinata azienda: a tal proposito, mentre alcuni tribunali italiani, per escluderne la colpevolezza, si sono limitati a considerare la presenza o meno di una semplice “ponderatezza” in capo ai soggetti recensori in merito all'azione di analisi dei prodotti, la Corte Suprema di Cassazione ha perseguito, invece, la strada dell'imputazione al recensore dell'obbligo “di adoperare ogni mezzo per accertare l'assoluta verità dell'informazione136 al fine di veder riconosciuta giuridicamente la propria buona fede.

3.4 Danno alla reputazione tramite azioni screditanti mirate a neutralizzare